Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26771 del 22/12/2016

Cassazione civile, sez. I, 22/12/2016, (ud. 14/09/2016, dep.22/12/2016),  n. 26771

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPPI Aniello – Presidente –

Dott. DIDONE Antonio – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. NAZZICONE Loredana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 14215-2015 proposto da:

(OMISSIS) S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore,

domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

CARLO DI NANNI, giusta procura a margine del ricorso;

MIRABELLA SG S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA COLA DI RIENZO 297,

presso l’avvocato BRUNO TASSONE, rappresentata e difesa dagli

avvocati PIERGIUSEPPE DI NOLA, ANTONINO RESTUCCIA, SEBASTIANO

GIAQUINTO, SERGIO DI NOLA, giusta procura in calce al ricorso

successivo;

– ricorrente + ricorrente successivo –

contro

FALLIMENTO (OMISSIS) S.P.A., in persona dei Curatori dott.

C.G., prof. avv. D.G., avv. M.A.,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIADOTTO GRONCHI 13, presso la

dott.ssa PERSICO MARIA, rappresentato e difeso dall’avvocato LIVIO

PERSICO, giusta procure a margine del controricorso e del

controricorso successivo;

– controricorrente + controricorrente successivo –

contro

PROCURA DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI NAPOLI, PROCURA

GENERALE PRESSO LA CORTE D’APPELLO DI NAPOLI, PROCURA GENERALE DELLA

REPUBBLICA PRESSO LA CORTE DI CASSAZIONE;

– intimate –

avverso la sentenza n. 86/2015 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 30/04/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

14/09/2016 dal Consigliere Dott. ANTONIO DIDONE;

udito, per la ricorrente MIRABELLA spa, l’Avvocato CARLO DI NANNI

(anche con delega dell’avv. GIAQUINTO per la ricorrente successiva

MIRABELLA SG spa) che ha chiesto l’accoglimento dei ricorsi;

udito, per la ricorrente successiva MIRABELLA SG spa, l’Avvocato

BRUNO TASSONE, con delega, che ha chiesto l’accoglimento del

ricorso;

udito, per il controricorrente e controricorrente successivo

FALLIMENTO, l’Avvocato LIVIO PERSICO che ha chiesto il rigetto dei

ricorsi;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FRESA Mario, che ha concluso per il rigetto dei entrambi i ricorsi.

Fatto

RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE

1.- Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Napoli ha rigettato i distinti reclami, poi riuniti, proposti dalla s.p.a. (OMISSIS) e dalla s.p.a. Mirabella S.G. contro la sentenza del tribunale che aveva dichiarato il fallimento della prima società, di cui la seconda era socia. Ciascuna reclamante, peraltro, era intervenuta (tardivamente) nel procedimento aperto dal reclamo dell’altra.

In estrema sintesi, la Corte di merito ha disatteso i motivi di reclamo di entrambe le società evidenziando che il Pubblico Ministero aveva legittimamente presentato istanza di dichiarazione di fallimento ai sensi della L. Fall., art. 7, essendo emersa la situazione di insolvenza nel corso di un procedimento penale per reati tributari e la transazione fiscale era irrilevante ai fini della legittimità dell’istanza del p.m.; l’eccezione di nullità della consulenza espletata in sede prefallimentare per violazione del principio del contraddittorio era infondata, posto che non era stata sollevata nella prima udienza dopo il deposito, con sanatoria ex art. 157 c.p.c.; la transazione fiscale intervenuta ai sensi della L. Fall., art. 182 ter era divenuta inefficace al momento della presentazione dell’istanza di fallimento e della decisione perchè non seguita dalla presentazione della domanda di omologazione dell’accordo di ristrutturazione ai sensi della L. Fall., art. 182 bis; l’insolvenza era stata accerta dal tribunale sulla base della consulenza tecnica espletata (capitale sociale negativo e insufficienza dei flussi di cassa a far fronte ai debiti correnti e a quelli scaduti nonchè deterioramento del merito creditizio), trattandosi di stato di crisi irreversibile, evincibile dallo stesso piano allegato alla domanda di ADR non presentata al tribunale.

1.1.- Contro la sentenza della Corte di appello la s.p.a. (OMISSIS) e la s.p.a. Mirabella S.G. hanno proposto distinti ricorsi per cassazione, poi riuniti, affidati, rispettivamente, a sei e a quattro motivi.

Nel termine di cui all’art. 378 c.p.c. le parti hanno depositato memoria.

2 I motivi dei due ricorsi possono essere esaminati congiuntamente perchè in gran parte coincidenti.

2.1.- Con il primo motivo la società fallita (così come la s.p.a. Mirabella S.G.) denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c. per mancato esame dell’eccezione di incompetenza per territorio, essendo competente il Tribunale di Napoli Nord.

Il motivo è infondato.

Invero, secondo la giurisprudenza di questa Corte al reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento non si applicano, per la sua specialità, i limiti previsti in tema di appello dagli artt. 342 e 345 c.p.c. ed il relativo procedimento è quindi caratterizzato da un effetto devolutivo pieno, pur attenendo ad un provvedimento decisorio, emesso all’esito di un procedimento contenzioso svoltosi in contraddittorio e suscettibile di acquistare autorità di cosa giudicata; tuttavia, tale effetto devolutivo non può estendersi all’ipotesi in cui si sia già verificata una decadenza da una eccezione nel corso del primo grado di giudizio ed, in particolare, da quella d’incompetenza L. Fall., ex art. 9, poichè ciò sarebbe contrario al principio costituzionale di celerità dei giudizi, che, qualora si ammettesse la possibilità di sollevare l’eccezione d’incompetenza anche in fase di gravame, sarebbero suscettibili, se l’eccezione fosse fondata, di ricominciare novo” innanzi al giudice competente, con dispendio di tempo e attività giudiziaria (Sez. 1, Sentenza n. 5257 del 02/04/2012; conf.: Sez. 1, Sentenza n. 12550 del 2013).

Più di recente, infatti, è stato puntualizzato che il reclamo avverso la sentenza dichiarativa di fallimento, limitatamente ai procedimenti in cui trovi applicazione la riforma di cui al D.Lgs. 12 settembre 2007, n. 169, caratterizzato da un effetto devolutivo pieno, ma tale affermazione non implica che sia sufficiente ed idonea a provocare il secondo giudizio la mera richiesta di riesame, perfino senza enunciazione dei motivi. Ne consegue che, pur se risulti attenuato il requisito dell’art. 342 c.p.c., nondimeno è inammissibile la deduzione di motivi di impugnazione nuovi e diversi rispetto a quelli tempestivamente addotti con l’atto introduttivo (Sez. 1, Sentenza n. 13505 del 13/06/2014).

Nel caso in esame non è controverso che i motivi di reclamo non concernessero l’incompetenza del tribunale, sì che la Corte di appello non era tenuta a provvedere su una eccezione inammissibile.

2.2.- Con il secondo motivo la società fallita lamenta l’erronea dichiarazione di tardività dell’intervento.

La censura è infondata perchè l’art. 18, comma 9, prescrive che “L’intervento di qualunque interessato non può avere luogo oltre il termine stabilito per la costituzione delle parti resistenti con le modalità per queste previste”, mentre nella concreta fattispecie l’intervento è avvenuto nella seconda udienza dinanzi alla Corte di appello.

Invero, L. Fall., art. 18, comma 9, secondo cui, nel procedimento di reclamo contro la sentenza dichiarativa di fallimento, l’intervento di qualunque interessato non può avvenire oltre il termine stabilito per la costituzione delle parti resistenti con le modalità per queste previste, va interpretato nel senso che, decorso quel termine, nessun intervento può aver luogo, neppure “ad adiuvandum”, atteso che l’interesse richiesto dall’art. 105 c.p.c., comma 2, potrebbe legittimare l’interventore adesivo alla proposizione del reclamo, sicchè consentirne la costituzione tardiva equivarrebbe a rimetterlo in termini per reclamare (Sez. 1, Sentenza n. 25217 del 08/11/2013).

Talchè correttamente la Corte di merito – riuniti i reclami li ha compiutamente esaminati, rigettandoli, e altrettanto correttamente non ha preso in esame le deduzioni svolte con la memoria di intervento tardivamente depositata.

2.3.- Con il terzo motivo la società fallita denuncia la violazione della L. Fall., art. 7 e ripropone il motivo di reclamo con il quale aveva dedotto il difetto di legittimazione del P.M.

Il motivo è manifestamente infondato perchè – come innanzi rilevato – la Corte di merito ha disatteso il motivo di reclamo evidenziando che il Pubblico Ministero aveva legittimamente presentato istanza di dichiarazione di fallimento ai sensi della L. Fall., art. 7, essendo emersa la situazione di insolvenza nel corso di un procedimento penale per reati tributari e la transazione fiscale era irrilevante ai fini della legittimità dell’istanza del p.m. Tanto è sufficiente alla luce della giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale il P.M. è legittimato a chiedere il fallimento dell’imprenditore anche se la “notitia decoctionis” sia stata da lui appresa nel corso di indagini svolte nei confronti di soggetti diversi dall’imprenditore medesimo. Invero, la volontà legislativa che emerge dalla lettura delle ipotesi alternative previste dalla L. Fall., art. 7, comma 1, n. 1, una volta venuta meno la possibilità di dichiarare il fallimento d’ufficio, è chiaramente nel senso di ampliare la legittimazione del P.M. alla presentazione della richiesta per dichiarazione di fallimento a tutti i casi nei quali l’organo abbia istituzionalmente appreso la “notitia decoctionis”; e tale soluzione interpretativa trova conforto sia nella previsione della L. Fall., art. 7, comma 1, n. 2, che si riferisce al procedimento civile senza limitazioni di sorta, sia nella Relazione allo schema di D.Lgs. di riforma delle procedure concorsuali, che fa riferimento a qualsiasi “notitia decoctionis” emersa nel corso di un procedimento penale (Sez. 1, Sentenza n. 10679 del 15/05/2014; in fattispecie nella quale la S.C. ha cassato la sentenza di merito ritenendo la legittimazione del P.M. a presentare la richiesta di fallimento nei confronti di una società, avendo appreso dell’insolvenza della stessa nel corso di un procedimento penale pendente a carico di altre società del gruppo di cui faceva parte).

2.4.- Con ulteriore motivo (quarto della società fallita, corrispondente al secondo dell’altra ricorrente) le ricorrenti denunciano violazione della L. Fall., artt. 182 bis e 182 ter lamentando che erroneamente sia stata ritenuta inefficace la transazione fiscale.

Il motivo è manifestamente infondato alla luce della disciplina di cui alla L. Fall., artt. 182ter e 182bis, non rilevando, peraltro, la proroga del termine per il deposito concesso dall’Agenzia delle Entrate, come pretende la s.p.a. (OMISSIS) S.G. (pag. 14 del ricorso).

Come ha chiaramente precisato quest’ultima società a pag. 12 del ricorso, “la s.p.a. (OMISSIS) era in procinto di depositare un accordo di ristrutturazione avendo già stipulato, nell’ambito delle trattative che precedono il deposito del predetto accordo di ristrutturazione una transazione fiscale”.

Correttamente, dunque, la Corte di appello ha ritenuto inefficace la transazione fiscale medesima.

Le ricorrenti, per contro, pretendono di attribuire un’efficacia autonoma alla transazione a prescindere dal suo inserimento nell’accordo mai perfezionato ma ciò chiaramente contraddetto dalla disciplina positiva.

Infatti, l’art. 182-bis prevede che l’imprenditore in stato di crisi può domandare, depositando la documentazione di cui all’art. 161, l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti stipulato con i creditori rappresentanti almeno il sessanta per cento dei crediti, unitamente ad una relazione redatta da un professionista, designato dal debitore, in possesso dei requisiti di cui all’art. 67, comma 3, lett. d) sulla veridicità dei dati aziendali e sull’attuabilità dell’accordo stesso con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare l’integrale pagamento dei creditori estranei nel rispetto dei seguenti termini:

a) entro centoventi giorni dall’omologazione, in caso di crediti già scaduti a quella data;

b) entro centoventi giorni dalla scadenza, in caso di crediti non ancora scaduti alla data dell’omologazione.

L’accordo è pubblicato nel registro delle imprese e acquista efficacia dal giorno della sua pubblicazione.

A sua volta la L. Fall., art. 182 ter, al comma 6, prevede che il debitore può formulare la proposta di transazione fiscale “anche nell’ambito delle trattative che precedono la stipula dell’accordo di ristrutturazione di cui all’art. 182-bis. La proposta di transazione fiscale, unitamente con la documentazione di cui all’art. 161, è depositata presso gli uffici indicati nel comma 2, che procedono alla trasmissione ed alla liquidazione ivi previste”. Sono disciplinati, poi, i tempi e le modalità di espressione dell’assenso e, infine, la norma precisa che l’assenso espresso dagli uffici e con le modalità indicate nella disposizione “equivale a sottoscrizione dell’accordo di ristrutturazione”.

Dunque, è a tale accordo che occorre fare riferimento per individuare il momento di efficacia della transazione fiscale (negozio non autonomo ma necessariamente inserito in una procedura di concordato preventivo ovvero di omologazione di un accordo di ristrutturazione). Quindi, dal momento della pubblicazione dell’accordo nel registro delle imprese che l’ADR e la transazione fiscale acquistano efficacia.

Tutte le censure, dunque, sono inammissibili nella parte in cui presuppongono un’efficacia della transazione fiscale disgiunta dalla pubblicazione di un valido accordo già depositato presso il tribunale.

2.5.- Con il quinto motivo la società fallita (l’altra ricorrente con il terzo) denuncia la violazione della L. Fall., artt. 5 e 182 bis per avere la Corte di merito ritenuto sussistente l’insolvenza della società e non uno stato di crisi.

Si tratta di motivo inammissibile (prima che infondato, alla luce della corretta motivazione – innanzi sintetizzata – esibita dalla Corte di merito) perchè veicola censure in fatto non deducibili in sede di legittimità.

2.6.- Con il sesto motivo la società fallita (con il quarto l’altra ricorrente) denuncia la violazione di norme di diritto perchè l’insolvenza è stata desunta da consulenza nulla per violazione del contraddittorio.

Il motivo è infondato perchè trattasi di nullità non tempestivamente dedotta nella prima risposta.

Nè rileva che la S.G. non fosse parte in quel procedimento, nel quale pure poteva intervenire. Proprio perchè non era parte non poteva esigere il rispetto del contraddittorio.

Infine, le censure relative al quesito rivolto al consulente non tengono conto dell’ampia motivazione della sentenza impugnata, la quale, sulla base di accertamenti contabili e dello stesso piano predisposto dalla fallita, ha accertato, con apprezzamento incensurabile, l’irreversibilità dello stato di crisi della s.p.a. (OMISSIS).

3.- I ricorsi, dunque, devono essere rigettati.

Le spese del giudizio di legittimità – liquidate in dispositivo vanno poste a carico solidale delle ricorrenti.

Infine, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

PQM

La Corte rigetta i ricorsi e condanna le società ricorrenti, in solido, al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi oltre spese forfetarie e accessori come per legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2016

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