Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26769 del 22/12/2016

Cassazione civile, sez. I, 22/12/2016, (ud. 30/06/2016, dep.22/12/2016),  n. 26769

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI PALMA Salvatore – Presidente –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – rel. Consigliere –

Dott. LAMORGESE Antonio Pietro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

V.M.V., elettivamente domiciliata in Roma, viale delle

Medaglie d’Oro 169, presso lo studio dell’avv. Itala Mannias,

rappresentata e difesa, per mandato in calce al ricorso, dagli

avv.ti Umberto e Matilde Di Giovanni che dichiarano di voler

ricevere le comunicazioni relative al processo presso il fax n.

0931/35040 ovvero 06/35451365 e i rispettivi indirizzi p.e.c.

matilde.digiovanni-avvocatisiracusa.legalmail.it e

umberto.digiovanni-avvocatisiracusa.legalmail.it;

– ricorrenti –

nei confronti di:

M.G., elettivamente domiciliato in Roma, via Crescenzio 2

(scala B interno 2), presso lo studio Seminara & Associati,

rappresentato e difeso, giusta procura in calce allegata al

controricorso, dall’avv. Vincenzo Sanfilippo, che dichiara di voler

ricevere le comunicazioni relative al processo presso la p.e.c.

vincenzo.sanfilippo-pec.ordineavvocaticatania.it e il fax n.

095/505232;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 625/14 della Corte d’appello di Catania emessa

in data 17 aprile 2014 e depositata il 30 aprile 2014, R.G. n.

1297/12;

sentito il Pubblico Ministero in persona del sostituto procuratore

generale dott. Immacolata Zeno che ha concluso per

l’inammissibilità o in subordine il rigetto del ricorso.

Fatto

RILEVATO IN FATTO

che:

1. Il Tribunale di Siracusa il 20.02.1991, con sentenza n. 117/1991, dichiarava cessati gli effetti civili del matrimonio contratto dal Sig. M.G. e dalla Sig.ra V.M.V.; poneva a carico del Sig. M. un contributo per il mantenimento delle due figlie di Lire 700.000 mensili a decorrere dalla domanda. Rigettava la domanda di assegno divorzile.

2. Entrambe le parti impugnavano detta sentenza nella parte relativa alle statuizioni economiche.

3. La Corte d’appello di Catania, con sentenza del 05.06.1992, condannava il M. a corrispondere alla V. le somme corrispondenti alla rivalutazione monetaria ed agli interessi legali sull’assegno mensile di Lire 700,000, detratto l’importo di Lire 250,000 già versato, a partire dalla domanda.

4. Entrambe le parti ricorrevano per cassazione. Con sentenza n. 8287/1994 la S.C. cassava con rinvio la pronuncia della Corte d’Appello di Catania, in relazione alla determinazione della misura del contributo di mantenimento per le figlie e dell’assegno divorzile.

5. La Corte d’Appello di Catania, come giudice del rinvio, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Siracusa, con la sentenza n. 882/1999: 1) stabiliva un assegno divorzile di Lire 500.000 mensili in favore della V., a decorrere dal passaggio in giudicato della sentenza impugnata, con rivalutazione annuale secondo gli indici Istat ed interessi legali da ogni singola mensilità; 2) riduceva a Lire 600.000 mensili il contributo dovuto dal M. per il mantenimento delle due figlie a decorrere dalla domanda, con rivalutazione annuale secondo gli indici Istat ed interessi legali da ogni singola mensilità, dovendosi detrarre da tale importo la somma di Lire 250.000, già mensilmente versata, e quanto pagato in esecuzione della sentenza di primo grado; 3) in parte motiva, affermava che il M. non poteva detrarre le spese da lui sostenute direttamente in favore delle figlie, essendosi sul punto formato il giudicato di rigetto della sentenza della Corte di Cassazione.

6. La sentenza passava in giudicato, non essendo stata impugnata.

7. La Sig.ra V., in forza della sentenza n. 117/1991 e della n. 882/99, da ultimo citata, il 23.10.2006 intimava al M. atto di precetto per il pagamento delle differenze non corrisposte, calcolate in Euro 159.000,00, oltre interessi e rivalutazione ulteriore delle singole scadenze al soddisfo nonchè successivi aggiornamenti Istat, come per legge e come statuito nella sentenza della Corte d’Appello in relazione alla sentenza del Tribunale di Siracusa, ed oltre alle spese giudiziali.

8. Il Sig. M. proponeva opposizione all’atto di precetto innanzi al Tribunale di Siracusa, sulla base di cinque motivi: 1) prescrizione dei crediti nascenti dai provvedimenti giudiziali (con riferimento sia alla prescrizione breve che alla prescrizione ordinaria); 2) insussistenza del crediti vantati dalla Sig.ra V. ed erroneità dei conteggi; 3) errata impostazione dei calcoli, poichè gli importi son stati calcolati anche su importi già percepiti; 4) nessuna somma poteva essere precettata per la rivalutazione monetaria sui pretesi crediti, per mancanza di titolo esecutivo; 5) illegittima ed erronea precettazione delle competenze di precetto.

9. Con sentenza del 6-10 ottobre 2011, il Tribunale di Siracusa stabiliva che la Sig.ra V., in forza della sentenza n. 882/99 aveva diritto ad un assegno mensile di divorzio a decorrere dal 06.04.1992, nella misura di Lire 500.000 (Euro 258,23), con rivalutazione annuale secondo gli indici Istat e interessi legali da ogni singola mensilità. Nello specifico statuiva che: 1) quanto all’assegno mensile andava esclusa ogni ulteriore rivalutazione delle somme maturate e gli interessi legali dovevano decorrere su ogni singola mensilità a far data dalla maturazione della stessa; dall’importo mensile, inoltre, andava detratto l’importo di quanto versato ogni mese dal Sig. M. in esecuzione della sentenza n. 882/99. Quanto all’assegno di mantenimento in favore delle figlie stabiliva che: 2) l’importo mensile di Lire 600.000 (Euro 309,87) andava adeguato agli indici Istat, mentre andava esclusa ogni rivalutazione delle somme maturate. Dall’importo mensile andavano detratti l’importo di Lire 250.000 mensile versato dal Sig. M. in forza degli accordi raggiunti in sede di separazione personale e gli importi mensilmente pagati successivamente in esecuzione delle sentenze. n. 117/91 e n. 882/99, mentre non potevano essere detratte le spese che il Sig. M. aveva sostenuto direttamente per le figlie, essendosi formato sul punto il giudicato a seguito della sentenza della Suprema Corte che aveva escluso il diritto del M. ad operare tale detrazione poichè egli non aveva formulato una richiesta in tal senso nelle conclusioni adottate nel giudizio di appello. Stabiliva, però, che nell’ipotesi in cui – con riguardo a ciascun pagamento mensile risultasse una differenza in favore del Sig. M., questa doveva essere imputata secondo le priorità indicate dal Tribunale agli interessi e al capitale dovuto.

10. Il Tribunale con separata ordinanza disponeva consulenza tecnica d’ufficio al fine di quantificare il debito del M. in conto capitale per assegno di divorzio dal 06.04.1992 fino al 31.10.2006 e per il contributo al mantenimento delle figlie dal 07.04.1986 al 31.10.2006, detratti i pagamenti effettuati dal M. e dando applicazione alla sentenza non definitiva.

11. Avverso tale sentenza il Sig. M. ha proposto appello sulla base di 3 motivi: 1) il G.U. ha errato nell’applicare alle somme chieste in compensazione una sorta di giudicato interno concernente somme totalmente diverse; 2) è stata erroneamente rigettata l’eccezione di prescrizione dei crediti nascenti dai provvedimenti giudiziali azionati con precetto dalla Sig.ra V.; 3) l’obbligo del Sig. M. di corrispondere assegni posti a suo carico decorre dal 15.01.2001 e non dal 1992.

12. Si costituiva in giudizio la Sig.ra V. che chiedeva il rigetto del gravame, con vittoria di spese e competenze. Proponeva, inoltre, appello incidentale limitatamente al mancato riconoscimento della spettanza della rivalutazione monetaria maturatasi dalla scadenza delle singole mensilità dei crediti vantati, per il periodo oggetto di causa, a titolo di assegni divorzili e contributo per il mantenimento delle figlie nonchè relativamente al mancato riconoscimento della capitalizzazione degli interessi maturati e maturandi sulle somme come sopra richieste.

13. La Corte d’Appello di Catania ha rigettato entrambi i ricorsi e compensato per un terzo le spese processuali ponendo la parte residua a carico del M..

14. Avverso tale sentenza propone ricorso per Cassazione la Sig.ra V. affidandosi a 5 motivi: a) nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 3 per violazione, errata interpretazione e disapplicazione dell’art. 2909 c.c.; b) nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 4 per violazione degli artt. 113, 115 429 e 327 c.p.c. e art. 150 disp. att. c.p.c. in relazione all’art. 2909 c.c. ed elusione e violazione del giudicato interno; c) nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., n. 4 per violazione degli artt. 115 e 429 c.p.c. con errata interpretazione e disapplicazione della sentenza n. 882/99 di rinvio alla Corte d’appello di Catania; d) Nullità della sentenza per violazione dell’art. 1283 c.c. per aver negato i relativi interessi anatocistici; e) nullità della sentenza ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4 per violazione ed errata applicazione dell’art. 92 c.p.c..

15. Si difende con controricorso M.G..

16. Le parti depositano memorie difensive. La ricorrente replica con note di udienza alle conclusioni del P.G..

Diritto

RITENUTO IN DIRITTO

che:

17. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente sostiene che la sentenza n. 378/1992 è stata oggetto di ricorso per cassazione da parte del M. esclusivamente per ciò che concerne la quantificazione del contributo al mantenimento per le figlie e non anche per ciò che concerne la decorrenza del contributo dalla domanda del 7 aprile 1986 e il diritto della V. di vedersi corrispondere sia la rivalutazione monetaria in base agli indici Istat sia gli interessi legali alle singole scadenze.

18. Con il secondo motivo di ricorso si contesta la sentenza impugnata per aver violato il giudicato che si sarebbe fondato sulla statuizione della sentenza n. 378/1992 relativa alla rivalutazione e gli interessi.

19. I due motivi, che debbono essere esaminati congiuntamente, sono infondati, in primo luogo, perchè basati sull’erroneo presupposto dell’autonomia della statuizione sulla rivalutazione e gli interessi rispetto a quella sulla spettanza e la determinazione del contributo al mantenimento (cfr. Cass. civ. S.U. n. 8520 del 5 aprile 2007, sez. 1 n. 18243 del 17 settembre 2015 e sez. 3 n. 15709 del 18 luglio 2011). La logica conseguenza dell’infondatezza di tale assunto viene chiarita dalla stessa giurisprudenza citata secondo cui, impugnato il capo della sentenza contenente la liquidazione del credito, non può invocarsi il giudicato in ordine alla misura legale degli interessi precedentemente attribuiti e il giudice dell’impugnazione, o del rinvio, anche in difetto di uno specifico rilievo sulla modalità di liquidazione degli interessi prescelta dal giudice precedente, può procedere alla riliquidazione della somma dovuta a titolo risarcitorio e dell’ulteriore danno da ritardato pagamento, utilizzando la tecnica che ritiene più appropriata al fine di reintegrare il patrimonio del creditore, restando irrilevante che vi sia stata impugnazione o meno in relazione agli interessi già conseguiti e alla misura degli stessi.

20. Con il terzo motivo di ricorso si contesta l’interpretazione della sentenza n. 882/1999 secondo cui non vi sarebbe in essa una statuizione sulla decorrenza della rivalutazione conforme alla precedente, contenuta nella sentenza n. 378/1992. La ricorrente ritiene in tal senso univoca la locuzione “oltre rivalutazione e interessiò usata dalla sentenza n. 882/1999 relativamente al contributo al mantenimento dei figli.

21. A parte la assoluta inesistenza nella sentenza n. 378/1992 di una chiara parificazione di rivalutazione e interessi quanto alla loro applicabilità alle singole scadenze mensili, l’assunto della ricorrente (così come la sua perorazione per una interpretazione in combinato disposto delle due sentenze del 1992 e del 1999 della Corte etnea) non può essere condiviso proprio sulla base del contenuto testuale della sentenza n. 882/1999 che non attribuisce affatto la rivalutazione dalle singole scadenze mensili.

La corte di appello di Catania ha infatti condannato M.G. a corrispondere per il mantenimento delle figlie il contributo mensile di Lire 600.000 con decorrenza dalla domanda, rivalutazione annuale, secondo gli indici ISTAT di cui alla citata norma, e interessi legali da ogni singola mensilità e tale dispositivo corrisponde pienamente alla motivazione dove ci si riferisce esplicitamente alla rivalutazione annuale.

22. La ricorrente fa altresì riferimento in questo e nei precedenti motivi alla natura legale della rivalutazione automatica del credito per il mantenimento. Un assunto che non trova conferma nella previsione della L. 1 dicembre 1970, n. 898, art. 5, comma 7, (come modificato dalla L. 6 marzo 1987, n. 74, art. 10), secondo cui la sentenza di scioglimento del matrimonio deve stabilire un criterio di adeguamento automatico, almeno con riferimento agli indici di svalutazione monetaria, dell’assegno di mantenimento posto a carico di uno degli ex coniugi. Sulla base di tale normativa si è ritenuto in giurisprudenza che l’applicazione della rivalutazione annuale secondo indici ISTAT è automatica mentre una diversa quantificazione richiede una specifica domanda e una specifica motivazione (cfr. Cass. civ. sez. 1 n. 15101 del 5 agosto 2004 e n. 24495 del 17 novembre 2006). Questa è stata del resto la statuizione della sentenza n. 882/1999 passata in giudicato e in forza della quale la V. ha promosso la sua azione esecutiva.

23. Con il quarto motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata per aver negato gli interessi anatocistici nonostante la sussistenza dei presupposti di legge.

24. Il motivo è infondato per la ragione già evidenziata dai giudici di appello che nella sentenza n. 882 del 1999 non è stata prevista la capitalizzazione degli interessi per cui la pretesa non è fondata su un titolo giudiziale esecutivo.

25. Con il quinto motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata per aver compensato per un terzo le spese ostandovi il disposto dell’art. 92 c.p.c..

26. Anche questo motivo è infondato perchè la Corte di appello in ragione della parziale reciproca soccombenza ha legittimamente compensato per un terzo le spese processuali del grado ponendo i restanti due terzi a carico del M.. Una decisione incensurabile in questa sede.

27. Il ricorso va pertanto respinto con condanna alle spese del giudizio di cassazione.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in 5.200 Euro di cui 200 per spese. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 52. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dell’art. 13, coma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 30 giugno 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2016

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