Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26815 del 22/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 22/12/2016, (ud. 23/11/2016, dep.22/12/2016),  n. 26815

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22680-2015 proposto da:

CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA A FAVORE DEI RAGIONIERI E

PERITI COMMERCIALI, in persona del Direttore Generale, elettivamente

domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO BERTOLONI 44/46, presso lo studio

dell’avvocato MATTIA PERSIANI, che la rappresenta e difende

unitamente all’avvocato GIOVANNI BERETTA giusta procura a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

C.C., T.V., in qualità di procuratore

generale della Sig.ra T.N.K., elettivamente

domiciliate in ROMA PIAZZA ADRIANA 15, presso lo studio

dell’avvocato LUCA PARDO, che le rappresenta e difende unitamente

agli avvocati STEFANO CAVANNA STEFANO SCOTTO giusta procura in calce

al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 53/2015 della CORI) D’APPELLO di GENOVA del

11/02/2015, depositata il 31/03/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIO FERNANDES;

udito l’Avvocato Giovanni Beretta difensore della ricorrente che si

riporta agli scritti;

udito l’Avvocato Vincenzi Valerio (delega verbale avvocato Cavanna

Stefano) difensore delle controricorrenti che si riporta gli

scritti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 23 novembre 2016, ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:”Con ricorso al giudice del lavoro del Tribunale di Genova C.C. – vedova di T.F. deceduto il (OMISSIS) – e T.V. – quale procuratore generale di T.N.K., quest’ultima erede di T.F. – chiedevano, 1) la C., iure proprio, la riliquidazione della pensione di reversibilità a decorrere dal 1.5.2011 e 2) la T., iure hereditatis, la riliquidazione della pensione diretta di vecchiaia già liquidata al de cuius con decorrenza dall’1.7.2004 e fino al decesso, a carico della Cassa nazionale di previdenza ed assistenza per i Ragionieri ed i Periti commerciali (CNRP). Deducevano che la Cassa dovesse essere condannata – in applicazione del criterio del pro rata previsto dalla L. 8 agosto 1995, art. 3, comma 12, – a riliquidare i detti trattamenti pensionistici secondo le modalità di calcolo previste antecedentemente alla delibere adottate dal Comitato dei delegati della Cassa in data 22.6.2002 e 7.06.03.

Accolta parzialmente la domanda e proposto appello dalla CNRP, la Corte d’appello di Genova con l’impugnata sentenza rigettava il gravame.

Per la cassazione di tale decisione propone ricorso la CNRP affidato a due motivi.

Resistono la C. e la T..

Con il primo motivo è dedotta violazione della L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, comma 12, come novellato dalla L. 27 dicembre 2006, n. 296, in relazione alla norma di interpretazione autentica della L. 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 488, sostenendosi che, a differenza di quanto ritenuto dal giudice, le norme sopravvenute hanno sanato retroattivamente le delibere adottate dalle forme di previdenza sostitutive dell’assicurazione generale obbligatoria (e, quindi, anche dalla CNRP) che non hanno applicato rigorosamente il principio del pro rata, conservandone, pertanto, la piena legittimità ed efficacia.

Con il secondo motivo è dedotta violazione del solo L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 3, comma 12, lamentandosi che la sentenza impugnata avrebbe ricostruito il principio del pro rata in maniera distorta ritenendo che esso, derogando al generale criterio dell’applicazione della normativa vigente al momento della maturazione dei requisiti per la pensione, consente di salvaguardare periodi di anzianità contributiva per i quali non è maturato alcun diritto a pensione; e nel senso che detto principio consente al pensionato di conservare, nell’ambito dello stesso sistema, il criterio quantitativo di determinazione della pensione a sè più favorevole. Non sussisterebbe, invece, un diritto quesito dell’assicurato a conservare i più favorevoli criteri di liquidazione della prestazione precedentemente vigenti, in quanto il diritto a pensione viene ad esistenza solo nel momento in cui sono realizzati i requisiti previsti dalla legge. In conseguenza, le delibere adottate ben potevano rettificare in senso peggiorativo il previgente regime di calcolo del trattamento pensionistico, con riguardo alle posizioni assicurative degli iscritti che non avessero ancora maturato i requisiti per accedere a quel trattamento.

Circa tali motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente perchè pongono questioni di interpretazione delle leggi che delineano l’intero quadro normativo che disciplina la materia dei trattamenti pensionistici erogati dalla CNRP debbono richiamarsi i seguenti principi enunciati dalle Sezioni unite con la sentenza 16.09.15 n. 18136 a composizione di un contrasto giurisprudenziale insorto nell’ambito della Sezione ordinaria.

“A) Nel regime dettato dalla L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 1, comma 12 (di riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare), prima delle modifiche apportare dalla L. 27 dicembre 2006, n. 296 (Legge Finanziaria 2007), art. 1, comma 763, alla disposizione dell’art. 3, comma 12 Legge di riforma, e quindi con riferimento alle prestazioni pensionistiche maturate prima del 10 gennaio 2007, la garanzia costituita dal principio c.d. del pro rata – il cui rispetto è prescritto per gli enti previdenziali privatizzati ex D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509, quale è la Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali, nei provvedimenti di variazione delle aliquote contributive, di riparametrazione dei coefficienti di rendimento o di ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico, in termini peggiorativi per gli assicurati, in modo che siano salvaguardate le anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti – ha carattere generale e trova applicazione anche in riferimento alle modifiche in peius dei criteri di calcolo della quota retributiva della pensione e non già unicamente con riguardo alla salvaguardia, ratione temporis, del criterio retributivo rispetto al criterio contributivo introdotto dalla normativa regolamentare degli enti suddetti.

Pertanto con riferimento alle modifiche regolamentari adottate dalla Cassa nazionale di previdenza ed assistenza a favore dei ragionieri e periti commerciali (Delib. 22 giugno 2002, Delib. 7 giugno 2003 e Delib. 20 dicembre 2003), che, nel complesso, hanno introdotto il criterio contributivo distinguendo, per gli assicurati al momento della modifica regolamentare, la quota di pensione, calcolata con il criterio retributivo, e la quota B, calcolata con il criterio contributivo, opera – per il calcolo della quota dei trattamenti pensionistici liquidati fino al 31 dicembre 2006 – il principio del pro rata e quindi trova applicazione il previgente più favorevole criterio di calcolo della pensione.

13) Invece per i trattamenti pensionistici maturati a partire dal 1 gennaio 2007 trova applicazione il medesimo L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, ma nella formulazione introdotta dal citato L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 763, che prevede che gli enti previdenziali suddetti emettano i provvedimenti necessari per la salvaguardia dell’equilibrio finanziario di lungo termine, “avendo presente” – e non più rispettando in modo assoluto – il principio del pro rata in relazione alle anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti e comunque tenendo conto dei criteri di gradualità e di equità fra generazioni, con espressa salvezza degli atti e delle deliberazioni in materia previdenziale già adottati dagli enti medesimi ed approvati dai Ministeri vigilanti prima della data di entrata in vigore della L. n. 296 del 2006. Tali atti e deliberazioni, in ragione della disposizione qualificata di interpretazione autentica recata dalla L. 27 dicembre 2013, n. 147, art. 1, comma 488 (disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità 2014), si intendono legittimi ed efficaci a condizione che siano finalizzati ad assicurare l’equilibrio finanziario di lungo termine. Consegue che è legittima la liquidazione dei trattamenti pensionistici fatta dalla Cassa con decorrenza del 1 gennaio 2007 nel rispetto della citata normativa regolamentare interna (Delib. 22 giugno 2002, Delib. 7 giugno 2003 e Delib. 20 novermbre 2003)”.

Tenendo conto di tali principi, deve rilevarsi che nella fattispecie in esame l’assicurato aveva maturato il diritto a pensione a decorrere dal 10.07.2004 e che, quindi, risultano irrilevanti tanto la modifica apportata alla L. n. 335, art. 3, comma 12, dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 763, e, più che mai, l’interpretazione data dalla L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 488.

Pertanto, si propone il rigetto del ricorso, con ordinanza, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., n. 5″.

Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.

La ricorrente Cassa ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c. in cui viene chiesta la compensazione delle spese.

Il Collegio ritiene di condividere pienamente il contenuto della riportata relazione e, pertanto, rigetta il ricorso.

Le spese del presente giudizio vanno compensate tra le parti in considerazione del recente intervento chiarificatore delle Sezioni Unite.

Sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013). Tale disposizione trova applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame, avuto riguardo al momento in cui la notifica del ricorso si è perfezionata, con la ricezione dell’atto da parte del destinatario (Sezioni Unite, sent n. 3774 del 18 febbraio 2014). Inoltre, il presupposto di insorgenza dell’obbligo del versamento, per il ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014).

PQM

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese del presente giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 23 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2016

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