Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26780 del 25/11/2020
Cassazione civile sez. trib., 25/11/2020, (ud. 09/07/2020, dep. 25/11/2020), n.26780
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TRIBUTARIA
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BISOGNI Giacinto – Presidente –
Dott. MANZON Enrico – Consigliere –
Dott. NONNO Giacomo Maria – Consigliere –
Dott. PUTATURO DONATI V. DI NOCERA M.G. – Consigliere –
Dott. SAIJA Salvatore – rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 1702-2015 proposto da:
L.C., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA S. TOMMASO
D’AQUINO 75, presso lo studio dell’avvocato MARIO LACAGNINA, che lo
rappresenta e difende unitamente agli avvocati PAOLO MORA, VINCENZO
MERLI;
– ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso
l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 3595/2014 della COMM.TRIB.REG. di MILANO,
depositata il 03/07/2014;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del
09/07/2020 dal Consigliere Dott. SALVATORE SAIJA.
Fatto
FATTI DI CAUSA
Con ricorso proposto ai sensi del combinato disposto del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 64, e art. 395 c.p.c., n. 4, L.C. ha chiesto alla C.T.R. della Lombardia la revocazione della sentenza n. 58/32/13, pubblicata il 6.2.2013. La sentenza revocanda era stata resa nel giudizio d’appello, promosso dall’Agenzia delle Entrate, in relazione all’impugnazione di tre avvisi di accertamento a suo tempo notificati al L. in relazione agli anni 2004-2006, per maggiori II.DD. (anche derivanti da lavoro dipendente) e IVA; con detta sentenza, in riforma della prima decisione, la C.T.R. aveva parzialmente accolto il gravame, quanto ai redditi da lavoro dipendente. Con il ricorso in revocazione, L.C. ha sostenuto che la decisione della C.T.R. era fondata su un errore di fatto, consistente nell’aver essa ritenuto – in relazione al capo concernente i redditi da lavoro dipendente – quanto segue: “nulla contraddice sul punto la parte accertata nè offre motivi che questa Commissione può considerare utilmente ai fini del giudizio… nulla considerando la parte, nè negli atti nè in udienza, in quanto assente”. Con sentenza del 3.7.2014 la C.T.R. della Lombardia ha però dichiarato il ricorso inammissibile, non essendo quello denunciato un vizio revocatorio, avendo invece il giudice a quo espresso una vera e propria valutazione circa l’insussistenza di argomenti utilmente offerti dal L. al riguardo.
L.C. ricorre ora per cassazione, sulla base di un unico motivo, cui resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.
Diritto
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 – Con l’unico motivo, si denuncia la nullità della sentenza per violazione dell’art. 395 c.p.c., n. 4, nonchè del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 64, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4. Il ricorrente lamenta l’erroneità della decisione impugnata, nella parte in cui s’è ritenuto che il giudice a quo avesse espresso una valutazione – riguardo alla sussistenza e alla portata delle difese da esso ricorrente riproposte sulla questione controversa in seno alla memoria responsiva – e non fosse, invece, incorso in una vera e propria svista riguardo al contenuto dell’atto stesso, che inequivocamente prendeva specifica posizione circa i pretesi redditi da lavoro dipendente, contestati dall’Ufficio.
2.1 – Il ricorso è infondato.
Sono ampiamente ricevute le affermazioni secondo cui l’errore rilevante ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4: a) consiste nell’erronea percezione dei fatti di causa che abbia indotto la supposizione della esistenza o della inesistenza di un fatto, la cui verità è incontestabilmente esclusa o accertata dagli atti di causa, sempre che il fatto oggetto dell’asserito errore non abbia costituito terreno di discussione tra le parti; b) non può concernere l’attività interpretativa e valutativa; c) deve possedere i caratteri della evidenza assoluta e della immediata rilevabilità sulla base del solo raffronto tra la sentenza impugnata e gli atti di causa, senza necessità di argomentazioni induttive o di particolari indagini ermeneutiche; d) deve essere essenziale e decisivo, nel senso che tra la percezione erronea e la decisione revocanda deve esistere un nesso causale tale da affermare con certezza che, ove l’errore fosse mancato, la pronuncia avrebbe avuto un contenuto diverso (v. Cass. n. 12283/2004; Cass. n. 3652/2006; Cass. n. 10637/2007; Cass. n. 5075/2008; Cass. n. 22171/2010; Cass. n. 27094/2011; Cass. n. 4456/2015; Cass. n. 24355/2018; Cass. n. 26643/2018).
Ora, l’utilizzo dell’avverbio “utilmente”, come effettuato dalla C.T.R., denota in modo inequivoco come il giudice d’appello abbia effettuato una valutazione di quanto dedotto o affermato dal L., ritenendolo non utile, ossia non idoneo a condurre ad una pronuncia favorevole ad esso ricorrente. Si tratta, dunque, di una vera e propria valutazione, come tale inidonea ad integrare il c.d. vizio revocatorio, fondato invece, come s’è detto, su un errore di fatto, ossia su una svista in cui è (in tesi) incorso il giudice.
3.1 – In definitiva, il ricorso è rigettato Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
In relazione alla data di proposizione del ricorso per cassazione (successiva al 30 gennaio 2013), può darsi atto dell’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).
PQM
la Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis,se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte di cassazione, il 9 luglio 2020.
Depositato in Cancelleria il 25 novembre 2020