Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26838 del 22/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 22/12/2016, (ud. 08/11/2016, dep.22/12/2016),  n. 26838

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10645/2015 proposto da:

F.L., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI GRACCHI

56, presso lo studio dell’avvocato MARIO CERVONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato FLORIO CARAVANO, giusta procura speciale in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

P.S.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 686/2014 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 30/09/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

dell’08/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIO FERNANDES.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La causa è stata chiamata all’adunanza in Camera di consiglio dell’8 novembre 2016, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:

“Con sentenza del 30 settembre 2014, la Corte di Appello di Firenze, in riforma della decisione del Tribunale di Lucca, rigettava la domanda proposta da F.L. nei confronti di P.S. ed intesa all’accertamento della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato nel periodo dal dicembre 1999 al giugno 2001 alle dipendenze dello “Studio immobiliare P.” ed alla condanna del convenuto al pagamento delle differenze retributive nonchè alla regolarizzazione contributiva.

La Corte territoriale osservava che – contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice – dalla prova testimoniale non erano emersi gli indici della eterodirezione della prestazione.

Per la cassazione di tale decisione propone ricorso la F. affidato a tre motivi.

Il P. è rimasto intimato.

Con il primo motivo di ricorso si deduce errata e/o falsa applicazione del CCNL di categoria relativo agli agenti immobiliari e dell’art. 2094 c.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3) non avendo la Corte di merito tenuto conto del fatto che la ricorrente era tenuta a rispettare un predeterminato orario di lavoro, secondo le direttive imposte dal F..

Con il secondo motivo viene lamentato l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5) non avendo il giudice del gravame adeguatamente considerato le risultanze della prova testimoniale espletata dalla quale era emerso che la F. aveva svolto mansioni di impiegata dello studio immobiliare.

Con il terzo mezzo si deduce nullità della sentenza per motivazione mancante e/o inidonea ed illogica (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4) per avere la corte di merito escluso in modo apodittico la ricorrenza di un rapporto di lavoro subordinato.

Tutti i motivi, da trattare congiuntamente in quanto logicamente connessi, sono inammissibili in quanto sollecitano una rivisitazione del merito della controversia non consentita in questa sede.

In effetti l’impugnata sentenza si fonda su una motivazione adeguata nella quale la Corte di Appello ha, con una valutazione di merito non sindacabile in questa sede (cfr., e plurimis, Cass. n. 17097 del 21/07/2010; Cass. n. 12362 del 24/05/2006; Cass. n. 11933 del 07/08/2003), ritenuto che dalle deposizioni dei testi escussi non era rimasta provata la eterodirezione della prestazione lavorativa della F. (concernente la compravendita di immobili), attività che era continuata invariata anche per il periodo successivo al 2 luglio 2001 sulla base di un contratto di lavoro di cui era incontroversa la natura autonoma.

Per tutto quanto sopra considerato, si propone la declaratoria di inammissibilità del ricorso con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5″.

Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.

Il Collegio condivide pienamente la sopra riportata relazione conforme ai precedenti di questa Corte e, quindi, dichiara inammissibile il ricorso.

Non si provvede in ordine alle spese del presente giudizio essendo il Peritone rimasto intimato.

Sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013). Tale disposizione trova applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame, avuto riguardo al momento in cui la notifica del ricorso si è perfezionata, con la ricezione dell’atto da parte del destinatario (Sezioni Unite, sent. n. 3774 del 18 febbraio 2014). Inoltre, il presupposto di insorgenza dell’obbligo del versamento, per il ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso, nulla per le spese del presente giudizio.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 8 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2016

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