Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2678 del 04/02/2021

Cassazione civile sez. lav., 04/02/2021, (ud. 08/09/2020, dep. 04/02/2021), n.2678

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BERRINO Umberto – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. BUFFA Francesco – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 4812-2015 proposto da:

LU. S.R.L., (già CANTIERE NAVALE LUCCHESE S.R.L.), in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA POMPEO MAGNO, 23/A, presso lo studio dell’avvocato GUIDO

ROSSI, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati ANDREA

BORTOLUZZI, ALESSIO VIANELLO;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, C.F. (OMISSIS),

in persona del suo Presidente e legale rappresentante pro tempore,

in proprio e quale mandatario della S.C.C.I. S.P.A. Società di

Cartolarizzazione dei Crediti I.N.P.S. C.F. (OMISSIS), elettivamente

domiciliati in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura

Centrale dell’Istituto, rappresentati e difesi dagli avvocati

ANTONINO SGROI, EMANUELE DE ROSE, LELIO MARITATO, CARLA D’ALOISIO;

– controricorrenti –

e contro

EQUITALIA NORD S.P.A., (già EQUITALIA POLIS);

– intimata –

avverso la sentenza n. 770/2013 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA,

depositata il 25/02/2014; r.g.n. 763/2012;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

08/09/2020 dal Consigliere Dott. FRANCESCO BUFFA.

 

Fatto

PREMESSO

CHE:

1. Con sentenza del 25.2.14, la Corte d’Appello di Venezia ha dichiarato – L. n. 228 del 2012, ex art. 1, comma 356 – estinto il procedimento relativo a opposizione a cartella esattoriale recante recupero di sgravi contributivi fruiti in violazione della normativa Europea sugli aiuti di stato e ha dichiarato manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale della normativa suddetta, proposte da Lu. srl.

2. Avverso tale sentenza ricorre Lu. srl per due motivi, illustrati da memoria, cui resiste l’INPS con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

3. Con il primo motivo si deduce violazione dell’art. 47 della carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, interpretata alla luce dell’art. 6 CEDU, attuata dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 356 e si formula istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea.

4. Con il secondo motivo di ricorso si deduce violazione della L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 356 per incostituzionalità della relativa disciplina e si fa istanza di rimessione della questione alla Corte Costituzionale.

5. I motivi possono essere esaminati congiuntamente: essi sono infondati.

6. In particolare, sostiene la difesa della società che dalla lettura della L. n. 228 del 2012, art. 1, commi da 351 a 356 appare evidente che la finalità della normativa in esame è quella di estinguere il contenzioso, come quello di cui trattasi, attraverso la rimessione in termini dello Stato in modo da consentirgli di riattivare le procedure di recupero delle somme oggetto di sgravio contributivo considerate come aiuti di Stato, ma ciò determinerebbe, secondo la ricorrente, un’ingerenza nei processi in corso ad esclusivo vantaggio della parte pubblica in violazione dell’art. 117 Cost., dell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, e dell’art. 6CEDU. Ciò discenderebbe dal fatto che si prevede una procedura finalizzata alle verifiche delle condizioni indicate dalla Commissione che rispetta solo formalmente e in apparenza il requisito di una corretta istruttoria, ma che finisce per compromettere, in realtà, i principi di separazione dei poteri e di tutela del diritto di difesa. Di conseguenza, anche la sentenza della Corte d’appello, che ha fatto concreta applicazione della L. n. 228 del 2012, art. 1, commi 351-356, è da considerarsi emessa, secondo tale prospettazione difensiva, in violazione delle richiamate norme. La società ricorrente lamenta inoltre violazione degli artt. 3,24,25,101,102,111,113 e 117 Cost., evidenziando che dalla lettura della norma di cui alla L. n. 228 del 2012, art. 1, commi 351 – 356, non emerge una qualche ratio satisfattiva che giustifichi una pronuncia di estinzione del giudizio, mentre è perdurante il suo interesse a veder accolte le proprie originarie domande. Invero, secondo la tesi difensiva, la suddetta procedura di recupero finisce per addossare alle imprese l’onere di una prova negativa difficilmente integrabile nei termini in cui è configurata, posto che dalla mancata produzione di una documentazione contabile risalente ad oltre vent’anni addietro, per la quale non vi era più obbligo di conservazione, si fa discendere una presunzione di illegittimità degli aiuti di Stato atta a giustificare il loro immediato recupero. Invece, è da ritenersi corollario di un “giusto processo civile” il fatto che questo arrivi ad una pronuncia di merito, cosa, questa, che la L. n. 228 del 2012, art. 1, commi 351 356, nega.

7. In materia, occorre premettere che, con la Decisione della Commissione Europea del 25 novembre 1999 (2000/394/CE) si era stabilito che gli sgravi contributivi previsti dalle leggi n. 30/1997 e n. 206/1995 in favore delle imprese operanti nei territori di Venezia e Chioggia nel periodo marzo 1995 – novembre del 1997 erano stati usufruiti in violazione della normativa comunitaria in tema di aiuti di Stato, essendo i suddetti aiuti incompatibili con il mercato comune quando erano accordati ad imprese che non erano piccole e medie imprese e che erano localizzate al di fuori delle zone ammissibili alla deroga prevista dall’art. 87, pat. 3, lett. c), del trattato. All’art. 5 della stessa Decisione n. 2000/394/CE si era poi stabilito che l’Italia avrebbe adottato tutti i provvedimenti necessari per recuperare presso i beneficiari gli aiuti incompatibili con il mercato comune di cui all’art. 1, par. 2 e all’art. 2 e già illegalmente posti a loro disposizione e che detto recupero sarebbe stato effettuato secondo le procedure di diritto nazionale. E’, quindi, intervenuto il nostro legislatore che ha dato attuazione a tale decisione attraverso il summenzionato L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, commi 351 – 356. In particolare, il comma 351 prevede che “Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, l’Istituto nazionale della previdenza sociale richiede alle imprese beneficiarie degli aiuti concessi sotto forma di sgravio, nel triennio 1995-1997, in favore delle imprese operanti nei territori di Venezia e Chioggia di cui alla decisione n. 2000/394/CE della Commissione, del 25 novembre 1999, gli elementi corredati della idonea documentazione, necessari per l’identificazione dell’aiuto di Stato illegale, anche con riferimento alla idoneità dell’agevolazione concessa, in ciascun caso individuale, a falsare la concorrenza e incidere sugli scambi intra comunitari. Il comma 355 sancisce, inoltre, che “I titoli amministrativi afferenti il recupero degli aiuti di cui al comma 351 emessi dall’Istituto nazionale della previdenza sociale, oggetto di contestazione giudiziale alla data di entrata in vigore della presente legge, sono nulli. Gli importi versati in esecuzione di tali titoli possono essere ritenuti dall’Istituto nazionale della previdenza sociale e imputati ai pagamenti dovuti per effetto dei provvedimenti di cui al comma 354.” Infine, il comma 356 stabilisce che “I processi pendenti alla data di entrata in vigore della presente legge e aventi ad oggetto il recupero degli aiuti di cui al comma 351 si estinguono di diritto. L’estinzione è dichiarata con decreto, anche d’ufficio. Le sentenze eventualmente emesse, fatta eccezione per quelle passate in giudicato, restano prive di effetti.” SI tratta, all’evidenza, di disposizioni di natura procedimentale destinate a porre termine ad un contenzioso che aveva riguardato le imprese beneficiarie degli aiuti in discorso a seguito della richiamata decisione della Commissione Europea.

8. Ciò posto, va osservato che la questione sollevata nei motivi di ricorso è già stata esaminata da questa Corte nella sentenza Sez. Lav., n. 7482 del 23/3/2020, che ha ritenuto che difetta un interesse attuale della ricorrente all’impugnazione della sentenza dichiarativa dell’estinzione del processo, in quanto tale esito della lite è stato previsto da una disposizione normativa di natura procedimentale che non è lesiva di alcun diritto e che, tra l’altro, ha espressamente sancito la nullità dei titoli amministrativi afferenti il recupero degli aiuti di cui al comma 351 emessi dall’Istituto nazionale della previdenza sociale, oggetto di contestazione giudiziale alla data di entrata in vigore della presente legge; invero, l’effetto della predetta disciplina è stato quello di azzerare le posizioni delle parti coinvolte nei suddetti giudizi, fatte salve quelle coperte da giudicato, affidandosi all’ente previdenziale l’attività di recupero nel rispetto delle nuove regole e consentendosi ai datori di lavoro l’impugnazione dei nuovi atti di recupero, ove posti in essere.

9. La medesima pronuncia ha inoltre escluso dubbi di legittimità costituzionale o di non conformità alle norme UE e CEDU, dubbi che avrebbero qui concreta rilevanza solo nel caso in cui si risolvessero in un danno per alcuna delle parti, costringendola a nuove iniziative processuali per la realizzazione dei suoi diritti soggettivi, mentre è la stessa legge applicata nella fattispecie dalla Corte d’appello a sancire la nullità dei titoli posti a base del recupero, onerando l’Istituto nazionale della previdenza sociale (comma 354) di notificare alle imprese provvedimento motivato contenente l’avviso di addebito di cui al D.L. 31 maggio 2010, n. 78, art. 30 convertito, con modificazioni, dalla L. 30 luglio 2010, n. 122, qualora dall’attività istruttoria di cui ai commi 351, 352 e 353, anche a seguito del parere acquisito dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato ai sensi della L. 10 ottobre 1990, n. 287, art. 22 sia emersa o sia presunta l’idoneità dell’agevolazione a falsare o a minacciare la concorrenza e incidere sugli scambi comunitari. In tal caso resta ovviamente impregiudicato il diritto della parte contribuente a far valere le proprie ragioni nel giudizio scaturente dall’azione di recupero intentata dell’ente di previdenza. In effetti, la contestata normativa sopravvenuta non ha fatto altro che dare attuazione all’obbligo comunitario ed è esente da profili di irragionevolezza e non viola in alcun modo i principi di eguaglianza, di separazione del potere legislativo da quello giudiziario e del diritto di difesa all’interno di un giusto processo. In definitiva, a seguito della dichiarazione di estinzione del processo la cartella esattoriale originariamente opposta dalla società ricorrente è rimasta priva di effetti nei suoi confronti, con sostanziale coincidenza con quanto dalla medesima richiesto in primo grado, la qual cosa rende evidente, come già detto, la carenza di un suo interesse all’impugnazione, per cui va dichiarata la inammissibilità del presente ricorso.

10. Il Collegio ritiene di dare continuità alla detta soluzione. Ne conseguono l’inammissibilità del ricorso e la responsabilità della ricorrente per le spese di lite; sussistono le condizioni processuali per il raddoppio del contributo unificato.

P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso;

Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese che si liquidano in Euro 3500,00 per competenze professionali ed Euro 200,00 esborsi, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 8 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 4 febbraio 2021

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