Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2681 del 05/02/2018


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Civile Ord. Sez. 6 Num. 2681 Anno 2018
Presidente: CRISTIANO MAGDA
Relatore: BISOGNI GIACINTO

ORDINANZA
sul ricorso proposto da
Sallah Ousman, elettivamente domiciliato in Roma, viale
Cortina d’Ampezzo 251, presso l’avv. Maria Daddabbo
(p.e.c. mariadaddabbo@ordineavvocatiroma.orq, fax
06/37500600) che lo rappresenta e difende, per procura
speciale in calce al ricorso;
– ricorrente nei confronti di
Ministero dell’Interno e Commissione territoriale per il
riconoscimento della protezione internazionale di Bari;
Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Bari;
– controricorrente avverso la sentenza n. 647/2016 della Corte di appello di
2017
Bari, emessa il 24 maggio 2016 e depositata il 6 giugno

Data pubblicazione: 05/02/2018

2016 R.G. n. 138/2016;

Rilevato che
1.

Sallah Ousman, cittadino gambiano, ha presentato
richiesta di protezione internazionale alla Commissione

fuoriuscita dal paese di origine in seguito ai gravi
soprusi subiti dal padre ad opera di agenti del governo
del Gambia, che avevano determinato la perdita del
bestiame, di cui era allevatore, l’incarcerazione e, da
ultimo, la morte in carcere (dove la sua malattia di
diabete si era aggravata) nonché sulla ripetuta
espulsione del proprio nucleo familiare dalla abitazione
di residenza.
2.

La Commissione territoriale ha respinto la domanda e il
Tribunale ha respinto il ricorso proposto da Sallah
Ousman avverso il provvedimento amministrativo di
rigetto. Infine la Corte appello Bari ha confermato la
decisione di primo grado ritenendo che la vicenda
paterna prospettata dal ricorrente non ha avuto
incidenza sulla sua situazione personale.

3.

Ricorre per cassazione Sallah Ousman con tre motivi di
impugnazione: a) violazione della Convenzione di
Ginevra del 1951 sullo status di rifugiato e dell’art. 7
d.lgs. n. 251/2007: secondo il ricorrente sussistono

territoriale di Bari. La richiesta era basata sulla sua

tutti i presupposti per ritenere una persecuzione ai
danni del richiedente e della sua famiglia di etnia wolof
e ad opera di esponenti della classe governativa di etnia
jola; b) violazione dell’art. 14 d.lgs. n. 251/2007:
sussistono comunque per il ricorrente i presupposti per

d.lgs. n. 25/2008, 19 d.lgs. n. 150/2011, 702 ter c.p.c.,
111 Cost., 6 e 13 CEDU. Il ricorrente lamenta che non
sia stata rispettata la previsione di cui al 702 ter c.p.c.,
richiamato dalle altre disposizioni citate, di audizione
delle parti in pubblica udienza.
4.

Si difende con controricorso il Ministero dell’Interno
eccependo l’inammissibilità del ricorso e in particolare
rilevando, quanto al primo motivo, che non vi è alcun
nesso fra le vicende narrate e l’etnia del ricorrente,
quanto al secondo motivo, che si tratta sostanzialmente
di una richiesta di nuovo esame del merito, e, infine,
quanto al terzo motivo, che esso è inammissibile perché
non chiarisce quale rilievo ha avuto la mancata
audizione e, comunque, è anche infondato perché l’art.
702 ter c.p.c. non presuppone la necessaria audizione
delle parti.

la protezione sussidiaria; c) violazione degli artt. 35

Ritenuto che
5.

I primi due motivi sono inammissibili. Si tratta infatti di
censure che investono esclusivamente il merito della
decisione della Corte di appello. Inoltre il riferimento
all’etnia wolof è del tutto nuovo e non inerente rispetto

giudizi di merito. La censura relativa alla protezione
sussidiaria è del tutto generica e non idonea a smentire
la valutazione della situazione del Gambia come
decisamente migliore rispetto ad altri paesi del
continente africano e nella quale non si registra alcuna
forma di violenza da parte dell’attuale potere politico.
6.

Il terzo motivo è infondato. Come affermato
costantemente dalla giurisprudenza di questa Corte
(Cass. civ. sez. VI ord. n. 24544 del 21 novembre
2011) “Nel procedimento, in grado d’appello, relativo
ad una domanda di protezione internazionale, non è
ravvisabile una violazione processuale sanzionabile a
pena di nullità nell’omessa audizione personale del
richiedente, atteso che il rinvio, contenuto nell’art. 35,
comma 13, del d.lgs. 28 gennaio 2008 n. 25, al
precedente comma 10, che prevede l’obbligo di sentire
le parti, non si configura come un incombente
automatico e doveroso, ma come un diritto della parte
di richiedere l’interrogatorio personale, cui si collega il
4

alla narrazione prospettata alla Commissione e nei

potere officioso del giudice d’appello di valutarne la
specifica rilevanza”. Nella specie la Corte di appello ha
motivato negativamente sulla richiesta di audizione
personale rilevando che l’interessato è stato sentito
dalla Commissione a mezzo di interprete e che non vi

circostanze poste a base della domanda e del
successivo ricorso hanno riguardato il padre del
richiedente e non integrano alcuna delle ipotesi di
protezione internazionale. Il motivo di ricorso non
specifica alcuna circostanza sulla quale l’audizione
avrebbe potuto arrecare una migliore rappresentazione
della domanda di protezione internazionale.
7. Il ricorso va pertanto respinto con condanna alle spese
del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali, liquidate in complessivi
euro 2.150 di cui 100 per spese, oltre accessori di legge e
spese forfettarie.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115
del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il
versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il

5

sono ragioni per accogliere l’istanza dato che le

ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso
articolo 13.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 21
novembre 2017.

Il Presidente

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