Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26777 del 25/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 25/11/2020, (ud. 08/07/2020, dep. 25/11/2020), n.26777

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANZON Enrico – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino L – Consigliere –

Dott. PUTATURO DONATI VISCIDO DI NOCERA M.G. – Consigliere –

Dott. GORI Pierpaolo – Consigliere –

Dott. ANTEZZA F – rel. est. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 19028/2014 proposto da:

M.A., nato a (OMISSIS) il (OMISSIS) (C.F.: (OMISSIS)),

rappresentato e difeso dall’Avv. Rosanna Scarano, con domicilio

eletto presso l’Avv. Michele Clemente (con studio in Roma, Vicolo

Orbitelli n. 31);

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso

i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, domicilia;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, DI FOGGIA-DIREZIONE PROVINCIALE, in persona

del Direttore pro tempore;

– intimata –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale per la

Puglia n. 226/26/2014, pronunciata il 16 dicembre 2013 e depositata

il 28 gennaio 2014;

udita la relazione svolta nell’adunanza camerale dell’8 luglio 2020

dal Consigliere Fabio Antezza.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. M.A. ricorre, con cinque motivi, per la cassazione della sentenza (indicata in epigrafe) di rigetto dell’appello dallo stesso proposto avverso la sentenza n. 57/08/2011, emessa dalla CTP di Foggia.

2. Il Giudice di primo grado, a sua volta, rigettò l’impugnazione dell’avviso di accertamento IVA ed imposte dirette 2004 (oltre sanzioni ed interessi) emesso in forza di ritenuto maggiore reddito d’impresa accertato in applicazione degli studi di settore (in particolare di quello presentato dallo stesso contribuente) ed in ragione anche di assunte incongruenze e di una gestione considerata antieconomica (avviso n. (OMISSIS)).

3. La CTR, con la sentenza oggetto di attuale impugnazione, motivando anche (ma non solo) per relationem rispetto alla statuizione di primo grado, rigettò l’appello evidenziando che trattavasi di accertamento fondato su studio di settore indicato dallo stesso contribuente (con riferimento all’esercizio 2004), relativo ad attività di “imbianchino” (TGSOU afferente a lavori di completamento di edifici), in assenza di valide giustificazioni circa lo scostamento dei ricavi dichiarati ed in presenza di gestione antieconomica. Con riferimento a tale ultimo aspetto, in particolare, il Giudice d’appello valorizzò l’insussistenza di elementi giustificativi a sostegno della dichiarata perdita di esercizio (relativa al 2004) non avente coerenza economica soprattutto se raffrontata con i rilevanti costi per il personale dipendente e per gli acquisti di materie prime. Quanto innanzi peraltro, in contesto caratterizzato dall’espletamento da parte del contribuente anche di altre attività, considerate dallo stesso M.A. come essere non prevalenti rispetto a quella già citata di “imbianchino”, tra le quali la vendita al dettaglio di mobili, di oggetti da regalo, di beni di antiquariato nonchè di oggetti d’arredamento e tappeti.

La Commissione regionale, in particolare, evidenziato anche come il contribuente avesse con riferimento a diverse annualità (compresa quella in oggetto) indicato studi di settore differenti (inerenti diverse attività), ritenne fondato l’accertamento anche in considerazione delle riscontrate irregolarità contabili, per non aver l’imprenditore rispettato l’obbligo di tenere contabilità separate relative alle differenti attività e, quindi, il conseguente obbligo di annotazione e diretta imputazione dei componenti positivi e negativi contabili e degli elementi strutturali delle diverse attività (al fine di poter dimostrare l’attività prevalente per ciascun esercizio a cui conformare il relativo studio di settore).

4. Contro la sentenza d’appello, come detto, il contribuente propone ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, e la sola Agenzia delle Entrate (“A.E.”), sede centrale, resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il ricorso non merita accoglimento.

2. I motivi di ricorso meritano trattazione congiunta, in ragione della connessione delle questioni relative ai rispettivi oggetti.

2.1. Con il motivo n. 1 si deducono “violazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, in relazione all’art. 132, n. 4, e all’art. 118 disp. att. c.p.c., e al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, – violazione dell’art. 360, n. 4, in relazione all’art. 112 c.p.c.”.

Al di là della tecnica redazionale utilizzata, tanto per la rubrica quanto per l’articolazione del motivo, ci si duole dell’illegittima motivazione per relationem alla sentenza di primo grado, in quanto la CTR non avrebbe esplicitato l’iter logico-giuridico sotteso alla decisione ma meramente richiamato la decisione della CTP tanto da doversi addirittura ritenere meramente apparente la decisione (quindi anche tale da violare l’art. 112 c.p.c., per mancato esame di tutti i motivi di ricorso).

Con gli altri motivi di ricorso (dal n. 2 al n. 5), in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, si deducono una serie di violazioni e/o di false applicazioni di legge, al netto di inammissibili valutazioni di merito (anche di natura probatoria) che il ricorrente mira a sostituire a quelle della CTR ed ad un diffuso difetto di specificità (in termini di autosufficienza) per mancata trasposizione anche indiretta dell’atto impositivo,

Al di là della tecnica redazionale utilizzata, tanto per le rubriche quanto per l’articolazione dei motivi, in sostanza si deducono (motivo n. 2) l’inapplicabilità degli studi di settore in presenza di più attività esercitate dal medesimo soggetto e nello stesso esercizio oltre che l’assenza, nella specie, dei presupposti per la ricorrenza in capo al contribuente dell’obbligo della contabilità separata relativa alle differenti attività e quindi dell’obbligo di conseguente annotazione separata, in forza del D.M. 25 marzo 2002, applicabile nella specie, essendo l’importo dei ricavi relativo alle attività non prevalenti non superiore al 20% dell’ammontare complessivo dei ricavi conseguiti nello stesso periodo.

Ci si duole (motivo n. 3), poi, della violazione dell’art. 115 c.p.c., ed in particolare della mancata applicazione del principio di non contestazione con riferimento all’attività prevalente, indicata dallo stesso contribuente come essere quella di “imbianchino” edile (cui si riferiscono gli studi di settore dallo stesso indicati e considerati dall’A.E., per come emerge dalla sentenza impugnata e dallo stesso ricorso).

Con i motivi 4 e 5, infine, sempre nonostante la tecnica redazionale utilizzata, in sostanza si critica la sentenza impugnata per non aver considerato gli studi di settore alla stregua di mere presunzioni semplici, per aver ritenuto fondato l’avviso di accertamento sui detti studi ma in assenza di riscontri e nonostante l’assenza di controllo sulla contabilità.

2.2. Le doglianze, nei limiti in cui ammissibili, non meritano accoglimento.

2.3. Il motivo n. 1 è infondato, in applicazione del costante orientamento di questa Corte, dal quale non vi è motivo per discostarsi, in ordine alle condizioni di legittimità della sentenza d’appello motivata per relationem oltre che in merito alla nullità della motivazione in quanto meramente apparente.

In tema di processo tributario ed in termini generali, è difatti nulla, per violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 36 e 61, nonchè dell’art. 118 disp. att. c.p.c., la sentenza della Commissione tributaria regionale completamente carente dell’illustrazione delle critiche mosse dall’appellante alla statuizione di primo grado e delle considerazioni che hanno indotto a disattenderle e che si sia limitata a motivare per relationem alla sentenza impugnata mediante la mera adesione ad essa. Ciò in quanto, in tal modo, resta impossibile l’individuazione del thema decidendum e delle ragioni poste a fondamento del dispositivo e non può ritenersi che la condivisione della motivazione impugnata sia stata raggiunta attraverso l’esame e la valutazione dell’infondatezza dei motivi di gravame (ex plurimis: Cass. sez. 5, 27/11/2019, n. 30916, in motivazione; Cass. sez. 5, 29/03/2019, n. 8834, in motivazione; Cass. sez. 5, 28/0272019, n. 5906, in motivazione; Cass. sez. 6-5, 18/04/2017, n. 9745, Rv. 643800-01; si vedano anche, in senso sostanzialmente conforme, Cass. sez. 5, 23/10/2003, n. 15951, Rv. 567632-01, Cass. sez. 5, 22/09/2003, n. 13990, Rv. 567045-01, e Cass. sez. 5, 12/02/2001, n. 1955, Rv. 543786-01, nonchè, in termini generali circa la nullità della sentenza per la mancata esposizione dello svolgimento del processo, Cass. sez. 4, 19/03/2009, n. 6683, Rv. 608052-01).

Nella specie, in particolare, non si tratta di motivazione per relationem illegittima nè apodittica, come emerge da quanto sintetizzato al punto 3 della precedente ricostruzione dei fatti di causa.

Da un lato, infatti, non emerge una mera ed acritica adesione alla pronuncia impugnata e, dall’altro, l’apparato motivazionale non denota una mera esistenza grafica rendendo invece percepibile il relativo fondamento, che la stessa CTR, peraltro esaminando proprio i profili evidenziati dall’odierno ricorrente, individua nell’assenza di valide giustificazioni circa lo scostamento dei ricavi dichiarati (rispetto allo studio di settore indicato dallo stesso contribuente), in un contesto peraltro caratterizzato da gestione antieconomica e dall’espletamento anche di altre attività, considerate dallo stesso contribuente non prevalenti, in assenza di contabilità separata (per la motivazione meramente apparente si vedano, ex plurimis, Cass. Sez. U., 03/11/2016, n. 22232, Rv. 641526-01; Cass. Sez. U., 07/04/2014, n. 8053, Rv. 629830-01, e n. 8054, inerenti fattispecie ricadenti nella nuova formulazione dell’art. 360 c.p.c., ad opera del D.L. 22 giugno 2012, n. 86, art. 54 conv., con modif., dalla L. 7 agosto 2012, n. 234; Cass. sez. 5, 27/11/2019, n. 30916, in motivazione; Cass. sez. 5, 29/03/2019, n. 8834, in motivazione; Cass. sez. 5, 28/02/2019, n. 5906, in motivazione).

2.4. Parimenti infondati sono gli altri motivi (oltre ad essere caratterizzati da taluni profili di inammissibilità).

2.4.1. Quanto già chiarito (al precedente punto 2.3) circa l’apparato motivazionale dell’impugnata sentenza, oltre a evidenziare un difetto di ammissibilità per mancata considerazione della ratio decidendi, dà ragione dell’inconferenza della critica inerente la pretesa mancata considerazione della contabilità, invece considerata tanto dall’AE quanto dalla CTR anche in termini di violazione degli obblighi di contabilità separata, e della doglianza circa la inapplicabilità dei soli studi di settore nel caso di specie, caratterizzato da “impresa “multiattività””, e della dedotta omessa considerazione da parte della CTR degli studi di settore quali mere presunzioni semplici, invece considerate come tali tanto dall’AE quanto dal Giudice d’appello, peraltro alla luce di ulteriori elementi, tra i quali l’antieconomicità.

La doglianza fondante sull’assunta insussistenza dell’obbligo della contabilità separata e, quindi, dell’obbligo di conseguente annotazione separata, in forza del D.M. 25 marzo 2002, ritenuto dal ricorrente applicabile nella specie, essendo l’importo dei ricavi relativo alle attività non prevalenti non superiore al 20% dell’ammontare complessivo dei ricavi conseguiti nello stesso periodo, è altresì inammissibile in quanto introducente questione nuova tale da richiedere, per la sua trattazione, accertamenti in fatto non compatibili con il giudizio di legittimità.

Quanto all’assunta violazione dell’art. 115 c.p.c., infine, è appena il caso di evidenziare, per converso, che l’avviso di accertamento si è basato (anche) allo studio di settore presentato proprio dal contribuente e per le grandezze in esso riportate, così come la statuizione impugnata si è fondata (anche) su esso (come emerge non solo dalla sentenza impugnata ma anche dallo stesso ricorso).

3. In conclusione, il ricorso non merita accoglimento con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità, in favore della sola controricorrente, che si liquidano, in considerazione dei parametri ratione temporis applicabili, in Euro 5.600,00, oltre alle spese prenotate a debito.

3.1. Stante il tenore della pronuncia, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, (aggiunto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17), deve darsi atto della sussistenza dei presupposti, processuali, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto (circa i limiti di detta attestazione, da riferirsi esclusivamente al presupposto processuale della tipologia di pronuncia adottata e non al presupposto sostanziale della dedenza del contributo del cui raddoppio trattasi, si veda Cass. Sez. U, 20/02/20, n. 4315).

P.Q.M.

rigetta il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità, in favore della sola controricorrente, che si liquidano in Euro 5.600,00, oltre alle spese prenotate a debito, dando atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti, processuali, per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 8 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 25 novembre 2020

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