Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26753 del 29/11/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 26753 Anno 2013
Presidente: MERONE ANTONIO
Relatore: BRUSCHETTA ERNESTINO LUIGI

SENTENZA
sul ricorso n. 83/08 proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore
Centrale

pro tempore,

elettivamente domiciliata in

Roma, Via dei Portoghesi n. 12, presso l’Avvocatura
Generale dello Stato, che la rappresenta e difende

ope

legis;

– ricorrente contro

Cordelli Sandro, Cordelli Daniela, Cordelli Maria
Grazia, Cordelli Maria Rita, Cordelli Giuseppe,
Cordelli Maria Consuelo, Santini Enrico e Santini
Carlo, elettivamente domiciliati in Roma, Viale Mazzini
n. 6, presso lo Studio dell’Avv. Elio Vitale,

Data pubblicazione: 29/11/2013

rappresentati e difesi dall’Avv. Pietro Messina, giusta
delega in atti;

– controricorrentl avverso la sentenza n. 168/28/06 della Commissione
Tributaria Regionale del Lazio, depositata il 16

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 23 ottobre 2013, dal Consigliere Dott.
Ernestino Bruschetta;
udito l’Avv. dello Stato Alessia Urbani Neri, per la
ricorrente;
udito Pietro Messina, per i controricorrenti;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. Ennio Sepe, che ha concluso per
l’accoglimento del ricorso.
Fatto
Con l’impugnata sentenza n. 168/28/06, depositata il 16
novembre 2006, la Commissione Tributaria Regionale del
Lazio, respinto l’appello dell’Ufficio, confermava la
decisione n. 451/48/03 della Commissione Tributaria
Provinciale di Roma che aveva accolto il ricorso
proposto da Santini Enrico, Santini Carlo, Cordelli
Sandro, Cordelli Daniela, Cordelli Maria Grazia,
Cordelli Maria Rita, Cordelli Giuseppe, Cordelli Maria
Consuelo Silvi, eredi di Cordelli Ettore, avverso
l’avviso n. 00/00331/33 notificato il 12 marzo 2002 che
aveva rettificato il valore della azienda di

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novembre 2006;

panificazione, relitto ereditario, al momento del
decesso in affitto a terzi, elevandone il valore
d’avviamento dai dichiarati e 11.749,39 agli accertati
C 361.709,37, col conseguente recupero della maggior
imposta di successione.
La CTR, affermando di voler integralmente riportarsi al
decisum,

statuiva che il contratto d’affitto

d’azienda in essere al momento della chiamata
all’eredità “non consentiva una valutazione quale
quella eseguita dall’Ufficio per il valore
d’avviamento” perché “da anni l’azienda operava a nome
di altro soggetto”.
Contro la sentenza della CTR, l’Agenzia delle Entrate
proponeva ricorso per cassazione affidato a tre motivi.
I contribuenti resistevano con controricorso.
Diritto
1.

Col primo motivo di ricorso, la sentenza veniva

censurata a’ sensi dell’art. 360, comma l, n. 4,
c.p.c., deducendo, in rubrica, “Violazione e/o falsa
applicazione dell’art. 111 Cost. e 132 del c.p.c.”;
questo perché, secondo l’Agenzia delle Entrate, la
sentenza della CTR, che si sarebbe limitata ad una mera
acritica adesione alla prima decisione, senza nessuna
altra ulteriore valutazione, doveva esser giudicata
nulla. Il quesito era: “Vero che configura una
fattispecie nulla la sentenza che si presenti motivata
acriticamente per relationem, stante il chiaro disposto
dell’art. 132 c.p.c.”.

3

primo

Il motivo è inammissibile per violazione dell’art. 366
bis

c.p.c., applicabile

ratione temporis,

giacché il

quesito si presenta completamente avulso dalla
specifica fattispecie; ciò che non consente alla Corte
alcun esercizio nomofilattico; in effetti, non essendo
in concreto precisato in cosa debba farsi

consistere l’error in iudicando,

la totale astrattezza

del quesito non può che ricevere un’ovvia astratta
favorevole risposta, del tutto ininfluente rispetto
alla reale fattispecie pervenuta all’esame (Cass. sez.
III n. 4805 del 2013; Cass. sez. III n. 2095 del 2013).
2. Col secondo motivo di ricorso, la sentenza veniva
censurata a’ sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3,
c.p.c., deducendosi, in rubrica, “Violazione e/o falsa
applicazione dell’art. 34, comma 4, TU 346/90 (in
materia di determinazione dell’imposta di successione)
dell’art. 21 d.p.r. 637/72 (in materia di avviamento
delle aziende cadute in successione), nonché dell’art.
2, comma 4, d.p.r. 460/96 (in materia di applicazione
dei coefficienti reddituali per la determinazione del
valore di avviamento)”; secondo l’Agenzia delle
Entrate, invero, la CTR avrebbe sbagliato a ritenere
che, quello valutato dall’Ufficio, fosse non il valore
d’avviamento dell’azienda appartenuta al de

cuius,

bensì il valore dell’avviamento dell’impresa del terzo
che aveva in affitto l’azienda; questo perché,
osservava l’Agenzia delle Entrate, deve esser ritenuto
“irrilevante” il soggetto che conduce l’azienda,
dovendosi invece esclusivamente tener conto

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t=

dell’oggettivo valore della stessa. Il quesito era:
“Vero che in materia di determinazione dell’imposta di
successione in relazione alla esposizione in
dichiarazione del valore di un’azienda, l’Ufficio
impositore non può prescindere nella valutazione del
cespite dall’individuazione dell’avviamento,

l’applicazione del coefficiente di redditività media
desumibile dalla verifica esperibile sui libri
contabili dell’impresa commerciale, tenendo altresì
conto della reale capacità reddituale di tale impresa
desumibile dall’osservazione di elementi certi quali
l’andamento economico e la tensione alla produzione di
reddito, rimanendo del tutto irrilevante – in quanto
non contemplato da specifica disposizione di legge – il
requisito della gestione personale dell’impresa da
parte del de culus o dei suoi eredi, in quanto estraneo
all’ambito di osservazione relativa alla valutazione
dell’azienda trasferita”.
Il motivo è fondato.
Serve

ricordare

come

l’avviamento

debba

farsi

consistere, secondo l’opinione comune, nella capacità
del complesso aziendale di produrre reddito. E’ vero
che in caso di trasferimento d’azienda si è in dottrina
ulteriormente distinta una componente oggettiva
dell’avviamento che consegue automaticamente la
cessione, da una componente soggettiva p.es. legata
alla personale capacità dell’imprenditore di attirare
clientela. Sennonché, con specifico riferimento

5

utilizzando – come metodo di quantificazione – anche

all’imposta di successione, l’art. 15, comma 1, d.lgs.
31 ottobre 1990, n. 346, nel testo applicabile
temporis,

ratione

disponeva che dovesse rientrare

nell’imponibile ereditario il valore l’avviamento senza
distinzione di componente. Tant’è vero che, per esempio
in ipotesi di impossibilità di continuazione

l’avviamento dovesse comunque assoggettarsi ad imposta
e quindi senza alcuna considerazione circa la esclusiva
capacità del

de culus di produrre reddito (Cass. sez.

trib. n. 16834 del 2008; cass. sez. trib. n. 12777 del
2001; per l’irrilevanza delle qualità soggettive
dell’imprenditore, v. in tema d’imposta di registro
Cass. sez. trib. n. 8642 del 2011; Cass. sez. trib. n.
28751 del 2005). Cosicché, anzi a maggior ragione, deve
escludersi che ai fini della determinazione del valore
d’avviamento in parola debba sottrarsi il valore da
attribuirsi all’eventuale personale capacità
dell’imprenditore che conduce in affitto l’azienda di
produrre reddito.
3. Assorbito il terzo motivo.
4. L’impugnata decisione deve esser perciò cassata con
rinvio.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il primo motivo di
ricorso, accoglie il secondo, dichiara assorbito il
terzo, cassa l’impugnata sentenza e rinvia alla
Commissione Tributaria Regionale del Lazio, altra
sezione, che nel decidere la controversia dovrà

6

dell’impresa, questa Corte ha sempre ritenuto che

-

AJATERIA 71 .1: i- ..)L.IT,\R1A s
uniformarsi ai superiori principi oltreché regolare le

spese di ogni fase e grado.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del

giorno 23 ottobre 2013

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