Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2682 del 01/02/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 01/02/2017, (ud. 11/01/2017, dep.01/02/2017),  n. 2682

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – rel. Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12701-2015 proposto da:

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, CF.

(OMISSIS), in persona del legale rappresentante pro tempore, in

proprio e quale procuratore speciale della S.C.C.I. s.p.a.,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso la

sede dell’AVVOCATURA dell’Istituto medesimo, rappresentato e difeso

unitamente e disgiuntamente dagli avvocati CARLA D’ALOISIO, ANTONINO

SGROI, LELIO MARITATO ed EMANUELE DE ROSE giusta procura speciale a

margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

R.M.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FABIO

MASSIMO 60, presso lo studio dell’avvocato ENRICO CAROLI, che lo

rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente all’avvocato

GAUDIO DEL NEVO in virtù di delega a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 868/2014 della COME D’APPELLO di TORINO,

emessa il 02/10/2014 e depositata il 11/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata dell’11/01/2017 dal Consigliere Relatore Dott. ROSA

ARIENZO.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che, con sentenza emessa in data 11.11.2014, la Corte di appello di Torino, in accoglimento del gravame proposto da R.M.G., dichiarava che la predetta non era tenuta a versare i contributi alla Gestione Commercianti per il periodo 1.1.2005- 4.11.2010, osservando che la società “Immobiliare F. di M.G.R. & C. s.a.s.” non esercitava un’attività commerciale, in quanto l’immobile di proprietà della stessa, in precedenza utilizzato dalla appellante per l’attività di commercio di articoli di profumeria, espletata sotto diversa ragione sociale – attività cessata in data 26.7.2002 – era stato successivamente locato ad unico soggetto, la Golden Lady Company spa;

che avverso tale sentenza l’INPS, in proprio e nella qualità epigrafata ha proposto ricorso affidato ad unico motivo, al quale ha opposto difese la R., con controricorso;

che la proposta del relatore, ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, in prossimità della quale l’INPS ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

che il Collegio ha deliberato di adottare una motivazione semplificata;

che viene denunziata violazione e/o falsa applicazione della L. n. 613 del 1996, art. 1, della L. n. 1397 del 1960, art. 1 così come modificato dalla L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 203 e ss. della stessa L. n. 1397 del 1960, art. 2 e degli artt. 2313, 2318 e 2697 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, assumendosi: che, contrariamente a quanto sostenuto nella impugnata sentenza il socio accomandatario di una società in accomandita semplice è per ciò stesso, in quanto unico soggetto abilitato a compiere atti in nome della società, tenuto alla iscrizione nella Gestione Commercianti perchè l’esercizio dell’attività commerciale in modo abituale e prevalente era “in re ipsa”, ossia immediatamente e direttamente correlato all’essere socio con poteri di gestione della società; che l’attività di riscossione di canoni di locazione di immobile, rientrando in quella più ampia di gestione del patrimonio immobiliare, aveva natura commerciale; che il giudizio di prevalenza richiesto dalla L. n. 662 del 1996 è di natura endogena, ossia deve essere compiuto solo in relazione alle vicende interne della società, senza che assumano alcun rilievo altre ed ulteriori attività espletate dal socio al di fuori della attività sociale, nella specie non provate, che ritiene il Collegio si debba rigettare il ricorso;

che, infatti, presupposto imprescindibile per l’iscrizione alla gestione commercianti è che sia provato, in conformità a quanto previsto dalla L. 23 dicembre 1996, n. 662, art. 1 comma 203, che ha sostituito la L. 3 giugno 1975, n. 160, art. 29, comma 1 (requisiti previsti per ritenere l’obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali), lo svolgimento di un’attività commerciale che, nella specie, risulta essere stato escluso con un accertamento in fatto da parte della Corte del merito supportato da una motivazione adeguata ed immune dai denunciati vizi;

che è stato accertato che la S.a.s., di cui la R. era socia accomandataria, non svolgeva alcuna attività diretta all’acquisto ed alla gestione di beni immobili e non svolgeva attività diverse da quella limitata alla riscossione del canone di locazione dell’immobile di cui era proprietaria – non diversamente dall’ipotesi in cui più soggetto contitolari di più beni immobili, ricevuti ad esempio per successione ereditaria, diano in locazione gli stessi anzichè goderli direttamente -, e pertanto non rileva la mancanza di prova che gli altri soci fossero impegnati negli atti di gestione ordinaria e straordinaria della società, nonchè di prova idonea ad escludere la presunzione normativa di esercizio di attività imprenditoriale che l’INPS collega alla circostanza che la società fosse costituita in forma diversa da quella semplice;

che tale decisione è in linea con il principio già espresso da questa Corte secondo cui la società di persone che svolga una attività destinata alla locazione di immobili di sua proprietà e si limiti a percepire i relativi canoni di locazione non svolge un’attività commerciale ai fini previdenziali, a meno che detta attività non si inserisca in una più ampia di prestazione di servizi quale l’attività di intermediazione immobiliare (Cass. n. 3145 dell’11 febbraio 2013);

che, dovendosi considerare lo svolgimento in concreto di un’attività commerciale, non rileva il contenuto dell’oggetto sociale;

che questa Corte – con riferimento alle società in accomandita semplice – ha affermato il principio (Cass. n. 3835 del 26 febbraio 2016) secondo cui ai sensi della L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 203, che ha modificato la L. n. 160 del 1975, art. 29 e della L. n. 45 del 1986, art. 3 in tali società la qualità di socio accomandatario non è sufficiente a far sorgere l’obbligo di iscrizione nella gestione assicurativa degli esercenti attività commerciali, essendo necessaria anche la partecipazione personale al lavoro aziendale, con carattere di abitualità e prevalenza, la cui ricorrenza deve essere provata dall’istituto, prova che, nel caso in esame, secondo i giudici di merito non è stata fornita, essendo emerso che la R. si limitava alla locazione di un unico immobile, percependone unicamente i canoni;

che, da ultimo, l’orientamento espresso ha ricevuto l’avallo di ulteriore pronuncia di questa Corte che ha confermato i principi enunciati (cfr. Cass. 6.9.2016 n 17643);

che pertanto, essendo da condividere la proposta del relatore, il ricorso va rigettato con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5, non essendo i rilievi contenuti nella memoria dell’INPS idonei ad incidere nel senso di una diversa soluzione della controversia rispetto a quella prospettata;

che le spese del presente giudizio vanno regolate come da dispositivo, con distrazione in favore dei difensori dichiaratisi antistatari;

che sussistono le condizioni di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

PQM

Rigetta il ricorso e condanna l’INPS al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 100,00 per esborsi, Euro 1500,00 per compensi professionali, oltre accessori come per legge, nonchè al rimborso delle spese forfetarie in misura del 15%, spese da distrarsi in favore degli avvocati Enrico Caroli e Claudio Del Nevo.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dell’art. 13, comma 1 bis citato D.P.R..

Così deciso in Roma, il 11 gennaio 2017.

Depositato in Cancelleria il 1 febbraio 2017

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