Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26752 del 22/12/2016


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Cassazione civile, sez. VI, 22/12/2016, (ud. 29/09/2016, dep.22/12/2016),  n. 26752

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CURZIO Pietro – Presidente –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. FERNANDES Giulio – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 10862/2015 proposto da:

G.R., elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE DELLE

MILIZIE, 9, presso lo studio dell’avvocato ENRICO LUBERTO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato DARIO ROSSI, giusta

delega in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

ARCESE TRASPORTI S.P.A., P.IVA (OMISSIS), in persona del Procuratore

Speciale, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI GRACCHI 128,

presso lo studio dell’avvocato LEXELLENT STUDIO, rappresentata e

difesa dagli avvocati GIORGIO SCHERINI e ZARA ARCESE, giusta procura

a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 22533/2014 della CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

di ROMA, emessa il 09/04/2014 e depositata il 23/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

29/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. GIULIO FERNANDES;

udito l’Avvocato Dario Rossi, per il ricorrente, che chiede

l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 29 settembre 2016, ai sensi dell’art. 375 c.p.c., sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:

“Questa Corte, con sentenza n. 22533/2014 del 23 ottobre 2014, ha rigettato il ricorso proposto da G.R. nei confronti della Arcese Trasporti s.p.a. avverso la decisione della Corte di appello di Torino del 19 gennaio 2012 che, accogliendo il gravarne proposto dalla società, aveva rigettato la domanda del G. intesa alla declaratoria di illegittimità del licenziamento intimato il 7 novembre 2008 ed alla reintegra nel posto di lavoro.

Di tale decisione chiede la revocazione ex art. 395 c.p.c., comma 1, n. 4, il G. affidando il ricorso a due motivi cui la Arcese Trasporti s.p.a. resiste con controricorso.

Il ricorrente deduce che questa Corte sarebbe incorsa in errore di fatto risultante dagli atti di causa:

– (primo motivo) avendo fondato il rigetto del terzo motivo di ricorso sulla supposizione dell’inesistenza di fatti la cui verità sarebbe positivamente stabilita (la disponibilità del lavoratore ad essere assegnato a mansioni diverse ed inferiori senza limitazioni territoriali) e sulla supposizione di fatti la cui esistenza sarebbe incontrastabilmente esclusa dai documenti in atti (la disponibilità del G. ad essere trasferito esclusivamente presso le sedi in provincia di Torino);

– (secondo motivo) avendo ritenuto nuovo ed inammissibile il richiamo alle mansioni contrattuali del CCNL Trasporto laddove, invece, tale CCNL era stato riportato (in particolare, l’art. 6) sin dal ricorso introduttivo del giudizio e per non aver considerato le circostanze che un collega di esso ricorrente – anch’egli divenuto inabile alla mansione di autista, ma successivamente – era stato mantenuto in servizio con mansioni diverse e che esso istante era rimasto in servizio presso la filiale di (OMISSIS) dal novembre 2010 all’aprile 2011.

Entrambi i motivi sono inammissibili non denunciando un errore di fatto previsto dall’art. 395 c.p.c., n. 4, idoneo a determinare la revocazione delle sentenze, comprese quelle della Corte di Cassazione, che secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte deve: 1) consistere in una errata percezione del fatto, in una svista di carattere materiale, oggettivamente ed immediatamente rilevabile, tale da avere indotto il giudice a supporre la esistenza di un fatto la cui verità era esclusa in modo incontrovertibile, oppure a considerare inesistente un fatto accertato in modo parimenti indiscutibile; 2) essere decisivo, nel senso che, se non vi fosse stato, la decisione sarebbe stata diversa; 3) non cadere su di un punto controverso sul quale la Corte si sia pronunciata; 4) presentare i caratteri della evidenza e della obiettività, sì da non richiedere, per essere apprezzato, lo sviluppo di argomentazioni induttive e di indagini ermeneutiche; 5) non consistere in un vizio di assunzione del fatto, nè in un errore nella scelta del criterio di valutazione del fatto medesimo. Sicchè detto errore non soltanto deve apparire di assoluta immediatezza e di semplice e concreta rilevabilità, senza che la sua constatazione necessiti di argomentazioni induttive o di indagini ermeneutiche, ma non può tradursi, in un preteso, inesatto apprezzamento delle risultanze processuali, ovvero di norme giuridiche e principi giurisprudenziali: vertendosi, in tal caso, nella ipotesi dell’errore di giudizio, inidoneo a determinare la revocabilità delle sentenze della Cassazione (fra le tante Cass. sez. un. 7217/2009, nonchè 22171/2010; 23856/2008; 10637/2007; 7469/2007; 3652/2006; 13915/2005; 8295/2005).

Ed infatti, con riferimento al primo motivo di revocazione, occorre ricordare che la corte territoriale aveva ritenuto provata dalla Arcese Trasporti l’impossibilità del “repechage” in relazione alle due (sole) sedi ((OMISSIS)) per le quali il lavoratore aveva espressamente richiesto il reintegro, rilevando che la mera successiva dichiarazione del lavoratore di essere disposto a riprendere servizio presso qualunque sede non fosse sufficiente a soddisfare l’onere del lavoratore di allegare la possibilità di essere adibito ad altre mansioni in tali altre sedi (che dovevano, pertanto, essere escluse dalla verifica della possibilità di “repechage”).

Questa Corte ha osservato – nel motivare il rigetto del terzo motivo del ricorso proposto dal G. – di dover escludere che il lavoratore avesse dato “..la sua specifica disponibilità ad esser trasferito presso sedi diverse da quelle di (OMISSIS)…” non solo sul rilievo che il ricorrente non aveva dimostrato di aver dato detta disponibilità, ma anche sulla interpretazione del ricorso introduttivo del giudizio così giungendo alla conclusione che correttamente il giudice del gravame aveva incentrato la verifica della possibilità di un “repechage” del lavoratore solo con riferimento alle predette due sedi della Arcese Trasporti.

Quindi, non si è in presenza di un errore revocatorio inteso nei sensi sopra precisati in quanto non risulta essere decisivo, involge un punto controverso sul quale questa Corte si è pronunciata e la censura si traduce, piuttosto, in un preteso, inesatto apprezzamento delle risultanze processuali.

Riguardo al secondo motivo di revocazione si osserva che il quarto motivo del ricorso per cassazione era stato ritenuto inammissibile in quanto, nel complesso, richiedeva una rivisitazione del merito della controversia non consentita in sede di legittimità. E’ tale giudizio e non una errata percezione del fatto, una svista di carattere materiale, oggettivamente ed immediatamente rilevabile che la censura all’esame finisce con il denunciare.

Per tutto quanto esposto, si propone la declaratoria di inammissibilità del ricorso con ordinanza, ai sensi dell’art. 391 bis c.p.c.”.

Sono seguite le rituali comunicazioni e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.

Il G. ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c., comma 2, che finisce con il ribadire le argomentazioni di cui al ricorso ma che non scalfiscono il contenuto della relazione che è pienamente condivisa dal Collegio.

Ed infatti, l’errore lamentato non è decisivo in quanto la motivazione della revocanda sentenza si fonda anche sulla interpretazione del ricorso introduttivo del giudizio. Peraltro, il fatto controverso non è la completezza o meno del fascicolo di parte, bensì l’esistenza o meno della disponibilità del G. ad essere trasferito presso sedi diverse da quelle di (OMISSIS).

Alla luce di quanto esposto, il ricorso va dichiarato inammissibile. spese del presente giudizio, per il principio della soccombenza, sono poste a carico del ricorrente e vengono liquidate come da dispositivo.

Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dal D.P.R. 30 maggio, art. 13, comma 1 quater, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 (legge di stabilità 2013). Tale disposizione trova applicazione ai procedimenti iniziati in data successiva al 30 gennaio 2013, quale quello in esame, avuto riguardo al momento in cui la notifica del ricorso si è perfezionata, con la ricezione dell’atto da parte del destinatario (Sezioni Unite, sent. n. 3774 del 18 febbraio 2014). Inoltre, il presupposto di insorgenza dell’obbligo del versamento, per il ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (Cass. n. 10306 del 13 maggio 2014).

PQM

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio liquidate in Euro 100,00 per esborsi, Euro 2.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese forfetario nella misura del 15%.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 29 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2016

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