Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26783 del 13/12/2011

Cassazione civile sez. VI, 13/12/2011, (ud. 17/11/2011, dep. 13/12/2011), n.26783

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. LANZILLO Raffaella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 15003/2010 proposto da:

B.L. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 281/283, presso lo studio dell’avvocato

PETRASSI MAURO, rappresentato e difeso dall’avvocato BRASILE GERARDO

giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

SAI ASSICURAZI0NI SPA, MICHELANGELO SERGIO SAS;

– intimate –

avverso la sentenza n, 158/2010 della CORTE D’APPELLO di L’AQUILA del

24/02/2009, depositata il 18/02/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/11/2011 dal Consigliere Relatore Dott. RAFFAELLA LANZILLO;

è presente il P.G. in persona del Dott. ANTONIETTA CARESTIA.

La Corte:

Fatto

PREMESSO IN FATTO

– E’ stata depositata in Cancelleria la seguente relazione ai sensi dell’art. 380bis c.p.c.:

“1.- La Corte di appello dell’Aquila ha confermato la sentenza emessa in primo grado dal Tribunale di Vasto, che ha condannato l’avv. B.L. al risarcimento dei danni in favore della s.a.s.

Michelangelo, a seguito di una causa nella quale il B. aveva prestato alla società la sua attività difensiva, con modalità ritenute negligenti e fonte di responsabilità professionale. Il Tribunale aveva anche respinto la domanda di garanzia, proposta dal responsabile nei confronti della sua assicuratrice, s.p.a. SAI. Il B. propone quattro motivi di ricorso per cassazione.

2.- Le società intimate non hanno depositato difese.

3.- Con il primo motivo il ricorrente lamenta errata motivazione, nella parte in cui la Corte di appello ha rimesso in istruttoria la causa – già assegnata al Collegio per la decisione – rimettendo ingiustificatamente in termini tutte le controparti per lo svolgimento di attività istruttorie.

Espone che la causa promossa dalla Michelangelo per responsabilità professionale era stata riunita alla causa che egli stesso aveva separatamente promosso contro la SAI per essere garantito; che il Collegio, ritenuta la necessità che la causa contro la SAI venisse istruita, ha concesso termine per svolgere le proprie istanze a tutte le parti, ivi inclusa la Michelangelo, trascurando il fatto che le domande di quest’ultima erano già state completamente istruite in precedenza; che la domanda di rimessione in termini era stata formulata solo dalla SAI e che l’istruttoria può essere riaperta solo in relazione alle istanze delle parti che non siano state ammesse e che vengano riproposte in sede di precisazione delle conclusioni.

3.1.- Il motivo è inammissibile sotto più di un profilo.

Il ricorrente in primo luogo prospetta come “errata motivazione” censure che attengono a violazione di legge ed in particolare alla violazione delle norme che regolano lo svolgimento del processo:

norme che non vengono in alcun modo richiamate.

In secondo luogo non specifica quali nuove prove sarebbero state irritualmente ammesse ed esperite su istanza della Michelangelo, dopo la rimessione in termini, e sotto quale profilo l’ammissione sarebbe tornata a suo danno, comportando l’adozione di una sentenza per lui sfavorevole.

Manca cioè la prova della rilevanza delle censure ai fini dell’annullamento della sentenza impugnata.

In terzo luogo il ricorrente non ha prodotto, nè ha richiamato nel ricorso, gli atti e i documenti su cui il motivo si fonda (istanze istruttorie o documenti prodotti dalla Michelangelo, asseritamente inammissibili, loro esito e contenuto, ecc.), come prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 366 c.p.c., n. 6, (Cass. civ. Sez. 3, 17 luglio 2008 n. 19766; Cass. civ. S.U. 2 dicembre 2008 n. 28547, Cass. civ. Sez. Lav, 7 febbraio 2011 n. 2966).

4.- Con il secondo motivo il ricorrente denuncia errata motivazione e vizio di ultrapetizione, nella parte in cui la Corte di appello lo ha condannato a corrispondere alla Michelangelo gli interessi sulle somme dovute a decorrere dalla data dell’illecito, anzichè dalla data in cui sono stati concretamente sostenuti gli esborsi, qualificando erroneamente come extracontrattuale la responsabilità addebitatagli. (Si tratta delle somme che l’avv. B. è tenuto a rimborsare alla Michelangelo, per le spese legali che la società è stata condannata a pagare alle controparti, erroneamente chiamate in giudizio nella causa da cui ha avuto origine l’azione di responsabilità).

Rileva il ricorrente che erroneamente la sentenza impugnata ha applicato l’art. 1219 c.c., comma 2, n. 1, poichè nella specie si trattava di responsabilità contrattuale, sicchè gli interessi dovevano farsi decorrere dalla data della domanda giudiziale, salvo che la parte interessata formulasse specifica e fondata domanda di pagamento degli interessi a decorrere da una data anteriore, domanda che nella specie non è stata proposta.

4.1.- Il motivo è fondato.

La responsabilità del difensore per errore o negligenza nell’adempimento del mandato professionale trae origine dal contratto con cui è stato conferito l’incarico di difesa. Trattasi pertanto di responsabilità contrattuale; non extracontrattuale, come ha erroneamente deciso la sentenza impugnata.

La corresponsione degli interessi sulle somme dovute a titolo di risarcimento del danno non è soggetta all’art. 1219 c.c., comma 2, n. 1, ma spetta a decorrere dal primo atto di costituzione in mora del responsabile e comunque da data non anteriore a quella in cui il danno si è concretamente verificato.

La Corte di appello avrebbe potuto far decorrere gli interessi da una data anteriore alla domanda giudiziale solo a fronte di espressa domanda dell’interessato, previa dimostrazione dei presupposti giuridici e di fatto della sua fondatezza.

La motivazione della Corte di appello, secondo cui sarebbe da ritenere sufficiente a far decorrere gli interessi da una data anteriore la generica domanda di condanna al pagamento degli “accessori” sulle somme richieste, è insufficiente e giuridicamente errata.

5.- Con il terzo motivo il ricorrente lamenta ancora errata motivazione, nella parte in cui la Corte di appello ha respinto la sua domanda nei confronti della SAI, ritenendo che la copertura assicurativa dovesse considerarsi sospesa ai sensi dell’art. 1901 c.c., poichè – trattandosi di polizza a copertura della responsabilità professionale con premio variabile in relazione al volume di affari – esso assicurato aveva omesso di comunicare annualmente le variazioni, limitandosi a corrispondere il premio base. Con il quarto motivo denuncia errata motivazione sulla sua eccezione di nullità della clausola n. 12 delle condizioni generali di polizza, che dispone la sospensione della garanzia assicurativa nel caso di mancata comunicazione delle variazioni, con il conseguente, mancato adeguamento del premio.

Il ricorrente richiama la giurisprudenza di questa Corte secondo cui l’omessa comunicazione non giustifica di per sè sola la sospensione della garanzia assicurativa, ma deve essere valutata in base ai principi generali in tema di importanza dell’inadempimento e di buona fede nell’esecuzione del contratto, al fine di accertare se, nel caso concreto, si tratti di inadempimento sufficientemente grave da giustificare la totale sospensione della garanzia assicurativa.

Rileva poi che la clausola n, 12 è da ritenere nulla per mancanza di causa.

6.- I due motivi, che possono essere congiuntamente esaminati perchè connessi, sono fondati.

6.1.- Nei contratti di assicurazione contro i danni che prevedano la determinazione del premio in base ad elementi variabili (cosiddetta assicurazione con clausola di regolazione del premio), l’obbligo dell’assicurato di comunicare periodicamente all’assicuratore gli elementi variabili costituisce oggetto di un’obbligazione civile diversa da quelle indicate nell’art. 1901 c.c., il cui inadempimento non comporta l’automatica sospensione della garanzia, ma può giustificare un tale effetto, così come la risoluzione del contratto, solo in base ai principi generali in tema di importanza dell’inadempimento e di buona fede nell’esecuzione del contratto (Cass. civ. Sez. 3, 19 luglio 2004 n. 13344; Idem, 18 febbraio 2005 n. 3370; Cass. civ. S.U. 28 febbraio 2007 n. 4631; Cass. civ. Sez. 3, 14 luglio 2009 n. 16394; Idem 11 giugno 2010 n. 14065).

Il giudice di merito è pertanto tenuto ad accertare se l’omessa comunicazione abbia costituito inadempimento grave, tale da giustificare la risoluzione del contratto (soprattutto con riguardo all’incidenza o meno delle variazioni non comunicate sul rischio assicurato), e se l’omessa comunicazione, così come il diniego della copertura assicurativa da parte dell’assicuratore, costituiscano comportamenti conformi a buona fede, alla luce dell’intero svolgimento del rapporto fra le parti.

Nella specie la Corte di appello avrebbe dovuto valutare, per esempio, se la mancata comunicazione della variazione del volume di affari avesse comportato un aggravamento del rischio a carico dell’assicuratore, poichè in ipotesi il volume era effettivamente aumentato; se l’assicurato avesse pagato i premi nella misura richiesta dalla stessa compagnia assicuratrice; se quest’ultima avesse mai sollecitato l’invio della documentazione necessaria per l’adeguamento del premio, informando l’assicurato dei gravi effetti dell’omissione, ecc..

Nel ritenere automaticamente sospesa la garanzia, a prescindere da ogni accertamento, la Corte di appello è incorsa nella violazione dei principi di legge, così come interpretati dalla giurisprudenza di questa Corte.

6.2.- Fondata è anche la censura di omesso esame dell’eccezione di nullità della clausola n. 12 delle condizioni generali di assicurazione, eccezione che appare in linea di principio meritevole di accoglimento, ai sensi dell’art. 1932 c.c., ove si consideri che la clausola in oggetto estende la sospensione della copertura assicurativa ad un caso non espressamente previsto dall’art. 1901 c.c., introducendo così una deroga alla disciplina di diritto comune in senso sfavorevole all’assicurato (cfr., con riguardo ad altra disposizione dell’art. 1901, Cass. civ. Sez. 3, 3 settembre 2007 n. 18525).

5.- Propongo che il ricorso sia deciso in Camera di consiglio, con l’accoglimento del secondo, terzo e quarto motivo e la dichiarazione di inammissibilità del primo motivo”. – La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e ai difensori delle parti.

– Il P.M. non ha depositato conclusioni scritte.

Il ricorrente ha depositato memoria, dichiarando di rinunciare al primo motivo di ricorso.

Diritto

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il Collegio, all’esito dell’esame del ricorso, condivide la soluzione e gli argomenti di cui alla relazione, quanto al primo motivo di ricorso.

Sul secondo motivo rileva che la sentenza impugnata ha confermato la decisione di primo grado, quanto alla decorrenza degli interessi dalla data dell’illecito, sul rilievo che trattasi di effetto conseguente alla qualificazione della responsabilità del professionista come responsabilità extracontrattuale, contenuta nella sentenza di primo grado. Relativamente a tale qualificazione la sentenza di primo grado non è stata impugnata (cfr. le conclusioni dell’appellante, riportate nella sentenza di appello), sicchè è passata in giudicato e, trattandosi di giudicato interno, la questione deve essere rilevata di ufficio.

Ne consegue che correttamente la Corte di appello ha confermato la decorrenza degli interessi dalla data dell’illecito.

Il terzo motivo è inammissibile perchè non autosufficiente, in quanto il ricorrente non ha prodotto in giudizio la polizza di assicurazione, nè ha trascritto nel ricorso il contenuto delle relative clausole, per la parte che interessa in questa sede, come prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 366 c.p.c., n. 6, con riguardo ai documenti sui quali il ricorso si fonda (come da giurisprudenza cit. nella relazione).

Il quarto motivo è inammissibile, poichè prospetta come vizio di motivazione una questione – asserita nullità della clausola n. 12 del contratto di assicurazione – che potrebbe avere rilievo solo sotto il profilo della violazione di legge.

Il ricorso deve essere rigettato.

Non essendosi costituiti gli intimati non vi è luogo a pronuncia sulle spese.

P.Q.M.

La Corte di cassazione rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 17 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2011

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