Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26781 del 21/10/2019

Cassazione civile sez. I, 21/10/2019, (ud. 27/09/2019, dep. 21/10/2019), n.26781

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TIRELLI Francesco – Presidente –

Dott. SCOTTI Umberto Luigi Cesare Giuseppe – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Rosario – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 324/2015 proposto da:

COMUNE DI SAN FILIPPO DELMELA, in persona del sindaco p.t.,

elettivamente domiciliato in Roma, Viale Giuseppe Mazzini n. 6,

presso lo studio dell’avvocato Pierpaolo Magi, rappresentato e

difeso dall’avvocato Guido Barbaro, giusta procura in calce al

ricorso;

– ricorrente –

contro

CASA & CO. Srl, in persona del legale rappresentante p.t.,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Enni Quirino Visconti n. 20,

presso lo studio legale Ristuccia & Tufarelli, rappresentato e

difeso dall’avvocato Prof. Fabio Saitta, giusta procura a margine

del controricorso;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

avverso la ordinanza della CORTE D’APPELLO di Messina, resa nel

procedimento iscritto al N.R.G. 220/2012, depositata il 27/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

27/09/2019 dal Cons. Dott. IOFRIDA GIULIA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Messina, con ordinanza depositata in data 27/10/2014, – in controversia concernente l’opposizione alla stima, ex art. 54 T.U.E., promossa dal Comune di San Filippo del Mela nei confronti della Casa & Co srl, ai fini della corretta determinazione dell’indennità definitiva di espropriazione (quantificata dal collegio peritale in Euro 398.596,00 ed offerta dal Comune in Euro 209.752,59) in relazione ad un terreno con annesso fabbricato rurale, di proprietà della società convenuta, espropriato, con decreto del 2009, nell’ambito della procedura ablatoria per urbanizzazione area PIP, zona D2, “Zona industriale Nuovo Impianto e completamento”, rientrante nell’ambito dello strumento di programmazione negoziata denominato “Patto Territoriale del Tirreno-Gallo Niceto”, costituito dalla riqualificazione dell’artigianato produttivo, finanziato dallo Stato, – ha, all’esito di una consulenza tecnica, che ha applicato il metodo sintetico-comparativo, determinato l’indennità complessiva dovuta di espropriazione in Euro 369.013,95 (in misura di poco inferiore a quella determinata dal collegio peritale D.P.R. n. 327 del 2001, ex art. 21).

In particolare, i giudici d’appello hanno sostenuto che il valore di mercato del terreno andava stimato in Euro 62,5 al mq (considerato il valore utilizzato in una transazione per un immobile della stessa zona, interessato da medesima procedura, ed il valore risultante da alcuni accertamenti con adesione definiti dall’Agenzia delle Entrate), in rapporto ad una superfice edificabile di mq 4.874,00, ritenendo che non fosse applicabile la decurtazione del 25% prevista dall’art. 37 T.U.E. comma 1 (operante quando l’espropriazione è finalizzata ad attuare interventi di riforma economico-sociale), non vertendosi in tale ipotesi, trattandosi d un intervento di attuazione di un PIP e dovendo la valenza di interventi di riforma economico-sociale essere rimessa al legislatore, mentre doveva applicarsi la maggiorazione del 10% prevista dallo stesso art. 37, comma 2, essendo l’importo offerto in via provvisoria, attualizzato alla data dell’esproprio (pari ad Euro 183.323,33), inferiore agli otto decimi dell’indennità liquidata (Euro 298.213,50), con conseguente determinazione del valore venale del terreno in Euro 328.034,85 e del valore venale del fabbricato in Euro 26.059,00, nonchè in Euro 14.940,00 quello del terreno ricadente in fascia di rispetto autostradale.

Avverso la suddetta pronuncia, il Comune di San Filippo del Mela propone ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, nei confronti di Casa & Co srl (che resiste con controricorso e ricorso incidentale in tre motivi, cui il Comune ricorrente ha replicato con controricorso). Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorrente principale lamenta: 1) con il primo motivo, la violazione o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 4, artt. 99 e

112 c.p.c.., non costituendo oggetto del giudizio la questione della riduzione del 25% dell’indennità di espropriazione, non avendo la parte privata, convenuta in giudizio, opposto alcuna domanda riconvenzionale avverso la stima peritale, ex art. 21 T.U.E., sul punto, concludendo per il rigetto dell’opposizione del Comune, il quale, invece, non aveva mosso alcuna contestazione alla riduzione suddetta applicata nella stima peritale, avendo censurato altri capi della relazione di stima; 2) con il secondo motivo, in via subordinata, la violazione o falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37, comma 1 e della L. n. 662 del 1996, art. 2, commi 203 e segg., dovendo essere operata comunque la riduzione del 25% trattandosi di attuazione di un intervento incluso tra le opere del patto Territoriale del Tirreno (Gallo-Niceto), Infrastrutture a servizio del patto (Asse del mare), finanziato con decreto ministeriale del 2004, e quindi di un intervento di attuazione di riforma economico-sociale, disciplinato dalla legge (L. n. 662 del 1996), volto a colmare, mediante la promozione dello sviluppo sociale lo squilibrio economico nel quale versano le aree depresse; 3) con il terzo motivo, la violazione e falsa applicazione, ex art. 360 c.p.c., n. 3, dell’art. 37, comma 2 T.U.E., in relazione alla riconosciuta maggiorazione del 10%, atteso che, se fosse stata correttamente applicata la riduzione del 25%, l’indennità offerta sarebbe stata addirittura maggiore degli otto decimi di quella correttamente determinata e comunque l’indennità offerta non era inferiore di otto decimi di quella di Euro 298.213,50; 4) con il quarto motivo, la violazione, ex art. 360 c.p.c., n. 4, dell’art. 91 c.p.c., in via subordinata all’accoglimento dei pregressi motivi, risultando erronea anche la statuizione sulle spese, dovendo risultare il Comune totalmente vincitore.

2. La ricorrente incidentale lamenta: 1) con il primo motivo, “la violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5”, in relazione all’ammontare del valore di stima, conseguente agli accertamenti con adesione, utilizzati come parametro valutativo, che sarebbe stato pari ad Euro 67,50 (“Euro 100,00 + Euro 35,00 = Euro 135,00: 2”) e non ad Euro 62,50, come erroneamente ritenuto dalla Corte di merito, secondo il ragionamento espresso in motivazione, con conseguente erronea determinazione anche del valore di stima del fabbricato; 2) con il secondo motivo, “la violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., n. 5”, in relazione all’ammontare complessivo dell’indennizzo, “la violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3”, in relazione al mancato calcolo degli interessi legali dell’indennità (art. 1282 c.c. o in subordine art. 1224 c.c.), la “violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., n. 4”, in relazione agli artt. 99 e 112 c.p.c., in relazione alla mancata statuizione di condanna dell’amministrazione comunale al pagamento del capitale e degli interessi; 3) con il terzo motivo, “la violazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3”, in relazione all’art. 91 c.p.c., in relazione all’operata compensazione integrale delle spese di giudizio.

4. La prima censura del ricorso principale è infondata.

Questa Corte ha da tempo chiarito che “in materia di espropriazione per pubblica utilità, il principio per cui il giudizio di opposizione alla stima dell’indennità non si configura come un giudizio di impugnazione dell’atto amministrativo ma introduce un ordinario giudizio sul rapporto, che non si esaurisce nel mero controllo delle determinazioni adottate in sede amministrativa, ma è diretto a stabilire il “quantum” dell’indennità, effettivamente dovuto, nel quale il giudice compie la valutazione in piena autonomia, va coordinato con quello della domanda, per cui, in presenza di stima definitiva, il giudizio di opposizione può concludersi con una statuizione più favorevole all’opponente, ma non può determinare un importo minore, a meno che non vi sia domanda in tal senso da parte dell’espropriante, il quale, ove convenuto nel giudizio, deve osservare le forme e i termini della domanda riconvenzionale, in quanto aziona una contropretesa che va oltre il rigetto della domanda principale” (Cass. 4388/2006; Cass. 716/2011). Si è così precisato (Cass. 8442/2012) che “in tema di opposizione alla stima dell’indennità di espropriazione (o di occupazione temporanea), oggetto del giudizio è la congruità e conformità di essa ai criteri di legge, principi che devono essere coordinati a quello della domanda, derivandone che, se questa è formulata soltanto dall’espropriato, l’opposizione può condurre a determinare un’indennità maggiore, e non inferiore, rispetto a quella calcolata in sede amministrativa, in difetto di una domanda formulata dall’espropriante; pertanto, nel caso in cui l’accertamento conduca ad un tale risultato, il giudice deve limitarsi a respingere la domanda, altrimenti incorrendo nel vizio di ultrapetizione, salvo che l’espropriante, convenuto in opposizione, abbia ritualmente proposto a tal fine domanda riconvenzionale” (conf. Cass. 12700/2014; Cass. 14185/2016; Cass. 15414/2019).

Pur richiamato tale consolidato orientamento, deve, tuttavia, rilevarsi che la Corte d’appello, nella parte in cui, pur in difetto di domanda riconvenzionale sul punto del soggetto espropriato, convenuto nel giudizio di opposizione alla stima, ha modificato il capo della relazione di stima, non impugnato (non avendo il Comune alcun interesse ad impugnare tale parte della relazione di stima peritale), relativo alla riduzione del 25% ai sensi del D.P.R. n. 327 del 2001, art. 37, comma 1, non ha violato il principio della domanda, in quanto tale statuizione non attiene al quantum dell’indennità di espropriazione, unico oggetto demandato al collegio dei periti, ma involge una mera conseguenza giuridica prescritta dalla legge in presenza di determinate condizioni e rientrava nel thema decidendum introdotto con l’opposizione alla stima, vale a dire la giusta determinazione dell’indennità dovuta.

Questa Corte (Cass. 12058/2017), sia pure con riguardo alla questione dell’aumento del 10% dell’indennità di espropriazione di un’area edificabile, previsto, del D.P.R. n. 327 del 2001, ex art. 37, comma 2 (nel testo risultante dalle modifiche apportategli dalla L. n. 244 del 2007, art. 2, comma 89), ha affermato che esso “trova applicazione indipendentemente dalla riduzione – prevista dal comma 1 – dell’indennità del 25 per cento prevista per le ipotesi in cui l’espropriazione sia finalizzata ad attuare interventi di riforma economico-sociale, e va riconosciuto in via automatica dal giudice, anche ove ciò comporti il superamento del tetto del valore di mercato nella quantificazione dell’indennizzo, allorchè emerga dagli atti la presenza di uno dei presupposti previsti dalla norma (ossia quando l’amministrazione abbia offerto un’indennità provvisoria inferiore agli otto decimi di quella definitiva), mirando ad incentivare la definizione del procedimento espropriativo in via consensuale e non giudiziale, sanzionandone l’ingiustificata attesa, imposta al proprietario, della sua conclusione, così stimolando comportamenti virtuosi della P.A., la quale ha la possibilità di evitare di pagare tale maggiorazione offrendo una somma non inferiore agli otto decimi di cui sopra”.

5. Il secondo motivo del ricorso principale, proposto in via subordinata, è infondato.

Questa Corte, con orientamento consolidato, ha da tempo affermato che “in tema di espropriazione per pubblica utilità, ove il procedimento sia adottato per realizzare un piano di zona per l’edilizia economica e popolare, non sussiste il presupposto dell’intervento di riforma economico-sociale, che giustifica la riduzione del 25 per cento del valore venale del bene ai fini della determinazione dell’indennità, dovendo esso riguardare l’intera collettività o parti di essa geograficamente o socialmente predeterminate ed essere, quindi, attuato in forza di una previsione normativa che in tal senso lo definisca” (Cass. 1621/2016; Cass. 2774/2012).

La decisione impugnata risulta pienamente conforme al suddetto principio di diritto.

6. Il terzo motivo è di conseguenza assorbito, in quanto la maggiorazione del 10% D.P.R. n. 327 del 2001, ex art. 37, è stata applicata essendosi ritenuta non applicabile la riduzione D.P.R. n. 327 del 2001, ex art. 37, comma 1, ed essendo l’indennità provvisoria offerta, attualizzata, inferiore agli otto decini di quella accertata in via definitiva.

7. Il quarto motivo non concerne in realtà un vizio della sentenza, quanto la statuizione sulle spese, e risulta anch’esso assorbito.

8. Il primo motivo del ricorso incidentale è inammissibile, in quanto, pur essendo effettivamente lamentato un errore percettivo, come tale censurabile con ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c., n. 5 e non con quello per revocazione (Cass. 795/2013; Cass. 23324/2007; Cass. 23312/2018), si tratta di un fatto non decisivo, atteso che la Corte è giunta a determinare il valore venale di Euro 62,50 al mq, dato dal quale partire per la quantificazione dell’indennità di espropriazione, individuando in esso un valore medio che poteva trarsi sia dal dato ricavabile da una transazione riguardante immobile nella stessa zona (considerato dal consulente tecnico) e quindi “dal valore unitario delle aree edificabili, valore che, effettuati gli opportuni calcoli ammonta ad Euro 61,50 al mq”, ritenuto più rappresentativo di altro ricavabile da atti di liquidazione (“che spesso vengono “accettati” dagli espropriati per evitare di imbarcarsi in liti giudiziarie”), secondo un primo sistema, sia da altro dato ricavabile dalla media del valore definito in due procedure di accertamento con adesione, secondo altro sistema.

Il secondo criterio di individuazione del valore medio del terreno ha costituito quindi soltanto un ulteriore parametro idoneo a supportare una valutazione già espressa secondo altro criterio di stima.

Il vizio nel calcolo aritmetico di cui alla doglianza in esame non risulta pertanto essere stato decisivo, ai fini dell’art. 360 c.p.c., n. 5.

9. Il secondo motivo del ricorso incidentale, con il quale la società si duole della mancata statuizione di condanna dell’amministrazione comunale al pagamento, sulla somma dovuta a titolo di indennità, degli interessi, pur in difetto di domanda, è infondato.

Invero, nelle obbligazioni pecuniarie, gli interessi corrispettivi o compensativi avendo fondamento autonomo rispetto al debito al quale accedono, possono essere attribuiti solo su espressa domanda della parte interessata, e ciò contrariamente a quanto avviene nell’ipotesi di somma di denaro dovuta a titolo di risarcimento del danno di cui essi rappresentano integrano una componente necessaria (Cass. 24858/2005).

Proprio in tema di indennità di espropriazione, questa Corte (Cass. 3738/2012) ha ribadito che “la natura di debito di valuta dell’indennità di espropriazione che, a differenza dell’obbligazione risarcitoria, non è soggetta a rivalutazione monetaria automatica, impone al titolare del bene di proporre la domanda di ristoro del maggior danno ai sensi dell’art. 1224 c.c., allegandone le circostanze necessarie e fornendone la relativa prova”.

10. Il terzo motivo, concernente la compensazione delle spese disposta nella sentenza impugnata, è assorbito, essendo formulato per l’ipotesi di accoglimento dei primi due motivi del ricorso incidentale.

11. Per tutto quanto sopra esposto, vanno respinti sia il ricorso principale sia il ricorso incidentale. Atteso l’esito della lite, le spese processuali vanno integralmente compensate tra le parti.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale e di quello incidentale dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte respinge il ricorso principale ed il ricorso incidentale; dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della ricorrenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente principale e di quello incidentale dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, ove dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 27 settembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 ottobre 2019

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