Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26798 del 21/10/2019

Cassazione civile sez. II, 21/10/2019, (ud. 23/05/2019, dep. 21/10/2019), n.26798

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAMPANILE Pietro – Presidente –

Dott. COSENTINO Antonello – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 20914-2015 proposto da:

EDILFERRARESE SPA, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE G.

MAZZINI 146, presso lo studio dell’avvocato EZIO SPAZIANI TESTA, che

la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

ARIANNA SAS DI MARCATO GIANCARLO E C., elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA TAGLIAMENTO 55, presso lo studio dell’avvocato NICOLA DI

PIERRO, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

MAURIZIO MOLINARI;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

L.M., + ALTRI OMESSI, elettivamente domiciliati in ROMA,

V.FEDERICO CONFALONIERI 5, presso lo studio dell’avvocato ANDREA

REGGIO D’ACI, che li rappresenta e difende;

e contro

S.G., + ALTRI OMESSI;

– intimati –

avverso la sentenza n. 934/2015 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 09/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

23/05/2019 dal Consigliere Dott. LUCA VARRONE;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PEPE ALESSANDRO, che l’inammissibilità del ricorso principale e in

subordine per il rigetto dello stesso, e per il rigetto del ricorso

incidentale;

uditi gli avvocati Ezio Spaziani Testa, Maurizio Molinari, e Andrea

Reggio D’aci.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. I proprietari degli appartamenti ubicati nel condominio (OMISSIS), ubicato in via (OMISSIS), come meglio indicati in epigrafe e G.A., amministratore del suddetto condominio, convenivano in giudizio avanti il tribunale di Padova la società venditrice Arianna di Marcato Giancarlo e C. S.A.S. (di seguito Arianna sas), che aveva edificato l’immobile, per sentir accogliere la domanda di riduzione del prezzo pagato per l’acquisto degli immobili predetti.

Gli attori esponevano che, in tutti gli appartamenti, si erano progressivamente manifestati, anche dopo molti anni dalla vendita, vizi e difetti alla pavimentazione di gravità tale da deprezzare in modo consistente il fabbricato e che la venditrice aveva già riconosciuto l’esistenza dei vizi, intervenendo anche per la loro eliminazione. In seguito, tuttavia, si erano rivelati nuovi e più gravi difetti, sempre riconosciuti dalla convenuta che si era impegnata al ripristino senza poi effettivamente eseguirlo.

1.1 La società convenuta si costituiva, eccependo la carenza di legittimazione attiva dell’amministratore del condominio, l’intervenuta decadenza e prescrizione dell’azione e contestualmente chiamava in causa la Edliferrarese srl e la ditta Lo.Gi. rispettivamente appaltatore e posatore della pavimentazione, per essere manlevata in caso di condanna in favore degli attori.

1.2 Le suddette parti chiamate si costituivano in giudizio ed eccepivano l’intervenuta prescrizione e decadenza dell’azione di garanzia perchè Arianna Sas, pur avendo ricevuto l’atto di citazione nel giugno del 1996, le aveva notiziate della pendenza della lite solo nel successivo mese di settembre.

2. Il Tribunale di Padova accoglieva la domanda attorea, condannava la convenuta Arianna SAS e respingeva per tardività le domande di manleva proposte da quest’ultima nei confronti delle due imprese.

2. Avverso la suddetta sentenza Arianna Sas proponeva appello.

3. La Corte d’Appello di Venezia, in parziale accoglimento dell’appello, confermava la condanna dell’appellante e accoglieva la sua domanda di essere tenuta indenne, con condanna delle parti appellate Edliferrarese srl e Lo.Gi..

3.1 Il giudice del gravame riteneva che il Tribunale non avesse fatto applicazione della norma sulla vendita ma si fosse riferito alla responsabilità del venditore-costruttore senza che tale titolo fosse contestato dall’appellante. In ogni caso, tale conclusione era confortata dalle clausole dei singoli contratti di compravendita ove si specificava che gli immobili erano stati realizzati dalla venditrice.

Risultava dalla citazione che, una volta manifestatisi i vizi, le ditte chiamate in causa Edliferrarese srl e Lo.Gi. avevano eseguito su incarico della venditrice la sostituzione della pavimentazione danneggiata e le opere di impermeabilizzazione, ma, successivamente, le infiltrazioni di acqua e di umidità si erano ripresentate ed a seguito di ulteriori sopralluoghi, ai quali avevano partecipato persone incaricate dall’impresa venditrice, quest’ultima si era nuovamente impegnata a porre rimedio ai problemi insorti. Doveva farsi riferimento a tale obbligazione della venditrice-costruttrice. Infatti, l’impegno di eliminare i vizi dell’opera assunto dall’appaltatore e dal prestatore costituisce fonte di un’autonoma obbligazione la quale si affianca all’originaria obbligazione di garanzia senza estinguerla a meno di uno specifico accordo novativo e non è soggetta, pertanto, ai termini di prescrizione e decadenza stabiliti per quella garanzia ma all’ordinario termine di prescrizione decennale fissato per l’inadempimento contrattuale. L’obbligazione di eliminazione dei vizi, peraltro, non richiede particolari formalità e può esprimersi attraverso comportamenti concludenti. Nel caso di specie l’obbligazione risultava assunta ed adempiuta tramite i terzi coinvolti ed intervenuti in più riprese.

3.2 La Corte d’Appello, invece, accoglieva il motivo di appello relativo alla domanda svolta a titolo di garanzia da parte della società appellante, costruttrice-venditrice in relazione al termine di decadenza di 60 giorni decorrente dal ricevimento della denuncia inviata dall’acquirente.

Il motivo era fondato perchè Arianna aveva comunicato a Ediliferrarese la notificazione della causa da parte dei condomini, con raccomandata ricevuta il 19 luglio 1996, e aveva specificato che la comunicazione veniva rivolta in quanto ditta che aveva fornito e posto in opera i pavimenti. Inoltre, con riguardo a Edliferrarese doveva segnalarsi che la stessa, in data 7 marzo 1991, aveva risposto alla lettera del 4 marzo 1991 della società oggi ricorrente, con la quale si segnalavano i danni lamentati dagli acquirenti, rassicurando che avrebbe provveduto alle riparazioni necessarie.

Anche nei confronti dell’impresa di Lo.Gi. doveva ritenersi fondato il motivo di appello in quanto la citazione in manleva non poteva ritenersi tardiva, avendo questa riconosciuto la propria responsabilità per i difetti, impegnandosi a provvedere a propria cura e spese all’eliminazione degli stessi.

4. Edliferrarese srl ha proposto ricorso per cassazione avverso la suddetta sentenza sulla base di quattro motivi di ricorso.

5. Arianna Sas di M.G. ha resistito con controricorso e ha proposto ricorso incidentale sulla base di un motivo.

6. La.Da., + ALTRI OMESSI in qualità di amministratore del condominio (OMISSIS), hanno resistito con controricorso.

9. Con memoria depositata in prossimità dell’udienza Arianna sas di M.G. ha insistito nelle proprie richieste.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il primo motivo di ricorso è così rubricato: nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 364 c.p.c., n. 4, in relazione all’art. 161 c.p.c. per assoluta e totale incomprensibilità della decisione.

Il ricorrente ritiene che la sentenza della Corte d’Appello di condanna al pagamento delle spese di lite del 2 grado del giudizio in accoglimento della domanda di manleva sia incomprensibile e, dunque, nulla.

2. Il secondo motivo di ricorso è così rubricato: nullità della sentenza per violazione art. 360, n. 5, omesso esame circa un fatto decisivo del giudizio oggetto di discussione tra le parti.

La ricorrente evidenzia che nella lettera del 7 marzo 1991 con la quale aveva risposto alla lettera della società Arianna, in relazione ai danni lamentati dai proprietari degli appartamenti del condominio (OMISSIS), si faceva riferimento esclusivamente ai pavimenti delle terrazze, e dunque a fatti diversi da quelli oggetto della citazione, relativi a infiltrazioni di acqua, alle fessurazioni all’interno dei pavimenti, alle crepe nelle pareti interne e comuni. Peraltro, anche dalla consulenza, emergeva che le piastrelle si erano fessurate per il cedimento del solaio e del massetto e non per un responsabilità della Edilferrarese. Infatti la consulenza aveva escluso che le piastrelle in se stesse fossero causa del fenomeno riscontrato e la rottura delle piastrelle era da ricercarsi non nella loro composizione o struttura ma nel cedimento del massetto. Dunque, la Corte veneta avrebbe omesso di esaminare un fatto preciso e cioè l’assoluta pacifica responsabilità del cedimento strutturale del fabbricato non imputabile ai del ferrarese S.p.A.

3. Il terzo motivo di ricorso è così rubricato: violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione agli artt. 1292 e 2055 c.c. e art. 112 c.p.c. per avere la sentenza impugnata condannato in via solidale Edilferrarese S.p.A. e Lo.Gi., la prima quale fornitrice e posatrice delle mattonelle e il secondo quale esecutore dei solai e del massetto.

La società Arianna non aveva mai chiesto la condanna in via solidale e, inoltre, la sentenza non giustifica e non motiva le ragioni di tale condanna, in quanto le prestazioni cui erano tenute le due società chiamate in manieva erano totalmente diverse e non poteva applicarsi la solidarietà ex art. 1292 c.c.

4. Il quarto motivo di ricorso è così rubricato: violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3, in relazione all’art. 1667 c.c., commi 2 e 3.

La lettera con la quale Ediliferrarese assumeva di eseguire le riparazioni era relativa alla denuncia del signor S.G. in relazione ai rivestimenti delle terrazze esterne dell’appartamento e l’intervento riparatore eseguito era limitato a tali rivestimenti. Vi sarebbe, dunque, tanto la decadenza quanto la prescrizione dell’azione. Infatti, la comunicazione della società Arianna alla Edilferrarese fu fatta il 30 settembre del 1996, quando il termine di decadenza previsto dall’art. 1670 c.c. era già decorso, avendo questa ricevuto la citazione il 28 giugno del 1997. Inoltre, tale termine non era mai stato interrotto prima della scadenza perchè la raccomandata del 17 luglio 1996 non poteva produrre tale effetto non essendovi alcuna richiesta.

5. La richiesta della ricorrente di integrazione del contraddittorio, per non essersi perfezionata la notifica del ricorso nei confronti di Z.L., A.M., e Al.Mo. e B.P. non deve essere esaminata, in quanto il ricorso principale è inammissibile.

5.1 Infatti, La Corte di cassazione, ove sussistano cause che impongono di disattendere il ricorso, è esentata, in applicazione del principio della “ragione più liquida”, dall’esaminare le questioni processuali concernenti la regolarità del contraddittorio o quelle che riguardano l’esercizio di attività defensionali delle parti poichè, se anche i relativi adempimenti fossero necessari, la loro effettuazione sarebbe ininfluente e lesiva del principio della ragionevole durata del processo (ex plurimis Sez. 2, Ord. n. 10839 del 2019, Sez. 2, Sent. n. 11287 del 2018, Sez. U, Ord. n. 6826 del 2010).

5.2 Nella specie, infatti, in via pregiudiziale ed assorbente, il ricorso principale va dichiarato inammissibile per difetto di una idonea esposizione, pur sommaria, dei fatti di causa, adempimento richiesto, a pena di inammissibilità, dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 3, che sia tale comunque da consentire alla Corte di cassazione di conoscere dall’atto, senza attingerli “aliunde”, gli elementi indispensabili per una precisa cognizione dell’origine e dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti. In particolare, il ricorso omette pressochè completamente qualsiasi riferimento allo svolgimento del giudizio, non contenendo indicazioni da cui possa ricavarsi quali siano stati l’origine ed i contorni esatti dell’oggetto della controversia, quali le specifiche domande, eccezioni e difese articolate dalle parti e come si siano svolti, infine, gli stessi fatti di causa, con particolare riguardo al contenuto e consistenza delle questioni controverse ed alle ragioni in forza delle quali esse sono state decise. Tali indicazioni, pur necessarie, non emergono con sufficiente comprensibilità, nè dalla premessa del ricorso, nè dalla lettura dei motivi.

La parte del ricorso intitolata “FATTO E SVOLGIMENTO DEL PROCESSO” è del tutto carente, in quanto la ricorrente riporta soltanto l’esito del giudizio di appello dal quale è derivata la sua condanna senza alcun cenno allo svolgimento del giudizio di primo e secondo grado e al fatto che aveva dato origine alla controversia.

L’omessa e insufficiente esposizione del fatto non è neanche colmata dal generico riferimento alla sentenza di appello. Questa Corte ha affermato che l’esigenza che il ricorso contenga, a pena di inammissibilità, una parte espositiva in via sommaria del fatto sostanziale e processuale dovrebbe idealmente essere assolta in via autonoma prima dell’articolazione dei motivi e, tuttavia, può consentirsi che la parte espositiva dei fatti sia incorporata nell’ambito della illustrazione dei motivi, purchè da essi emergano con sufficiente chiarezza tutti gli elementi necessari. Nel caso di specie non è possibile procedere ad una ricostruzione della complessa vicenda, idonea a farne comprendere anche il suo svolgimento processuale, neppure integrando la lettura del “fatto” riportato in ricorso con la lettura dei motivi. Questa Corte ha già avuto modo di chiarire che il requisito in discorso può ritenersi sussistente solo quando, nel contesto dell’atto di impugnazione, si rinvengano gli elementi indispensabili per una precisa cognizione dell’origine e dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni assunte dalle parti, senza possibilità di ricorrere al contenuto di altri atti del processo (Cass. n. 4403 del 2006; Cass. n. 15672 del 2005; Cass. n. 2432 del 2003; Cass. n. 4937 del 2000; Cass. S.U. n. 1513 del 1998). La lettura dell’intero ricorso appare, in sostanza, inidonea a soddisfare quella esigenza minima che la legge processuale ha voluto garantire richiedendo che nel ricorso per cassazione vengano esposti, anche sommariamente, i fatti della causa, adempimento che non si risolve in un requisito d’ordine formale, ma che è funzionalmente preordinato a fornire al giudice di legittimità la conoscenza necessaria dei termini in cui la causa è nata e si è sviluppata al fine di meglio valutare ed apprezzare, senza dovere attingere ad altre fonti o atti del processo, ivi compresa la sentenza impugnata, per ricostruire il quadro degli elementi fondamentali in cui si collocano sia la decisione contestata che i motivi di censura sollevati.

6. L’unico motivo del ricorso incidentale è così rubricato: illegittimità della sentenza impugnata ex art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione e falsa applicazione degli artt. 1492 e 1495 c.c.

La ricorrente afferma, quale circostanza pacifica in atti, che era solo venditrice delle unità immobiliari in oggetto e non costruttrice, e che era stata chiamata dai proprietari degli appartamenti del condominio a rispondere dei vizi riscontrati sul bene venduto, ai sensi dell’art. 1492 c.c., per la riduzione del prezzo.

La convenuta Arianna Sas appellante aveva immediatamente eccepito la prescrizione dell’azione quanti minoris perchè gli attori non avevano agito giudizialmente entro l’anno dalla consegna dei singoli beni. Pertanto, sin dal primo grado di giudizio, era stata tempestivamente sollevata l’eccezione di prescrizione ex art. 1495 c.c. ed era chiara l’esclusione da parte di Arianna Sas di ogni personale impegno all’eliminazione dei vizi che avrebbe eventualmente comportato l’interruzione della prescrizione.

Infatti, bisogna distinguere il mero riconoscimento dei vizi e l’impegno all’eliminazione, avendo la ricorrente riconosciuto il vizio ma non essendosi impegnata all’eliminazione e, quindi, non avendo dato vita ad una nuova e diversa obbligazione che si prescrive in 10 anni. La ricorrente evidenzia che l’impegno del venditore all’eliminazione dei vizi fa sorgere il corrispondente diritto soggetto a prescrizione decennale, mentre il diritto alla riduzione del prezzo e la risoluzione del contratto restano soggette alla prescrizione annuale. Nel caso di specie gli originari attori avevano chiesto esclusivamente la riduzione del prezzo e non l’adempimento della diversa obbligazione di eliminazione dei vizi. Dunque, dovendosi applicare alla richiesta di riduzione del prezzo la prescrizione annuale la stessa si era già prodotta per intero.

6.1 Preliminarmente deve osservarsi che l’inammissibilità del ricorso principale per cassazione non priva di efficacia il ricorso incidentale che sia stato proposto tempestivamente ai sensi dell’art. 371 c.p.c. e nei termini per impugnare previsti dagli artt. 325,326 e 327 c.p.c., dovendosi ritenere che il ricorso incidentale, in tale ipotesi, tenga luogo di quello principale (Sez. 3, Sent. n. 3056 del 2011).

6.2 L’unico motivo del ricorso incidentale è infondato.

Va ribadito, in premessa, il principio di diritto, enunciato da questa Corte, secondo cui spetta al Giudice interpretare e qualificare la domanda, senza essere in ciò condizionato dalla formula adottata dalla parte medesima (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 15724 del 18/07/2011: risultando del tutto irrilevante la eventuale errata indicazione della norma invocata nell’atto introduttivo), tenuto conto del contenuto sostanziale della pretesa come desumibile dalla situazione dedotta in giudizio, purchè nel rispetto del limite imposto dalla immutazione dei fatti costitutivi della pretesa allegati dalla parte (cfr. Sez. 1, Sent. n. 27285 del 2006; id. Sez. 3, Sent. n. 2746 del 2007; id. Sez. 3, Sent. n. 10617 del 2012). Va altresì precisato che tale potere spetta anche al Giudice di appello -e finanche al Giudice di legittimità- il quale, salva la ipotesi in cui la qualificazione della domanda od eccezione accolta dal primo Giudice non debba intendersi coperta dal giudicato interno per non essere stato investito dal gravame il relativo capo di sentenza che accerta o disconosce il diritto (cfr. Corte cass. Sez. L, Sentenza n. 24339 del 01/12/2010; id. Sez. 3, Sentenza n. 15223 del 03/07/2014; id. Sez. 3, Sentenza n. 25609 del 21/12/2015; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 12843 del 22/05/2017), non incorre nel vizio di extrapetizione, dando alla domanda od all’eccezione una qualificazione giuridica diversa da quella adottata dal giudice di primo grado e mai prospettata dalle parti, essendo compito del Giudice individuare correttamente la legge applicabile, con l’unico limite rappresentato dall’impossibilità di immutare l’effetto giuridico che la parte ha inteso conseguire (cfr. Sez. 3, Sent. n. 15383 del 2010; id. Sez. 3, Sent. n. 21561 del 20/10/2010).

Ciò premesso deve osservarsi che il ricorrente lamenta la violazione delle norme in materia di vendita senza cogliere la ratio decidendi della sentenza impugnata, avendo la Corte d’Appello fatto applicazione degli artt. 1667 c.c. e ss..

Il giudice del gravame, infatti, ha rilevato come già il tribunale di primo grado non avesse fatto applicazione delle norme sulla vendita ma si fosse fondato sulla responsabilità del venditore -costruttore e ha ritenuto anche che, tale titolo, non era stato contestato dall’allora appellante Arianna sas, oggi ricorrente.

Inoltre, la qualificazione della domanda come responsabilità dell’appaltatore ex art. 1667 c.c. era confortata anche dalle clausole dei singoli contratti di compravendita ove si specificava che gli immobili erano stati realizzati dalla venditrice.

La Corte d’Appello, dunque, ha condiviso e confermato tale qualificazione, richiamando l’obbligazione della venditrice-costruttrice che, una volta assunto l’impegno di eliminare i vizi della cosa, aveva determinato il sorgere di un’autonoma obbligazione soggetta all’ordinario termine di prescrizione decennale fissato per l’inadempimento contrattuale. La Corte d’Appello ha precisato anche che l’obbligazione di eliminazione dei vizi non richiede particolari formalità e può esprimersi attraverso comportamenti concludenti e ha applicato i principi pacifici in giurisprudenza secondo cui ai sensi dell’art. 1667 c.c. il riconoscimento dei vizi delle difformità dell’opera da parte dell’appaltatore non deve accompagnarsi alla confessione giudiziale stragiudiziale della sua responsabilità e non richiede formule sacramentali e può manifestarsi per fatti concludenti. Nella specie tale obbligazione era stata certamente assunta dalla Arianna sas ed in parte anche adempiuta mediante il ricorso alle ditte che avevano posto in opera la pavimentazione.

La censura del ricorrente non si confronta con tale qualificazione della domanda e del rapporto contrattuale e parte dal presupposto che la medesima domanda attorea debba ricondursi all’azione quanti minoris ex art. 1492 c.c.

Nella specie, invece, la Corte d’Appello ha correttamente individuato tutti i caratteri della azione ex art. 1667 c.c., ovvero una condotta, imputabile a colpa, ascrivibile alla società identificata come società costruttrice, o comunque, intervenuta a “dirigere” i lavori di costruzione affidati a terzi. In particolare, rilevano a tal fine l’indicazione nel contratto della qualità di costruttore del soggetto convenuto in qualità di responsabile; la tipologia dei vizi o difetti inerenti la costruzione e causalmente ricollegati ai materiali impiegati ed alle modalità di posa in opera degli stessi con erronea applicazione delle “regulae artis”. In conclusione, tutti gli elementi indicati rivestono il carattere di elementi di fatto rilevanti al completamento della fattispecie normativa astratta delineata nell’art. 1667 c.c.

La Corte territoriale, infine, ha fatto corretta applicazione del principio affermato da Questa Corte secondo il quale: “In tema di appalto, l’impegno dell’appaltatore ad eliminare i vizi della cosa o dell’opera costituisce, alla stregua dei principi generali non dipendenti dalla natura del singolo contratto, fonte di un’autonoma obbligazione di “facere”, la quale si affianca all’originaria obbligazione di garanzia, senza estinguerla, a meno di uno specifico accordo novativo; tale obbligazione, pertanto, è soggetta non già ai termini di prescrizione e decadenza stabiliti per quella di garanzia, ma all’ordinario termine di prescrizione decennale fissato per l’inadempimento contrattuale” (Sez. 2, Sent. n. 62 del 2018). L’affermazione della ricorrente secondo la quale avrebbe solo riconosciuto l’esistenza dei vizi senza assumere l’impegno alla loro eliminazione resta una mera petizione di principio non supportata da alcuna argomentazione e in contrasto con quanto affermato dalla Corte d’Appello sulla base delle risultanze istruttorie.

5. La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale e rigetta quello incidentale.

6. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

7. Si dà atto della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente principale e di quello incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso principale, rigetta quello incidentale e condanna il ricorrente principale al pagamento delle spese del giudizio di Cassazione nei confronti di Arianna SAS, che liquida in complessivi Euro 6000 più 200 per esborsi e condanna la ricorrente incidentale al pagamento delle spese del giudizio nei confronti di L.M., + ALTRI OMESSI che liquida in complessivi Euro 6000 più 200 per esborsi;

ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale e di quello incidentale del contributo unificato dovuto per il ricorso principale a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera civile, il 23 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 ottobre 2019

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