Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26828 del 29/11/2013


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Civile Sent. Sez. L Num. 26828 Anno 2013
Presidente: MIANI CANEVARI FABRIZIO
Relatore: BERRINO UMBERTO

SENTENZA

sul ricorso 3572-2012 proposto da:
TOFFANIN

GIOVANNI

DANIELE

TFFDLG56P26L967J,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE MAZZINI 11,
presso lo studio dell’avvocato STELLA RICHTER PAOLO,
che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– ricorrente contro

2013
2770

COMUNE DI MONSELICE 0065440288, ASSOCIAZIONE NAZIONALE
COMANDANTI ED UFFICIALI DI POLIZIA MUNICIPALE;
– intimati –

Nonché da:

Data pubblicazione: 29/11/2013

COMUNE DI MONSELICE c.f. 0065440288, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA COSSERIA 5, presso lo studio
dell’avvocato POZZAGLIA PIETRO, rappresentato e difeso
dagli avvocati GIANLUCA SPOLVERATO, BARILLARI GIANNI,
giusta delega in atti;

contro

TOFFANIN

GIOVANNI

DANIELE

TFFDLG56P26L967J,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE MAZZINI 11,
presso lo studio dell’avvocato STELLA RICHTER PAOLO,
che lo rappresenta e difende, giusta delega in atti;
– controricorrente al ricorso incidentale nonchè contro

ASSOCIAZIONE NAZIONALE COMANDANTI ED UFFICIALI DI
POLIZIA MUNICIPALE;
– intimata –

avverso la sentenza n. 1113/2010 della CORTE D’APPELLO
di BOLOGNA, depositata il 20/08/2011 R.G.N. 303/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 02/10/2013 dal Consigliere Dott. UMBERTO
BERRINO;
udito l’Avvocato STELLA RICHTER PAOLO; •
udito l’Avvocato BARILLARI GIANNI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso per
il rigetto di entrambi i ricorsi.

– controri corrente e ricorrente incidentale –

Svolgimento del processo
Con sentenza del 30/11/10 — 20/8/2011 la Corte d’appello di Bologna,
pronunziando in sede di rinvio da Cassazione sull’impugnazione proposta da
Toffanin Giovanni Daniele avverso la sentenza del giudice del lavoro del Tribunale
di Padova che gli aveva respinto l’impugnativa del licenziamento intimatogli dal

complessiva di € 336.119,19, comprensiva degli importi per risarcimento del
danno e per indennità supplementare sostitutiva del diritto alla riassunzione
conseguita alla scelta in tal senso manifestata dall’appellante. Ha, però, aggiunto
la Corte che il suddetto importo rimaneva assorbito da quanto dal medesimo
percepito a diverso titolo nelle more del giudizio, per cui lo stesso non gli era più
dovuto dall’ente territoriale convenuto che, di conseguenza, veniva condannato
esclusivamente alla rifusione delle spese dei vari gradi di giudizio.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso il Toffanin, il quale affida
l’impugnazione a tre motivi di censura.
Resiste con controricorso il Comune di Monselice che propone, a sua volta,
ricorso incidentale affidato a due motivi.
Rimane solo intimata l’Associazione Nazionale Comandanti ed Ufficiali di Polizia
Municipale.
Le parti depositano memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c.
Motivi della decisione
Preliminarmente va disposta la riunione del ricorso principale e di quello
incidentale ai sensi dell’art. 335 c.p.c.
1. Col primo motivo del ricorso principale, dedotto per violazione degli artt. 394,
commi 2 e 3, e 384, commi 1 e 2, del codice di procedura civile, in relazione all’art.
360 n. 4 c.p.c., nonché per insufficienza e contraddittorietà della motivazione, il
Toffanin sostiene che la questione dell’aliunde perceptum non poteva essere
rilevata dalla Corte d’appello per la prima volta nella sede del giudizio di rinvio da
Cassazione in quanto, in tal modo, venivano ad essere superati i precisi limiti in
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AO

Comune di Monselice, ha dichiarato il diritto del ricorrente a percepire la somma

cui doveva essere celebrato tale tipo di procedimento la cui natura è di processo
ad istruttoria chiusa. Inoltre, secondo il ricorrente, la Corte di merito non aveva
nemmeno indicato se un tale accertamento era stato il frutto di un’acquisizione
probatoria o se era stato ricavato da elementi presuntivi; al contrario, la stessa

allorquando aveva affrontato la diversa questione dell’indennità supplementare.
Il motivo è infondato.
Invero, secondo l’orientamento di questa Corte è possibile tener conto del
cosiddetto “aliunde perceptum”, come fatto sopravvenuto dedotto nel primo atto
utile, anche nel giudizio di rinvio allorquando, come nella fattispecie, solo in
occasione del suo svolgimento sia stato possibile rilevare una tale circostanza di
fatto.
Orbene, nel caso in esame la difesa dell’ente territoriale ebbe modo di eccepire il
sopravvenuto “aliunde perceptum”solo a seguito della riassunzione del giudizio di
rinvio nel primo atto utile, vale a dire nella memoria di costituzione in cui allegò la
circostanza dei redditi percepiti “medio tempore” dal lavoratore, senza che a tal
riguardo quest’ultimo muovesse obiezioni. In effetti, la circostanza di tale avvenuta
allegazione istruttoria nella sede del giudizio di rinvio è riferita dal medesimo
ricorrente a pagina 7 del presente ricorso nella parte in cui sono riprodotte le
conclusioni formulate dalla difesa del Comune di Monselice nella memoria di
costituzione del giudizio di rinvio innanzi alla Corte d’appello di Bologna.
Al riguardo questa Corte ha già avuto occasione di statuire (Cass. Sez. lav. n.
20500 del 25/7/2008) che ” in tema di risarcimento del danno dovuto al lavoratore
per effetto della reintegrazione disposta dal giudice ai sensi dell’art. 18 dello
statuto dei lavoratori, dall’ammontare del risarcimento vanno detratti gli importi che
il lavoratore abbia percepito per aver svolto, nel periodo successivo alla
risoluzione del rapporto, un’attività remunerata (cosiddetto “aliunde perceptum”); la
relativa allegazione è ammissibile anche nel giudizio di rinvio purchè avvenga nel

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Corte era stata ben attenta nel rispettare i limiti propri del giudizio di rinvio

primo atto difensivo utile dalla conoscenza dei fatti, dovendo il datore di lavoro
fornire la prova del momento di acquisizione della notizia”.
Ciò discende anche dalla considerazione per la quale il cosiddetto “aliunde
perceptum” non integra una eccezione in senso stretto e, pertanto, è rilevabile dal

di un’eccezione intempestiva, semprechè la rioccupazione del lavoratore
costituisca allegazione in fatto ritualmente acquisita al processo, anche se per
iniziativa del lavoratore e non del datore di lavoro (v. in tal senso anche Cass. Sez.
lav. n. 9464 del 21/4/2009), fermo restando che i fatti sopravvenuti devono essere
dedotti, sotto pena di decadenza, nel primo atto successivo utile (v. Cass. Sez.
lav. n. 5893 del 14/6/1999)
2. Attraverso il secondo motivo, proposto per violazione dell’art. 18 della legge n.
300 del 1970 e per insufficienza e contraddittorietà della motivazione, il ricorrente
contesta la delimitazione temporale del calcolo delle retribuzioni stabilita dalla
Corte territoriale con riferimento al momento della cessazione del rapporto, fissata
in coincidenza della rinunzia del lavoratore alla reintegra e con la sua
comunicazione di volersi avvalere dell’opzione per l’indennità sostitutiva
(13/3/2007). Sostiene, invece, il ricorrente principale che l’ente datore di lavoro
avrebbe dovuto essere condannato al pagamento delle retribuzioni globali di fatto
fino al momento dell’effettivo versamento dell’indennità stessa. A conforto della
censura il Toffanin richiama sia il citato art. 18 della legge n. 300/70, assumendo
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che la portata di tale norma va intesa nel senso di una salvaguardfitdel principio di
effettività del rimedio della reintegra, sia il contenuto della sentenza rescindente n.
3929/07, con la quale si era stabilito che il giudice del rinvio avrebbe dovuto tener
conto delle retribuzioni del doppio incarico, cioè dell’impiego pubblico e
dell’incarico dirigenziale svolti da esso ricorrente; quest’ultimo censura, inoltre, il
criterio adottato per la determinazione del danno per il mancato svolgimento

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giudice anche in assenza di un’eccezione di parte in tal senso, ovvero in presenza

dell’incarico dirigenziale, liquidazione che la Corte di merito ha operato nella
contestata misura minima edittale.
3. Col terzo motivo, dedotto per violazione dell’art. 394 c.p.c., dell’art. 18 della
legge n. 300 del 1970, dell’art. 112 c.p.c. e per omessa ed insufficiente

danno in via equitativa, sostenendo che la liquidazione doveva essere, invece,
eseguita sulla base delle retribuzioni globali di fatto, così come evincibile dalla
sentenza rescindente della Cassazione.
Il secondo ed il terzo motivo possono essere trattati congiuntamente per ragioni di
connessione.
Orbene, non vi è dubbio che le censure appaiono corrette nella parte in cui
richiamano, in premessa, il principio della effettività del rimedio della reintegra di
cui all’art. 18 della legge n. 300 del 1970 ed il criterio di determinazione del danno
in base a quanto stabilito nella sentenza rescindente di questa Corte, ma in ultima
analisi esse non consentono di superare il carattere dirimente della “ratio
decidendi” finale sulla quale si basa l’impugnata sentenza, vale a dire l’accertata
preponderanza economica, in ogni caso, del cosiddetto “aliunde perceptum”, del
quale aveva beneficiato il ricorrente nelle more del giudizio, rispetto alla somma
liquidatagli per un importo complessivo di € 336.119,79.
In definitiva, il ricorso principale va rigettato.
1. a. Col primo motivo del ricorso incidentale, formulato per violazione e falsa
applicazione degli artt. 329, comma 2, e 394 c.p.c., la difesa dell’ente territoriale
contesta che la richiesta di restituzione della somma versata a titolo di indennità
supplementare in esecuzione della sentenza della Corte d’appello di Venezia, poi
annullata dalla Corte di Cassazione con rinvio alla Corte d’appello di Bologna, non
potesse accogliersi per effetto della mancata proposizione del ricorso incidentale
sul punto. A giudizio del ricorrente in via incidentale la suddetta domanda era
riconducibile nell’ambito di quella formulata dal lavoratore per il conseguimento

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motivazione, il ricorrente contesta il fatto che la Corte di merito abbia liquidato il

delle sue pretese economiche in attuazione dell’ordine di reintegra e, quindi, alcun
ostacolo poteva sussistere per la sua riproposizione nel giudizio di rinvio.
Osserva, infatti, la difesa del Comune di Monselice che la Corte d’appello di
Venezia aveva considerato l’indennità supplementare come oggetto di domanda

esame rappresentava il ristoro, convenzionalmente qualificato secondo i criteri
stabiliti dal contratto collettivo nazionale di lavoro, per le retribuzioni perdute a
causa del recesso ingiustificato.
2. a. Attraverso il secondo motivo, proposto per violazione degli artt. 384, comma
2, e 494 c.p.c., la difesa del Comune di Monselice sostiene che versandosi in
ipotesi licenziamento nullo ed inefficace, come evincibile dalla lettura della
sentenza rescindente della Cassazione, non potevano trovare applicazione nella
fattispecie le previsioni di cui all’art. 18 dello statuto dei lavoratori in tema di
indennità sostitutiva della reintegra, bensì le regole comuni in materia di
inadempimento delle obbligazioni.
Per ragioni di connessione i due motivi del ricorso incidentale possono essere
trattati congiuntamente.
Orbene, appare opportuno prendere le mosse dalla parte della sentenza
rescindente n. 3929/2007, nella quale sono esaminate le conseguenze
dell’accertata inefficacia del licenziamento, al fine di un corretto approccio
sistematico alla soluzione delle questioni poste col ricorso incidentale.
Nella suddetta decisione si è, infatti, affermato che la nullità-inefficacia del recesso
comporta la prosecuzione “de iure” del rapporto di lavoro dirigenziale, costituito da
un rapporto di impiego pubblico e da un incarico dirigenziale (arg. da Cass.
20.3.2004 n. 5659 in punto di ricostruzione del rapporto di lavoro del dirigente
pubblico come binaria, vale a dire derivante dalla sovrapposizione di un rapporto
di lavoro di pubblico impiego e di un incarico dirigenziale normalmente
temporaneo) con la conseguente debenza delle retribuzioni maturate “medio

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dal contenuto ridotto rispetto alla richiesta di reintegra, atteso che l’indennità in

tempore”, sia nel rapporto di impiego che in quello dell’incarico dirigenziale (per
tutta la durata di quest’ultimo); e la prosecuzione ovvero il reintegro nel rapporto
precedente. Con l’ulteriore conseguenza che, sino all’effettiva reintegrazione,
l’amministrazione dovrà corrispondere le retribuzioni dovute sia in relazione al

ovviamente, sino all’originaria scadenza dell’incarico).
Da tale capo della sentenza emessa in fase rescindente si ricava, pertanto, che al
Toffanin è stata accordata una tutela reale piena in relazione al sistema del
cosiddetto doppio binario dell’impiego pubblico e dell’incarico dirigenziale
temporaneo, per cui ha ragione la difesa dell’ente territoriale a ritenere che
l’avvenuta corresponsione dell’indennità supplementare, prevista dalla
contrattazione collettiva di riferimento per i casi di recesso ingiustificato, finiva per
rivelarsi incompatibile con la più ampia tutela reintegratoria successivamente
riconosciuta al lavoratore, il quale non poteva più trattenere legittimamente la
somma erogatagli a fronte di un titolo di maggior garanzia per la medesima
causale.
Diversamente è a dirsi per l’indennità sostitutiva della reintegra per la quale il
lavoratore aveva manifestato la sua scelta, in quanto tale indennità non può
essere assorbita dal sopravvenuto “aliunde perceptum” accertato in corso di causa
per la ragione che la stessa è stata conseguita in sostituzione dell’attuazione
dell’ordine di reintegrazione nel posto di lavoro.
Ne consegue che il Toffanin è tenuto a restituire al Comune di Monselice la sola
indennità supplementare già erogatagli da tale ente territoriale; da tale importo va,
però, detratto quello corrispondente ai contributi che a norma di legge gli
competono sulle retribuzioni “medio tempore” maturate, come da statuizione
contenuta nella summenzionata sentenza del giudizio rescindente, non essendovi
traccia del loro computo nella sentenza emessa a conclusione del giudizio di rinvio
dalla Corte d’appello di Bologna.

rapporto di impiego che in relazione all’incarico dirigenziale (queste ultime,

Pertanto, il ricorso incidentale va accolto con conseguente cassazione
dell’impugnata sentenza in relazione ai motivi dello stesso rimedio ritenuti fondati.
La Corte d’appello di Trieste, che si individua come giudice del rinvio, provvederà
alla esatta quantificazione dell’indennità supplementare che dovrà essere restituita

al computo dei contributi sulle retribuzioni maturate in favore del lavoratore entro i
termini già fissati nella sentenza n.392912007 di questa Corte, sia per il pubblico
impiego che per l’incarico dirigenziale temporaneo, nonchè alla liquidazione delle
spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale di Toffanin Giovanni Daniele,
accoglie il ricorso incidentale, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi
accolti e rinvia la causa, anche per le spese, alla Corte d’appello di Trieste.
Così deciso in Roma il 2 ottobre 2013
Il Consigliere estensore

dal Toffanin al Comune di Monselice. Inoltre, lo stesso giudice del rinvio procederà

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