Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26811 del 29/11/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 26811 Anno 2013
Presidente: VITRONE UGO
Relatore: GIANCOLA MARIA CRISTINA

Data pubblicazione: 29/11/2013

SENTENZA

sul ricorso 8015-2007 proposto da:
AMMINISTRAZIONE DELLA PROVINCIA DI VERONA (C.F.
00654810233), in persona del legale rappresentante
pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA
G. MERCALLI 13, presso l’avvocato CANCRINI ARTURO,
che la rappresenta e difende unitamente
2013
1555

all’avvocato RIGHETTI LUIGI, giusta procura in
calce al ricorso;
– ricorrente contro

1

MUZYCHKA MARIYA;
– intimata –

sul ricorso 12187-2007 proposto da:
MUZYCHKA MARIYA

(C.F. MZYMRY67D54Z138T),

nella

qualità di vedova ed erede di FREDDO GIULIANO (a

sua volta erede di FREDDO MARIA), elettivamente
domiciliata in ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI 99, presso
l’avvocato PUNZI CARMINE, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato CONSOLO CLAUDIO,
giusta procura a margine del controricorso e
ricorso incidentale;
– controri corrente e ricorrente incidentale contro

AMMINISTRAZIONE DELLA PROVINCIA DI VERONA;
– intimata –

avverso la sentenza n. 1765/2006 della CORTE
D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 08/11/2006;
udita la relazione della causa svolta nella
pubblica udienza del 23/10/2013 dal Consigliere
Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato NICOLETTI
LUCA, con delega avv. CANCRINI ARTURO, che ha
chiesto l’accoglimento del ricorso principale,
rigetto dell’incidentale;
udito,

per

la controricorrente

e

ricorrente

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incidentale, l’Avvocato CONSOLO CLAUDIO che ha
chiesto

il

rigetto

del

ricorso

principale,

accoglimento dell’incidentale;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. ANTONIETTA CARESTIA che ha concluso

ricorso incidentale condizionato.

per il rigetto del ricorso principale, assorbito il

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SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato in data 21.1.1999 Maria Freddo adiva il Tribunale di
Verona chiedendo la condanna dell’Amministrazione della Provincia di

completamento della circonvallazione di Grezzana e consistiti sia nella perdita che
nell’occupazione di terreno di sua proprietà con cumuli di terra. L’adito Tribunale di
Verona con sentenza non definitiva n 2483 del 18.12.2000 respingeva le eccezioni
sollevate dall’amministrazione convenuta, di giudicato e di prescrizione, ritenendo
anche che la fattispecie integrava un’occupazione usurpativa, costituente illecito
permanente, e nel contempo disponendo la prosecuzione del giudizio per la
liquidazione del dovuto. Con sentenza definitiva n.1019 del 10.3.2004 il medesimo
Tribunale di Verona, dichiarata preliminarmente l’inammissibilità dell’eccezione di
difetto di giurisdizione sollevata dalla Provincia, nel merito riteneva acquisiti sulla
scorta delle relazioni peritali tutti gli elementi necessari per la quantificazione del
ristoro e quindi, premesso il carattere di effettiva vocazione edificatoria dell’area,
ritenuto inapplicabile l’art 43 del testo unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia di espropriazione e determinato il risarcimento in base al
valore venale del bene, condannava la medesima Provincia di Verona a corrispondere
alla Freddi, a titolo di risarcimento dei danni per l’occupazione usurpativa, la somma di
€ 578.431,72, da rivalutarsi secondo gli indici ISTAT dall’agosto 1980 sino alla
pubblicazione della sentenza, oltre agli interessi legali compensativi sulla somma
devalutata dalla data della pubblicazione della sentenza fino all’agosto 1980 e su quella
via via rivalutata di anno in anno fino al saldo; respingeva le ulteriori domande
risarcitorie proposte dall’attrice e condannava la Provincia di Verona alla rifusione
delle spese di lite e di CTU.

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Verona al risarcimento dei danni subiti a causa dell’esecuzione delle opere di

Con sentenza del 30.05-8.11.2006 la Corte di appello di Venezia respingeva
l’appello principale della Provincia di Verona e in parziale accoglimento dell’appello
incidentale proposto da Mariya Muzychica, costituitasi quale moglie ed erede di

l’amministrazione a pagarle l’ulteriore somma di € 6.000,00, rivalutata secondo gli
indici ISTAT dal novembre 2001 con gli interessi legali sulla stessa somma devalutata
dalla data dell’illecito (agosto 1980) e quindi via via annualmente rivalutata.
La Corte territoriale osservava e riteneva per quanto ancora possa rilevare che:
doveva essere disattesa l’eccezione che l’appellata aveva proposto nella comparsa
conclusionale, di difetto di rappresentanza processuale della provincia di Verona e di
conseguente inammissibilità dell’appello principale, fondata sul rilievo del mancato
rinvenimento in atti della determinazione n. 2627 del 4 maggio 2004, con cui il legale
rappresentante pro tempore dell’Amministrazione provinciale era stato autorizzato a
proporre impugnazione ed alla quale si era fatto richiamo nella procura a margine
dell’atto di citazione di appello. Andava rilevato che la determinazione dirigenziale del
4 maggio 2004, con la quale si era deliberato di proporre appello, era stata richiamata
nella successiva determinazione del 7 giugno 2004 allegata al ricorso ex art 351 c.p.c..
Alla mancanza in atti della determinazione del 4 maggio 2004 — che peraltro non
risultava non essere stata dimessa precedentemente ancorché non menzionata tra i
documenti allegati all’atto di citazione di appello – parte appellante aveva posto rimedio
allegandone copia autentica alla memoria di replica, con ciò rendendo superflua la
rimessione della causa ad altra udienza per la acquisizione in giudizio della delibera, ai
sensi dell’art 182 c.p.c., norma quest’ultima che costituiva espressione di una facoltà
discrezionale (e non già di un obbligo per il giudice) che ben poteva essere esercitata
dalla Corte con condotta insindacabile in sede di legittimità;

5

Giuliano Freddo a sua volta erede della madre Maria Freddo, condannava

-

vertendosi in caso di c.d. occupazione usurpativa verificatasi nell’agosto del 1980,
erano inapplicabili i criteri riduttivi di liquidazione del risarcimento di cui agli artt 43 e
55 del TU n. 327 del 2001, invocati dalla Provincia;

base al suo valore venale, quale indicato dal CTU che aveva valorizzato la vocazione
edificatoria di esso, riferendo anche:
a)

che i terreni, estesi mq 7.995, erano siti in Quinto di Valpantena, ed erano divenuti
sede della nuova strada provinciale della Valpantena, che divideva in due parti
l’originaria proprietà Freddo;

b)

che alla data di immissione in possesso (23.8.1980) da parte della amministrazione
lo strumento urbanistico vigente era il PRG del 27.5.1975, nel quale la zona era
classificata quale “zona di verde privato per protezione marginale a strada”, inoltre
che la strada oggetto di occupazione era fiancheggiata da fasce di rispetto oltre le quali
erano situati terreni inseriti ad ovest in zona 10, abitazioni estensive (Tipo B) e ad est in
Zona 18 zone industriali future;

c)

che le zone di protezioni marginali a strade, sempre previste per motivi di sicurezza,
erano inedificabili ma le relative superfici concorrevano alla determinazione del
volume fabbricabile nei terreni adiacenti e quindi di fatto e per valore intrinseco erano
da considerare come edificabili;
ai fini della valutazione dell’area occupata doveva prescindersi dalla sua
destinazione a strada prevista nello strumento urbanistico vigente al momento della
occupazione, trattandosi di vincolo espropriativo e non conformativo mentre occorreva
fare riferimento alla natura edificatoria assegnata alle singole zone site ai lati del
manufatto ed al cui corredo la strada era stata posta, prescindendo dalla destinazione di

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il pregiudizio da perdita del bene doveva dunque essere integralmente riparato in

parte di esse a fascia di rispetto, inscindibilmente legata alla previsione della
esecuzione dell’opera pubblica previo esproprio;

privo di rilievo ai fini di ritenere il sedime stradale area agricola invece che

a strada, poiché a tale vincolo di inedificabilità si applicava il termine di efficacia
quinquennale e quindi alla data di entrata in vigore dello strumento urbanistico che
riqualificava l’area come zona di espansione edilizia residenziale e futura zona
industriale, il vincolo era divenuto inefficace. A ciò si aggiungeva il rilievo
dell’appellata secondo cui nell’agosto del 1980 era pure decaduto per intervenuto
decorso del quinquennio, ogni vincolo espropriativo imposto dal PRG del 27.05.1975;
infondate erano anche le censure dell’Amministrazione inerenti ai dati assunti dal
CTU a parametro per la determinazione del valore venale, quale il riferimento alla
superficie territoriale in luogo di quella fondiaria urbanizzata (inferiore del 20/25%);

in particolare il metodo seguito dall’esperto risultava corretto e condivisibile in
quanto non emergeva che avesse omesso di considerare le superfici destinate a
standards urbanistici, aveva inoltre considerato l’indice di edificabilità dell’area
destinata ad abitazione e parimenti l’indice di copertura dell’area a destinazione
industriale, aveva tenuto conto della collocazione del bene in zona intermedia tra due
zone con diversa classificazione, una residenziale ed una industriale, e diversi valori di
mercato e conseguentemente determinato come più probabile valore venale quello
risultante dalla media fra valori unitari propri di ciascuna zona;

doveva essere disattesa anche la contestazione dell’Amministrazione fondata su
prezzi asseritamente relativi ad altro quartiere del comune di Verona, e cioè Borgo
Venezia.

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edificabile era il fatto che già nel PRG del 1966 le aree occupate fossero state destinate

Avverso questa sentenza notificata il 2.01.2007 l’Amministrazione provinciale di
Verona ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi e notificato il 313.03.2007 alla Muzychka, che il 20.04.2007 ha resistito con controricorso e proposto

depositato memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Deve essere preliminarmente disposta ai sensi dell’art. 335 c.p.c., la riunione dei ricorsi
principale ed incidentale, proposti avverso la medesima sentenza.
A sostegno del ricorso principale la Provincia di Verona denunzia:
1. “Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360, primo
comma, n. 3, c.p.c., in relazione ai principi ed alle norme in materia di risarcimento del
danno (artt 2056 e 1223 ss. cc .); ai principi ed alle norme in materia di espropriazione
per pubblica utilità, ivi incluse quelle di cui al d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327; ai principi
ed alle norme in materia di vincoli preordinati all’espropriazione e di edificabilità dei
suoli (L. 28 gennaio 1977, n. 10-art. 4; L. 19 settembre 1968, n. 87; d.P.R. 6 giugno
2001, n. 380). Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto
controverso e decisivo per il giudizio (art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.).”
Formula i seguenti quesiti ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. applicabile ratione temporis
« 1) Dica la Suprema Corte se, ai fini della quantificazione del danno derivante da c.d.
occupazione usurpativa, conseguente all’illegittima occupazione di un terreno per la
realizzazione di un’opera pubblica, si debba tener conto della destinazione urbanistica
dell’area occupata così come derivante dalla preesistenza di un vincolo preordinato
all’espropriazione e, quindi se il predetto vincolo abbia rilevanza ai fini della
quantificazione stessa.

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ricorso incidentale condizionato fondato su due motivi. Entrambe le parti hanno

2) Dica la Suprema Corte se, a seguito della cessazione di efficacia, per decorrenza del
termine quinquennale, del vincolo preordinato all’espropriazione per la realizzazione di
un’opera pubblica, l’area sottoposta al vincolo stesso acquisti automaticamente

contigue.
3) Dica la Suprema Corte se alle c.d. fasce di rispetto poste a margine dell’area di
sedime dell’opera pubblica da realizzare sia da attribuirsi valore edificatorio o
comunque il valore corrispondente alla destinazione urbanistica della aree attigue.
4) Dica la Suprema Code se sia conforme alle disposizioni di cui agli artt. 1223 ss. c.c.,
in quanto richiamati dall’art. 2056 cc., una valutazione del danno risarcibile per effetto
di c.d. occupazione usurpativa, che prescinda dalla preesistenza di un vincolo di
inedificabilità gravante sull’area occupata, preordinato all’espropriazione per la
realizzazione di un’opera pubblica, nonché che prescinda, una volta ritenuta la
vocazione edificatoria dell’area, dalla concreta edificabilità della stessa per effetto degli
standard urbanistici della zona, relativi alle destinazioni a verde, a parcheggio etc.>>.
2..1. “Violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto, ai sensi dell’art. 360, primo
comma, n. 3, c.p.c., in relazione al d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 (particolarmente gli
artt. 43 e 55).”
11.2. “Omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e
decisivo per il giudizio (art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.).”
Formula i seguenti quesiti<< 1) Dica la Suprema Corte se l'art. 43 del d.P.R. n. 327/2001 trovi applicazione ai casi di occupazione c.d. usurpativa non ancora definiti alla data della sua entrata in vigore. 9 destinazione edificatoria o comunque la destinazione urbanistica delle zone ad essa 2) Dica la Suprema Corte se l'art. 55 del d.P.R. n. 327/2001 trovi applicazione anche ai casi di occupazione c.d. usurpativa avveratisi alla data del 30.9.1996 ed in relazione ai quali vi fosse un giudizio pendente alla data del 1° gennaio 1997.>>.

per l’ipotesi di accoglimento del secondo motivo di ricorso avversario ex artt.
360, nn. 3, 4 e 5, c.p.c.in relazione agli artt 2909 c.c. nonché 278 e 328 c.p.c., con
riguardo al giudicato interno rinveniente dalla sentenza non definitiva n. 2483 del 2000,
resa dal Tribunale e riconduttiva dell’illecito all’art.2043 c.c. e pertanto ostativa
all’applicabilità degli artt 43 e 55 del TU.
“In punto di mancato rilievo di difetto di rappresentanza processuale avversaria
in appello e conseguente definitività della decisione di I° grado) ex artt. 360, nn. 3, 4 e
5, c.p.c., in relazione alle norme processuali di cui agli artt. 75, 350 co.II, nonché 189
,279 e 182 c.p.c..”.
Formula i seguenti quesiti« 1) Statuisca ed enunci la Suprema Corte il principio che i
provvedimenti del Giudice per la regolarizzazione ammessa dall’art. 182 c.p.c.
possono essere emessi solo fino a che è pendente la fase istruttoria e di trattazione della
causa di merito (anche in appello, ex art. 350, co.II), oppure- alternativamente- che
detti provvedimenti possono essere emessi anche dopo che la causa è stata trattenuta in
decisione a mente dell’art. 189 c.p.c., e così a valle dello scambio delle difese
conclusionali tra le parti, con ordinanza ex art. 279, co. I. e 182 c.p.c., con la quale si
rimetta la causa in istruttoria sulla base di eccezione o segnalazione di parte o di rilievo
d’ufficio emersi dopo la p.c. (e la parte onerata della produzione sia rimessa
conseguentemente in termini, pur in assenza di istanza in tale senso formulata dalla
medesima prima della p.c.). 2) Statuisca la Suprema Corte che, in ogni caso, una volta
trattenuta la causa in decisione dopo la p.c., in ipotesi di rilievo d’ufficio o su eccezione

10

Con il ricorso incidentale condizionato la Muzychka deduce

o segnalazione di parte di una questione rilevante ex art. 75 e 182 c.p.c., il Giudice non
può ammettere la produzione con gli scritti ex art. 190 di un documento mancante in
atti a monte di essi (senza neppure bene appurare se esso mancasse o no). ma deve

che precede) senza comunque tenere in conto per la decisione della causa l’eventuale
relativa produzione tardivamente ed irritualmente svolta.».
Il primo motivo del ricorso principale è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis
c.p.c., essendo stato corredato da irrituali, generici quesiti di diritto e quanto invece ai
dedotti vizi motivazionali non compendiato nella prescritta sintesi dei rilievi.
Va premesso che è ormai intangibile l’accertamento secondo cui nella specie
l’Amministrazione provinciale si è resa autrice, nell’agosto del 1980, dell’illecita
occupazione usurpativa del terreno inglobato nell’opera viaria, e che, pertanto, è tenuta
a risarcire il danno da perdita del bene subito dal privato che ne era proprietario, solo
ancora controvertendosi sui concreti criteri legali applicabili per la liquidazione del
dovuto, in tesi anche ostativi all’attribuzione dell’integrale valore venale dell’immobile
acquisito. Dai formulati quesiti di diritto, che delimitano l’ambito delle censure
correlate alle rubricate violazioni normative e, quindi, l’oggetto del giudizio di
legittimità, emerge in primo luogo non censurato (quesiti nn 1, 2 e 4) che il vincolo a
strada imposto dal PRG del 27.05.1975 avesse natura lenticolare e non conformativa e
che esso fosse scaduto per intervenuto, inutile decorso del termine quinquennale di
relativa efficacia, di cui all’art. 2 della legge n. 1187 del 1968.

Deve,

conseguentemente, ritenersi che l’area appresa dall’Amministrazione provinciale era
divenuta urbanisticamente assoggettata alla disciplina transitoria e con finalità
meramente cautelari di salvaguardia, di cui all’art. 4 della legge n. 10 del 1977,
disciplina inapplicabile ai fini sia della determinazione dell’indennità di esproprio (cfr

11

assumere i provvedimenti decisori del caso (secondo la soluzione al quesito di diritto

cass n. 24064 del 2004; n. 10936 del 2008, n. 17557 del 2009), che del risarcimento del
danno da occupazione acquisitiva o usurpativa ( in tema cfr cass. n. 2052 del 2012),
evenienze in cui per la quantificazione del dovuto doveva farsi ricorso al criterio

qualificare legalmente come edificabile o meno l’area ablata. A questi principi si sono
sostanzialmente attenuti i giudizi d’appello, i quali, ai fini della determinazione del
ristoro, non hanno indebitamente concluso che il terreno usurpato fosse divenuto
legalmente edificabile per avere automaticamente assunto la destinazione urbanistica
delle aree circostanti, come sostenuto dalla ricorrente, ma ritenuto che di fatto esso
fosse connotato da vocazione edificatoria, in ragione del contiguo contesto territoriale e
delle relative destinazioni urbanistiche. Dunque, i quesiti nn 1, 2 esorbitano
dall’enucleata ratto decidendi, mentre i rimanenti si appuntano e solo genericamente
sullo statuito valore venale del fondo appreso, in tesi erroneamente desunto ed
eccessivamente stimato. Alcuna prospettazione critica invece concerne la concreta,
pregressa ed effettiva attitudine all’edificabilità del suolo appreso, ossia ad essere
sfruttato e destinato a fini edificatori.
Anche il secondo motivo del ricorso principale non ha pregio in riferimento ad
entrambi gli articolati profili.
Inammissibili per sopravvenuto difetto d’interesse si rivelano infatti le censure, pure
d’indole argomentativa, attinenti al primo profilo, involgente l’art. 43 del DPR 8
giugno 2001 n. 327, norma ormai espunta dall’ordinamento a seguito della sentenza n.
293 del 2010, con cui la Corte costituzionale ne ha dichiarato l’incostituzionalità per
eccesso di delega.
Infondate, invece, appaiono le censure relative al secondo profilo, implicanti pure vizi
motivazionali ed incentrate sull’art. 55 del medesimo T.U. n. 327 del 2201 (in vigore

12

residuale della c.d. edificabilità di fatto, stante la carenza di strumenti urbanistici atti a

dal 30.06.2003). Esse evidentemente trascurano il tenore testuale recato da tale
disposizione normativa al momento della sua entrata in vigore, tenore che era stato
modificato rispetto a quello originario, ad opera dell’art. 1 del decreto legislativo 27

l’altro, l’inciso “o dichiarativo della pubblica utilità”, il che aveva comportato
l’inapplicabilità della regolamentata regola risarcitoria riduttiva all’ambito delle c.d.
occupazioni usurpative di aree edificabili ( cfr Corte Cost., ord., n. 64 del 2006; cass. n.
16519 del 2005; n.18241 del 2009).
L’esito sfavorevole del ricorso principale comporta anche l’assorbimento del ricorso
incidentale condizionato ad opposta sorte del primo.
Conclusivamente si deve dichiarare inammissibile il primo motivo del ricorso
principale, respingere il secondo motivo del medesimo ricorso e dichiarare assorbito il
ricorso incidentale condizionato.
Giusti motivi, essenzialmente desunti dalle peculiarità del caso, consigliano l’integrale
compensazione tra le parti, delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte riuniti i ricorsi principale ed incidentale, dichiara inammissibile il primo
motivo del principale, respinge il secondo motivo del medesimo ricorso e dichiara
assorbito l’incidentale. Compensa per intero le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 23 ottobre 2013
Il Presidente

dicembre 2002, n. 302 (in vigore dal 6.02.2003), con cui era stato soppresso, fra

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