Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2682 del 05/02/2020

Cassazione civile sez. I, 05/02/2020, (ud. 17/09/2019, dep. 05/02/2020), n.2682

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –

Dott. MELONI Marina – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. SCORDAMAGLIA Irene – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20920/2018 proposto da:

X.Z., elettivamente domiciliato in Roma Via Otranto, 23 presso lo

studio dell’avvocato Volpini Andrea che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

Commissione Territoriale Riconoscimento Protezione Internazionale

Roma, Ministero Dell’interno (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto del TRIBUNALE di ROMA, depositato il 24/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/09/2019 dal cons. SOLAINI LUCA.

Fatto

RILEVATO

che:

Il Tribunale di Roma ha respinto il ricorso proposto da X.Z. cittadino cinese, avverso il provvedimento della competente Commissione territoriale che aveva negato al richiedente asilo il riconoscimento della protezione internazionale anche nella forma sussidiaria e di quella umanitaria.

Il richiedente asilo ha narrato di aver lasciato il proprio paese (la Cina) nel 2016, dopo aver ottenuto il passaporto e il visto per l’espatrio, in quanto perseguitato per motivi religiosi essendo egli cristiano, seguace della “(OMISSIS)”, e per questo, egli sarebbe stato identificato dalla polizia, ed anche arrestato e picchiato.

Contro il decreto del medesimo Tribunale è ora proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.

Il Ministero dell’Interno non ha spiegato difese scritte.

Diritto

CONSIDERATO

che:

Il ricorrente censura la decisione del Tribunale: (i) sotto un primo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 8 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8 in particolare il ricorrente deduce che, pur prescindendo dalla valutazione di scarsa credibilità, la narrazione integrerebbe comunque gli estremi, se non per l’attribuzione dello status di rifugiato, quanto meno per la protezione sussidiaria o umanitaria atteso che, in Cina, è in atto una persecuzione verso le chiese domestiche cristiane da parte degli stessi organi statali; (ii) sotto un secondo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. b) per la mancata concessione della protezione sussidiaria, perchè il tribunale avrebbe omesso di esaminare la condizione di persecuzione religiosa esistente in Cina, alla luce anche delle condizioni socio-economiche esistenti nel paese del richiedente; (iii) sotto un terzo profilo, per violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6 e del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32, comma 3 il ricorrente, infatti, lamenta la mancata concessione della protezione umanitaria che non era stata riconosciuta dal Tribunale solo perchè non aveva ravvisato le condizioni per il riconoscimento delle misure maggiori in particolare sotto il profilo della mancanza di collegamento tra situazione soggettiva e condizioni generali del paese, inoltre, la perdita dei legami con il paese d’origine poteva integrare la condizione di vulnerabilità richiesta dalla legge.

Il primo motivo è inammissibile, in quanto non coglie la ratio decidendi costituita dalla valutazione di mancanza di credibilità del racconto del richiedente asilo.

Conviene premettere che la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c.

Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ovvero sotto il profilo della mancanza assoluta della motivazione, della motivazione apparente, o perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito. (Cass. 3340/2019).

Nel caso di specie, la Corte territoriale ha rilevato che il racconto risultava lacunoso e poco verosimile avuto riguardo al nucleo centrale, costituito dalla conversione alla religione della chiesa domestica, sulla quale il ricorrente ha riferito concetti superficiali e banali che denotavano la mancanza di un effettivo coinvolgimento spirituale; nel corso dell’audizione il richiedente era caduto più volte in contraddizione ed aveva reso una versione del tutto improbabile del proprio arresto e della fuga successiva. Del tutto inverosimile, infine, il fatto che il ricorrente, nonostante abbia dichiarato di essere ricercato dopo la fuga, si sia allontanato dalla Cina in aereo con passaporto e visto turistico regolari, senza alcun problema.

Sulla base di tali valutazioni, il tribunale ha correttamente respinto la domanda avente ad oggetto lo status di rifugiato e la protezione sussidiaria di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b).

Ed invero, qualora le dichiarazioni del richiedente siano giudicate inattendibili, alla stregua dei criteri di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 non occorre procedere ad approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel paese di origine – con riferimento al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b) – salvo che – ipotesi neppure allegata nella specie – la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori (Cass. 16925/2018).

Il secondo motivo è inammissibile, sostanziandosi in una censura di merito, a fronte del compiuto accertamento del tribunale, sulla base di fonti aggiornate ed attendibili, sulla situazione della Cina, che esclude la sussistenza, in quel paese, di una situazione di una violenza generalizzata e diffusa di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c). Considerata la mancanza di credibilità della narrazione è invece irrilevante, come già evidenziato, la situazione della limitazione della libertà religiosa in Cina, non potendo da essa farsi discendere, in mancanza di prova di una situazione individualizzante direttamente riconducibile alla richiedente, la protezione sussidiaria di cui all’art. 14, lett. b).

Il terzo motivo è infondato.

E’ infatti evidente che l’attendibilità della narrazione svolge un ruolo rilevante anche in relazione al riconoscimento della protezione umanitaria, atteso che ai fini di valutare se il richiedente abbia subito un’effettiva e significativa compromissione dei diritti fondamentali inviolabili, questa dev’essere necessariamente correlata alla condizione del richiedente medesimo, posto che solo la sua attendibilità consente di attivare poteri officiosi (Cass. 4455/2018). Il mezzo è peraltro del tutto generico e non contiene la allegazione della specifica situazione di fragilità della richiedente, limitandosi ad una astratta e generica deduzione della situazione di grave limitazione della libertà religiosa in Cina, senza peraltro l’indicazione di elementi concreti e di indici di un effettivo radicamento della richiedente nel nostro paese.

La mancata predisposizione di difese scritte da parte dell’amministrazione statale esonera il collegio dal provvedere sulle spese.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, ove dovuto, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello corrisposto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 – bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 17 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 febbraio 2020

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