Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26783 del 25/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 25/11/2020, (ud. 23/07/2020, dep. 25/11/2020), n.26783

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SORRENTINO Federico – Presidente –

Dott. D’ANGIOLELLA Rosita – Consigliere –

Dott. CONDELLO Pasqualina A.P. – Consigliere –

Dott. FEDERICI Francesco – Consigliere –

Dott. CENICCOLA Aldo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 2/2014 proposto:

EDILIZIA 2B s.r.l. (P.I. (OMISSIS)), in persona del legale rapp.te

p.t., rapp.ta e difesa per procura in calce al ricorso, dagli avv.

Claudio Lombardi, Fabrizio Mastrangeli e Carla Rizzo, elettivamente

domiciliati in Roma alla via Anapo n. 20 presso lo studio dell’avv.

Carla Rizzo.

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE (CF (OMISSIS)), in persona del Direttore p.t.,

rapp.ta e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato,

elettivamente domiciliata in Roma alla v. dei Portoghesi n. 12.

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 108/4/13 depositata in data 7 maggio 2013

della Commissione tributaria regionale dell’Umbria;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del giorno 23 luglio 2020 dal relatore Dott. Aldo

Ceniccola.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Con sentenza n. 108/04/13 la Commissione tributaria regionale dell’Umbria rigettava l’appello proposto da Edilizia 2B s.r.l. avverso la sentenza con la quale la Commissione tributaria provinciale di Perugia ne aveva respinto il ricorso contro l’avviso di accertamento emesso a seguito di un pvc con cui, relativamente all’anno 2007, erano stati accertati ricavi non contabilizzati derivanti dalla vendita di immobili e l’omessa regolarizzazione di operazioni passive imponibili, con conseguente recupero di maggiori Ires, Irap ed Iva ed irrogazione delle sanzioni di legge.

Osservava la CTR che la sentenza impugnata aveva ritenuto che l’avviso di accertamento era adeguatamente sostenuto, sotto il profilo probatorio, da varie presunzioni, precise e convergenti, che inducevano a ritenere che i prezzi dichiarati negli atti di vendita non fossero corrispondenti a quelli praticati, presunzioni ricavabili: dal maggior valore degli immobili risultante da perizie di stima effettuate ai fini della concessione del mutuo bancario; da una perizia di stima effettuata ai fini del frazionamento del mutuo; dalla discrasia tra il prezzo di vendita convenuto nei preliminari e quello risultante dai contratti definitivi; dall’analisi dei costi di costruzione, da cui risultava che il margine utile lordo non copriva i costi complessivi e non remunerava il capitale investito; dal fatto che in alcuni casi la somma degli acconti e del mutuo era superiore al prezzo erogato.

Riguardo alle contestazioni prospettate dall’appellante, poi, la CTR osservava quanto segue.

La mancata asseverazione delle perizie non possedeva un rilievo decisivo, in quanto le perizie costituiscono un dato documentale redatto con una specifica finalità (valutazione dell’immobile) che, pur non assurgendo a prova piena nemmeno in caso di asseverazione, comunque validamente fonda una presunzione semplice circa il prezzo di mercato dell’immobile.

La prassi di sopravvalutare gli immobili, poi, al fine di ottenere dagli istituti di credito finanziamenti maggiori, non può dirsi nè nota nè notoria e comunque non priva la perizia del proprio valore di elemento conoscitivo.

Del resto i valori indicati nelle perizie avevano trovato conferma anche in quella effettuata nell’ambito dell’operazione di frazionamento del mutuo originariamente contratto dalla società per la costruzione degli immobili, laddove la dedotta opportunità o necessità di ottenere un finanziamento maggiore non poteva certamente ricorrere.

Sotto altro profilo, la CTR rilevava che a fronte di una contestazione documentata ed analitica, dalla quale emergeva che i costi effettivamente sostenuti per ciascun cantiere non risultavano coperti dal dichiarato prezzo di vendita, la contribuente aveva opposto solo contestazioni generiche, fondate su libere scelte imprenditoriali.

Ulteriore elemento presuntivo era stato, inoltre, giustamente ricavato dal fatto che in alcuni casi la somma degli acconti versati dagli acquirenti era superiore al prezzo di vendita dichiarato, circostanza che, come correttamente osservato dai primi giudici, dimostrava che il prezzo dichiarato fosse inferiore a quello realmente percepito.

L’unica presunzione che in realtà perdeva la propria valenza, a seguito delle deduzioni della contribuente, era quella relativa alla vendita ” B.- M.”, essendo stati dimostrati i motivi (ravvisabili nelle problematiche insorte in corso di costruzione e che avevano determinato una consensuale revisione del prezzo) per i quali il prezzo finale della vendita era inferiore a quanto pattuito nel preliminare.

Nel merito del quantum dei maggiori ricavi accertati, andava infine considerato che erano state effettuate valutazioni favorevoli per il contribuente, utilizzando il valore stimato ai fini assicurativi, inferiore a quello commerciale.

Avverso tale sentenza Edilizia 2B s.r.l. propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi. Resiste l’Ufficio mediante controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. Con il primo motivo la contribuente si duole della violazione e falsa applicazione degli artt. 1321,1322,1965 c.c., dell’art. 2727 e ss. c.c. e dell’art. 2697 e ss. c.c. e dell’art. 52 Cost. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), dell’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), e della violazione dell’art. 112 c.p.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4), in quanto la CTR, pur avendo ritenuto dimostrato l’effettivo scostamento del prezzo indicato nel contratto definitivo rispetto a quello pattuito nel contratto preliminare concluso con i sig.ri B. e M., non ha provveduto ad accertare la parziale illegittimità dell’atto impositivo, nella parte in cui esso ha considerato, quale presupposto dei maggiori ricavi, anche la cessione in oggetto.

1.1. Il motivo è fondato.

1.2. In effetti la CTR, dopo aver dato atto che una delle presunzioni poste a fondamento dell’avviso di accertamento (e fondata sulla riduzione, nel contratto definitivo, del prezzo pattuito nel contratto preliminare) aveva in effetti perso rilevanza a seguito delle deduzioni della contribuente, ha precisato che tale circostanza non era comunque idonea a frustrare il quadro fattuale complessivo posto a fondamento dell’azione accertatrice.

1.3. La contribuente, con il motivo in oggetto, più che censurare quest’ultima deduzione (riguardante la sostanziale tenuta del quadro ricostruttivo oggetto dell’avviso impugnato), si duole della mancata rideterminazione, ad opera della CTR, delle somme oggetto dell’accertamento, in quanto nella somma dei ricavi non contabilizzati l’Ufficio aveva incluso anche la differenza (pari al 6%) tra il prezzo indicato nel preliminare e quello indicato nel contratto definitivo, differenza che invece avrebbe dovuto essere defalcata dall’ammontare complessivo dei ricavi non contabilizzati, venendo in rilievo un ricavo inesistente.

1.4. Avendo perciò la contribuente domandato, in entrambi i gradi di giudizio ed in via subordinata, la rideterminazione delle somme oggetto della contestazione, siffatta rideterminazione doveva necessariamente conseguire da quanto accertato dalla CTR: avendo quest’ultima dato atto della fondatezza delle deduzioni della contribuente in relazione ad una particolare vicenda traslativa, il giudice di appello ben poteva reputare inalterato il complessivo quadro ricostruttivo (e dunque ritenere giustificato il metodo presuntivo), ma avrebbe dovuto coerentemente sottrarre, dall’importo complessivo accertato dall’Ufficio a titolo di ricavi non dichiarati, la somma che la parte aveva dimostrato di non aver conseguito.

2. Con il secondo motivo Edilizia 2B s.r.l. lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1321,1322,1965 c.c., dell’art. 2727 e ss. c.c., e dell’art. 2697 c.c., del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), e art. 42, del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 25, e degli artt. 41 e 53 Cost. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), non avendo la CTR proceduto ad un reale vaglio, critico e puntuale, delle argomentazioni addotte dall’Ufficio a sostegno dei presunti maggiori ricavi, omettendo altresì di valutare e motivare sul fatto che il prezzo degli immobili risultava influenzato da una serie di variabili tutte documentate dalla parte interessata. D’altro canto gli elementi utilizzati dall’Ufficio, lungi dall’integrare presunzioni gravi, precise e concordanti, non possedevano alcun valore dirimente. Ed infatti: le perizie di stima non erano giurate e non consideravano gli ulteriori elementi addotti dalla società nell’atto di ricorso; nel considerare la somma degli acconti versati dagli acquirenti, la CTR ha omesso di menzionare gli specifici contratti; nel reputare che il margine di utile lordo scaturente dall’operazione sarebbe stato inidoneo a coprire i costi e remunerare il capitale investito, la CTR non ha preso in considerazione le specifiche censure articolate dalla contribuente nell’atto di appello; nell’assegnare valore decisivo al fatto che i mutui vennero erogati, in favore degli acquirenti, per importi maggiori rispetto a quelli indicati nei contratti di acquisto, la CTR non ha considerato la prassi che gli acquirenti tendono a far sopravvalutare gli immobili al fine dell’erogazione dei mutui.

2.1. Il motivo è infondato.

2.2. La società ricorrente, infatti, ripropone una serie di censure già ampiamente ed esaustivamente prese in esame dalla CTR, mirando a riconsiderarne la valenza ed a sottolinearne l’inidoneità a fondare presunzioni gravi, precise e concordanti.

2.3. In realtà la CTR ha già puntualmente evidenziato che le perizie, effettuate ai fini della concessione dei mutui bancari, pur non assurgendo a piena prova del valore attestato, costituiscono pur sempre una valida base di riferimento per determinare il valore degli immobili, tanto più che esso trovava conferma anche nei valori di stima indicati in altre perizie effettuate nell’ambito delle operazioni di frazionamento del mutuo originariamente contratto dalla società per la costruzione degli immobili.

2.4. D’altronde, come precisato da ultimo da Cass. 13/02/2020, n. 03541, “In sede di legittimità è possibile censurare la violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. solo allorchè ricorra il cd. vizio di sussunzione, ovvero quando il giudice di merito, dopo avere qualificato come gravi, precisi e concordanti gli indizi raccolti, li ritenga, però, inidonei a fornire la prova presuntiva oppure qualora, pur avendoli considerati non gravi, non precisi e non concordanti, li reputi, tuttavia, sufficienti a dimostrare il fatto controverso”. In definitiva, Le presunzioni semplici, ricavate da indizi dotati dei caratteri di gravità, precisione e concordanza, costituiscono esse stesse, senza necessità di altre prove, una fonte di convincimento del giudice, il quale è pertanto tenuto ad accertare se gli elementi indiziari a disposizione presentino i predetti caratteri, mediante un prudente apprezzamento, insindacabile in sede di legittimità se, come nel caso in esame, adeguatamente motivato (Cass. 24/01/2007, n. 01575).

3. Con il terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 1321,1322,1965 c.c., dell’art. 2727 e ss. c.c., e dall’art. 2697 c.c., del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), e dell’art. 42, del D.Lgs. 15 dicembre 1997, n. 446, art. 25, e degli artt. 41 e 53 Cost. (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), nonchè l’omesso esame di un fatto decisivo oggetto di discussione (in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), avendo la CTR ritenuto sussistente una presunzione grave, precisa e concordante di maggior reddito sulla scorta dei margini di utile lordo scaturenti dai contratti di compravendita, margini che sarebbero stati inidonei a remunerare il capitale ed i rischi imprenditoriali.

3.1. Il motivo è infondato.

3.2. Il ricorrente si duole innanzitutto della mancata considerazione della circostanza che le vendite realizzate dalla società nell’anno 2007, oggetto di contestazione, derivavano dalla definizione di prezzi che rimandavano ad anni precedenti, trattandosi di immobili venduti su carta, sicchè nelle compravendite in questione la società aveva determinato con gli acquirenti prezzi di trasferimento che tenevano in considerazione non solo i costi sostenuti per il completamento degli immobili ma anche l’andamento complessivo dell’impresa in un momento storico che induceva a vendere beni a prezzi anche inferiori a quelli in ipotesi ritraibili.

3.3. Trattasi però di un rilievo che è stato già esaustivamente preso in considerazione dalla CTR che, correttamente, ha considerato del tutto generica tale prospettazione, evidentemente facendo riferimento alla mancanza di prova di tale assunto; nè tale rilievo di genericità è superabile in questa fase, in quanto la ricorrente avrebbe dovuto indicare quali prove concrete aveva offerto a sostegno del proprio assunto ed in che misura tali prove (asseritamente trascurate dalla CTR) avrebbero potuto essere decisive ai fini della giustificazione delle vendite sottocosto.

3.4. Lamenta poi la società ricorrente che la CTR non avrebbe preso in considerazione l’ulteriore censura mossa avverso l’avviso di accertamento che indistintamente avrebbe assegnato valore dirimente ai “mutui richiesti” senza differenziarli dai mutui realmente sottoscritti, ben potendo, secondo la ricorrente, esservi una differenza tra quanto richiesto dai mutuatari e quanto effettivamente erogato dalla banca: anche tale rilievo, però, appare del tutto generico perchè, se pure corrispondesse al vero che l’avviso di accertamento non conteneva alcuna precisazione sul punto, resta fermo che la ricorrente omette di precisare se in concreto vi sia stata un’effettiva discrasia tra gli importi richiesti e quelli erogati agli acquirenti degli immobili.

3.5. La società ricorrente evidenzia, infine, che le perizie, poste a fondamento delle stime, non erano giurate e non presentavano un sufficiente margine di oggettività: anche tale rilievo è del tutto generico perchè, da un lato, la CTR ha già spiegato che le perizie risultavano tra loro concordanti e, dall’altro, perchè, insistendosi sul fatto che i parametri di stima erano opinabili e soggettivi, non si considera che, vertendosi in tema di discrezionalità tecnica, è chiaro qualsiasi stima di valori immobiliari presenta un certo margine di opinabilità (tutto essendo semmai affidato all’esistenza di una motivazione, logica, ragionevole e coerente, posta a fondamento della stima, circostanza che non viene specificamente censurata dalla ricorrente).

4. Le considerazioni che precedono impongono l’accoglimento del ricorso in relazione al motivo condiviso, sicchè la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla Commissione tributaria regionale di Perugia, che provvederà, in diversa composizione, anche in relazione alle spese della presente fase di legittimità.

P.Q.M.

cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale dell’Umbria, in diversa composizione, anche per le spese della presente fase di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 23 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 novembre 2020

 

 

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