Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26832 del 25/11/2020

Cassazione civile sez. lav., 25/11/2020, (ud. 25/06/2020, dep. 25/11/2020), n.26832

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. BALESTRIERI Federico – Consigliere –

Dott. BLASUTTO Daniela – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

Dott. AMENDOLA Fabrizio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 41/2020 proposto da:

A.A., domiciliato in ROMA PIAZZA CAVOUR, presso LA

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e

difeso dagli avvocati MARIA PAOLA CABITZA, GIUSEPPE ONORATO;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO – COMMISSIONE TERRITORIALE PER IL

RICONOSCIMENTO DELLA PROTEZIONE INTERNAZIONALE DI CAGLIARI, in

persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso

dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO presso i cui Uffici domicilia

ex lege in ROMA, alla VIA DEI PORTOGHESI 12;

– resistente con mandato –

avverso il decreto N. 3172/2019 del TRIBUNALE di CAGLIARI, depositata

il 29/10/2019 R.G.N. 5140/2018.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

1. il Tribunale di Cagliari, con Decreto del 29 ottobre 2019, ha respinto il ricorso proposto da A.A. avverso il provvedimento con il quale la competente Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale ha, a sua volta, rigettato la domanda di protezione internazionale proposta dall’interessato, escludendo altresì la sussistenza dei presupposti per la protezione umanitaria;

2. il Tribunale ha ritenuto, circa la richiesta protezione sussidiaria, che, dall’esame delle fonti accreditate consultabili in materia, l’area della Nigeria di provenienza del ricorrente, l’Edo State, non risultasse interessata da “una situazione di violenza indiscriminata di intensità talmente elevata da ritenere che la sola presenza nel territorio esponga il ricorrente ad un grave rischio”; quanto poi alla domanda volta ad ottenere la protezione umanitaria, il Tribunale ha accertato non essere emersa una condizione di vulnerabilità individuale dell’istante nè un percorso di integrazione nel Paese ospitante;

3. per la cassazione di tale sentenza propone ricorso il soccombente con 2 motivi; il Ministero dell’Interno resta intimato.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. con il primo motivo di ricorso si denuncia “violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 e art. 9, comma 2”, assumendo che il Tribunale avrebbe “omesso alcuna disamina circa le condizioni generali del Paese di origine” che legittimerebbero “il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari”; il secondo motivo denuncia: “Violazione art. 36(0) c.p.c., comma 1, n. 5. Omessa valutazione circa fatti decisivi oggetto di discussione e contraddittorietà palese della motivazione”; in ordine al mancato riconoscimento della protezione sussidiaria si lamenta che il Tribunale, pur dando atto “dell’esistenza in Nigeria di forti tensioni”, ne avrebbe poi escluso la rilevanza;

2. l’esame di tali motivi risulta precluso dall’inammissibilità del ricorso per cassazione in ragione della nullità della procura speciale a margine, che non reca data alcuna;

infatti, nel presente giudizio si applica il D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, là dove dispone che: “La procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato; a tal fine il difensore certifica la data di rilascio in suo favore della procura medesima”;

in generale la procura per il ricorso per cassazione deve essere speciale (art. 365 c.p.c.) e, in quanto tale, necessariamente successiva al provvedimento impugnato, nonchè anteriore alla notifica del ricorso medesimo (art. 366 c.p.c., n. 5); se la procura è senza data, la sua posterità rispetto al provvedimento impugnato si ricava dal ricorso cui accede (in calce o a margine), mentre la sua anteriorità risulta dal contenuto della copia notificata (cfr., da ultimo e per tutte, Cass. n. 34259/19);

tuttavia, nel caso specifico della materia della protezione internazionale, il D.Lgs. n. 25 del 2008, cit. art. 35-bis, comma 13, richiede qualcosa d’ulteriore rispetto alla specialità (che si desume dal riferimento al provvedimento impugnato), alla posteriorità e all’anteriorità della procura (rispettivamente, in confronto al provvedimento impugnato e alla data di notifica del ricorso per cassazione): richiede la certificazione della data esatta di quando è stata rilasciata la procura medesima, data che deve essere non semplicemente posteriore al provvedimento impugnato, ma posteriore anche alla sua comunicazione;

la richiesta di siffatta certificazione della data è un quid pluris appositamente previsto dal D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, ed estraneo all’ordinario sistema, cioè estraneo al combinato disposto dell’art. 365 c.p.c. e art. 366 c.p.c., n. 5, atteso che, diversamente opinando, si dovrebbe concludere che l’art. 35-bis cit., sarebbe una norma apparente, ma ciò va escluso, vuoi dall’esame dei lavori preparatori, vuoi dal particolare rilievo pubblicistico del ricorso per cassazione in tema di protezione internazionale, vuoi dalla necessità che essa venga chiesta da chi sia nel territorio dello Stato (diversamente non vi sarebbe più o non vi sarebbe ancora interesse ad agire e neppure giurisdizione del giudice italiano);

in tal senso va condiviso il principio stabilito di recente da Cass. n. 1043/2020, secondo cui: “In materia di protezione internazionale, la data del conferimento della procura alle liti per proporre il ricorso per cassazione, al fine di assolvere al requisito della posteriorità alla comunicazione del decreto impugnato ai sensi del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, deve essere certificata dal difensore, titolare di una speciale potestà asseverativa conferita “ex lege”; ne consegue che è inammissibile il ricorso nel quale la procura (nella specie, apposta a margine dell’atto) non indichi la data in cui essa è stata conferita, non assolvendo alla funzione certificatoria la sola autentica della firma, nè il citato requisito potendo discendere dalla mera inerenza all’atto steso a fianco o dalla sequenza notificatoria” (successiva conf. Cass. n. 2342 del 2020); in motivazione tale precedente afferma che “… la specialità della norma deriva dalla peculiare connotazione pubblicistica che la “certificazione”, quale demandata al difensore, viene ad assumere nel contesto del conferimento della procura; per esso, non si ha invero mera declinazione modale del sistema già congegnato all’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 3 e art. 125 c.p.c., comma 3, demandandosi invece al difensore un atto di fidefacienza, con peculiare valore di riscontro, che il conferimento della procura è avvenuto posteriormente alla comunicazione del decreto impugnato; ne deriva che tale “certificazione” implica di necessità l’asseverazione qualificata – possibile solo in capo al difensore investito del mandato ad impugnare per cassazione e a ciò abilitato – della presenza del richiedente protezione – di regola – nel territorio dello Stato, così formandosi un documento firmato, a sua volta, in presenza del difensore e nel preventivo accertamento dell’identità del sottoscrittore; la locuzione impiegata (certificazione), rinviando in modo specifico ad un unico soggetto autore della condotta, e alla correlativa responsabilità, appare invero strettamente connessa ad un “modo” predeterminato, scelto dalla legge, di far risultare la posteriorità del mandato rispetto alla comunicazione del decreto, perciò integrando direttamente, accanto ad una funzione di controllo – come visto – della sottoscrizione e della sua provenienza (e, con essa, della volontà di impugnare, ex art. 83 c.p.c.), una speciale potestà asseverativa, di fidefacienza, conferita ex lege al difensore abilitato”;

3. conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile per irritualità della procura; nulla va liquidato per le spese in quanto il Ministero dell’Interno non ha svolto attività difensiva;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis (cfr. Cass. SS.UU. n. 4315 del 2020).

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 25 giugno 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 novembre 2020

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