Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26793 del 21/10/2019

Cassazione civile sez. II, 21/10/2019, (ud. 21/03/2019, dep. 21/10/2019), n.26793

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PETITTI Stefano – Presidente –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – rel. Consigliere –

Dott. VARRONE Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 24527-2017 proposto da:

L.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G.G. BELLI,

27, presso lo studio dell’avvocato GIAN MICHELE GENTILE, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

CONSOB – COMMISSIONE NAZ. PER LA SOCIETA’ E LA BORSA, elettivamente

domiciliato in ROMA, V.MARTINI GIOVANNI BATTISTA 3, presso lo studio

dell’avvocato SALVATORE PROVIDENTI, che lo rappresenta e difende

unitamente agli avvocati GIANFRANCO RANDISI, GIULIA PATRIGNANI;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di ROMA, depositata il

11/07/2017;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

21/03/2019 dal Consigliere Dott. ROSSANA GIANNACCARI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CELESTE ALBERTO, che ha concluso per rigetto del 1 motivo,

accoglimento 2 motivo del ricorso;

udito l’Avvocato GENTILE Gian Michele, difensore del ricorrente che

ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato PROVIDENTI Salvatore difensore della, resistente che

si riporta agli atti depositati.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con provvedimento del 16.4.2009, notificato il 20.4.2009, la CONSOB irrogava a L.C. sanzioni amministrative per l’importo di Euro 530.000,00, in relazione ad un patto parasociale stipulato con M.R., avente ad oggetto l’acquisto di azioni ordinarie della Lazio s.p.a, contestando le seguenti violazioni:

– del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 22 per non aver dato comunicazione alla CONSOB;

– del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 106 per non aver lanciato un’offerta pubblica d’acquisto, essendo divenuto titolare di un pacchetto azionario superiore al 30%;

– del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 110 per aver esercitato il diritto di voto inerente all’intera partecipazione detenuta, superiore al 30%, nelle assemblee del 24.9.2008, 21.12.2006, 25.6.2007 e 26.10.2007.

Proposta opposizione da parte del L., la Corte d’appello di Roma, con provvedimento del 30.11.2009, annullava la delibera perchè adottata in violazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 195 ratione temporis applicabile, essendo decorso il termine di 180 giorni dall’accertamento effettuato dalla CONSOB.

La Corte di Cassazione, accogliendo parzialmente il ricorso della CONSOB, cassava il provvedimento impugnato con riferimento alla violazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 110 limitatamente all’assemblea del 26.10.2007, ritenendo che il termine di 180 giorni non potesse decorrere dalla data dell’assemblea, ma, quanto meno dalla data di trasmissione del verbale, avvenuta il 10.11.2007, sicchè alla data del 2.5.2008, in cui venne effettuata la contestazione, non era ancora maturato il termine di 180 giorni.

L.C. riassumeva il processo, chiedendo l’annullamento della delibera, sostenendo che, siccome aveva promosso l’OPA in data 2.12.2006 ed aveva ottenuto l’adesione del 10,79% del capitale, avrebbe potuto legittimamente esercitare il voto, in base alla nuova disposizione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 110, comma 1 ter.

La Corte d’appello di Roma, con decreto dell’11.7.2017, rigettava il ricorso per riassunzione e, per l’effetto, confermava la sanzione amministrativa irrogata al L. in relazione all’esercizio del diritto di voto nel corso dell’assemblea del 26.10.2007.

La decisione della corte di merito è fondata sulla natura chiusa del giudizio di rinvio, a seguito di annullamento da parte del giudice di legittimità, nel quale non è consentito alla parte proporre nuove domande o eccezioni o nuove richieste di prova.

Osservava la corte di merito che, nel giudizio di opposizione, i motivi riguardavano l’insussistenza di un patto parasociale tra il L. e M., la mancanza di gravità delle violazioni e l’assenza di incidenza lesiva della condotta; in sede di riassunzione, invece, il L. assumeva di aver legittimamente esercitato il diritto di voto nel corso dell’assemblea del 26.10.2007, in quanto prima dell’assemblea aveva lanciato un’offerta pubblica d’acquisto.

Nel merito, accertava l’esistenza di un patto parasociale tra L. e M. per l’acquisto del 14,61% del capitale della Lazio, che costituiva il presupposto per l’indebito esercizio del diritto di voto nell’assemblea del 26.10.2007.

Per la cassazione di detto decreto, L.C. ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.

Ha resistito con controricorso la CONSOB.

In prossimità dell’udienza, le parti hanno depositato memoria difensiva.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 394 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3., e l’omessa motivazione su un punto decisivo del giudizio perchè la corte territoriale ha ritenuto inammissibile, nel giudizio di rinvio a seguito di annullamento da parte del giudice di legittimità, la formulazioni di nuove domande, eccezioni e conclusioni, ritenendolo un giudizio a struttura chiusa, mentre, nella specie, trattandosi di annullamento del decreto per ragioni di carattere processuale, il giudice della riassunzione avrebbe dovuto accertare i fatti non esaminati dal giudice di merito, allegati dalle parti in sede di opposizione. Osserva il ricorrente che, già nella Delib. CONSOB, irrogativa della sanzione, si faceva riferimento al lancio dell’OPA da parte del L. in data 2.12.2006 e, sia nell’atto di opposizione che nella memoria di costituzione della CONSOB, detta circostanza era stata oggetto dei rilievi difensivi delle parti. Non si tratterebbe, quindi, di un fatto nuovo introdotto nel giudizio di rinvio ma di un fatto già emerso sin dalle prime fasi del giudizio.

Con lo stesso motivo di ricorso, si deduce che il giudice di rinvio avrebbe omesso di esaminare un fatto decisivo per il giudizio, costituito dalla circostanza che, prima dell’assemblea del 26.10.2007 sarebbe stata lanciata un’offerta pubblica di acquisto, con adesione del capitale sociale del 10,79%, che avrebbe reso legittimo l’esercizio del diritto di voto da parte del L..

Il motivo è fondato.

Nel giudizio di rinvio a seguito di annullamento del giudice di legittimità per error in procedendo, il giudice di rinvio continua ad operare nella veste precedente, cioè in quella di giudice d’appello (o di giudice in unico grado di merito, se è stata annullata una sentenza non soggetta ad appello), con tutti i poteri connaturati a tale funzione e con la conseguenza che la sua decisione ha carattere sostitutivo di quella di primo grado, a differenza di quanto avviene nelle ipotesi di rinvio c.d. prosecutorio, in cui deve, invece, uniformarsi al principio di diritto enunciato dalla Corte.

In caso di rinvio restitutorio non si applicano, quindi, le disposizioni del giudizio di rinvio, e in particolare non si configura per il giudice di tale giudizio altro vincolo se non quello di non riprodurre la medesima causa d’invalidità che ha provocato la cassazione della sentenza precedente.

Ha, infatti, affermato questa Corte che, nelle ipotesi in cui il giudizio “a quo” si sia concluso senza una pronuncia nel merito della controversia, il giudice di rinvio può esaminare tutte le questioni ritualmente proposte che non incidono sul suo obbligo di conformarsi al principio di diritto enunciato e sugli effetti che questo ha sulla decisione della causa (Cass. Sez. 6 – 2, Sentenza n. 4290/15).

Ne consegue che la corte territoriale conserva tutti i poteri connaturati alla funzione di giudice dell’impugnazione avverso la sentenza del tribunale, e deve pertanto esaminare tutte le questioni ritualmente proposte che non incidano sul suo obbligo di conformarsi al principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte (Cassazione civile sez. I, 27/09/2018, n. 23314; Cassazione civile sez. VI, 04/03/2015, n. 4290; Cass. civ., sez. II, 8 novembre 2013 n. 25250 Vedi anche: Cass. civ., sez. II, 8 novembre 2013 n. 25244).

Nella specie, l’annullamento del decreto della Corte d’appello di Roma è avvenuto per ragioni processuali e, specificamente perchè è stata ritenuta tardiva l’opposizione proposta dalla CONSOB, sicchè il giudice del rinvio non aveva l’obbligo di uniformarsi ad alcun principio di diritto ma di accertare i fatti sulla base delle allegazioni delle parti.

Nella specie, era già emersb dalla Delib. CONSOB e dalle difese del L., che il medesimo, il 31 ottobre 2006, aveva acquistato, tramite la società Lazio Events, le partecipazioni azionarie della Lazio, di proprietà del M., superando la soglia del 30%. Risulta, inoltre dall’atto di opposizione e dalla comparsa di costituzione della CONSOB, che il L., essendo titolare di una partecipazione superiore alla soglia del trenta per cento, lanciò un’offerta pubblica d’acquisto in data 2.12.2006, rimasta sul mercato dal 27.12.2006 al 31.1.2007, ottenendo il 10, 79% del capitale sociale della Lazio.

Il lancio dell’OPA da parte del L., pur costituendo fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, perchè sviluppato nei loro scritti difensivi e perchè condizione di validità della sua partecipazione all’assemblea del 26.10.2007 e dell’esercizio del diritto di voto, è stato illegittimamente obliterato nella decisione della Corte d’appello di Roma.

Ha errato, pertanto, la corte territoriale a ritenere che il giudizio di rinvio avesse struttura chiusa, limitata alla sola verifica della sussistenza del patto parasociale, mentre avrebbe dovuto accertare se, in conseguenza dell’acquisto del nuovo pacchetto azionario, il diritto di voto fosse stato esercitato in modo legittimo.

Di tale circostanza, il giudice di rinvio avrebbe dovuto tener conto, in quanto emergente dagli atti, a nulla rilevando che l’argomentazione difensiva fosse stata sviluppata nel giudizio di rinvio, che, in quanto avente carattere restitutorio, consentiva alle parti di allegare nuove difese, sulla base di fatti storici già risultanti dagli atti di causa.

Il decreto impugnato va, pertanto, cassato e, non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384 c.p.c.

L’opposizione proposta dal L. deve essere accolta.

Oggetto dell’accertamento è la legittimità del diritto di voto espresso dal L. nel corso dell’assemblea del 26.10.2007, essendo stata al L. contestata la violazione del D.Lgs. n. 58 del 1998, art. 110, per aver esercitato il diritto di voto inerente l’intera partecipazione detenuta, superiore al 30%.

Emerge dalla sentenza impugnata, ma anche Delib. CONSOB e dalla stessa comparsa di costituzione della CONSOB, che il 31 ottobre 2006 il L. aveva acquistato, tramite la società Lazio Events, le partecipazioni azionarie della Lazio di proprietà del M., superando la soglia del 30%.

Successivamente, in data 2.12.2006, il L., in applicazione dell’art. 106 TUF, essendo titolare di una partecipazione superiore alla soglia del trenta per cento, lanciò un’offerta pubblica d’acquisto, rimasta sul mercato dal 27.12.2006 al 31.1.2007, ottenendo il 10, 79% del capitale sociale della Lazio.

Ritiene la Corte che il L., alla data del 26.10.2007, si trovava nelle condizioni di poter esercitare legittimamente il voto, in quanto, pur essendo titolare di un pacchetto azionario superiore al 30%, aveva regolarmente lanciato un’offerta pubblica d’acquisto e, si trovava, pertanto, come prescritto dall’art. 106 TUF.

I rilievi del controricorrente, riguardanti il mancato rispetto del termine per il lancio dell’OPA e l’inadeguatezza del prezzo delle azioni sono irrilevanti rispetto alla contestazione elevata dalla CONSOB, che attiene alla legittimità della partecipazione del L. all’assemblea del 26.10.2007 ed all’esercizio del suo diritto di voto.

L’opposizione deve, pertanto, essere accolta.

Va dichiarato assorbito il secondo motivo di ricorso, con il quale il ricorrente, deducendo la violazione della L. n. 689 del 1981, art. 11 e l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, si duole dell’entità della sanzione irrogata.

Per la peculiarità della controversia e per la natura delle questioni trattata, le spese di lite dell’intero giudizio devono essere compensate.

PQM

Accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito accoglie l’opposizione proposta da L.C. avverso la Delib. CONSOB 16 aprile 2009, n. 16870.

Compensa integralmente tra le parti le spese di tutti i gradi di giudizio.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte di cassazione, il 21 marzo 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 ottobre 2019

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