Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26764 del 25/11/2020

Cassazione civile sez. trib., 25/11/2020, (ud. 19/12/2019, dep. 25/11/2020), n.26764

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NAPOLITANO Lucio – Presidente –

Dott. FEDERICI Francesco – rel. Consigliere –

Dott. D’ORAZIO Luigi – Consigliere –

Dott. DI MARZIO Paolo – Consigliere –

Dott. GILOTTA Bruno – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17883-2014 proposto da:

T.I., STUDIO IMMOBILIARE TE. SAS DI T.I.

& C., TE.VA., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

GRAMSCI 34, presso lo studio dell’avvocato ALBA TORRESE,

rappresentati e difesi dall’avvocato MICHELE SANGIORGIO;

– ricorrenti –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI VARESE in persona del

Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 239/2014 della COMM.TRIB.REG. di MILANO,

depositata il 20/01/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/12/2019 dal Consigliere Dott. FRANCESCO FEDERICI.

 

Fatto

RILEVATO

che:

Lo Studio Immobiliare Te. s.a.s. di T.I. & C. ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza n. 239/27/2014, depositata dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia il 20.01.2014, con la quale, accogliendo l’appello della Agenzia delle Entrate avverso la decisione del giudice di primo grado di Varese, era stato rideterminato l’imponibile relativo agli anni 2004 e 2005, ai fini Irap e Iva nei confronti della società, e ai fini Irpef per il reddito di partecipazione delle due socie T.I. e TE.VA..

Il contenzioso aveva tratto origine da un accertamento condotto ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32 comma 1, n. 7, da cui erano emerse operazioni bancarie di versamento e prelievo da vari conti correnti, intestati alla compagine sociale, ritenuti dall’ufficio non giustificati, rispettivamente per gli importi di Euro 804.956,70 nel 2004 e di Euro 310.117,25 nel 2005, con conseguente rideterminazione del reddito d’impresa. Era seguita la notifica di cinque atti impositivi, tutti impugnati dai contribuenti, i quali invece avevano sostenuto che le operazioni bancarie fossero tutte espletate per conto dei propri clienti.

La Commissione tributaria di Varese, riuniti i ricorsi, con sentenza n. 63/12/12 aveva accolto le doglianze della società e delle socie, rideterminando l’imponibile nella più ridotta misura di Euro 30.000,00 per le due annualità. La Commissione tributaria regionale della Lombardia, con la decisione ora al vaglio della Corte, aveva invece accolto l’appello dell’Amministrazione, rigettando i ricorsi introduttivi riuniti. Il giudice regionale aveva ritenuto che la documentazione allegata dai soggetti contribuenti non fosse pertinente e idonea a giustificare il flusso di entrate e uscite verificato sui conti correnti.

I ricorrenti hanno censurato la decisione con quattro motivi:

con il primo per violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, comma 1, n. 2, nonchè dell’art. 2727 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per malgoverno delle prove presuntive, non avendo prodotto l’Agenzia la documentazione delle operazioni recuperate a tassazione;

con il secondo per violazione e falsa applicazione del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 32, comma 1, n. 2, nonchè dell’art. 2728 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 per non aver tenuto conto della documentazione contabile allegata dalle ricorrenti a prova che le operazioni bancarie erano state operate per conto terzi;

con il terzo per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non aver esaminato la copiosa documentazione prodotta dalle ricorrenti, attestanti l’espletamento delle operazioni bancarie nel solo interesse dei propri clienti;

con il quarto per violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, nonchè per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, per non aver tenuto conto della mancata contestazione da parte dell’Agenzia della documentazione prodotta dai contribuenti.

Ha dunque chiesto la cassazione della sentenza, con decisione nel merito o rinvio del processo.

Si è costituita l’Agenzia, che ha eccepito l’inammissibilità dei motivi di ricorso o nel merito la loro infondatezza, chiedendo il rigetto del ricorso.

E’ stata depositata memoria dai ricorrenti ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c..

Diritto

CONSIDERATO

Che:

Deve preliminarmente esaminarsi la richiesta dei ricorrenti, introdotta con la memoria depositata ai sensi dell’art. 380 bis.1 c.p.c. (erroneamente invocando l’art. 378 c.p.c.) di esclusione, nella rideterminazione della base imponibile, delle operazioni bancarie di prelevamento dai conti correnti, a seguito della pronuncia di parziale incostituzionalità dell’art. 32 cit.. La difesa sostiene che la pronuncia della Corte Costituzionale, n. 228 del 6 ottobre 2014, possa applicarsi anche al caso di specie, perchè l’attività della società può essere equiparata a quella del lavoratore autonomo, non potendo costituire elemento di discriminazione solo la forma organizzativa prescelta, quella sociale e non l’esercizio autonomo di una libera professione, quale quella svolta di mediatore nel settore immobiliare.

L’assunto non trova accoglimento perchè è proprio l’opzione organizzativa prescelta per lo svolgimento dell’attività economica a costituire la base delle regole fiscali, sostanziali e formali, applicabili all’attività medesima. Ciò è infatti il portato della scelta dello stesso contribuente, a cui va a conformarsi la forma di determinazione del reddito ed il sistema di accertamento.

Esaminando ora i motivi di ricorso, i primi due, che possono essere trattati congiuntamente perchè connessi, dolendosi in entrambi del non corretto esame della documentazione allegata dalle parti a supporto delle rispettive posizioni difensive (rispettivamente della mancata allegazione della prova, da parte dell’Amministrazione finanziaria, delle movimentazioni bancarie imputate alla società, e, di contro, della mancata o erronea valutazione della documentazione contabile allegata dalle ricorrenti) trovano accoglimento.

Deve premettersi che questa Corte ha affermato che in tema di accertamenti bancari, poichè il contribuente ha l’onere di superare la presunzione posta dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 32, e D.P.R. n. 633 del 1972, art. 51, dimostrando in modo analitico l’estraneità di ciascuna delle operazioni a fatti imponibili, il giudice di merito è tenuto ad effettuare una verifica rigorosa in ordine all’efficacia dimostrativa delle prove fornite dallo stesso, rispetto ad ogni singola movimentazione, dandone compiutamente conto in motivazione (Cass., 10480/2018). Si è tuttavia anche avvertito che, ove il contribuente fornisca prova analitica della natura delle movimentazioni sui propri conti in modo da superare la presunzione di cui all’art. 32 cit., il giudice è tenuto ad una valutazione altrettanto analitica di quanto dedotto e documentato, non essendo a tal fine sufficiente una valutazione delle suddette movimentazioni per categorie o per gruppi (Cass., 30786/2018; 26111/2015).

Ebbene, è vero che dalla lettura della sentenza, e in particolare dalle argomentazioni sviluppate nelle pagg. 8 e 9 della decisione, si evince che la documentazione bancaria fosse stata allegata dall’Agenzia. E’ tuttavia altrettanto vero che, a fronte di una incontestata mole di documenti allegati dai contribuenti, corredati anche di un file riportante i copiosi dati versati nel processo, il giudice d’appello si è limitato ad affermare per un verso la compiuta motivazione degli avvisi di accertamento, e per altro verso la deficienza probatoria della difesa di questi ultimi, sottolineando l’emersione di movimentazione prevalentemente in contanti e su conti correnti intestati alla società contribuente “invece che, per come sarebbe stato più ortodosso, ai singoli clienti per conto dei quali gestiva attività mobiliari e immobiliari, di milioni di Euro all’anno, peraltro, in paradossale cambio di poche decine di migliaia di Euro (Euro 10.000,00, nel 2004; Euro 40.000,00 nel 2005) di provvigioni all’anno, integranti l’unico reddito dichiarato e appena sufficiente a coprire le spese, come da modello unico.”.

Appare con evidenza che il giudizio della Commissione sia gravemente sommario e sintetico, sino a sfiorare l’apparenza, sulla produzione documentale allegata dalle odierne ricorrenti, in palese violazione degli obblighi di motivazione segnati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di accertamento bancario ai sensi degli artt. 32 e 51 cit..

Trattasi in particolare di una valutazione neppure per gruppi di operazioni, già di suo insufficiente, senza alcuno sforzo di esame analitico della documentazione, non trovandosi nella pronuncia impugnata alcun riferimento anche solo ad alcune delle prove offerte dalle contribuenti, con relativa dimostrazione della loro inconcludenza. Nè la prospettata enormità della documentazione esibita poteva essere motivo per formulare valutazioni così sommarie, potendo quanto meno vagliarsi l’opportunità della nomina di un consulente tecnico d’ufficio.

In conclusione nell’elaborazione del giudizio critico sui fatti e dati allegati dalle parti il giudice d’appello non ha fatto corretta applicazione dei principi di diritto sopra enunciati.

I motivi vanno dunque accolti.

L’accoglimento dei primi due motivi assorbe i restanti.

La sentenza va pertanto cassata e rinviata alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, che in diversa composizione, oltre che sulle spese del giudizio di legittimità, provvederà a rivalutare il materiale probatorio versato in atti, tenendo conto dei principi di diritto enunciati.

P.Q.M.

La Corte accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso; assorbiti gli altri. Cassa la sentenza e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Lombardia, che in diversa composizione provvederà anche sulle spese processuali del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 19 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 25 novembre 2020

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