Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26810 del 22/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 22/12/2016, (ud. 20/10/2016, dep.22/12/2016),  n. 26810

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 21159-2015 proposto da:

C.G., elettivamente domiciliata in ROMA PIAZZA CAVOUR

presso la CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato GIORGIO

LICITRA giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO

rappresentato e difeso dagli avvocati CLEMENTINA PULLI MAURO RICCI,

EMANUELA CAPANNOLO giusta procura speciale a margine del ricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 362/2015 del TRIBUNALE di RAGUSA, depositata

il 17/06/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/10/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONELLA PAGETTA;

udito l’Avvocato Antonella Patteri (delega avvocato Mauro Ricci)

difensore del controricorrente che si riporta agli scritti.

Fatto

FATTO E DIRITTO

Con sentenza n. 362/2015 il giudice del Lavoro di Ragusa, nel procedimento promosso ai sensi dell’art. 445 bis c.p.c., comma 6, dall’INPS in esito a dissenso espresso dalle conclusioni del c.t.u. officiato nell’ambito della procedura per ATP il quale aveva riconosciuto la periziata portatrice di un’invalidità pari all’80% ha così statuito: “Definitivamente decidendo sul ricorso di merito proposto dall’INPS nel procedimento per accertamento tecnico obbligatorio proposto da G.A., in contraddittorio fra le parti, dichiara, per gli effetti della L. n. 118 del 1971, art. 13 che C.G., nata a (OMISSIS), versa in condizioni di salute che riducono la capacità lavorativa di lei in percentuale del 75%, con decorrenza dalla data del 9.1.2014″.

La decisione è stata fondata sugli esiti della rinnovata indagine peritale la quale aveva concluso per la sussistenza di un’invalidità rapportata al 75% della capacità lavorativa generica. Il giudicante ha dichiarato di concordare con l’ultimo più completo giudizio medico legale, precisando che la decorrenza dell’assegno doveva, di necessità, essere ancorata alla data della visita del Dott. I. (c.t.u. del procedimento per ATP, n.d.r.). Avverso tale decisione ha proposto ricorso C.G. la quale, sottolineato che per evidente errore materiale nel dispositivo si faceva riferimento a procedimento per ATP proposto da G.A., ne ha chiesto la cassazione sulla base di due motivi. L’INPS ha resistito con tempestivo controricorso. Parte ricorrente ha depositato memoria.

Con il primo motivo di ricorso, articolato in più censure, parte ricorrente ha dedotto: violazione dell’art. 112 c.p.c. denunziando il vizio di extrapetizione della sentenza impugnata per avere pronunziato su questione non devoluta, quale la data di decorrenza della prestazione; violazione dell’art. 445 bis c.p.c., in quanto in base alla disciplina dettata dall’articolo richiamato non è consentito al giudicante di stabilire una decorrenza diversa rispetto a quella accertata nell’ambito del procedimento per ATP; omessa motivazione tecnico giuridica per avere modificato la data di decorrenza indicata dal primo c.t.u. al fine di poter compensare le spese. Con il secondo motivo di ricorso ha dedotto violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5 per avere omesso qualsiasi motivazione tecnico-giuridica riguardo all’indicazione della data di decorrenza indicata dal c.t.u. dott. I., configurabile come fatto decisivo del quale viene dedotta la omessa considerazione.

Il Relatore, nella relazione depositata ai sensi degli artt. 275 e 380 bis c.p.c. ha concluso per la inammissibilità del ricorso.

Il Collegio, preliminarmente rilevata la tardività della memoria di parte ricorrente, pervenuta (come da annotazione di cancelleria) in data 17 ottobre 2016 e quindi oltre il termine prescritto dall’art. 378 c.p.c. (v. in punto di inammissibilità della memoria depositata oltre il termine prescritto, ex plurimis Cass. n.6230 del 2016, in motivazione e giurisprudenza ivi richiamata), ritiene di condividere la proposta formulata nella Relazione.

Preliminarmente, ancora, occorre darsi atto che il riferimento ad ” G.A.” contenuto nel dispositivo della decisione impugnata appare frutto di mera svista nella redazione del provvedimento, non essendo revocabile in dubbio, dagli atti di causa, dalla medesima sentenza impugnata nonchè dal riferimento in altra parte del dispositivo a C.G., che la parte privata del processo definito con la sentenza impugnata deve identificarsi nella odierna ricorrente e cioè C.G., nata a (OMISSIS).

Tanto premesso il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per carenza di interesse ad impugnare. Le censure alla decisione del Tribunale prospettano, sotto vari profili, l’errore del giudice di merito, esclusivamente per non avere questa ancorato la decorrenza del requisito sanitario giustificativo della prestazione alla data – marzo 2013 – indicata dal dott. I., consulente d’ufficio nominato nell’ambito del procedimento per ATP. In questi termini è formulato anche il secondo motivo di ricorso con il quale, nel denunziare il vizio di motivazione, si configura quale fatto avente rilevanza decisiva del quale si lamenta la omessa considerazione, proprio la decorrenza indicata dal richiamato consulente.

Secondo quanto allegato in ricorso medesimo la C. è nata a (OMISSIS); alla data del marzo 2013, indicata dal dott. I. come di decorrenza del requisito sanitario, aveva quindi già compiuto sessantacinque anni di età per cui il beneficio in funzione del quale, per come pacifico, era stato attivato il procedimento per ATP non avrebbe potuto comunque esserle attribuito. Questa Corte ha ripetutamente affermato che la pensione e l’assegno di inabilità civile, di cui alla L. 30 marzo 1971, n. 118, artt. 12 e 13 non possono essere riconosciuti a favore dei soggetti il cui stato di invalidità si sia perfezionato con decorrenza successiva al compimento dei sessantacinque anni (o che, comunque, ne abbiano fatto domanda dopo il raggiungimento di tale età), come si evince dal complessivo sistema normativo, che, per gli ultrasessantacinquenni, prevede l’alternativo beneficio della pensione sociale, anche in sostituzione delle provvidenze per inabilità già in godimento, e come è stato espressamente confermato dal D.Lgs. 23 novembre 1988, n. 509, art. 8 (Cass. ord. n. 11198 del 2014 e giurisprudenza ivi citata).

Da tanto consegue che alcuna utilità giuridica, potrebbe derivare alla odierna ricorrente dall’accoglimento della presente impugnazione nei termini richiestile spese del giudizio sono regolate secondo soccombenza.

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione all’INPS delle spese del giudizio che liquida in complessivi Euro 2.500,00 per compensi professionali, Euro 100,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15%, oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2016

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