Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26838 del 14/12/2011

Cassazione civile sez. II, 14/12/2011, (ud. 08/11/2011, dep. 14/12/2011), n.26838

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. NUZZO Laurenza – Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. CARRATO Aldo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso (iscritto al N.R.G. 30482/05) proposto da:

I.R. (C.F.: (OMISSIS)), rappresentato e difeso,

in forza di procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv.

Palladino Claudio ed elettivamente domiciliato presso il suo studio,

in Roma, via Renato Simoni, n. 73;

– ricorrente –

contro

Ditta UNIQUE ANTIQUES s.n.c., in persona del legale rappresentante

pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Mancini Nicola, in

virtù di procura speciale a margine del controricorso, ed

elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. Marco Serra, in

Roma, viale Marco Polo, n. 43;

– controricorrente –

e

M.A.;

– intimato –

Avverso la sentenza della Corte di appello di Campobasso n. 256/2005,

depositata il 23 settembre 2005;

udita la relazione della causa svolta nell’udienza pubblica dell’8

novembre 2011 dal Consigliere relatore Dott. Aldo Carrate;

udito l’Avv. Nicola Mancini per la controricorrente;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore

Generale Dott. PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 28 giugno 1996, il sig. I. R., sul presupposto che aveva acquistato presso la s.n.c. Unique Antiques (e per essa presso il sig. M.A.) una cassapanca ed un “secretaire” originale del 1800 al prezzo complessivo di L. 6.000.000. (oltre spese di trasporto) e che tali beni erano risultati affetti da vizi e difetti in quanto tarlati in tutte le superfici, conveniva in giudizio dinanzi al Pretore di Campobasso la predetta società e il sig. M.A. per sentir dichiarare, in via principale, la risoluzione della vendita con ordine di restituzione del prezzo corrisposto (oltre interessi e rivalutazione) e, in via subordinata, per ottenere la riduzione del prezzo, con condanna dei convenuti, in solido, alla restituzione dell’importo corrispondente al minor valore dei beni oggetto della compravendita. Nella costituzione della sola s.n.c. Unique Antiques, il Tribunale di Campobasso (in cui, nelle more, a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 51 del 1998, era confluita la soppressa Pretura), con sentenza n. 112 del 30 ottobre 2001, in parziale accoglimento della domanda attrice, condannava i convenuti, in via fra loro solidale, alla restituzione, in favore dell’attore, della somma di L. 2.400.000 (quale differenza tra il prezzo pagato e il valore dei mobili), oltre interessi dalla domanda al saldo.

Interposto appello da parte della s.n.c. Unique Antiques, nella costituzione dell’appellato e con ordine di integrazione del contraddittorio nei confronti di M.A., la Corte di appello di Campobasso, con sentenza n. 256 del 2005 (depositata il 23 settembre 2005), accoglieva il proposto gravame e, per l’effetto, rigettava la domanda formulata dallo I., che veniva condannato anche al pagamento delle spese del doppio grado, in esse comprese quelle occorse per la c.t.u..

A sostegno dell’adottata decisione la Corte territoriale rilevava, in linea pregiudiziale, che l’integrazione del contraddittorio nei confronti del M.A. si era resa necessaria perchè l’attore lo aveva convenuto in giudizio quale socio illimitatamente responsabile della s.n.c. Unique Antiques, chiedendone la condanna (in solido con la società) in relazione ad un rapporto intercorso proprio con la società. Con riferimento al merito della controversia evidenziava che, in virtù delle risultanze dell’espletata c.t.u., era rimasto escluso che i beni mobili oggetto della compravendita fossero effettivamente affetti dai dedotti difetti in modo tale da renderli inidonei all’uso cui erano destinati o che ne potessero diminuire in modo apprezzabile il valore, con la conseguenza che non poteva trovare accoglimento nemmeno la subordinata domanda di riduzione del prezzo. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione lo I.R., basato su due motivi, al quale ha resistito con controricorso la sola s.n.c. Unique Antiques, mentre l’altro intimato M.A. non ha svolto attività difensiva. La difesa della controricorrente ha depositato memoria illustrativa ai sensi dell’art. 378 c.p.c..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto, avuto riguardo all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3, 4 e 5,la violazione e falsa applicazione degli artt. 331 e 324 c.p.c, nonchè l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in ordine all’opponibilità e/o estensione del giudicato, sul presupposto che, nella specie, la Corte di appello, essendo stato il gravame proposto dalla sola s.n.c. Unique Antique, non aveva rilevato la formazione del giudicato nei confronti del M.A. (rimasto contumace), che si sarebbe dovuto considerare esteso anche alla predetta appellante, senza che il giudice di secondo grado potesse provvedere ad adottare il provvedimento di integrazione del contraddittorio previsto dall’art. 331 c.p.c..

1.1. Il motivo è infondato e deve, pertanto, essere rigettato.

Con accertamento di fatto adeguatamente motivato e riscontrato dal contenuto degli atti processuali (con particolare riferimento all’impostazione dell’atto di citazione in primo grado), la Corte territoriale ha appurato che il sig. I.R. aveva convenuto in giudizio, oltre alla s.n.c. Unique Antiques, anche il sig. M.A., quale socio illimitatamente responsabile della società appena citata (avendosi riguardo al disposto dell’art. 2291 c.c. e, nei rapporti con i terzi, a quello dell’ari. 2293 c.c. che rimanda, al riguardo, al precedente art. 2267 in materia di società semplice), invocando la condanna dello stesso M. (in solido con la suddetta società) in relazione ad un rapporto intercorso proprio con la menzionata s.n.c. Unique Antiques (nella citazione dinanzi alla Pretura di Campobasso si legge che l’acquisto era avvenuto presso la società Unique Antiques e, per essa, presso il sig. M.A., invocandosi la condanna di entrambi). Sulla scorta di tali elementi la Corte molisana ha correttamente desunto – interpretando in senso logico, sul piano giuridico le risultanze processuali – che il M. fosse stato condannato nella indicata qualità dal Tribunale di Campobasso sul presupposto incontestabile che il rapporto di compravendita dei beni mobili fosse intercorso tra lo I. e la s.n.c. Unique Antiques. Ciò posto, essendosi di fronte ad una ipotesi di comunanza di cause dipendenti produttiva della loro inscindibilità in sede di gravame, la Corte territoriale ha legittimamente provveduto ad ordinare l’integrazione del contraddittorio in appello nei confronti del M., alla quale è stato dato rituale seguito. Nè, come altrettanto correttamente rilevato dal giudice di appello, si sarebbe potuta invocare, nella fattispecie, la scindibilità delle obbligazioni solidali, dal momento che l’obbligazione del socio illimitatamente responsabile, ancorchè diretta verso il terzo creditore, è, tuttavia, oltre che sussidiaria, dipendente da quella della società, poichè la sua insorgenza non ha origine in un rapporto instauratosi fra socio e creditore sociale, bensì nel concorso della condizione dell’assunzione, da parte della società, di una valida obbligazione nei riguardi del terzo con quella della sussistenza, in capo al socio, della sua qualità di soggetto obbligato a rispondere illimitatamente dell’obbligazione sociale. Alla stregua della configurata ipotesi di inscindibilità delle due posizioni dedotte in giudizio ne consegue che l’appello tempestivamente formulato dalla s.n.c. Unique Antiques ha impedito il passaggio in giudicato della sentenza impugnata nei confronti del M., nei cui confronti il contraddittorio è stato, inoltre, ritualmente integrato in sede di gravame. Pertanto, dal principio dell’unitarietà soggettiva del processo di appello contro la stessa sentenza, che si verifica in ipotesi di cause inscindibili o dipendenti, ne discendono il principio dell’unicità del termine di impugnazione e la regola dell’effetto conservativo dell’impugnazione nei confronti delle altre parti come conseguenza della rituale e tempestiva proposizione dell’impugnazione nei confronti di una delle parti vittoriose o da parte di uno solo dei plurimi soccombenti (cfr. Cass. n 686 del 1992;

Cass. n. 1505 del 2001 e, più in generale, Cass. n. 1512 del 2003 e Cass. n. 13753 del 2009), con l’effetto impeditivo del passaggio in giudicato nei confronti dei litisconsorti pretermessi all’atto dell’introduzione dell’appello, nei cui riguardi sia stato, poi, ritualmente esteso il contraddittorio.

2. Con il secondo motivo il ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè dell’art. 2697 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, oltre che con riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, avuto riguardo al vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione. In particolare, con tale doglianza, lo I. ha inteso sostenere l’erroneità delle valutazioni delle risultanze probatorie (acquisite in primo grado) compiute dalla Corte di appello, deducendo che quest’ultima le aveva stravolte sia con riferimento alla tempestività dei vizi dei mobili acquistati che al prezzo corrisposto e all’epoca di riferimento degli stessi beni oggetto della vendita, oltre che in ordine al riconoscimento che era stato compiuto dal M.A..

2.1. Anche questo motivo è destituito di fondamento e va respinto.

La Corte territoriale, ancora una volta interpretando adeguatamente – in virtù di una motivazione logica e congrua – gli atti processuali, ha accertato che il sig. I., con l’originario atto di citazione in primo grado, aveva inteso far valere la garanzia prevista dall’art. 1490 c.c., deducendo che i due mobili acquistati non erano immuni da vizi e difetti poichè si presentavano tarlati in tutte le loro superfici, senza prospettare altre questioni riconducibili all’epoca di fabbricazione dei mobili stessi o al loro valore commerciale. Sulla scorta delle delimitazione del “petitum” entro questi termini, la Corte di appello, valorizzando compiutamente le emergenze della relazione del c.t.u. acquisita in primo grado, ha rilevato, con una valutazione di merito fondata su una motivazione approfondita ed incensurabile sul piano logico, l’insussistenza di vizi tali da comportare gli effetti stabiliti dall’art. 1492 c.c. (e, quindi, anche con riferimento all’eventuale riconoscimento della riduzione del prezzo, pure invocato dallo I.), avendo appurato che qualche foro di tarlo attivo sul retro del “secretaire” rivestiva scarsissima importanza e non rendeva il bene (oltretutto di antiquariato) inidoneo all’uso cui era destinato, nel mentre, con riguardo alla cassapanca, era rimasta del tutto esclusa la presenza di tarli. In dipendenza di queste accertate emergenze in punto di fatto (fondate su un’adeguata motivazione), la Corte molisana ha, perciò, ritenuto che – rimanendo irrilevanti gli altri elementi istruttori acquisiti – non sussistessero i presupposti per ravvisare la fondatezza della domanda dello I., rilevando, correttamente, come il Tribunale, con la sentenza di primo grado, era incorso anche nel dedotto vizio di extrapetizione perchè, a fronte della domanda così come circoscritta, aveva proceduto ad una valutazione di mercato dei mobili oggetto della vendita ed ad una ricostruzione dell’epoca di datazione degli stessi (esaminando, a questo proposito, le ulteriori risultanze della c.t.u., che, per questa parte, invece non potevano avere rilievo), che configuravano aspetti attinenti a circostanze estranee al “thema decidendum”.

3. In definitiva, alla stregua delle complessive ragioni esposte, il ricorso dello I. deve essere integralmente rigettato, con condanna dello stesso, in quanto soccombente, al pagamento delle spese del presente giudizio, che si liquidano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna.

Il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi Euro 1.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della 2^ Sezione civile, il 8 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 14 dicembre 2011

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