Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26804 del 29/11/2013


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 26804 Anno 2013
Presidente: RORDORF RENATO
Relatore: DI VIRGILIO ROSA MARIA

c..,2GRo+SENTENZA

Rep.4
sul ricorso 3948-2007 proposto da:
Ud. 17/10/2013

FALLIMENTO I.C.E.S. S.R.L., in persona del Curatore
PU

dott.rag. SERGIO VACCA, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA FABIO MASSIMO 107, presso l’avvocato

Data pubblicazione: 29/11/2013

ALAJMO FILIPPO, rappresentato e difeso dall’avvocato
MASSACCI GIAMPIERO, giusta procura in calce al
2013

ricorso;
– ricorrente –

1531

contro

INTESA

SANPAOLO

S.P.A.

(c.f.

00799960158),

1

incorporante il Sanpaolo IMI S.p.a. (già Istituto
Bancario San Paolo di Torino S.p.a.), in persona del
legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA PUCCINI 10, presso
l’avvocato FERRI GIANCARLO, rappresentata e difesa

speciale per Notaio dott. CARLO BOGGIO di TORINO Rep.n. 113460 del 27.2.2007;

avverso la sentenza n.

controricorrente

474/2005 della CORTE

D’APPELLO di CAGLIARI, depositata il 31/12/2005;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 17/10/2013 dal Consigliere Dott. ROSA
MARIA DI VIRGILIO;
udito, per la controricorrente, l’Avvocato PLAISANT
che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. PASQUALE FIMIANI che ha concluso per
il rigetto del ricorso.

dall’avvocato PLAISANT ANGELO, giusta procura

2

Svolgimento del processo
Il Fallimento ICES agiva in revocatoria ex art.67,2 °
coma 1.f. nei confronti dell’Istituto Bancario San Paolo
di Torino, per ottenere la revoca dei versamenti per lire
2.265.490.252, eseguiti dalla società nell’anno anteriore

alla dichiarazione di fallimento del 28/4/1986, “al fine
di ripristinare il saldo del c/c ordinario 10/179…nei
limiti dello scoperto concesso…”
La Banca si costituiva ed eccepiva la propria mancanza di
conoscenza dello stato di insolvenza della società e che
i versamenti in oggetto non avevano natura solutoria.
Il Tribunale revocava i versamenti eseguiti da ICES sui
c/c 610/10/179, n. 610/10/180, n.610/10/279 e
610/10/1192, per complessive lire 4.124.522.595 e
condannava la Banca alla restituzione di detta somma,
oltre interessi dalla domanda al saldo, oltre alle spese
di giudizio.
La Corte d’appello di Cagliari, con sentenza 18/11/0531/12/2005, ha accolto l’appello e, in riforma della
sentenza del Tribunale, ha rigettato la domanda di
revocatoria, compensando tra le parti le spese.
Il Giudice del merito ha ritenuto fondata l’eccezione di
prescrizione quinquennale, sollevata sul rilievo che
l’atto di citazione era stato notificato nella sede di
Torino il 30/4/91, a fronte della dichiarazione di
fallimento del 28/4/1986, rilevando che l’eccezione può
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essere proposta anche in appello, per cui l’eventuale
proposizione nel giudizio di primo grado in fase
decisionale, dopo una prima rimessione all’istruttore da
parte del Collegio non comporta alcuna decadenza, potendo
solo incidere sulle spese; che la regolarità e

tempestività della notifica andavano verificate avuto
riguardo al pervenimento presso la sede di Torino,
essendo stata citata la persona giuridica, mentre è nulla
la notificazione eseguita presso un ufficio periferico e
distaccato, e nel caso, non rilevava che la notifica
fosse stata effettuata alla filiale in termini, non
essendo stata citata la filiale; che la Curatela avrebbe
dovuto dimostrare in che giorno fosse pervenuta la
notifica presso la sede di Torino, in mancanza, la
spedizione avvenuta il 24/4/91 non provava l’arrivo prima
del 28/4/91, tanto più che la Banca aveva prodotto in
appello il plico con il bollo di ricevimento in data
30/4/1991, apposto dall’Ufficio protocollo; né era
applicabile il principio espresso dalla sentenza della
Corte cost. nella sentenza 477/2002 (nel caso, il plico
era stato consegnato per la notifica all’Uff. giudiziario
il 24/4/91), dovendosi avere nel caso riguardo alla data
di pervenimento dell’atto al destinatario.
Ricorre il Fallimento sulla base di cinque motivi.
Si difende con controricorso la Banca.
Il Fallimento ha depositato memoria ex art.378 c.p.c.
4

Motivi della decisione
1.1.- Col primo motivo, il Fallimento denuncia che la
Banca, nel costituirsi in primo grado, aveva riconosciuto
espressamente di avere ricevuto la notifica dell’atto di
citazione il 24/4/1991, ciò ribadendo in comparsa

conclusionale, per poi solo nella “memoria conclusionale
di replica” eccepire il pervenimento ben oltre il 29
aprile e la prescrizione.
Secondo il ricorrente, la Corte del merito non ha in
alcun modo esaminato il profilo del riconoscimento,
idoneo a rendere pacifica la circostanza decisiva per il
giudizio, divenuta controversa solo a seguito della
“ritrattazione” operata dalla Banca.
1.2.- Col secondo mezzo, la parte denuncia violazione o
falsa applicazione dell’art.2697 c.c., sostenendo di non
avere alcun onere probatorio a fronte del riconoscimento
della Banca.
1.3.- Col terzo mezzo, il Fallimento deduce che non può
attribuirsi alcuna valenza al timbro dell’Ufficio
Protocollo proveniente dalla stessa Banca.
1.4.- Col quarto motivo, il ricorrente denuncia la
mancata applicazione del principio della scissione dell’
effetto perfezionativo della notificazione nei confronti
del notificante rispetto al notificato nel caso della
revocatoria fallimentare, per la quale l’interruzione
della prescrizione può realizzarsi solo con la
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notificazione della domanda giudiziale, che è a tutti gli
effetti, un atto di natura giudiziale.
Diversamente opinando, osserva il Fallimento, verrebbe
creata un’ingiustificata disparità di trattamento
all’interno della categoria degli atti processuali, ai

quali appartiene integralmente l’atto di interruzione di
un diritto potestativo; né vi è alcuna motivazione per la
quale debba riconoscersi natura recettizia anche agli
atti del titolare del diritto potestativo, a cui fa
riscontro una situazione di mera soggezione, anziché di
obbligo, della controparte.
1.5.- Col quinto motivo, il Fallimento solleva questione
di legittimità costituzionale dell’art.149 c.p.c., e
dell’ art.4, 1.890/1982, nonché dell’art. 2943,1 ° , 2 ° e
4 ° comma c.c., anche in combinato disposto con gli
artt.149 c.p.c., e 4 ,3 ° comma 1. 890/82, in riferimento
agli artt. 3 e 24 Cost.
2.1.- I motivi primo, secondo e terzo, che possono essere
esaminati congiuntamente in quanto collegati, sono
infondati.
Deve in prima battuta rilevarsi che, al fine di ritenere
il carattere pacifico della circostanza del pervenimento,
in data 24/4/91, della notificazione della citazione, a
ragione del comportamento processuale della Banca,
sarebbe stato necessario un comportamento in tal senso
univoco di detta parte, implicante la consapevolezza del
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fatto indicato, laddove nella specie, la difesa della
Banca, pur avendo indicato la data della ricezione della
notifica al 24/4/1991, aveva rettificato detta
indicazione, frutto di una mera svista, corrispondendo
tale data a quella di spedizione dell’atto, e sollevato

l’eccezione di prescrizione (proponibile anche nel corso
del giudizio di secondo grado, stante l’art. 184 c.p.c.
ratione temporis applicabile).
La statuizione sul punto della Corte del merito è
corretta, ed è congruamente motivata, nel riferimento
all’evidente errore materiale della comparsa di
costituzione.
Caduto l’assunto del Fallimento, del riconoscimento da
parte della Banca della data di notificazione dell’atto
di citazione al 24/4/1991, rimane del tutto privo di
fondamento il rilievo di cui al secondo motivo, di non
essere onerata la parte della prova della tempestività
della notificazione ai fini dell’interruzione della
prescrizione.
Infine, non è corretta l’affermazione del Fallimento, che
la Corte del merito avrebbe attribuito valore probatorio
alla protocollazione, che è un atto della stessa Banca,
atteso che la Corte d’appello si è limitata ad
evidenziare come il Fallimento non avesse provato il
pervenimento del plico prima del 28/4/1991, a fronte

A

della spedizione del 24/4/1991, e che tale prova doveva
7

ritenersi

ancor

più

rigorosa,

a

fronte

della

protocollazione del plico da parte della Banca, avvenuta
il 30/4/1991.
Con tale argomentazione, logicamente sviluppata, la Corte
d’appello ha dato il giusto risalto agli oneri probatori

delle parti e, a fronte dell’elemento offerto dalla
Banca, il Fallimento avrebbe potuto agevolmente provare,
con la produzione della cartolina di ritorno postale, la
data del perfezionamento della notificazione.
2.2.- Il quarto motivo è infondato.
Secondo il Fallimento, nell’azione revocatoria, che è
espressione di un diritto potestativo del curatore, a cui
corrisponde uno stato di soggezione della controparte,
all’interruzione della prescrizione, che può determinarsi
solo a seguito della notificazione della domanda
giudiziale, deve estendersi il principio della scissione
degli effetti perfezionativi della notificazione di cui
alla sentenza della Corte cost., 477/2002.
Sempre secondo il Fallimento, sono recettizi solo gli
atti interruttivi della prescrizione riconducibili alla
previsione dell’art.2943, 4 0 comma c.c., atteso che a
tali diritti corrisponde nel soggetto passivo un dovere
di comportamento, mentre non v’è alcuna ragione di
riconoscere la natura recettizia anche agli atti di
esercizio del titolare del diritto potestativo, stante

A
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che, in tal caso, la controparte è in una posizione di
mera soggezione.
La ricostruzione del ricorrente non può essere condivisa.
V’è da rilevarsi, in prima battuta ed in linea generale,
che l’orientamento di legittimità nettamente prevalente è

nel senso di ritenere che il principio generale affermato
dal Giudice delle Leggi nella sentenza 477 del 2002,
secondo cui, quale che sia la modalità di trasmissione,
la notifica di un atto processuale si intende
perfezionata, dal lato del richiedente, al momento
dell’affidamento dell’atto all’ufficiale giudiziario, non
si estende all’ipotesi di estinzione del diritto per
prescrizione, in quanto, perché l’atto, giudiziale o
stragiudiziale, produca l’effetto interruttivo del
termine, è necessario che giunga a conoscenza (legale,
non necessariamente effettiva) del destinatario (così le
pronunce 13588/2009, 9841/2010, 4587/2009, 17644/2008);
in senso difforme, si è espressa la pronuncia 18399/2009,
che, sempre in materia di prescrizione, ha affermato che
occorre avere riguardo non già al momento in cui l’atto
col quale si inizia un giudizio viene consegnato al
destinatario, ma a quello antecedente in cui esso è
affidato all’ufficiale giudiziario che lo ha poi
notificato, posto che l’esigenza che la parte non subisca
le conseguenze negative di accadimenti sottratti al
proprio potere d’impulso sussiste non solo in relazione
9

agli effetti processuali, ma anche a quelli sostanziali
dell’atto notificato.
Nel caso di specie, il Fallimento sviluppa ed argomenta
la sua tesi in relazione al caso specifico della
revocatoria, nella quale la situazione giuridica fatta

valere non è un diritto di credito, alla restituzione di
somma o beni, esistente prima del fallimento,
indipendentemente dall’azione giudiziale, ma rappresenta
un vero e proprio diritto potestativo, nei cui confronti
non è configurabile l’interruzione della prescrizione a
mezzo di semplice costituzione in mora, ex art. 2943, 40
comma c.c., ma a mezzo della notificazione dell’atto di
citazione, ex art. 2943, 1 ° comma c.c. (così le pronunce
58/2003, 18438/2010, 58/2003, tra le più recenti).
Le argomentazioni fatte valere dalla parte ricalcano in
gran parte quanto affermato nella pronuncia 22366/2007,
che è rimasta sostanzialmente isolata, mentre, sempre
nello specifico caso della revocatoria fallimentare, si è
espressa in senso difforme la recente pronuncia
21595/2012.
La pronuncia 22366/07 ha argomentato la conclusione a cui
è pervenuta proprio partendo dalla natura del diritto
vantato dal curatore in termini di diritto potestativo,
relativamente al quale non corrisponde l’obbligo del
soggetto tenuto ad un dato comportamento, ma una
posizione di mera soggezione all’iniziativa del curatore,
10

il cui decorso della prescrizione può essere interrotto
solo con la domanda giudiziale e non con atto
stragiudiziale, ex art.2943, u.c. c.c., ritenendo che la
domanda giudiziale non costituisce atto di costituzione
in mora, come tale di natura recettizia, ma “è essa

stessa manifestazione del diritto potestativo di chiedere
l’inefficacia relativa dell’atto pregiudizievole nei
confronti dei creditori concorsuali”.
Da ciò consegue, secondo detta pronuncia, che l’effetto
interruttivo si produce quando la notificazione sia da
considerarsi perfezionata, secondo le note sentenze della
Corte cost. 477/02, 28/04, o rdinanze nn.97, 132 e 153 del
2004, e non solo quando l’atto “entri nella sfera
personale di percezione del destinatario,in capo al quale
non preesiste alcuna posizione soggettiva passiva nei
confronti della curatela ovverosia alcun “obbligo”
attraverso il cui adempimento si pervenga alla
soddisfazione dell’interesse alla base del diritto fatto
valere.”
La pronuncia in oggetto, per come sopra sintetizzato,
sostanzialmente priva l’atto giudiziale

valenza di

atto di costituzione in mora, così sottraendo allo stesso
il requisito della recettizietà, finendo per valorizzare
la disciplina propria della domanda giudiziale come atto
giudiziale, regolato soltanto dalle regole del processo,
11

e quindi dal principio della scissione degli effetti
della notificazione.
Tale argomentazione,

adottata anche da autorevole

dottrina in una visione sostanzialmente
“panprocessualistica”, non può essere accolta, alla

stregua della giurisprudenza nettamente prevalente, che
tiene distinti gli effetti sostanziali dell’atto
giudiziale da quelli processuali (si veda anche
l’orientamento assunto in relazione alla rinnovazione
della notificazione dell’atto giudiziale nullo ex art.291
c.p.c., ritenuta non idonea a determinare effetti
interruttivi della prescrizione con decorrenza
retroattiva alla data di notificazione invalida, come
ribadito nella recente pronuncia 11985/2013).
L’atto interruttivo della prescrizione è atto recettizio
anche nella revocatoria fallimentare, come riaffermato
nella sentenza 21595/2012, che ha altresì dato conto
della ratio della non estensione nel caso del principio
della scissione degli effetti della notificazione,
rilevando che “a prescindere dal rilievo che lo stesso
Giudice delle leggi, nell’ordinanza 23 gennaio 2004, n.
28, ebbe a sottolineare che il principio della scissione
soggettiva della notificazione trovava la sua
giustificazione

nella

tutela

dell’interesse

del

notificante a non vedersi addebitato l’esito intempestivo
del procedimento notificatorio per la parte sottratta
12

alla

sua

disponibilità,

con

ciò

implicitamente

circoscrivendolo ai soli atti processuali, l’estensione
della regola all’infuori di tale ambito sarebbe in
invincibile contrasto con il principio generale di
certezza dei rapporti giuridici che – ai fini
-7

dell’efficacia degli atti unilaterali recettizi

richiede la conoscenza o conoscibilità dell’atto da parte
della persona interessata.”
Né vale richiamare la pronuncia delle Sezioni unite
8830/2010, in quanto relativa alla decadenza e non già
alla prescrizione, non senza rilevare che la prima è di
norma legata al trascorrere di tempi ben più contenuti
rispetto a quelli di prescrizione, e quindi , per la
prima, sussiste un’ esigenza di tutela ben più rilevante
.

del soggetto onerato.
2.3.- Il quinto motivo va respinto.
La

questione

di

costituzionalità prospettata dal

Fallimento è manifestamente infondata; ed infatti, per
gli effetti processuali della domanda giudiziale, la
tutela della parte che agisce, nel non vedersi
pregiudicata dall’ attività notificatoria che non rientra
nella sua sfera di disponibilità, è ragionevolmente
garantita dal principio della scissione degli effetti
della notificazione, inteso a tutelare il diritto di
.

difesa della parte, mentre la prescrizione incide sul
diverso profilo sostanziale del diritto, rispetto al
13

quale si pone in via prevalente, la tutela della
certezza del diritto del destinatario.
Né su tale esigenza incide in maniera significativa la
natura del diritto azionato con la revocatoria

3.1.- Conclusivamente, va respinto il ricorso.
Attesa l’esistenza di precedente giurisprudenziale
contrario, si reputa di compensare le spese del presente
giudizio.
P.Q.M.
La Corte respinge il ricorso; compensa le spese del
giudizio.
Così deciso in Roma, in data 17 ottobre 2013
2
IA’Presì

fallimentare.

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