Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26840 del 14/12/2011

Cassazione civile sez. II, 14/12/2011, (ud. 09/11/2011, dep. 14/12/2011), n.26840

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. BUCCIANTE Ettore – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

M.A. (OMISSIS) difesa ex art. 86 c.p.c.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G DA CARPI 6, presso lo studio

dell’avvocato PIETROPAOLI ANDREA, rappresentata e difesa

dall’avvocato SGANGA LEONARDO;

– ricorrenti –

contro

D.B.L.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 943/2005 della CORTE D’APPELLO di CATANZARO,

depositata il 27/12/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/11/2011 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CARESTIA Antonietta che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso, in subordine rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

M.A. con atto di citazione notificato il 10 ottobre 1998 proponeva opposizione, davanti al Tribunale di Vibo Valentia, avverso il decreto ingiuntivo n. 179/98 con il quale il Pretore di Vibo Valentia le aveva ingiunto di pagare, quale erede di M. C., a D.B.L. la somma di L. 11.429.859 per competenze professionali.

Si costituiva la D.B. resistendo alla domanda.

Il Tribunale di Vibo Valentia con sentenza n. 180 del 2001 rigettava l’opposizione confermava il decreto ingiuntivo dichiarava l’inammissibilità della domanda riconvenzionale avanzata dall’opponente.

Avverso tale decisione interponeva appello, davanti alla Corte di Appello di Catanzaro, M.A. assumendo che, erroneamente, il Tribunale aveva ritenuto l’inammissibilità della domanda riconvenzionale, considerato che la domanda era specifica e precisa sia in fatto che in diritto. Lamentava, altresì, che, altrettanto, erroneamente il primo giudice aveva ritenuto di disattendere là prescrizione presuntiva pienamente fondata e provata.

Si costituiva in giudizio. La D.B.L., contestando l’avverso gravame del quale chiedeva il rigetto.

La Corte di Appello di Catanzaro con sentenza n. 943 del 2005 in parziale riforma della sentenza gravata rigettava la domanda riconvenzionale avanzata da M.A. e confermava nel resto l’impugnata sentenza. A sostegno di questa decisione la Corte catanzarese osservava: a) nonostante non appare sussistente la nullità della domanda riconvenzionale proposta da M. – come ritenuto dal Tribunale – considerato che la stessa contiene tutti gli elementi di cui all’art. 163 c.p.c., nn. 3 e 4, essa non può essere, comunque, accolta perchè non è configurabile alcun danno morale .dato che la defunta M.C. ha concorso nella commissione dei reati edilizi e perchè non è provato l’assunto secondo cui l’opera non sarebbe stata completata per la lievitazione dei costi maturata nel periodo di sospensione dell’attività edificatoria a causa delle vicissitudini penali, b) nell’ipotesi non era identificabile una prescrizione presuntiva, perchè non era compatibile con le affermazioni del debitore che investivano l’esistenza e l’invalidità dell’obbigazione di cui era chiesto l’adempimento; ma non era identificabile, neppure, una prescrizione ordinaria, perchè alla data del ricorso per decreto ingiuntivo (4 giugno 1988) detto termine non era decorso, anche a prescindere da atti interruttivi c) il rapporto di prestazione d’opera professionale intercorso tra la D.B. e M. dante causa di M. A., emergeva dalla documentazione prodotta dall’opponente e pertanto spettava all’odierna appellante fornire la prova dell’avvenuto pagamento da parte della stessa M.C. o del di lei coniuge F.G..

La cassazione della sentenza n. 943 del 2005 della Corte di Appello di Catanzaro è stata chiesta da M.A. con ricorso affidato a tre motivi.

D.B.L., regolarmente intimata, in questa fase, non ha svolto alcuna attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.= Con il primo motivo, M.C., lamenta come da rubrica – rigetto della domanda riconvenzionale, violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Secondo la ricorrente la Corte di Appello di Catanzaro nel rigettare la domanda riconvenzionale proposta dall’attuale ricorrente: a) avrebbe disatteso le affermazioni del teste laddove questi affermava di non aver potuto completare i lavori per i sequestri durati alcuni anni e che i lavori erano rimasti nello stato in cui erano stati da lui lasicati e b) avrebbe dimostrato di essere lontana dalla realtà quando ignora il dato di comune esperienza dei forti aumenti subiti da tutti i prezzi negli anni 80- 90, soprattutto nel campo edile.

Sul punto, pertanto, afferma la ricorrente, la sentenza impugnata viola e applica falsamente norme di diritto, oltre a fornire una motivazione contraddittoria ed apparente, perchè fondata sulla falsa interpretazione delle risultanze processuali che incidono su fatto decisivo per il giudizio.

1.1.= Il motivo è inammissibile non solo o non tanto perchè generico, considerato che non indica neppure quali norme la Corte di Appello di Catanzaro avrebbe violato o falsamente applicato ma, e soprattutto, perchè, la ricorrente, con tale censura intende far valere una diversa ricostruzione dei fatti operata dal giudice più rispondente al diverso convincimento soggettivo della stessa e, in particolare, prospetta un preteso migliore e più appagante coordinamento dei dati acquisiti, epperò, tali aspetti del giudizio, interni all’ambito di discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell’apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi del percorso formativo di tale convincimento, rilevanti ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5. In caso contrario, infatti, tale motivo di ricorso si risolverebbe in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, e, perciò, in una richiesta diretta all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed alle finalità del giudizio di cassazione.

2.- Con il secondo motivo la ricorrente lamenta – come da rubrica – Prescrizione del diritto a richiedere somme, violazione dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5. Avrebbe errato la Corte di Appello di Catanzaro, secondo la ricorrente, nell’aver ritenuto invocata la prescrizione estintiva invece che quella presuntiva. Piuttosto, sostiene la ricorrente, posto che l’atto di morte di M.C. certifica che il decesso della stessa è avvenuto il (OMISSIS) M. A. poteva solo eccepire la prescrizione presuntiva triennale.

Per altro, la ricorrente che ripetesi era venuta a conoscenza del debito solo dopo la morte della sorella e con la notifica del d.i.

opposto, ha ritenuto che tale debito, dovesse essere stato estinto prima della morte della propria dante causa.

Illogico insufficiente e contraddittorio è inoltre sul punto l’accenno fatto dalla Corte dell’incompatibilità dell’eccezione di prescrizione presuntiva con le affermazioni che escludono il pagamento della prestazione professionale perchè, come detto, mai si è escluso il pagamento ma, anzi, da tutto il contesto dell’atto di opposizione di appello e dalla elencazione temporale dello svolgersi dei fatti riportati e dalle contestazioni si ricava che M. A. ha sempre ritenuto che la sua dante causa non fosse debitrice di nulla: M.C. non era persona da venir meno ai propri impegni.

2.1.= Anche questo motivo è infondato e non può essere accolto perchè, ammesso pure che la prescrizione fatta valere dalla ricorrente fosse quella presuntiva e non quello ordinaria, la Corte di appello di Catanzaro ha già adeguatamente chiarito che nel caso specifico quella prescrizione non poteva operare perchè incompatibile con le affermazioni di M.A. che investivano l’esistenza e l’invalidità dell’obbligazione.

2.2.= E’ giusto il caso di osservare che le prescrizioni presuntive non sono vere prescrizioni, ma presunzioni relative; in altre parole, il legislatore presume che, trascorso un certo periodo di tempo, il debitore abbia adempiuto alla sua obbligazione e il diritto estinto per esatto adempimento. Il termine stesso “prescrizione” usato per indicare questi casi non è idoneo, e può creare facilmente confusione; se è vero, infatti, che con “prescrizione” indichiamo – l’estinzione di un diritto, è anche vero che tale estinzione si verifica a causa del trascorrere del tempo e dell’inerzia titolare.

Epperò nelle ipotesi in esame si fa riferimento in maniera generica all’estinzione del diritto che può essere avvenuta in modi diversi, attraverso il pagamento oppure la novazione, ma non certamente in seguito ad una prescrizione vera e propria. Anzi, i casi relativi alle prescrizioni presuntive escludono proprio l’estinzione dovuta alla prescrizione. In buona sostanza, la prescrizione presuntiva è una forma di tutela ulteriore per il debitore che abbia adempiuto. A sua volta, l’eccezione di prescrizione presuntiva è incompatibile con qualsiasi comportamento diretto o indiretto del debitore che comporti, sia pure implicitamente, l’ammissione in giudizio che l’obbligazione da lui assunta sia stata estinta. E’ estremamente importante valutare complessivamente l’atteggiamento e la condotta in giudizio del debitore, poichè l’ammissione della non estinzione del debito può risultare non solo in maniera chiara ed esplicita, nella forma di un’aperta confessione, ma anche indirettamente, in forza del contrasto inconciliabile tra l’eccezione di prescrizione presuntiva ed altre eccezioni opposte, nonchè le difese della parte debitrice medesima.

Dunque, il debitore, quando eccependo la prescrizione del diritto azionato nei suoi confronti assolve il suo onere probatorio, deducendo il solo decorso del tempo, giacchè in tale evento naturale è implicita la presunzione che la pretesa si sia prescritta spetterà, in questo caso, al creditore, per vincere la presunzione a suo carico, provare che il diritto non è stato soddisfatto e comunque estinto. Tale prova può essere data solo a mezzo del giuramento decisorio deferito al debitore. Se il debitore dovesse giurare il falso, a necessità il Giudice dovrà confermare la fondatezza dell’eccezione di – prescrizione presuntiva.

3.= Con il terzo motivo M.A. lamenta – come da rubrica – contestazione delle somme richieste, violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5. Precisa la ricorrente che con il terzo motivo di gravame aveva chiesto che la Corte di Appello adita dichiarasse non dovute le somme richieste con il decreto ingiuntivo opposto perchè, avendo la ricorrente contestato le stesse in 1^ grado.

D.B.L. non aveva fornito alcuna prova dell’effettiva attività prestata in favore della propria dante causa M. C. e, quindi, il Tribunale di Vibo Valentia era incorso in errore di diritto nel riconoscere il credito. Sul punto la Corte di Appello di Catanzaro omette qualsiasi motivazione. La liquidazione dell’Ordine degli architetti di Roma è vincolante solo per la fase monitoria e non per il merito quando, come nel caso di specie, vi è contestazione sul quantum.

3.1.= Il motivo, così come proposto è ai limiti dell’ammissibilità per mancanza di autosufficienza, comunque è infondato perchè la Corte di appello di Catanzaro non ha mancato di chiarire che il rapporto di prestazione d’opera professionale intercorso tra la D. B. e M.C. dante causa di M.A., emerge dalla documentazione prodotta (sentenze penali; lettera del 21/23 luglio 2003), documenti che non sembrano essere stati contestati, anzi sono stati richiamati dalla stessa ricorrente, anche in seno al presente ricorso.

In definitiva, il ricorso va rigettato. Non è necessario provvedere alla liquidazione delle spese del giudizio in cassazione perchè la D.B. intimata, in questa fase, non ha svolto alcuna attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Suprema Corte di cassazione, il 9 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2011

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