Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26775 del 21/10/2019

Cassazione civile sez. I, 21/10/2019, (ud. 26/06/2019, dep. 21/10/2019), n.26775

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Presidente –

Dott. MARULLI Marco – Consigliere –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 27090/2015 proposto da:

Comune di Aprilia, in persona del sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in Roma, Viale Regina Margherita n. 290, presso lo

studio dell’avvocato Casellato Adriano, rappresentato e difeso

dall’avvocato Bassoli Carlo, Falcone Luciano, giusta procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Acqualatina S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliata in Roma, Via Bocca di Leone n. 78, presso

lo studio dell’avvocato Moravia Nico, rappresentata e difesa

dall’avvocato Ferrantini Tiziana, giusta procura a margine del

controricorso;

– controricorrente –

contro

Comune di Amaseno, Comune di Anzio, Comune di Bassiano, Comune di

Castelforte, Comune di Cisterna di Latina, Comune di Cori, Comune di

Fondi, Comune di Formia, Comune di Gaeta, Comune di Giuliano di

Roma, Comune di Itri, Comune di Latina, Comune di Lenola, Comune di

Maenza, Comune di Minturno, Comune di Monte San Biagio, Comune di

Nettuno, Comune di Norma, Comune di Pontinia, Comune di Ponza,

Comune di Priverno, Comune di Prossedi, Comune di Rocca Massima,

Comune di Roccagorga, Comune di Roccasecca dei Volsci, Comune di

Sabaudia, Comune di San Felice Circeo, Comune di Saturnia, Comune di

Sermoneta, Comune di Sezze, Comune di Sonnino, Comune di Sperlonga,

Comune di Spigno, Comune di SS. Cosma e Damiano, Comune di

Terracina, Comune di Vallecorsa, Comune di Ventotene, Comune di

Villa Santo Stefano, B.G., + ALTRI OMESSI;

– intimati –

avverso la sentenza n. 5923/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

pubblicata il 29/09/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26/06/2019 dal cons. Dott. NAZZICONE LOREDANA;

lette le conclusioni scritte del P.M. in persona del Sostituto

Procuratore Generale Dott. CARDINO ALBERTO, che ha chiesto che la

Corte di cassazione voglia dichiarare inammissibile ovvero, in

subordine, rigettare il ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con ricorso ai sensi del D.Lgs. n. 18 agosto 1990, n. 267, art. 9. G.M. ed altri chiesero al Tribunale di Latina di dichiarare inefficaci o annullare l’atto costitutivo, lo statuto ed i patti parasociali stipulati dal Comune di Aprilia con riguardo alla Acqualatina s.p.a., società di gestione del servizio idrico integrato a capitale misto, per averli il Comune conclusi in persona del sindaco, tuttavia non autorizzato secondo legge.

Con sentenza del 3 dicembre 2008, il Tribunale di Latina dichiarò la domanda inammissibile; nel merito, altresì, la giudicò infondata.

Con sentenza in data 29 settembre 2014, la Corte d’appello di Roma ha respinto l’impugnazione proposta dagli originari attori. Ha ritenuto la Corte territoriale, per quanto ancora rileva in questa sede, che la decisione di inammissibilità della domanda fosse corretta, in quanto l’azione popolare di cui all’art. 9 t.u.e.l. ha natura meramente suppletiva e sostitutiva, non correttiva con riguardo all’illegittimità di un atto posto in essere dal Comune, come nella specie, in cui in sostanza gli attori hanno lamentato la mancanza dei necessari poteri rappresentativi in capo al sindaco del Comune di Aprilia.

Avverso questa sentenza propone ricorso per cassazione il Comune di Aprilia, sulla base di tre motivi.

Acqualatina s.p.a. ha resistito con controricorso.

Le parti hanno presentato una memoria illustrativa; peraltro, la della controricorrente è stata tardivamente depositata.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – I motivi di ricorso vanno così riassunti:

1) violazione e falsa applicazione degli artt. 1398 e 2332 c.c., art. 42 e art. 50, comma 2 t.u.e.l., L.R. Lazio 22 gennaio 1996, n. 6, artt. 4,5, e 6 oltre a motivazione apparente, per avere il tribunale ritenuto infondata la domanda proposta, laddove invece, nel caso di specie, il sindaco non avrebbe potuto ritenersi autorizzato a concludere il contratto sociale, mancando l’approvazione completa della convenzione di cooperazione;

2) violazione e falsa applicazione dell’art. 9 t.u.e.l. e art. 20 dello statuto del Comune di Aprilia, perchè l’azione popolare è stata proposta non in via correttiva dai cittadini elettori, ma in via sostitutiva, nell’inerzia del Comune, che in appello ha fatto propria l’azione medesima, pur essendo rimasto contumace in primo grado;

3) violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in quanto il tribunale ha ritenuto che ulteriore ragione di inammissibilità dell’azione inizialmente proposta fosse l’acquiescenza palesata dal Comune alla stipula degli atti negoziali menzionati.

2. – Il primo ed il terzo motivo sono inammissibili, per identica ragione.

Essi, invero, mirano a censurare una statuizione resa non dalla impugnata decisione di appello, ma contenuta nella sentenza di primo grado.

Si noti che, oltretutto, i motivi mirano a confutare la ritenuta infondatezza della pretesa, ivi costituente tuttavia mera argomentazione ad abundantiam, in quanto svolta dopo che il tribunale si era, ormai, privato del potere decisorio dichiarando inammissibile la domanda introduttiva: cfr., e plurimis, Cass. 17 gennaio 2019, n. 1093; Cass. 10 aprile 2018, n. 8755; Cass. 26 gennaio 2018, n. 2037; Cass. 22 novembre 2010, n. 23635).

3. – Il secondo motivo è inammissibile.

Con tale mezzo, il Comune intende far valere una questione relativa all’azione proposta non dal medesimo, ma da altri soggetti, ovvero gli elettori originari attori, specificamente con riguardo alla legittimazione sostitutiva di questi.

Come tale, difetta la legittimazione al presente ricorso, che pertiene al diritto di far valere una propria situazione soggettiva ed i vizi, che eventualmente affettino la sentenza impugnata, ad essa relativi, ma non permette di impugnare per cassazione una sentenza per pretesi difetti nel pronunciare sull’azione da altri proposta e con riguardo specifico alla legittimazione surrogatoria ivi vantata.

4. – Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in Euro 6.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15% sui compensi ed agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, come modificato dalla L. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte solidale dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 26 giugno 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 ottobre 2019

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