Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26784 del 23/10/2018

Cassazione civile sez. II, 23/10/2018, (ud. 13/04/2018, dep. 23/10/2018), n.26784

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MATERA Lina – Presidente –

Dott. FEDERICO Guido – rel. Consigliere –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. SABATO Raffaele – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 24623-2014 proposto da:

COMPAGNIA ITALIANA di PREVIDENZA, ASSICURAZIONI RIASSICURAZIONI

S.p.A. in persona del legale rappresentante pro tempore, REALE

IMMOBILI S.p.A. in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliate in ROMA, VIA AZUNI 9, presso lo studio

dell’avvocato PAOLO DE CAMELIS, che le rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ALESSANDRA LISERRE;

– ricorrenti –

contro

SOCIETA’ EDIFICATRICE LOMBARDA COSTRUZIONI EDILI – S.E.L.C.P. –

s.r.l. in liquidazione, in persona del legale rappresentante pro

tempore elettivamente, domiciliata in ROMA, VIALE DELLE BELLE ARTI

7, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE AMBROSIO, rappresentata e

difesa dall’avvocato UMBERTO MASTALLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2263/2014 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 17/06/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

13/04/2018 dal Consigliere Dott. GUIDO FEDERICO.

Fatto

Il Tribunale di Milano, con la sentenza n. 12900/2011, rigettava l’opposizione ex art. 645 c.p.c. proposta dalla Italiana Assicurazioni avverso il decreto ingiuntivo emesso a suo carico, per il pagamento di 55.665,60 Euro, quale corrispettivo “a saldo”, di “interventi di manutenzione programmata per il recupero del sottotetto a fini abitativi” eseguiti dalla SELCE srl in liquidazione.

Il giudice di primo grado sospendeva, inoltre, il giudizio limitatamente alle cause derivanti dalle domande di manleva, proposte in via riconvenzionale dall’opponente, fino alla definizione dei separati giudizi aventi ad oggetto le pretese risarcitorie azionate dai conduttori nei confronti della Italiana Assicurazioni per vizi di costruzione degli appartamenti.

La Corte d’Appello di Milano, con la sentenza n.2263/14 depositata il 17 giugno 2014, disatteso il motivo di impugnazione con la quale Italiana Assicurazioni spa ha ribadito la richiesta di sospensione dell’intero giudizio, ha interamente confermato la pronuncia di primo grado.

Il giudice di appello ha escluso la sussistenza dei presupposti per la sospensione dell’intero giudizio ex art. 295 c.p.c., non ravvisando alcun rapporto di pregiudizialità tra la domanda spiegata da SELCE nella presente controversia, volta ad ottenere il pagamento del corrispettivo, e quella risarcitoria proposta nei suoi confronti dall’odierna ricorrente, la quale sostanzialmente riproduceva la domanda di manleva, svolta nei quattro giudizi proposti dai conduttori delle unità immobiliari per ottenere dalla Italiana Assicurazioni il risarcimento dei danni, asseritamente causati da imperizia e negligenza nell’esecuzione dei lavori edili.

Il giudice di appello, per quanto in questa sede ancora interessa, rilevava che la Italiana Assicurazioni non aveva ritualmente fatto valere nel giudizio di primo grado l’esistenza di vizi di esecuzione dell’opera, nè aveva mai sollevato eccezione di inadempimento ex art. 1460 c.c., in relazione all’obbligazione di pagamento del corrispettivo, essendosi limitata ad elencare le cause proposte nei suoi confronti dai conduttori, deducendo di non essere tenuta al relativo pagamento in pendenza di tali procedimenti (e fino alla loro definizione).

Avverso detta sentenza, Italiana Assicurazioni spa e Reale Immobili spa, quest’ultima in qualità di conferitaria, da parte di Italiana Assicurazioni spa, del ramo aziendale costituito dagli immobili non strumentali, propongono ricorso per cassazione, con quattro motivi, nei confronti di SELCE srl in liquidazione, la quale resiste con controricorso.

In prossimità dell’odierna adunanza, sia le ricorrenti che la resistente hanno depositato memorie ex art. 380 bis c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il primo motivo di ricorso denuncia violazione dell’art. 295 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4), con riferimento alla mancata sospensione dell’intero giudizio, nonostante il rapporto di pregiudizialità tra la domanda della SELCE di pagamento del corrispettivo ed i giudizi con i quali la ricorrente aveva fatto valere, in via di manleva 1′ inadempimento della medesima.

Il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 324 c.p.c.ex art. 360 c.p.c., n. 4), in relazione alla mancata sospensione dell’intero giudizio, nonostante la formazione di giudicato esterno (a causa della mancata impugnazione della controparte) sulla statuizione del Tribunale secondo cui essa ricorrente aveva ritualmente sollevato eccezione di inadempimento nel giudizio di primo grado.

Il terzo motivo denuncia la violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4), in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4, con riferimento alla assoluta carenza di motivazione dell’impugnata sentenza in ordine al rigetto dell’istanza di sospensione dell’intero giudizio.

Il quarto motivo denuncia la violazione dell’art. 132 c.p.c., n. 4) ex art. 360 c.p.c., n. 4), censurando la statuizione della sentenza impugnata secondo cui nell’ambito del giudizio di appello non potrebbe contestarsi l’eventuale irritualità di una sospensione parziale, disposta nel giudizio di primo grado.

I motivi che, in virtù della stretta connessione, vanno unitariamente esaminati, sono infondati.

Il giudice di appello ha infatti confermato il rigetto della sospensione dell’intero giudizio, sollecitata dall’odierna ricorrente, in quanto ha escluso la sussistenza di una pregiudizialità necessaria tra il credito avente ad oggetto il corrispettivo per le opere eseguite dall’appaltatore e le domande di manleva, svolte in separati giudizi dalla committente nei confronti del primo, a seguito delle domande risarcitorie per vizi degli immobili, proposte nei suoi confronti dai conduttori delle unità immobiliari.

Tale statuizione risulta adeguatamente motivata ed è conforme a diritto. La sospensione del processo ai sensi dell’art. 295 c.p.c. presuppone infatti che tra due cause pendenti innanzi allo stesso giudice o a giudici diversi esista un nesso di pregiudizialità in senso tecnico-giuridico e non già in senso meramente logico, atteso che la ratio dell’istituto è quella di evitare il rischio di conflitto di giudicati(Cass. n. 5529/2016).

Tale situazione non sussiste nel caso di specie.

Secondo quanto accertato dal giudice di merito, nel presente giudizio non è stata sollevata rituale eccezione di inadempimento dell’appaltatrice e la domanda spiegata in via riconvenzionale ha unicamente ad oggetto la garanzia dell’appaltatore, a fronte delle pretese risarcitorie fatte valere da terzi (conduttori) nei confronti della committente.

L’eventuale accertamento dell’esistenza ed imputabilità all’appaltatore di vizi di costruzione, in quanto invocata dalla committente ai soli fini di essere tenuta indenne dalle pretese risarcitorie avanzate nei suoi confronti da terzi, non ha invero efficacia vincolante nel presente giudizio, in quanto non è idonea ad incidere sul diritto al corrispettivo dell’appaltatore.

Non ha pregio l’allegazione della ricorrente secondo cui si sarebbe formato il giudicato interno sull’affermazione della sentenza di primo grado che l’odierna ricorrente aveva ritualmente sollevato l’eccezione di inadempimento.

Si osserva, in contrario, che la sentenza di primo grado fa riferimento all’eccezione di inadempimento nella parte narrativa: tale enunciazione non configura, evidentemente, autonomo capo della decisione e non è dunque idonea al passaggio in giudicato.

Il Tribunale di Milano ha peraltro affermato fondando su tale argomento il rigetto della sospensione dell’intero giudizio – che, (nonostante il generico riferimento all’inadempimento dell’appaltatrice, contenuto, come si è visto, nella parte narrativa), nessun vizio o difformità delle opere appaltate, tale da incidere sul valore delle stesse, risultava contestato dalla committente.

Del pari inammissibile, per difetto di decisività, la censura circa 1′ affermazione della sentenza impugnata, secondo cui l’eventuale irritualità della “sospensione parziale” avrebbe dovuto essere fatta valere in altra sede.

Neppure tale censura attinge infatti la principale ed autonoma ratio decidendi della sentenza impugnata, relativa alla mancanza del rapporto di “pregiudizialità necessaria” tra i diversi giudizi.

In ogni caso, non sussiste la dedotta carenza assoluta di motivazione.

Questa Corte ha avuto occasione di evidenziare che è nulla la sentenza in cui sia totalmente omessa, per materiale mancanza, la parte della motivazione riferibile ad argomentazioni rilevanti per individuare e comprendere le ragioni, in fatto e in diritto, della decisione (ex multis 12864/2015), mentre nel caso di specie risulta chiaro l’ iter logico posto a fondamento della affermazione della Corte territoriale, stante l’esistenza dello specifico rimedio, previsto dall’art. 42 c.p.c., per impugnare il provvedimento di sospensione (ancorchè parziale) disposto dal primo giudice.

Il ricorso va dunque respinto e le spese, regolate secondo soccombenza, si liquidano come da dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater sussistono i presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

P.Q.M.

La Corte respinge il ricorso.

Condanna i ricorrenti, in solido, alla rifusione delle spese del presente giudizio, che liquida in 5.200,00 Euro, di cui 200,00 Euro per rimborso spese vive, oltre a rimborso forfettario spese generali, in misura del 15%, ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 13 aprile 2018.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2018

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