Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26782 del 25/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 25/11/2020, (ud. 22/07/2020, dep. 25/11/2020), n.26782

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. VIRGILIO Biagio – Presidente –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – rel. Consigliere –

Dott. CATALLOZZI Paolo – Consigliere –

Dott. SUCCIO Roberto – Consigliere –

Dott. FANTICINI Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 3723/2013 R.G. proposto da:

TIL – Trasporti Integrati e Logistica Srl, rappresentata e difesa

dall’Avv. Elena Guiducci, con domicilio eletto presso lo studio del

Dott. Giuseppe Placidi in Roma via Cosseria n. 2, giusta procura

speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via

dei Portoghesi n. 12;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale

dell’Emilia Romagna n. 64/8/12, depositata il 18 giugno 2012. Udita

la relazione svolta nella camera di consiglio del 22 luglio 2020 dal

Consigliere Giuseppe Fuochi Tinarelli.

 

Fatto

RILEVATO

che:

TIL – Trasporti Integrati e Logistica Srl impugna per cassazione, con un articolato motivo, la sentenza della CTR in epigrafe che, confermando la decisione di primo grado, aveva ritenuto legittima la sanzione, irrogata D.Lgs. n. 471 del 1997, ex art. 13, per l’indebita compensazione Iva ed Irpeg per l’anno 2002 oltre i limiti di legge.

L’Agenzia delle entrate resiste con controricorso. La contribuente deposita altresì memoria ex art. 380.bis.1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

che:

1. L’unico motivo, articolato in tre distinte censure, denuncia: a) violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. per l’omessa pronuncia sulle censure mosse in appello; b) omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su fatto decisivo, identificato nell’esistenza del credito; c) “violazione di norme di diritto”.

Nell’ambito della doglianza, infine, la società deduce ulteriori profili in merito ad un’asserita incompetenza (venendo in rilievo contributi INPS) ed all’omessa decisione dell’eccepita legittimità costituzionale del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13.

2. Va escluso, preliminarmente, che la proposizione di una pluralità congiunta di vizi in un unico motivo sia, per tale solo fatto, inammissibile; nella specie, infatti, le singole specifiche doglianze sono partitamente trattate nell’articolazione del motivo.

3. Tutte le censure, peraltro, vanno disattese.

3.1. E’ inammissibile la dedotta violazione dell’art. 112 c.p.c., solo genericamente allegata, neppure avendo la parte, come è suo onere, riprodotto le specifiche doglianze, e nei loro esatti termini, che la CTR non avrebbe esaminato (Cass. n. 25299 del 28/11/2014; Cass. n. 3845 del 16/02/2018).

3.2. Infondate, invece, sono le restanti censure.

La CTR, in primo luogo, non ha affermato che il credito non era esistente ma che il contribuente aveva operato le compensazioni oltre il consentito, da cui le sanzioni D.Lgs. n. 471 del 1997, ex art. 13.

Ed invero, costituisce principio consolidato della Corte, cui non v’è ragione di discostarsi, che “il superamento del limite massimo dei crediti d’imposta compensabili equivale al mancato versamento di parte del tributo alle scadenze previste, che è sanzionato dal D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, così come accade ogniqualvolta sia utilizzata la compensazione in assenza dei relativi presupposti” (v. Cass. n. 18369 del 26/10/2012; Cass. n. 23755 del 20/11/2015; Cass. n. 8101 del 29/03/2017; Cass. n. 18080 del 21/07/2017; Cass. n. 22962 del 26/09/2018; Cass. n. 10708 del 17/04/2019), in alcun modo ponendosi una violazione del principio di legalità.

3.3. Occorre rilevare, del resto, che sulla specifica questione è intervenuta la Corte di Giustizia, che con la sentenza 16 marzo 2017, in C-211/16, Bimotor Spa, ha affermato che “L’art. 183 Dir. 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, comma 1, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata dalla Dir. 2010/45/UE del Consiglio, del 13 luglio 2010, deve essere interpretato nel senso che esso non osta a una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale, che limita la compensazione di taluni debiti tributari con crediti d’imposta sul valore aggiunto a un importo massimo determinato, per ogni periodo d’imposta, a condizione che l’ordinamento giuridico nazionale preveda comunque la possibilità per il soggetto passivo di recuperare tutto il credito d’imposta sul valore aggiunto entro un termine ragionevole”.

La disciplina interna, invero, prevede spazi ordinamentali idonei a consentire un recupero del credito entro un termine ragionevole.

Il contribuente, infatti, una volta raggiunto il limite massimo di credito compensabile può:

a) riportare al periodo successivo il credito residuo per imputare nuovamente il credito a compensazione (interna o esterna) e, in tale ambito, avvalersi, osservati i prescritti adempimenti, delle liquidazioni infrannuali che hanno cadenza trimestrale oppure, se il credito residuo supera comunque il limite massimo, riportarlo all’annualità successiva insieme a quello nel frattempo maturato (D.P.R. n. 542/1999, art. 8, commi 2 e 3);

b) chiedere il rimborso del maggior credito (se ricorrono le condizioni di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 30 e 38 bis; D.P.R. n. 542 del 1999, art. 8, commi 2 e 3).

Ne deriva che, ove la compensazione sia stata operata al di là del limite annuo, si assiste, in sostanza, ad un mancato versamento di parte del tributo alle scadenze previste per l’impiego di un credito non validamente utilizzabile, condotta legittimamente sanzionata dal D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 13, comma 1.

3.4. Quanto, infine, alla lamentata mancata applicazione della definizione agevolata delle sanzioni, occorre osservare che secondo la giurisprudenza assolutamente prevalente della Corte “la definizione agevolata delle sanzioni non si applica in caso di omesso o ritardato pagamento dei tributi, ravvisabile anche laddove sia stata effettuata compensazione in misura superiore a quella consentita, sia ove la sanzione sia stata irrogata unitamente all’avviso di accertamento sia se sia stata irrogata con un distinto ed autonomo atto” (v. Cass. n. 8247 del 04/04/2018; Cass. n. 12645 del 19/05/2017; Cass. n. 27315 del 2016; Cass. n. 17721 del 2009; isolato l’unico contrario precedente di cui Cass. n. 18682 del 2016).

Tale impostazione, cui il Collegio ritiene di aderire, trova ragione alla luce del dato letterale della disposizione di cui all’ultimo periodo del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 17, comma 3, secondo il quale “Per le sanzioni indicate nel periodo precedente, in nessun caso si applica la definizione agevolata prevista nel comma 2 e nell’art. 16, comma 3.”

L’inciso “in nessun caso” significa propriamente che, in presenza di un omesso o ritardato pagamento di tributi, il versamento ridotto delle sanzioni è precluso, oggettivamente, sia se l’Ufficio abbia proceduto direttamente alla iscrizione a ruolo delle sanzioni a seguito di controllo automatizzato o formale delle dichiarazioni effettuato a norma del D.P.R. n. 600 del 1973, artt. 36 bis e ter, o del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 54 bis, sia nell’ipotesi in cui la sanzione sia stata irrogata unitamente alla emissione dell’avviso di accertamento D.Lgs. n. 472 del 1997, ex art. 16, o, ancora, con distinto ed autonomo atto di irrogazione delle sanzioni a norma del citato D.Lgs., art. 17.

La ratio della norma si individua nel fatto che, in presenza di omissioni di versamenti di imposta, il legislatore ha inteso vietare in ogni caso l’accesso alla definizione agevolata delle sole sanzioni, essendo consentito unicamente di beneficiare di sanzioni determinate ex lege in misura ridotta allorchè il contribuente abbia provveduto al pagamento integrale, nei termini previsti, della somma dovuta a titolo di imposta.

Resta dunque priva di rilievo la stessa questione di legittimità costituzionale disattesa per implicito dal giudice di merito.

3.5. Quanto, infine, all’asserita incompetenza, la questione, oltre che inammissibile perchè irrituale, carente di specificità e per il carattere di novità della deduzione stessa, nulla risultando vuoi dalla sentenza vuoi con riguardo alle formali deduzioni proposte nel giudizio di merito, è comunque infondata per essere stata elevata la contestazione per compensazioni, oltre al limite, per imposte dovute.

4. Il ricorso va pertanto rigettato e le spese, liquidate come in dispositivo, regolate per soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Condanna TIL – Trasporti Integrati e Logistica Srl al pagamento delle spese a favore dell’Agenzia delle entrate, che liquida in complessive 5.600,00, oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 22 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 novembre 2020

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