Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26813 del 29/11/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 26813 Anno 2013
Presidente: DI AMATO SERGIO
Relatore: DI AMATO SERGIO

SENTENZA

sul ricorso 18266-2006 proposto da:
REGIONE PUGLIA – SETTORE RIFORMA FONDIARIA UFFICIO STRALCIO EX ERSAP, in persona del Dirigente
pro tempore, domiciliata in ROMA, VIA DEI

Data pubblicazione: 29/11/2013

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente –

2013
1656

contro

SARUBBI GIUSEPPE, domiciliato in ROMA, PIAllA
CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI

1

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato
GUAGLIANONE FRANCESCO, giusta procura a margine del
controricorso;
– controricorrente sul ricorso 25061-2006 proposto da:

UFFICIO STRALCIO EX ERSAP (RICORSO NON DEPOSITATO);
– ricorrentecontro

SARUBBI GIUSEPPE, domiciliato in ROMA, PIAllA
CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE DELLA CORTE DI
CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato
GUAGLIANONE FRANCESCO, giusta procura a margine del
controricorso;
– controri corrente –

avverso la sentenza n. 140/2005 della CORTE
D’APPELLO DI LECCE – SEZIONE DISTACCATA DI TARANTO,
depositata il 28/04/2005;
udita la relazione della causa svolta nella

REGIONE PUGLIA – SETTORE RIFORMA FONDIARIA –

pubblica udienza del 06/11/2013 dal Consigliere
Dott. SERGIO DI AMATO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per
l’improcedibilità del primo ricorso, rigetto del
secondo.

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso n. 25061/06, notificato a mezzo del
servizio postale in data 6 giugno 2006 e ricevuto dal
destinatario in data 14 giugno 2006, la Regione Puglia
(Settore Riforma Fondiaria – Ufficio Stralcio Ersap)

impugnava la sentenza in data 28 aprile 2005 della Corte
di appello di Lecce – sezione distaccata di Taranto. Con
la predetta sentenza la Corte di appello aveva confermato
la sentenza del 26 febbraio 2003 con la quale il Tribunale
di Taranto aveva rigettato la domanda della Regione intesa
ad ottenere la condanna di Giuseppe Sarubbi, già titolare
di una concessione quadriennale di suolo pubblico, scaduta
il 9 giugno 1979, al pagamento della somma di lire
35.460.000 a titolo di canoni di concessione sino al 31
dicembre 1986 ovvero a titolo di risarcimento del danno
per l’occupazione abusiva sino alla predetta data. In
particolare, la Corte di appello osservava che: l) la
domanda, proposta in appello, di pagamento dei canoni per
il periodo dal l ° gennaio 1987 al 22 giugno 1994 doveva
considerarsi nuova e perciò inammissibile; 2) la domanda
con riferimento al periodo dal 9 giugno 1979 al 31
dicembre 1986 era infondata poiché il Sarubbi era rimasto
nella detenzione del suolo dopo la scadenza della
concessione soltanto perché, già due anni prima di tale
scadenza, aveva presentato domanda di acquisto del suolo
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ai sensi dell’art. 11 della legge n. 386/1976, ma la
vendita si era conclusa solo nel 1994 per ritardi
imputabili all’Ersap; in tale situazione si doveva
escludere il diritto dell’Ersap al pagamento dei canoni,

e che, d’altro canto, il Sarubbi era stato lasciato nel
possesso del suolo senza titolo alcuno; anche la domanda
di risarcimento del danno era infondata considerato che il
Sarubbi non aveva posto in essere una occupazione abusiva. •
La Regione Puglia – Settore Riforma Fondiaria – Ufficio
Stralcio Ersap propone ricorso per cassazione, deducendo
due motivi. Giuseppe Sarubbi, che ha iscritto a ruolo il
ricorso, resiste con controricorso, eccependo
preliminarmente l’improcedibilità del ricorso perché non
depositato nel termine di venti giorni dalla
notificazione.
Il pubblico ministero ha chiesto la dichiarazione di
improcedibilità del ricorso in camera di consiglio. La
Regione ha presentato memoria con la quale ha contestato
il mancato tempestivo deposito del ricorso, osservando che
il termine, nel caso di notifica a mezzo posta, non
decorre dalla data di spedizione del plico da parte
dell’ufficiale giudiziario ma dalla data di consegna dello
stesso al destinatario.

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visto che la concessione era scaduta e non era prorogabile

La Regione, peraltro, ha notificato ed iscritto a ruolo
altro ricorso, di identico contenuto, recante il n.
18266/06, al quale Giuseppe Sarubbi resiste con
controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE

I ricorsi devono essere riuniti, come dispone l’art.
335 c.p.c., in quanto proposti avverso la stessa sentenza.
Il ricorso n. 25061/06 è improcedibile in quanto non
depositato nel termine di venti giorni dal 14 giugno 2006,
data in cui Giuseppe Sarubbi ha ricevuto la notificazione
a mezzo posta (sulla decorrenza del termine dalla data di
consegna del plico postale al destinatario v. e plurimis
Cass. 26 giugno 2007, n. 14742).
Resta, tuttavia, ammissibile il ricorso n. 18266/06
notificato 1’8 giugno 2006 (e ricevuto dal destinatario il
16 giugno 2006) e perciò nel rispetto sia del termine ex
art. 327 c.p.c. sia del termine breve decorrente dalla
notificazione del precedente ricorso e prima che
l’improcedibilità di quest’ultimo fosse dichiarata;
infatti, la mera notificazione del primo ricorso non
comporta la consumazione del potere d’impugnazione. (e
plurimis Cass. 26 maggio 2010, n. 12898).

Con il primo motivo la Regione deduce la violazione
degli artt.

2043 e 1591 c.c. nonché il vizio di

motivazione,

lamentando che erroneamente

la Corte

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territoriale aveva escluso il risarcimento dei danni in
una situazione di occupazione senza titolo.
Il motivo è fondato. Allo scadere della concessione,
rispetto alla quale, come concordano le parti, non
prospettabile una rinnovazione per facta concludentia,

il

concessionario si è venuto a trovare in una situazione di
detenzione senza titolo del tutto analoga quella prevista
per la locazione dall’art. 1591 c.c., che disciplina i
danni per ritardata restituzione. Tale disposizione,
pertanto, ricorrendo l’eadem ratio (scadenza del titolo ed
obbligo di restituzione), deve ritenersi applicabile a
tutti i tipi di contratto con i quali viene concessa
l’utilizzazione del bene dietro corrispettivo, per
l’ipotesi in cui il beneficiario continui ad utilizzare il
bene oltre la scadenza del termine finale del rapporto
senza averne più il titolo. In queste ipotesi, infatti, al
vantaggio conseguito da chi continua ad utilizzare il bene
corrisponde un danno per chi non lo ha ricevuto in
restituzione e tale danno ha come misura certa il
corrispettivo periodico che era stato stabilito nel
contratto, salva la prova del maggior danno (conf. Cass.
29 novembre 2000; Cass. 5 maggio 2011, n. 9977).
In senso contrario non rileva la circostanza che assai
prima della scadenza il concessionario abbia chiesto di
acquistare l’immobile, come previsto dall’art. 11 della

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legge n. 376/1976. La proposta di acquisto, infatti, non
costituisce titolo per la detenzione, come risulta anche
dal fatto che il concessionario non è l’unico soggetto che
ai sensi della citata disposizione può presentare una
proposta di acquisto (art. 11 cit., 2 ° comma: «I beni

immobili del patrimonio acquisito dagli enti di sviluppo
ai sensi delle leggi di riforma fondiaria per i quali
siano consentite utilizzazioni complementari
all’agricoltura, forestali o extra agricole da parte della
autorità competente, possono essere alienati ad un prezzo
non inferiore a quello stabilito dall’ufficio tecnico
erariale»).
Con il secondo motivo la Regione deduce la violazione
dell’art. 345 c.p.c. lamentando che erroneamente la Corte
di appello aveva ritenuto nuova l’estensione in appello
della domanda di risarcimento dei danni a periodi
ulteriori rispetto a quelli indicati nel giudizio di primo
grado.
Il motivo è infondato. Nella specie, infatti, malgrado
la citazione sia stata notificata il 23 novembre 1987 il
pagamento dei canoni è stato richiesto soltanto sino al 31
dicembre 1986. L’attore, pertanto, ha consapevolmente
limitato la propria richiesta alla predetta data, ben
anteriore all’inizio del giudizio, e conseguentemente non
può trovare applicazione il consolidato principio secondo

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cui «nel giudizio di risarcimento del danno è consentito
all’attore chiedere per la prima volta in appello un
risarcimento degli ulteriori danni, provocati dal medesimo
illecito, manifestatisi solo in corso di causa» (e

P . Q . M .
riunisce i ricorsi; dichiara improcedibile il ricorso NRG
25061/06; accoglie il primo motivo del ricorso NRG
18266/06 e rigetta il secondo; cassa la sentenza impugnata
in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le
spese del giudizio di cassazione, alla Corte di appello di
Lecce in diversa composizione.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 6
novembre 2013.

plurimis e da ultimo Cass. 18 aprile 2013, n. 9453).

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