Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26755 del 22/12/2016

Cassazione civile, sez. VI, 22/12/2016, (ud. 29/09/2016, dep.22/12/2016),  n. 26755

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 20485/2015 proposto da:

V.F.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE

DELL’OCEANO ATLANTICO 25, presso lo studio dell’avvocato MARIA

GRAZIA LEUCI, rappresentato e difeso dall’avvocato DEMETRIO

RIVELLINO, giusta mandato a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, quale successore

ex lege dell’INPDAP, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29,

presso L’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso

dalli avvocato DARIO MARINUZZI;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 281/2014 della CORTE D’APPELLO di CAMPOBASSO

del 5/12/2014, depositata il 27/01/2015;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

29/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROSSANA MANCINO;

udito l’Avvocato Dario Marinuzzi difensore del controricorrente

chiede il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La Corte pronuncia in Camera di consiglio ex art. 375 c.p.c., a seguito di relazione a norma dell’art. 380-bis c.p.c., condivisa dal Collegio.

2. La Corte d’appello di Campobasso, sull’impugnazione proposta dall’I.N.P.S. (subentrato ex lege all’INPDAP per effetto del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 21 conv. in L. 22 dicembre 2011, n. 214), in riforma della decisione di primo grado, respingeva il ricorso dell’attuale ricorrente, già dipendente dell’Ente Regionale di Sviluppo Agricolo per il Molise (ERSAM oggi ARSIAM), ritenendo, per guanto di interesse nel presente giudizio, che nella base contributiva utile per il computo dell’indennità premio di servizio prevista dalla L. n. 152 del 1968, non fossero da includere i versamenti effettuati dall’ERSAM sul Fondo individuale integrativo di previdenza.

3. Avverso tale decisione la dipendente propone ricorso per cassazione affidato ad un motivo.

4. L’I.N.P.S. (quale successore dell’INPDAP) ha resistito con controricorso.

5. Con l’unico articolato motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione della L.R. n. 40 del 1977, art. 33, dell’art. 3 del Regolamento del Fondo di previdenza del 16 aprile 1980, approvato con Delib. 11 dicembre 1981, n. 219, del D.L. n. 103 del 1991, art. 9 bis, comma 1 (conv. con L. n. 166 del 1991) come modificato dalla L. n. 662 del 1996, art. 1, comma 132; art. 2909 c.c., L. n. 311 del 2004, art. 1, comma 132, come modificato dal D.L. n. 115 del 2005, art. 14 septiedecies, convertito con L. n. 168 del 2005, nonchè della L. n. 152 del 1968, art. 11, comma 5; omessa, insufficiente, contraddittoria motivazione.

6. Censura la sentenza impugnata per non aver riconosciuto natura retributiva agli accantonamenti destinati ad alimentare il Fondo di previdenza di cui al regolamento del 16 aprile 1980 e per aver di conseguenza escluso gli stessi dalla base di calcolo per il computo dell’indennità premio di servizio.

7. Il ricorso è manifestamente infondato, al pari di altri e numerosi ricorsi già decisi dalla sezione sesta-L, della Corte (v., da ultimo, Cass. sesz. Sesta-L, 9263/2016).

8. Questa Corte ha da tempo affermato che la retribuzione contributiva, a cui per i dipendenti degli enti locali si commisura, a norma della L. 8 marzo 1968, n. 152, art. 4, l’indennità premio di servizio, è costituita solo dagli emolumenti testualmente menzionati dalla citata Legge, art. 11, comma 5, la cui elencazione ha carattere tassativo e la cui dizione “stipendio o salario” richiede un’interpretazione restrittiva, alla luce della specifica menzione, come componenti di tale voce, degli aumenti periodici, della tredicesima mensilità e del valore degli assegni in natura.

9. Si veda, in tal senso Cass., Sez. Un., n. 3673 del 29 aprile 1997 che, sulla base di tale principio, ha affermato che non può assumere rilievo, ai fini della determinazione della suindicata indennità, un assegno “ad personam, anche se costituente parte fissa del globale trattamento retributivo del lavoratore, in quanto lo stesso non fa parte degli emolumenti specificatamente indicati dalla norma e non può considerarsi come componente dello stipendio, nella locuzione usata dalla citata norma di previsione.

10. Tale orientamento è stato confermato da numerose successive decisioni tra cui Cass. 17 gennaio 2003, n. 681 secondo cui, per le medesime ragioni, non può assumere rilievo, ai fini della determinazione della suindicata indennità, l’indennità per le funzioni dirigenziali; Cass. 14 agosto 2004, n. 15906 secondo cui neppure possono assumere rilievo, ai fini della determinazione della suindicata indennità, le indennità di posizione variabile e l’indennità di rischio radiologico corrisposte a un dirigente medico, in quanto le stesse non fanno parte degli emolumenti specificatamente indicati dalla norma e non possono considerarsi come componente dello stipendio, nella locuzione usata dalla citata norma di previsione, restando irrilevante la circostanza che per errore l’amministrazione di appartenenza abbia versato i contributi sulla retribuzione non utile ai fini dell’indennità; Cass. 2 settembre 2010, n. 18999 secondo cui non possono assumere rilievo ai fini della determinazione della suindicata indennità, le maggiori competenze spettanti in seguito allo svolgimento di fatto di mansioni superiori, in quanto tali competenze non fanno parte degli emolumenti specificatamente indicati dalla norma e non possono essere considerate come componenti fisse dello stipendio, avendo l’amministrazione la facoltà di porre fine all’assegnazione delle mansioni superiori; Cass. 7 gennaio 2013, n. 176 secondo cui non possono assumere rilievo, ai fini della determinazione della suindicata indennità, gli incrementi dell’indennità di qualificazione professionale e valorizzazione delle responsabilità (art. 45 c.c.n.l. Compatto Sanità 1994 – 1997); Cass. 17 settembre 2013, n. 18231 secondo cui non rientra nel computo rilevante l’indennità di struttura in quanto essa, ancorchè voce del trattamento retributivo globale, non fa parte degli emolumenti specificatamente indicati dalla norma.

11. Nè invero è condivisibile la prospettazione della natura retributiva degli accantonamenti in questione essendo sufficiente, al riguardo, richiamare quanto di recente chiarito da questa Corte, a Sezioni unite, nella decisione n. 4684 del 9 marzo 2015: “Con riferimento al periodo precedente la riforma introdotta dal D.Lgs. 21 aprile 1993, n. 124, i versamenti effettuati dal datore di lavoro ai fondi di previdenza complementare hanno – a prescindere dalla natura del soggetto destinatario della contribuzione e, pertanto, sia nel caso in cui il fondo abbia una personalità giuridica autonoma, sia in quello in cui esso consista in una gestione separata nell’ambito dello stesso soggetto datore di lavoro – natura previdenziale e non retributiva e non sussistono pertanto i presupposti per l’inserimento dei suddetti versamenti nella base di calcolo delle indennità collegate alla cessazione del rapporto di lavoro”.

12. In definitiva, il ricorsoci eve essere rigettato.

13. Il recente intervento chiarificatore delle Sezioni unite di questa Corte induce a compensare, tra le parti, le spese del presente giudizio di legittimità.

14. La circostanza che il ricorso sia stato proposto in tempo posteriore al 30 gennaio 2013 impone di dar atto dell’applicabilità del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. n. 228/2012, art. 1, comma 17 (sulla ratio della disposizione si rinvia a Cass. Sez. Un. 22035/2014 e alle numerose successive conformi).

15. Essendo il ricorso in questione (avente natura chiaramente impugnatoria) da rigettarsi integralmente, deve provvedersi in conformità.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; spese compensate. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 29 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2016

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