Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2678 del 30/06/2019

Cassazione civile sez. lav., 30/01/2019, (ud. 20/11/2018, dep. 30/01/2019), n.2678

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BALESTRIERI Federico – Presidente –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. LORITO Matilde – Consigliere –

Dott. LEONE Margherita Maria – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9378/2014 proposto da:

POSTE ITALIANE S.P.A., C.F. (OMISSIS), in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA,

PIAZZA MAZZINI 27, presso lo studio dell’avvocato STUDIO TRIFIRO’

& PARTNERS, rappresentata e difesa dall’avvocato TRIFIRO’

SALVATORE, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

M.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA XX

SETTEMBRE, 26, presso lo studio dell’avvocato BENILDE BALZI, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato CLAUDIO ROBERTO

SANTARELLI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 312/2013 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 03/04/2013 R.G.N. 1281/2011.

Fatto

RILEVATO

1. Che la Corte di appello di Milano, in parziale riforma della sentenza di primo grado, dichiarata cessata la materia del contendere quanto al capo che disponeva la riammissione in servizio di M.D., confermata la illegittimità della somministrazione sulla base della quale il detto lavoratore aveva prestato la propria attività alle dipendenze di Poste Italiane s.p.a. – società utilizzatrice – ha condannato quest’ultima al pagamento della indennità di cui alla L. 4 novembre 2010, n. 183, art. 32, comma 5, liquidata nella misura di 12 mensilità della retribuzione globale di fatto, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria dal 30.9.2005 al saldo; per l’effetto ha condannato l’appellato alla restituzione di quanto percepito in eccedenza in esecuzione della sentenza di primo grado;

2. che per la cassazione della decisione ha proposto ricorso affidato a quattro motivi Poste Italiane s.p.a.; la parte intimata ha resistito con tempestivo controricorso; parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380- bis.1. c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

1. che preliminarmente deve essere respinta la eccezione di tardività del ricorso per cassazione formulata dalla parte controricorrente. Premesso, infatti, che in ragione della data di instaurazione del giudizio di primo grado (28/11/2006), antecedente al 4 luglio 2009, non trova applicazione, ai sensi della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 58, comma 1, la modifica dell’art. 327 c.p.c., introdotta dalla L. n. 69 del 2009, che ha sostituito il termine di decadenza di sei mesi dalla pubblicazione della sentenza all’originario termine annuale (Cass. 05/10/2012 n. 17060), il ricorso per cassazione risulta tempestivo in quanto notificato il 3 aprile 2014 e quindi nel rispetto del termine annuale decorrente dalla pubblicazione della sentenza di appello, non notificata, avvenuta in data 3 aprile 2013;

2. che con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia censurando la sentenza impugnata per avere, da un lato, affermato che la esigenza alla base della somministrazione può attenere anche all’attività ordinaria svolta dall’utilizzatore e, dall’altro, che il ricorso, in ogni momento alla somministrazione o al contratto a termine sarebbe illegittimo perchè prescinderebbe dalla specifica ragione sostitutiva;

3. che con il secondo motivo deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. 10 settembre 2003, n. 276, art. 20. Censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto la esigenza sostitutiva alla base del ricorso alla somministrazione non di carattere straordinario per il fatto che in un ufficio di grandi dimensioni come quello cui era stato addetto il ricorrente le assenze per ferie o malattie rappresentavano un dato fisiologico in ogni periodo dell’anno cosicchè si dovrebbe ammettere la legittimità di qualunque assunzione a termine per ragioni di sostituzione di personale assente per i titoli che danno diritto alla conservazione del posto, senza alcuna possibilità di indagine e verifica ex post della causale addotta. Assume che tale affermazione è frutto del travisamento del cit. D.Lgs. n. 276 del 2003, che consente espressamente la somministrazione di lavoro a tempo determinato a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo e sostitutivo anche se riferibili all’ordinaria attività dell’utilizzatore;

4. che con il terzo motivo deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., censurando la sentenza impugnata per avere ritenuto che Poste non aveva offerto di provare la effettiva sussistenza delle ragioni sostitutive indicate per l’assunzione del lavoratore; richiama a tal fine sia le circostanze capitolate in relazione alla richiesta prova orale sia la documentazione prodotta che asserisce attestare, in relazione all’intero periodo dedotto, che il numero dei lavoratori assunti a termine era notevolmente inferiore al personale di ruolo assente;

5. che con il quarto motivo deduce violazione e falsa applicazione della cit. L. n. 183 del 2010, art. 32, sostenendo, in sintesi, che, stante la legittimità dei contratti in controversia la statuizione risarcitoria avrebbe dovuto essere annullata; in subordine, censura il quantum attribuito a tale titolo sul rilievo che esso doveva essere liquidato nella misura minima di legge, ferma, in ogni caso, la detrazione dell’aliunde perceptum;

6. che il primo motivo di ricorso è inammissibile in quanto, trovando ratione temporis applicazione, in ragione della data di pubblicazione della sentenza impugnata successiva al 10/09/2012, il testo attualmente vigente dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, la denunzia di vizio di motivazione poteva essere veicolata solo mediante la deduzione di omesso esame di un fatto controverso e decisivo oggetto di discussione fra le parti (Cass. Sez. Un. 07/04/2014 n. 8053), deduzione neppure prospettata dalla odierna ricorrente che ha incentrato le proprie doglianze sulla pretesa contraddittorietà di motivazione;

7. che l’esame del secondo motivo, incentrato sull’assunto che la legge consente che il ricorso alla somministrazione avvenga anche a fronte di ragioni di carattere tecnico, produttivo, riferibili all’ordinaria attività dell’utilizzatore, risulta assorbito dal rigetto del terzo motivo che investe l’autonoma ratio decidendi alla base del capo investito, rappresentata dalla carenza di prova del ricorrere in concreto delle ragioni sostitutive alla base della somministrazione;

7.1. che, infatti, il giudice di appello, dopo avere richiamato la sentenza di primo grado che aveva ritenuto insufficienti i modelli prodotti da Poste sul rilievo che in un ufficio di grandi dimensioni quale quello al quale era addetto il ricorrente le assenze per malattia o ferie o altro erano del tutto fisiologiche in ogni periodo dell’anno così che si dovrebbe ammettere la legittimità di qualunque assunzione a termine per ragioni di sostituzione di personale assente per i titoli che danno diritto alla conservazione del posto, senza alcuna possibilità di indagine e verifica ex post dell’effettività della causale addotta (sentenza, pag. 10, secondo capoverso), ha affermato di ritenere condivisibile l’assunto secondo il quale il datore di lavoro avrebbe dovuto offrire prova che le assenze dei dipendenti a tempo indeterminato, ed in particolare quelle per ferie, erano tali da rendere impossibile il livello ordinario o quantomeno il livello minimo del servizio, senza il ricorso all’assunzione a termine, come pure la prova delle attività alle quali il lavoratore era stato addetto non potendosi ritenere legittimo il solo limite quantitativo della coincidenza numerica degli assunti a tempo determinato con quelli a tempo indeterminato; ha ulteriormente osservato che, anche a voler ritenere sufficiente per Poste Italiane dimostrare che con riferimento al settore interessato il numero dei contratti a termine era congruo rispetto al numero delle giornate di assenza per malattia ferie o altro, era comunque da condividere la valutazione di inidoneità della documentazione prodotta con riguardo al prospetto elaborato dalla società datrice il quale non consentiva neppure di distinguere gli assunti a tempo determinato dai lavoratori stabili. In altri termini, la Corte di merito ha affermato che anche ove la prova della effettività delle esigenze sostitutive dovesse ricavarsi, con riferimento al settore interessato, sulla base del rapporto tra il numero dei contratti a termine stipulato nel periodo in controversia rispetto al numero di giornate di assenza per ferie, ecc., tale prova, il cui onere ricadeva su Poste Italiane, non era stato offerta;

8. che le censure articolate con il terzo motivo sono inidonee a inficiare la valutazione del giudice di merito riscontrandosi un generale difetto di autosufficienza sia con riguardo al contenuto delle allegazioni in fatto formulate dalla società nelle fasi di merito a dimostrazione della effettività delle esigenze alla base del ricorso alla somministrazione, sia con riguardo al contenuto delle istanze istruttorie richiamate solo mediante rinvio per relationem alla memoria di costituzione di primo grado, sia, infine, con riguardo agli “atti e documenti i causa”, evocati in termini indifferenziati e generici (v. ricorso pagg. 11 e sg.) senza la trascrizione o anche il riassunto del relativo contenuto, come, invece, prescritto ai sensi dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6 (Cass. 07/03/2018 n. 5478; Cass. 10/08/2017 n. 19985; Cass. 19/08/2015 n. 16900; Cass. 30/07/2010 n. 17915). Tanto è sufficiente a determinare la inammissibilità del motivo, restando assorbite le considerazioni attinenti alla necessità, al fine di incrinare la ricostruzione del giudice di appello, della deduzione di omesso esame di un fatto storico, di rilevanza decisiva, oggetto di discussione tra le parti, ai sensi del novellato art. 360 c.p.c., comma 1 n. 5;

9. che il quarto motivo è infondato. Premesso, infatti, che parte ricorrente non censura la conformità del criterio utilizzato nella determinazione della misura della indennità risarcitoria ai parametri (L. 15 luglio 1965, n. 604, art. 8) richiamati dalla cit. L. n. 183 del 2010, art. 32, comma 5, ma si limita a dedurre che gli elementi in atti avrebbero giustificato la liquidazione della indennità nel minimo, si ritiene di dare continuità alla giurisprudenza di questa Corte secondo la quale la valutazione della determinazione fra il minimo ed il massimo della indennità risarcitoria ex art. 32 cit. spetta al giudice di merito ed è censurabile in sede di legittimità solo per motivazione assente, illogica o contraddittoria (Cass. 17/03/2014 n. 6122);

10. che la censura relativa alla necessità di considerazione dell’aliunde perceptum oltre ad essere inammissibile stante la sua assoluta genericità è, comunque, infondata in diritto atteso che la indennità cit. L. n. 18 del 2010, ex art. 32, come chiarito anche dal giudice costituzionale (Corte cost. n. 303/2011), esclude la considerazione di redditi percepiti per l’espletamento di altra attività lavorativa per il periodo antecedente la sentenza che ha disposto la conversione in rapporto di lavoro a tempo indeterminato;

11. che al rigetto del ricorso consegue il regolamento delle spese di lite secondo soccombenza;

12. che sussistono le condizioni per l’applicabilità del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17.

PQM

La Corte rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in Euro 4.500,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 20 novembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2019

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