Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26812 del 25/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 25/11/2020, (ud. 16/09/2020, dep. 25/11/2020), n.26812

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. BALSAMO Milena – rel. Consigliere –

Dott. DELL’ORFANO Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 19909-2014 proposto da:

IMMOBILIARE FONDIARIA SAI SRL, UNIPOL SAI INVESTIMENTI SOCIETA’ DI

GESTIONE DEL RISPARMIO SPA, elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE

G. MAZZINI 9-11, presso lo studio dell’avvocato LIVIA SALVINI,

rappresentati e difesi dagli avvocati LAURA CASTALDI, NICOLA LEONE

DE RENZIS SONNINO;

– ricorrenti –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE;

– intimata –

avverso la sentenza n. 427/2014 della COMM.TRIB.REG. di MILANO,

depositata il 27/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/09/2020 dal Consigliere Dott. BALSAMO MILENA.

 

Fatto

ESPOSIZIONE DEI FATTI DI CAUSA

1.La società Sai Investimenti società di Gestione di risparmio s.p.a. acquistava – il 23 luglio 2008 – dalla società “nuova Impresa Edificatrice Moderna s.r.l.” un complesso edilizio adibito a residence sito alla periferia del Comune di Roma, area Acilia Dragona, costituito da un unico corpo di fabbrica composto da sette livelli oltre 99 posti auto, di cui 14 situati internamente al fabbricato ed i restanti posti all’esterno, oltre nove unità commerciali posti al piano terra, versando il corrispettivo di Euro 13.090.0000 per le 96 unità immobiliari e gli 85 posti auto pertinenziali con applicazione delle aliquote del 7% e del 2%; nonchè la somma di Euro 3.910.000 per le nove porzioni immobiliari a destinazione commerciali che scontava VIVA.

L’ufficio notificava due questionari alla società Sai per ottenere l’esibizione di documentazione concernete schede planimetriche e perizie estimative, che venivano prodotte. Successivamente, l’Ufficio chiedeva l’attestazione della descrizione catastale dei locali a destinazione commerciale, a cui la società rispondeva richiamando la perizia già consegnata.

In seguito, l’ufficio notificava avviso con cui rettificava in aumento il valore del corrispettivo imputato al compendio immobiliare a destinazione residenziale (da Euro 13.090.000 ad Euro 14.963.575, applicando la relativa imposta di registro, oltre sanzioni ed interessi. La rettifica veniva disposta operando un raffronto secondo le stime 0Mi con immobili trasferiti singolarmente, mentre la vendita oggetto della rettifica riguardava un compendio immobiliare alienato a corpo.

Le società impugnavano l’avviso di rettifica e di liquidazione sul rilievo che l’ente finanziario non aveva considerato che il prezzo – stimato dalla società Froxit s.p.a. in misura inferiore all’entità del corrispettivo poi pattuito tra i contraenti- era stato commisurato ad una vendita a corpo e che il criterio adottato dall’Ufficio per la stima si fondava sulle stime OMI, i quali non possono costituire da soli criteri utili per la determinazione dei valori dei cespiti. Si eccepiva altresì l’erronea determinazione delle stime rispetto al pregio dei locali, dotati di bagni ciechi e pareti divisorie in cartongesso nonchè delle terrazze, le quali essendo elementi pertinenziali delle abitazioni non erano suscettibili di autonoma valutazione.

Deducevano le contribuenti che le stime dei posti auto, anch’essi pertinenziali alle abitazioni, dovevano essere riconsiderate, tenuto conto della circostanza che dei valori OMI era stato adottato il valore massimo, senza considerare che i posti auto non erano autonomamente alienabili, mentre per quelli non pertinenziali, la somma versata era stata assoggettata ad IVA.

La CTP di Milano respingeva il ricorso con sentenza appellata dalle contribuenti.

La CTR della Lombardia, nel respingere l’appello, affermava che la mancata risposta al secondo questionario aveva legittimato il ricorso ai criteri di stima sintetico-comparativo ed ai valori unitari praticati alla data di riferimento per immobili aventi caratteristiche similari ed ubicati nella stessa zona con l’ausilio delle quotazioni; che, in ogni caso, il valore era stato ridotto del quindici per cento per i beni locati, di un terzo per le terrazze rispetto al valore delle abitazioni, ritenendo legittima l’applicazione del valore massimo delle quotazioni OMI per i posti auto, tenuto conto della entità della domanda di tali unità immobiliari.

Aggiungeva, inoltre, che il complesso immobiliare era stato alienato a corpo e non a misura “per cui gli elementi di disvalore devono ritenersi considerati” e che non si poneva la questione dell’alternatività IVA- Registro, atteso che il prezzo considerato atteneva alle unità immobiliari abitative e non anche le porzioni di immobili a destinazione commerciale.

Ricorrono per la cassazione della sentenza n. 427/2014, depositata il 27 gennaio 2014, la società Unipol Sai Investimenti società di gestione del risparmio s.p.a., già società sai Investimenti società di gestione del risparmio s.p.a., e la società Immobiliare Fondiaria Sai, svolgendo sette motivi, illustrati nelle memorie difensive.

L’Agenzia intimata non ha svolto attività difensiva.

Diritto

ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI DI DIRITTO

2. Con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata, denunciando, ex art. 360 c.p.c., n. 4, violazione dell’art. 132 c.p.c. per avere i giudici regionali motivato la reiezione del gravame ricalcando le deduzioni difensive dell’Agenzia senza considerare le argomentazioni dedotte con il ricorso in appello dalle contribuenti, con conseguente nullità della sentenza per carenza motivazionale o motivazione apparente, avendo i giudici regionali aderito acriticamente alle difese della controparte attraverso un mero “copia ed incolla”.

3. Con la seconda censura si lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360 c.p.c., n. 5 per avere il decidente confermato la legittimità dell’avviso di rettifica disposto sulla base delle sole quotazioni OMI, ritenendo che la mancata risposta al secondo questionario notificato alle contribuenti, giustificasse il ricorso alle quotazioni OMI; omettendo di considerare che, invece, la società Sai aveva risposto anche al secondo questionario indicando nell’atto di compravendita e nella perizia precedentemente prodotta l’esatta indicazione catastale degli immobili a destinazione commerciale estranei, peraltro, all’oggetto della rettifica.

4.Con il terzo motivo si lamenta, ex art. 360 c.p.c., n. 4, la violazione dell’art. 132 c.p.c. per avere i giudici regionali respinto la censura relativa alla violazione della L. n. 88 del 2009, art. 24 che ha abrogato il valore di presunzione dei valori OMI, sulla base della circostanza che le contribuenti non avevano risposto al secondo questionario, in tal modo utilizzando un percorso motivazionale inconferente rispetto al thema decidendi e comunque errato in considerazione del fatto che il secondo questionario aveva ad oggetto i locali a destinazione commerciali che non hanno costituito oggetto della rettifica.

5. Con la quarta censura, che reca la prospettazione della nullità della sentenza ex art. 132 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4, si lamenta l’omesso esame dei motivi di gravame relativi alla erronea stima operata dall’ufficio basata sulla possibilità di una vendita frazionata dei singoli immobili compresi nel complesso edilizio, il quale, invece, in quanto destinato a residence, come si evince dalla concessione edilizia e dall’atto d’obbligo sottoscritto dalla proprietaria che si impegnava a mantenere tale destinazione, poteva costituite oggetto solo di una vendita unitaria; – nonchè l’omesso esame delle prospettate caratteristiche edilizie del compendio specificamente descritte e non analizzate dalla CTR.

Si deduce, in particolare, che la motivazione relativa alla vendita a corpo e non a misura dell’atto di compravendita risulta del tutto inconferente rispetto alla doglianza relativa alla stima effettuata dall’ufficio ” a misura” vale a dire con riferimento ai singoli immobili ceduti, risolvendosi la motivazione sul punto apparente non dando riscontro delle doglianze di illegittimità sollevate dalla parte contribuente.

6.Con il quinto motivo lamenta la ricorrente ex art. 360 c.p.c., n. 5″, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio consistente nella circostanza fattuale che a fronte della vendita a corpo disposta dalle parti, l’ufficio aveva provveduto alla valutazione degli immobili secondo i criteri di una vendita frazionata ” a misura”, reiterando le obiezioni sollevata con la precedente censura.

7. Con il sesto motivo lamenta la ricorrente ex art. 360 c.p.c., n. 5″, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio consistente nella medesima circostanza fattuale descritta con il quinto motivo e l’omesso esame delle altre censure dedotte dalla contribuente con riferimento alla stima delle terrazze e dei posti auto.

8. Con l’ultima doglianza, si denuncia ex art. 360 c.p.c., n. 5″, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio consistente nel non aver considerato che dei 99 posti auto, quattordici di essi erano stati assoggettati ad iva, per cui la loro sottoposizione all’imposta di registro aveva determinato una duplicazione del tributo.

9. La prima censura, con conseguenziale assorbimento delle altre questione dedotte, è fondata. Vi è infatti da ribadire che “In tema di processo tributario, è nulla, per violazione del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 36 e 61, nonchè dell’art. 118 disp. att. c.p.c., la sentenza della commissione tributaria regionale completamente carente delle considerazioni che hanno indotto la commissione a disattendere i motivi di gravame e che si sia limitata a motivare “per relationem” alle difese di una parte mediante la mera adesione ad essa, atteso che, in tal modo, resta impossibile l’individuazione del “thema decidendum” e delle ragioni poste a fondamento del dispositivo e non può ritenersi che la condivisione delle difese svolte da una parte sia stata raggiunta attraverso l’adeguata considerazione delle allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello. ” (Cass. n. 28113 del 16/12/2013; nn. 15884 e 22022 del 2017; 27112 /2018; n. 14762/2019). Il giudice di merito è tenuto, difatti, a dare conto, in modo comprensibile e coerente rispetto alle evidenze processuali, del percorso logico compiuto al fine di accogliere o rigettare la domanda proposta, dovendosi ritenere viziata per apparenza la motivazione meramente assertiva o riferita solo complessivamente alle produzioni in atti.

Vale osservare che la motivazione che si limiti a riprodurre il contenuto di un atto di parte (o di altri atti processuali o provvedimenti giudiziari), senza niente aggiungervi, non è nulla qualora le ragioni della decisione siano, in ogni caso, attribuibili all’organo giudicante e risultino in modo chiaro, univoco ed esaustivo, atteso che, in base alle disposizioni costituzionali e processuali, tale tecnica di redazione non può ritenersi, di per sè, sintomatica di un difetto d’imparzialità del giudice, al quale non è imposta l’originalità nè dei contenuti nè delle modalità espositive”.(S. U. n. 642/2015; Cass. N. 3819/2020)

La sentenza impugnata rientra paradigmaticamente nell’applicazione di tale principio di diritto, posto che non sviluppa in alcun apprezzabile modo un’autonoma valutazione sul meritum causae, come gli era stato richiesto con i motivi dell’appello e come quindi aveva l’obbligo giuridico processuale, anche costituzionale, di fare.

Secondo le S.U. (10627/2014) il recepimento letterale in un provvedimento giudiziario delle considerazioni contenute negli atti di una o entrambe le parti del processo è consentito se fatto per ragioni di economia processuale e di semplificazione, in funzione dell’accorciamento dei tempi di redazione, semprechè la riproduzione sia manifesta e la motivazione sia comunque supportata, pur se in modo non prevalente, da idonei spunti critici di ragionamento logico-giuridico propri del giudice, non potendosi risolvere nel mero assorbimento dell’atto di parte mediante ricopiatura, scannerizzazione e/o uso dello strumento informatico del “copia – incolla”, tale da poter indurre a ritenere che il giudice non abbia compiuto alcuna effettiva valutazione del caso sottoposto al suo esame, violando così il dovere di garantire che la decisione sia assunta in piena autonomia di giudizio (9334 del 08/05/2015; 22562/2016). Nel caso all’esame, si è in presenza di una “motivazione apparente”, in quanto la CTR non ha esplicitato in maniera comprensibile le ragioni logiche e giuridiche poste a base della decisione. E’ sufficiente al riguardo evidenziare che la CTR ha ritenuto di dover respingere nel merito il motivo inerente alla illegittima applicazione dei valori OMI sul rilievo che il contribuente non aveva risposto al secondo questionario (circostanza peraltro non aderente alla realtà), senza affatto esaminare l’eccezione di violazione normativa sollevata dalla parte contribuente; argomentando secondo un ragionamento evidentemente estraneo alla materia del contendere, considerato che i motivi di ricorso, fondati o infondati che fossero, erano volti a far valere l’illegittimità del provvedimento impugnato sotto il profilo della violazione di legge; ha richiamato l’oggetto della vendita a corpo della compravendita in maniera del tutto avulsa dalle argomentazioni giuridiche addotte dalla ricorrente per far valere l’illegittimità dell’atto impositivo; ha replicato il contenuto dell’avviso con riferimento alle valutazione delle terrazze ed ai posti auto senza esaminare le contestazioni prospettate dalle appellanti; ha ritenuto l’inapplicabilità del principio di alternatività iva – registro con riferimento ai locali a destinazione residenziale oggetto dell’avviso, benchè le contribuenti facessero riferimento a quattrodici posti auto.

In definitiva le considerazioni esposte sono incongrue rispetto alle questioni prospettate dalla parte e non disvelano il percorso logico-giuridico seguito dal decidente per risolverla. L’impossibilità di individuare l’effettiva ratio decidendi rende meramente apparente la motivazione della decisione impugnata, alla stregua della nozione di “motivazione apparente” innanzi delineata.

Il ricorso deve essere pertanto accolto con riferimento al primo motivo, assorbiti gli altri, con conseguente cassazione della sentenza impugnata e rinvio alla CTR della Lombardia in altra composizione che deciderà anche sulla regolamentazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte:

– Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Lombardia in altra composizione, anche per la regolamentazione delle spese di lite.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione tributaria della Corte di Cassazione, il 16 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 novembre 2020

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