Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26771 del 13/12/2011

Cassazione civile sez. I, 13/12/2011, (ud. 24/11/2011, dep. 13/12/2011), n.26771

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROVELLI Luigi Antonio – Presidente –

Dott. BERRUTI Giuseppe Maria – rel. Consigliere –

Dott. SALVAGO Salvatore – Consigliere –

Dott. MACIOCE Luigi – Consigliere –

Dott. CRISTIANO Magda – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 16479/2007 proposto da:

B.S. (c.f. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliata in ROMA, PIAZZA APOLLODORO 26, presso l’avvocato

VENTURELLI NURI, che la rappresenta e difende, giusta procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

F.G.T. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA A. FUSCO 104, presso l’avvocato CAIAFA

ANTONIO, rappresentato e difeso dall’avvocato VIRGINTINO Emmanuele,

giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 276/2007 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 14/03/2007;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/11/2011 dal Consigliere Dott. GIUSEPPE MARIA BERRUTI;

udito, per la ricorrente, l’Avvocato VENTURELLI che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

FIMIANI Pasquale, che ha concluso per l’accoglimento del secondo

motivo del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il tribunale di Bari con sentenza non definitiva del 7 maggio 2002 dichiarava la cessazione degli effetti civili del matrimonio di B.S. e F.G.. Quindi, con sentenza definitiva del 3 dicembre 2005, determinava la misura dell’assegno divorzile includente la parte relativa al mantenimento del figlio maggiorenne.

La B. proponeva appello chiedendo in via istruttoria che venissero disposte indagini di polizia tributaria ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, relativamente ai redditi del F..

Chiedeva una nuova determinazione dell’assegno divorzile, tanto relativamente ad essa istante quanto al mantenimento del figlio, oltre alle spese di studio ed a quelle mediche straordinarie per il medesimo, ed altresì la condanna dell’ex coniuge al pagamento delle differenze non ancora corrisposte rispetto all’importo mensile dell’assegno di mantenimento, aggiornato come per legge. Il tutto oltre interessi e rivalutazione monetaria.

Chiedeva altresì che la controparte venisse condannata al pagamento in suo favore della quota di legge sul già riscosso TFR, pari ad Euro 150.000,00.

La Corte di Bari rigettava l’appello. Riteneva innanzitutto irrituale ed inammissibile la richiesta, appena sintetizzata, relativa alla quota di TFR, in quanto avanzata dal difensore della B. in primo grado, ma solo all’udienza di precisazione delle conclusioni e riproposta quindi con l’atto di appello. Rilevava che sul tema il F., in primo grado, non aveva accettato il contraddittorio.

Pertanto il giudizio di appello non poteva avere ad oggetto tale domanda, estranea al primo giudizio. La corte di merito quindi rilevava che, anche sulla falsariga di patti antecedenti il divorzio estesi in sede di separazione consensuale, tanto il primo giudice quando la concreta attività istruttoria delle parti, avevano trattato unitariamente l’importo dell’assegno dovuto dal F., in quanto comprensivo sia dell’assegno di divorzio in senso stretto spettante alla donna, che del contributo al mantenimento del figlio.

Pertanto decideva la controversia negli stessi termini del primo giudice. In particolare quanto alla misura dell’assegno condivideva la decisione del Tribunale richiamandone la motivazione e dunque considerando che rispetto all’originaria situazione economico sociale riconosciuta dalle parti con gli accordi di separazione si era verificata la novità, negativa per il F., costituita dalla sua messa in stato di mobilità, nonchè ancora, della costituzione da parte sua di un nuovo nucleo familiare con sopraggiunto onere del mantenimento di un figlio minore nato nel 2002. Considerava pertanto corretta la decisione del primo giudice, una riduzione del 10% della somma originariamente fissata negli accordi di separazione.

Contro questa sentenza ricorrere per cassazione B.S. con atto articolato su tre motivi, ciascuno sintetizzato nel richiesto quesito.

Resiste F.G.T. con controricorso.

La ricorrente deposita una memoria.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente lamenta l’errore del secondo giudice consistito nell’aver ritenuto irrituale ed inammissibile la domanda relativa alla quota di TFR, con conseguente violazione anche del diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost. e del dovere di lealtà nel contraddittorio desumibile dall’art. 88 cod. proc. civ..

Afferma che all’udienza di precisazione delle conclusioni in primo grado, in data 4 luglio 2005, si era avuta la costituzione del nuovo difensore della B. il quale, nella propria comparsa, diversamente dal precedente difensore, aveva formulato la domanda di pagamento della quota di TFR chiedendo la rimessione della causa sul ruolo per le necessarie indagini di polizia giudiziaria. Lo stesso nuovo difensore aveva chiesto anche la nuova determinazione dell’assegno di mantenimento e quindi la condanna del F. al pagamento della quota del riscosso trattamento di liquidazione.

Afferma che la domanda ritenuta inammissibile in realtà non sarebbe stata presentata precedentemente perchè le circostanze ad essa relative non erano ancora emerse. Dunque la causa sopravvenuta secondo la ricorrente giustificherebbe la presentazione della domanda e l’allegazione della circostanza ad essa relativa finanche nella sede della precisazione delle conclusioni.

1.a. Osserva la Corte che, come il secondo giudice ha osservato, il primo giudizio non ha avuto in alcun modo ad oggetto la liquidazione della quota del TFR in favore della signora B., nemmeno all’indomani della produzione documentale del F. con la quale il medesimo chiedeva la riduzione dell’assegno antecedentemente fissato nella misura del 10%, con riferimento alle nuove circostanze costituite dal suo stato di mobilità. Neppure in quella sede dunque, nella quale si introduceva correttamente da parte del suo avversario una domanda di modifica delle condizioni economiche del divorzio, la signora B. introdusse, come avrebbe potuto, una domanda di rideterminazione dell’assegno stesso e quindi di determinazione della spettante quota di TFR. Del tutto irrilevante quindi è la allegazione fatta in sede di precisazione delle conclusioni, in data 4 luglio 2005 (dopo che le stesse già erano state precisate nella precedente udienza del 31 gennaio 2005, come nota puntualmente il controricorrente), la convenuta formulava la richiesta in questione.

Osserva dunque il collegio che non viene, nella vicenda, come si sostiene, il potere istruttorio del giudice, sicuramente elastico ed ampio nella materia divorzile in particolare in relazione alla ricerca delle effettive condizioni economiche delle parti. Vengono in rilievo piuttosto il principio del contraddittorio e quello del diritto di difesa, e dunque l’ampiezza della istruttoria con riferimento alle domande ritualmente e tempestivamente avanzate.

L’equivoco in cui cade il ricorrente è di ritenere, esplicitamente, che l’effetto della richiamata ampiezza del potere istruttorio del giudice in siffatti giudizi è quello di tramutare sempre il processo di appello in una ripetizione del giudizio di primo grado, trascurandone la funzione impugnatoria. La norma dell’art. 342 c.p.c., comma 1, infatti, non a caso richiama l’art. 163 c.p.c., dopo avere peraltro prescritto l’obbligo di indicare da parte dell’appellante i motivi specifici della impugnazione, bensì allo scopo di definire nell’ambito delle doglianze il secondo giudizio.

Orbene i motivi specifici della impugnazione sono stati tutti esaminati dal giudice di secondo grado. La doglianza è infondata.

2. Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c., dalla quale sarebbe derivata la nullità della sentenza, ovvero del procedimento dal quale essa deriva, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 1.

La B. lamenta che i giudici di appello non abbiano tenuto in considerazione le domande di condanna del F. al pagamento delle differenze non corrisposte rispetto all’esatto importo mensile dell’assegno di mantenimento. Sostiene che la domanda era implicitamente contenuta tanto nella comparsa di risposta in primo grado quanto nel verbale di udienza del 4 febbraio 2002 laddove l’accettazione di un assegno emesso dal F. a copertura di differenze dovute per aggiornamenti Istat relativamente a taluni mesi del 2001 e del 2002 era avvenuta in conto delle maggiori somme dovute. Afferma dunque che da tale comportamento processuale, accettato dal F., sarebbe derivato l’obbligo del giudice di secondo grado di esaminare la domanda in questione, in tal modo espressa.

2.a. Osserva il collegio che, come ha considerato il giudice di secondo grado, la domanda di cui si tratta non è mai stata formulata nel corso del giudizio di primo grado. E’ appena il caso di precisare che l’accettazione da parte del difensore di somme nel frattempo pagate, con la clausola relativa al successivo controllo del conteggio, e salvo il buon fine del titolo, come indicato nel verbale di udienza del 4 febbraio 2002, non costituiscono in alcun modo la domanda richiesta dalla legge. Ancora una volta, e per le ragioni indicate nell’esame del primo motivo, la ricorrente dimentica l’obbligo di specificità appena menzionato di cui all’art. 342 c.p.c..

3. Con il terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione dell’articolo dell’132 comma secondo cpc, nonchè dell’art. 118 disp. att. dalle quali sarebbe derivata ancora una volta la nullità della sentenza impugnata. Sostiene, quanto alla misura dell’assegno, che il giudice di secondo grado non ha motivato ma invece ha richiamato puramente e semplicemente la sentenza di secondo grado senza fornire una sua propria motivazione con riferimento alle necessità istruttorie poste dall’appello.

3.a.Osserva il collegio che anzitutto la sentenza impugnata non si è limitata, come sostiene la ricorrente, a richiamare la sentenza del primo giudice. Essa infatti dopo aver ritenuto puntuale la motivazione del primo giudice che ritiene di fare propria, precisa, con grande sintesi ma con altrettanta precisione, il punto relativo al contrasto tra le parti dovuto alla diminuzione dell’assegno del 10%, menzionando le circostanze che, a suo avviso condivisibilmente, il primo giudice aveva valorizzato.

Ovvero la nuova situazione lavorativa del F. e la parallela nuova situazione familiare con gli obblighi in capo a lui appena sorti in conseguenza della stabile relazione e del figlio che gli era nato. Ne deriva che la motivazione, che ribadisce la decisione del primo giudice di ridurre l’assegno rispetto alla misura fissata in sede di separazione, e l’affermazione della non proponibilità di domande estranee al petitum originario in quanto irritualmente o tardivamente presentate, sostiene adeguatamente la decisione di rigettare l’appello.

4. Il ricorso deve essere respinto.

La Corte ritiene sussistenti i giusti motivi per compensare le spese attesa la particolarità della vicenda e la sua contendibilità.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 24 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2011

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