Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26753 del 22/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 22/12/2016, (ud. 29/09/2016, dep.22/12/2016),  n. 26753

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7905/2015 proposto da:

INPS ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del

legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso L’AVVOCATURA CENTRALE

DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati GIUSEPPINA

GIANNICO, LUIGI CALIULO, SERGIO PREDEN, ANTONELLA PATTERI, giusta

procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

A.A., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DELLE MILIZIE,

38, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI ANGELOZZI, che la

rappresenta e difende, giusta procura in atti;

– resistente –

avverso la sentenza n. 4754/2014 della CORTE D’APPELLO di ROMA del

19/05/2014, depositata il 19/09/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

29/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROSSANA MANCINO;

udito l’Avvocato Lidia Carcavallo per delega orale dell’avvocato

Sergio Preden difensore del ricorrente che insiste per

l’accoglimento del ricorso;

udito l’Avvocato Giovanni Angelozzi difensore della resistente

insiste per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E MOTIVI DELLA DECISIONE

1. La Corte pronuncia in camera di consiglio ex art. 375 c.p.c., a seguito di relazione a norma dell’art. 380 bis c.p.c., condivisa dal Collegio.

2. La Corte d’Appello di Roma, in accoglimento del gravame svolto dall’attuale intimata avverso la sentenza impugnata, ha accolto la domanda proposta per il riconoscimento del diritto alla pensione di vecchiaia, invocando il regime derogatorio più favorevole previsto dal D.Lgs. n. 503 del 1992, art. 2, sul presupposto di possedere un’anzianità contributiva tra il 1971 e il 2008, pur avendo lavorato per tre anni, nell’arco del decennio, per l’intera durata dell’anno solare ma senza accredito contributivo pari alle 52 settimane.

3. L’INPS ha proposto ricorso per cassazione fondato su un articolato motivo.

4. L’intimata ha resistito con controricorso.

5. Il ricorso e qualificabile come manifestamente fondato, alla stregua dei precedenti di questa Corte, nn. 3044, 10510 del 2012 e 25205 del 2013 e del seguente principio di diritto enunciato da Cass. 10510/2012: “la deroga all’applicabilità del regime previdenziale introdotto con il decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, prevista, dall’art. 2, comma 3, lett. b) del citato decreto legislativo, per i lavoratori, con anzianità assicurativa di almeno venticinque anni, occupati, per almeno un decennio, per periodi inferiori all’intero anno solare (di durata inferiore a 52 settimane nell’anno solare), non è suscettibile di applicazione analogica, nè di interpretazione estensiva e non trova, pertanto, applicazione per i lavoratori addetti ai servizi domestici e familiari che, a parità delle altre condizioni richieste dalla norma, possano far valere una minore contribuzione per aver lavorato, per circa un decennio, per l’intero anno solare, con orario inferiore alle ventiquattro ore settimanali. Nè la disposizione si appalesa in contrasto con il canone di ragionevolezza, atteso il consolidato insegnamento della giurisprudenza costituzionale e di legittimità secondo cui la determinazione dei tempi, dei modi e della misura delle prestazioni sociali, salvo il limite della ragionevolezza, è comunque rimessa alla discrezionalità del legislatore che può sempre intervenire, con leggi peggiorative, persino su trattamenti pensionistici in corso di erogazione”.

6. Così gli argomenti già svolti da questa Corte, nelle citate sentenze.

7. L a materia è regolata dalla legge di delegazione 23 ottobre 1992, n. 421, recante “Delega al governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanità, di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale”, con la quale sono stati modificati i requisiti dell’età anagrafica per il diritto alla pensione di vecchiaia a carico dell’a.g.o. e dell’anzianità contributiva minima, elevata a venti anni, invitando il legislatore delegato ad introdurre la graduale elevazione dell’anzianità contributiva minima e a disciplinare le deroghe per l’applicazione del più favorevole regime previgente (anzianità contributiva minima di quindici anni).

8. L’art. 3 della citata legge di delegazione ha, pertanto, per quanto qui rileva, introdotto il seguente criterio direttivo: “g) graduale elevazione da quindici anni a venti anni del requisito di assicurazione e contribuzione per il diritto a pensione dei lavoratori dipendenti ed autonomi, in ragione di un anno ogni due anni, con esclusione… dei soggetti che per un periodo non inferiore a dieci anni solari siano assicurati in relazione a rapporti di lavoro a tempo determinato inferiore a cinquantadue settimane per anno solare, purchè risultino assicurati da almeno venticinque anni…”.

9. Il legislatore delegato, uniformandosi ai predetti criteri direttivi, con il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, ha riordinato il sistema previdenziale dei lavoratori privati e pubblici e disciplinato il nuovo regime dei requisiti assicurativi e contributivi per il pensionamento di vecchiaia.

10. Il D.Lgs. n. 503 cit., art. 2, così recita: “1. Nel regime dell’assicurazione generale obbligatoria per i lavoratori dipendenti ed i lavoratori autonomi il diritto alla pensione di vecchiaia è riconosciuto quando siano trascorsi almeno venti anni dall’inizio dell’assicurazione e risultino versati o accreditati in favore dell’assicurato almeno venti anni di contribuzione, fermi restando i requisiti previsti dalla previgente normativa per le pensioni ai superstiti. 2. In fase di prima applicazione i requisiti di cui al comma 1 sono stabiliti in base alla tabella B allegata. 3. In deroga ai commi 1 e 2: a) continuano a trovare applicazione i requisiti di assicurazione e contribuzione previsti dalla previgente normativa nei confronti dei soggetti che li abbiano maturati alla data del 31 dicembre 1992, ovvero che anteriormente a tale data siano stati ammessi alla prosecuzione volontaria di cui al D.P.R. 31 dicembre 1971, n. 1432, e successive modificazioni ed integrazioni; b) per i lavoratori subordinati che possono far valere un’anzianità assicurativa di almeno venticinque anni, occupati per almeno dieci anni per periodi di durata inferiore a 52 settimane nell’anno solare, è fatto salvo il requisito contributivo per il pensionamento di vecchiaia previsto dalla previgente normativa; c) nei casi di lavoratori dipendenti che hanno maturato al 31 dicembre 1992 una anzianità assicurativa e contributiva tale che, anche se incrementata dai periodi intercorrenti tra la predetta data e quella riferita all’età per il pensionamento di vecchiaia, non consentirebbe loro di conseguire i requisiti di cui ai commi 1 e 2, questi ultimi sono corrispondentemente ridotti fino al limite minimo previsto dalla previgente normativa”.

11. La deroga al nuovo regime previdenziale, clic rileva nella vicenda che ci occupa, risulta dalla richiamata lettera b) del comma 3 dell’art. 2, secondo cui per i lavoratori subordinati che possono far valere un’anzianità assicurativa di almeno venticinque anni, occupati per almeno dieci anni per periodi di durata inferiore a cinquantadue settimane nell’anno solare, è fatto salvo il requisito contributivo per il pensionamento di vecchiaia previsto dalla previgente normativa.

12. La predetta ipotesi derogatoria che, disciplinando la successione nel tempo di leggi in materia previdenziale, rimanda ai più favorevoli previgenti requisiti contributivi per il pensionamento di vecchiaia, riguarda, expressis verbis, i lavoratori, con anzianità assicurativa di almeno venticinque anni, occupati, per almeno un decennio, per periodi inferiori all’intero anno solare (“di durata inferiore a 52 settimane nell’anno solare”) in relazione a peculiari attività lavorative che, per non coprire l’intero anno solare, non potevano far maturare la maggiore contribuzione richiesta dal D.Lgs. n. 503.

13. Il più favorevole regime contributivo è, pertanto, conservato e fatto salvo, dal legislatore della riforma previdenziale del 1992, a protezione di alcune categorie deboli di lavoratori subordinati che non possono far valere la contribuzione annua per l’intero anno solare per essere stati occupati per un periodo inferiore alle cinquantadue settimane, come del resto emerge dal citato criterio di delega al quale il legislatore delegato si è informato.

14. Si tratta ora di vedere se il più favorevole regime previgente, conservato dalla norma derogatoria de qua (per esempio, a favore dei lavoratori in agricoltura), possa ricomprendere o si possa estendere alle lavoratrici e ai lavoratori che, a parità di altri requisiti (l’anzianità assicurativa di almeno venticinque anni), siano stati occupati, per almeno un decennio, per l’intero anno solare, ma possano vantare, al pari dei lavoratori non occupati per l’intero anno solare, un minor numero di contributi annui in ragione dell’orario lavorativo settimanale.

15. L’argomento pregnante a sostegno della tesi propugnata dalla lavoratrice e dai Giudici del merito si sostanzia nell’identificazione di un’unica categoria di lavoratori meritevoli di protezione comprensiva dei lavoratori e delle lavoratrici che non possano far valere una contribuzione annua piena, indipendentemente dalla circostanza che siano stati occupati per l’intero anno solare o solo in parte, ma comunque con una contribuzione di minor peso per il sistema di accredito.

16. Il favore del legislatore in deroga sarebbe comunque indirizzato, secondo i Giudici del merito, verso tali lavoratori deboli che possono far valere solo una contribuzione inferiore a quella piena.

17. Tale opzione interpretativa, ispirata alla ratio sottesa alla legge delegata di non creare discriminazioni irragionevoli non per effetto della durata del rapporto di lavoro nell’annualità ma per il solo effetto delle modalità della prestazione (part-time orizzontale, lavoro a domicilio, lavoro domestico) ed affidata, dai Giudici del merito, al paradigma dell’interpretazione costituzionalmente orientata, già è stata ritenuta non condivisa, dalla Corte di legittimità, nelle sentenze sopra richiamate, per molteplici profili.

18. All’evidenza, la richiamata norma, dettata dal citato D.Lgs. n. 503, art. 2, comma 3, ha introdotto disposizioni derogatorie alla riforma previdenziale del 1992, così regolando, specificamente e tassativamente, per alcune particolari categorie di lavoratori, la successione di leggi in materia previdenziale, con l’applicazione della disciplina previgente “in deroga”, onde, per l’esplicita connotazione di norma derogatoria, ne resta preclusa l’interpretazione estensiva, mentre quella analogica, dovendo considerarsi la disposizione de qua norma eccezionale (come tutte le norme che introducono discipline transitorie), è vietata dall’art. 14 preleggi.

19. E’ pur vero che, in qualche isolato precedente, questa Corte ha ritenuto consentita l’interpretazione estensiva anche con riferimento a disposizioni eccezionali o di carattere tassativo (v., al riguardo, Cass. 10304/1991), ma, di fatto, anche in quel caso è stato disegnato l’ambito fino al quale l’interprete può spingersi, valorizzando l’esplicitazione del contenuto della norma, senza nulla aggiungere alla portata della medesima.

20. E nella specie, la portata e il contenuto della disposizione fanno chiaramente riferimento all’intento del legislatore di proteggere, con il più favorevole regime previgente, i lavoratori non occupati per l’intero anno solare e non già i lavoratori che, sebbene occupati nell’intero anno solare, possano anch’essi far valere una minore contribuzione.

21. Del pari, quanto alla possibilità di sperimentare, del testo legislativo in esame, un significato compatibile con quello costituzionale onde orientarne l’interpretazione (sì da pervenire ad un’interpretazione costituzionalmente orientata come tentato dalla Corte di merito), va rimarcato che qualsiasi interpretazione costituzionalmente orientata della normativa delegata non può essere svolta che sul solco tracciato) dalla delega legislativa, a pena di conferire alla norma primaria delegata una forza normativa che essa intanto possiede in quanto l’esercizio della potestà legislativa da parte dell’Esecutivo si sia conformato alla delega legislativa e la lettura della disposizione così risultante si conformi alla costituzione senza forzarne o alterarne la vis normativa e la portata.

22. Del pari, questa Corte, nelle richiamate sentenze, ha anche disaminato la conformità al canone costituzionale di ragionevolezza della disposizione che non include altre categorie ritenute meritevoli di protezione giacchè parimenti provviste di minor contribuzione benchè occupate per l’intero anno solare, richiamando il consolidato insegnamento della giurisprudenza costituzionale e di legittimità secondo cui la determinazione dei tempi, dei modi e della misura delle prestazioni sociali, salvo il limite della ragionevolezza, è comunque rimessa discrezionalità del legislatore nel bilanciamento dei diversi interessi contrapposti che può sempre intervenire, con leggi peggiorative, persino su trattamenti pensionistici in corso di erogazione (ex multis, Corte cost. n. 36 del 2012 e numerose altre; Cass. 9998/2009; Cass. 11947/2005)” (così Cass. 10510/2012 cit.; da ultimo v. anche Corte cost. n. 203 del 2014).

23. All’accoglimento del ricorso segue la cassazione della decisione impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito con il rigetto dell’originaria domanda.

24. L’esito alterno dei giudizi di merito e il recente consolidarsi del richiamato orientamento di legittimità consigliano la compensazione delle spese dell’intero processo.

PQM

La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originaria domanda; spese compensate dell’intero processo.

Così deciso in Roma, il 29 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2016

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