Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26758 del 22/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 22/12/2016, (ud. 08/11/2016, dep.22/12/2016),  n. 26758

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12070/2015 proposto da:

C.M.A.R., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

CAVOUR presso la CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

GIOVANNI IOZZO; giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso L’AVVOCATURA CENTRALE

DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati MAURO RICCI,

CLEMENTINA PULLI, EMANUELA CAPANNOLO, giusta procura speciale a

margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 2217/2013 del TRIBUNALE di LOCRI, depositata il

14/11/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio

dell’08/11/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROSSANA MANCINO;

udito l’Avvocato Mauro Ricci difensore del controricorrente che si

riporta agli scritti.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c., a seguito di relazione a norma dell’art. 380-bis c.p.c., condivisa dal Collegio.

2. Con ricorso del 14/6/2013, C.M.A.R. presentava istanza per accertamento tecnico preventivo, ai sensi dell’art. 445-bis c.p.c., per la verifica della condizione di cicca totale e per il riconoscimento dei relativi benefici – negata dalla Commissione medica che la riconosceva soltanto ipovedente grave.

3. Il c.t.u. officiato accertava la sussistenza del requisito sanitario con decorrenza dall’istanza amministrativa (20 giugno 2012) e avverso tali conclusioni medico-legali non venivano mosse contestazioni.

4. Il Tribunale, con decreto ai sensi dell’art. 445 bis c.p.c., comma 5, omologava l’accertamento del requisito sanitario, con decorrenza dalla diversa data del dicembre 2013 (data della visita peritale), in difetto di documentazione sanitaria proveniente da ente pubblico da cui evincere, in modo certo, la cecità assoluta.

5. Con ricorso straordinario, ex art. 111 Cost., C.M.A.R. impugna la pronuncia suddetta.

6. L’INPS ha resistito con controricorso.

7. Con l’unico motivo di ricorso è censurato il decreto di omologa per violazione degli artt. 112, 324, 443-bis c.p.c. e art. 2697 c.c., per avere il Tribunale, in assenza di qualsivoglia contestazione, disatteso, in punto di decorrenza, le conclusioni del consulente tecnico d’ufficio ed emesso il decreto di omologa con decorrenza dei benefici riconosciuti in difformità dalla decorrenza indicata dall’ausiliare officiato nel giudizio per A.T.P..

8. Il ricorso è qualificabile come inammissibile.

9. Va osservato, quanto all’esperibilità del rimedio proposto, che avverso il decreto di omologa (che segue automaticamente nel caso in cui non sorgano contestazioni) non vi sono rimedi perchè espressamente dichiarato, dal codice di rito, “non impugnabile nè modificabile”: non è soggetto ad appello e a ricorso straordinario ex art. 111 Cost., giacchè il rimedio concesso a chi intenda contestare le conclusioni dell’ausiliare c’è, ma si colloca esclusivamente in un momento anteriore, ossia prima della omologa e nel termine fissato dal giudice per muovere contestazioni alla consulenza tecnica.

10. In assenza di contestazioni si chiude, quindi, definitivamente la fase dell’accertamento sanitario e le conclusioni del consulente tecnico, sulle condizioni sanitarie dell’assistito, sono ormai definitive.

11. Sarebbe illogico attribuire qualunque rimedio impugnatorio avverso l’omologa alla parte che, nel momento anteriore ad essa, non abbia colto l’opportunità di contestare le conclusioni del consulente tecnico d’ufficio su cui la medesima omologa si fonda (cfr. Cass. n. 6085/2014).

12. Solo la contestazione di una delle parti alle conclusioni del consulente tecnico consente l’avvio del procedimento contenzioso, con onere, per la parte dissenziente, di proporre ricorso al giudice, in un termine perentorio, ricorso in cui, a pena di inammissibilità, vanno specificati i motivi della contestazione alle conclusioni dell’ausiliare.

13. La fase contenziosa, ancora limitata “solo” alla discussione sulla invalidità (vale a dire sulla condizione sanitaria) è circoscritta agli elementi di contestazione proposti dalla parte dissenziente (ricorrente) (si veda, tuttavia, per la ritenuta possibilità che il giudizio abbia ad oggetto anche la verifica della presentazione della domanda amministrativa e degli altri aspetti presi in esame per la valutazione, prima facie, della sussistenza degli altri presupposti della prestazione previdenziale o assistenziale in vista della quale il ricorrente domanda l’accertamento tecnico preventivo, Cass. nn. 8533 e 8878 del 2015).

14. Solo in questa fase contenziosa si rimettono quindi in discussione, e si disputa, delle conclusioni alle quali il c.t.u. era pervenuto nella fase anteriore ed il giudice può disporre ulteriori accertamenti, nonchè apprezzare direttamente anche la condizione sanitaria.

15. Come già affermato da questa Corte, con la sentenza n. 6085 del 2014, la discrasia tra il parere del consulente tecnico d’ufficio ed il decreto di omologa – che non assevera detto parere ma lo modifica – risulta irrilevante, dovendosi avere esclusivo riguardo alle conclusioni della consulenza tecnica, alla stregua del meccanismo prefigurato dalla legge, e del tutto ininfluenti i rilievi (eventualmente errati) del giudice contenuti nel decreto di omologa, atteso che in detto provvedimento il giudice medesimo deve limitarsi ad asseverare le conclusioni dell’ausiliare officiato nell’accertamento tecnico e sono queste, e solo queste, che concludono la fase preliminare ove non siano state sollevate contestazioni.

16. Il decreto di omologa – asseverando le condizioni sanitarie dell’assistito accertate dal consulente tecnico officiato – non incide, pertanto, sulle situazioni giuridiche soggettive perchè non conferisce e non nega alcun diritto, dal momento che non statuisce sulla spettanza della prestazione richiesta dall’assistito e sul conseguente obbligo dell’I.N.P.S. di erogarla (cfr. Cass. 6085/2014 cit.).

17. Per converso, solo la statuizione sulle spese, legali e di consulenza, contenuta nel decreto di omologa costituisce, in parte qua, un provvedimento definitivo e decisorio, incidente sui diritti patrimoniali delle parti e non altrimenti impugnabile (conseguendone l’ammissibilità del ricorso straordinario per cassazione, ai sensi dell’art. 111 Cost., costantemente affermata da questa Corte: v., da ultimo, Cass. sez. sesta-L n. 16519/2016 in continuità con Cass. n. 8932/2015 ed altre numerose conformi).

18. Ne deriva che il decreto di omologa che si discosti dalle conclusioni dell’ausiliare risulta viziato da mero errore materiale, emendabile con la procedura di correzione.

19. La soluzione si pone in linea con il dichiarato fine dell’introduzione dell’art. 445-bis c.p.c. (realizzare maggiore economicità dell’azione amministrativa, deflazionare il contenzioso, contenere la durata dei processi previdenziali nei termini di ragionevolezza sanciti dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, come ampiamente argomentato da Cass. 24526/2015, alla quale si rinvia).

20. Risulta, inoltre, in coerenza con la ratio di deflazionare il sistema con effetti di riduzione del contenzioso senza determinare effetti inversi, di incrementare motivi di contrasto tra le parti, incentivando la proposizione di impugnazioni, e di ampliare, in via interpretativa, la portata dell’impugnazione ex art. 111 Cost., agitando questioni per le quali la novella al codice di rito ha inteso invece scoraggiare, nei gradi di merito, giudizi fondati su ragioni meramente contrappositive alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio.

21. In definitiva, per quanto detto, la censurata difformità costituisce mero errore materiale emendabile con la procedura di correzione di errori materiali e il ricorso proposto, ex art. 111 Cost., deve dichiararsi inammissibile.

22. La novità della questione affrontata consiglia la compensazione delle spese del giudizio di legittimità.

23. La circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17 (sulla ratio della disposizione si rinvia a Cass. Sez. Un. 22035/2014 e alle numerose successive conformi).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso; spese compensate. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dichiara sussistenti i presupposti per il versamento, a carico della parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso ex art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, il 8 novembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2016

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