Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26763 del 22/12/2016


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Cassazione civile, sez. I, 22/12/2016, (ud. 11/05/2016, dep.22/12/2016),  n. 26763

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALVAGO Salvatore – Presidente –

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna – Consigliere –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

M.S., elettivamente domiciliato in Roma, presso la

cancelleria della Corte di Cassazione; rappresentato e difeso

dall’avv. Luigi Oliverio, giusta procura speciale a margine del

ricorso;

– ricorrente –

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, rappresentata e difesa

dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma,

Via dei Portoghesi, n. 12, è domiciliata;

– controricorrente –

e contro

COMUNE DI CASALNUOVO DI NAPOLI, elettivamente domiciliato in Roma,

Via della Giuliana, n. 35, nello studio dell’avv. Tiziana Apuzzo;

rappresentato e difeso dall’avv. Pietro D’Angiolillo, giusta procura

speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di appello di Napoli, n. 1005,

depositata in data 24 marzo 2011;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza tenutasi

in data 11 maggio 2016 dal Consigliere Dott. Pietro Campanile;

sentito per il ricorrente l’avv. L. Oliverio;

sentito per il Comune di Casalnuovo di Napoli l’avv. P. D’Angiolillo;

udito il P.M., nella persona del Sost. P.G. Dott. CARDINO Alberto,

che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1 – Con sentenza in data 27 febbraio 2008 il Tribunale di Napoli, pronunciando nei giudizi riuniti relativi a due distinte domande proposte dal signor M.S. nei confronti del Comune di Casalnuovo di Napoli e della Presidenza del Consiglio di Ministri in relazione, la prima, alla determinazione dell’indennità di espropriazione di un proprio terreno effettuata nell’ambito del piano straordinario di edilizia residenziale previsto dalla L. n. 219 del 1981 e la seconda in ordine alla restituzione del bene, previa dichiarazione di emesso in data 30 dicembre 2004, procedeva alla separazione dei procedimenti, e, per quanto in questa sede maggiormente rileva, rigettava la seconda domanda, compensando le spese di giudizio. Dichiaratosi poi competente in merito alla richiesta di determinazione delle indennità di espropriazione e di occupazione temporanea, disponeva in ordine alla prosecuzione del giudizio.

1.1 – La Corte di appello di Napoli, pronunciando sui gravami proposti dal M., limitatamente alla suddetta decisione definitiva, nonchè in via incidentale dalla P.C.M., disattesa l’eccezione di quest’ultima relativa al difetto di giurisdizione del giudice ordinario, ha ritenuto che la scadenza del termine previsto per l’occupazione, essendo il terreno rimasto fino all’emanazione del decreto di espropriazione nella disponibilità del proprietario, non incideva sulla validità dello stesso decreto, risultando comunque rispettato il termine per il compimento della procedura ablatoria.

1.2 – Quanto a quest’ultimo profilo, è stato rilevato che il suddetto decreto non poteva ritenersi emesso oltre il termine di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità, dovendosi affermare che nella specie trovava applicazione la proroga dei termini disposta dal D.Lgs n. 354 del 1999, art. 9, in quanto la ratio di tale norma, intesa a restituire legittimità anche ad occupazioni divenute inefficaci o illegittime, doveva considerarsi estensibile anche al decreto di esproprio.

1.3 – Per la cassazione di tale decisione il M. ha proposto ricorso, affidato a tre motivi, cui il Comune di Casalnuovo di Napoli resiste con controricorso.

Con propria ordinanza questa Corte disponeva la notifica del ricorso alla P.C.M., che si è costituita con controricorso.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

2 – Con il primo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione della L. n. 865 del 1971, art. 20, comma 1 e del D.Lgs. 20 settembre 1999, n. 354, art. 9, comma 2, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, il ricorrente sostiene che l’inefficacia del decreto di occupazione, ai sensi della L. n. 865 del 1971, art. 20, per non essere stata l’occupazione stessa effettuata entro il termine stabilito dalla legge, inibiva l’applicabilità della sanatoria disposta dal D.Lgs. n. 354 del 1999, che presupponeva comunque un’occupazione legittima.

2.1 – Con il secondo mezzo si denuncia la violazione della L. 3 gennaio 1978, n. 1, art. 1, comma 3: il mancato inizio delle opere entro il termine di tre anni previsto da tale norma, comportando l’inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità, non consentirebbe, al contrario di quanto affermato dalla Corta di appello, l’applicabilità della D.Lgs. n. 354 del 1999, art. 9.

2.2 – La terza censura attiene alla violazione dell’art. 24 Cost., artt. 101, 190 e 352 c.p.c., per essere stata disattesa la richiesta di discussione orale avanzata dal difensore del M..

3 – Preliminarmente vanno esaminate le eccezioni di inammissibilità del ricorso sollevate nel controricorso del Comune di Casalnuovo di Napoli ed incentrate sulla mancata formulazione dei quesiti di diritto, sull’omessa notifica del ricorso alla Presidenza del Consiglio dei Ministri e, infine, sulla ritenuta inoppugnabilità, anche sotto il profilo della disapplicazione, del decreto di esproprio, come conseguenza dell’acquiescenza alla procedura espropriativa.

3.1 – Tali rilievi non appaiono condivisibili, dovendosi osservare, in primo luogo, che la sentenza oggetto di scrutinio è stata pubblicata in epoca successiva all’abrogazione dell’art. 366 bis cc.p.c. e che il criterio suggerito nel controricorso ai fini dell’applicabilità di tale norma, fondato sulla data di introduzione del giudizio, contrasta con la formulazione della L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 58, che determina il displuvio nella data di pubblicazione del provvedimento impugnato (cfr. Cass., 24 marzo 2010, n. 7119; Cass., 16 dicembre 2009, n. 26364).

Rilevato che all’integrazione del contraddittorio si è provveduto con la citata ordinanza di questa Corte in data 26 marzo 2013, va poi considerato che costituisce “ius receptum” il potere del giudice ordinario di disapplicare, senza la necessità di un giudicato amministrativo, un decreto di esproprio illegittimo, ovvero viziato da carenza di potere in quanto emesso, come si dirà, in periodo successivo alla sopravvenuta inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità (Cass., 31 ottobre 2011, n. 22625; Cass., 11 febbraio 2010, n. 3177; Cass., 8 maggio 2007, n. 10375). Deve per altro rilevarsi come il riferimento all'”acquiescenza” al decreto di esproprio, derivante dalla prima domanda del M., eccepita dal Comune di Casalnuovo in relazione alla richiesta di un’indennità in misura maggiore e comportante una sorta di inammissibilità delle pretese risarcitorie, confligge con il principio affermato da questa Corte secondo cui nel giudizio promosso dall’espropriato davanti al giudice ordinario, per la determinazione dell’indennità di espropriazione in misura più elevata di quella fissata in sede amministrativa, la questione relativa alla legittimità del provvedimento ablatorio non costituisce premessa logicamente e giuridicamente necessaria della pronuncia richiesta, la quale postula solo l’esistenza del provvedimento medesimo (Cass., Sez. un., 24 aprile 1979, n. 2313).

4 – Ragioni di evidente priorità sul piano logico-giuridico impongono l’esame preliminare, in quanto attinente alla validità della decisione impugnata, del terzo motivo del ricorso. Tale doglianza è infondata, in quanto non può ravvisarsi violazione del principio del contraddittorio nella mancata realizzazione della già disposta discussione orale, determinata dall’assenza del difensore del ricorrente, che pure aveva presentato la relativa istanza. Per altro nel ricorso, affermandosi che il diniego del differimento era legittimo, ma che sussisteva l’obbligo di “dare comunque una risposta all’istanza del 21 febbraio 2011”, da un lato non si considera che vi è stato un rigetto implicito dell’istanza stessa, dall’altro sembra adombrare un difetto di motivazione che non è predicabile in relazione ai vizi procedurali, in relazione ai quali questa Corte, essendo giudice del fatto, inteso in senso processuale, valuta la ricorrenza o meno della violazione indipendentemente dalle ragioni eventualmente addotte dal giudice del merito.

5 – Il primo motivo è infondato.

Giova in proposito richiamare il principio, già affermato da questa Corte, secondo cui in tema di espropriazione per la realizzazione degli interventi di cui al titolo 8^ della L. n. 219 del 1981, il D.Lgs. 20 settembre 1999, n. 354, art. 9, ai fini del completamento delle procedure di espropriazione in corso, ha disposto la proroga biennale dei termini relativi alle occupazioni d’urgenza in modo incondizionato, prescindendo dalla legittimità, o meno dell’occupazione al tempo della sua entrata in vigore, con l’unico limite che il procedimento espropriativo sia ancora in corso alla stessa data (Cass., 9 febbraio 2009, n. 3225).

6 – La seconda censura è fondata.

Invero questa Corte ha già affermato che con l’indicazione dei termini di inizio e compimento dei lavori e delle espropriazioni, ai sensi della L. n. 2359 del 1865, art. 13, non va confuso il termine introdotto dalla L. n. 1 del 1978, art. 1, comma 3, del tutto autonomo rispetto ai precedenti, che prevede un limite massimo (triennale) entro il quale devono essere iniziati i lavori (a pena di cessazione degli effetti della dichiarazione di pubblica utilità e di urgenza e indifferibilità dell’opera); tale termine ha natura acceleratoria dell’esecuzione delle opere pubbliche e va raccordato con quelli di cui all’art. 13, nel senso che solo ove detti termini siano regolarmente apposti e la dichiarazione di p.u. risulti esistente, si pone il problema (logicamente successivo) di stabilire se la stessa abbia conservato o no efficacia per l’osservanza (anche) di quest’ultimo termine perentorio richiesto dalla legge per l’inizio dell’opera.

Deve pertanto operare il principio secondo cui, nell’ipotesi di inutile decorso del termine triennale, previsto dalla L. n. 1 del 1978, art. 1, per l’inizio dei lavori, decorrente dall’approvazione del progetto dell’opera di pubblica utilità, la dichiarazione di pubblica utilità diviene inefficace, con la conseguenza che l’occupazione perpetrata oltre tale termine, con trasformazione del fondo, va qualificata come usurpativa (Cass., 15 luglio 2006, n. 15615).

7 – L’impugnata decisione deve, pertanto, essere cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte di appello di Napoli, che, in diversa composizione, applicherà i principi sopra indicati, provvedendo, altresì, in merito al regolamento delle spese processuali relative al presente giudizio di legittimità.

PQM

La Corte rigetta il primo e il terzo motivo, accoglie il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Napoli, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Prima Civile, il 11 maggio 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2016

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