Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26751 del 13/12/2011

Cassazione civile sez. I, 13/12/2011, (ud. 19/10/2011, dep. 13/12/2011), n.26751

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – rel. Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

Dott. DE CHIARA Carlo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 109/2007 proposto da:

B.S. (C.F. (OMISSIS)), elettivamente

domiciliato in ROMA, PIAZZA B. GASTALDI 1, presso l’avvocato BENUCCI

Claudio, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato LISSONI

ROBERTO, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

M.L. (C.F. (OMISSIS)), M.F.,

C.R., M.P., nella qualità di erede di

M.B., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CLITUNNO

51, presso l’avvocato ONAGRO Franco, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato TONETTO GIANCARLO, giusta procura a margine

del controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 645/2006 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 11/03/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

19/10/2011 dal Consigliere Dott. ROSA MARIA DI VIRGILIO;

udito, per il ricorrente, l’Avvocato CLAUDIO BENUCCI che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

LETTIERI Nicola, che ha concluso per l’accoglimento del primo motivo

di ricorso e per l’assorbimento dei restanti motivi.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione notificata il 14/11/2000, M.L., M.F., M.B. e C.R. chiedevano la condanna di B.S. alla cessione dell’ultima parte, pari al 15%, delle quote della RE. AL Service Pie s.r.l., che il B. si era obbligato con la scrittura del 10/6/98 a cedere agli attori sino a concorrenza dell’85% del capitale sociale, con autorizzazione all’annotazione della sentenza nel libro della società.

Il B. si costituiva e chiedeva la sospensione del giudizio sino alla definizione del giudizio pendente tra le stesse parti avanti al Tribunale di Milano, in cui lo stesso B. aveva chiesto il pagamento del 15% delle quote di cui gli attori chiedevano il trasferimento.

Il giudizio veniva sospeso.

Nella sentenza emessa a seguito della riassunzione, il Tribunale di Monza, sez. distaccata di Desio, respingeva la domanda attorea.

La Corte d’appello, con sentenza 11 marzo 2006, in accoglimento dell’impugnazione ed in riforma della sentenza appellata, ha condannato il B. a trasferire ai M. – C. il residuo 15% dell’85% delle quote sociali della RE.AL Service Pie s.r.l., autorizzando l’annotazione della pronuncia nel libro soci, ed ha condannato il B. al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio.

La Corte del merito, premesso che una volta intervenuta e passata in giudicato la sentenza del Tribunale di Milano, che aveva respinto le domande del B. ed escluso la fondatezza dell’exceptio inadimpleti da questi sollevata e la sussistenza di ragioni creditorie di questi verso le controparti, il 1^ giudice aveva ritenuto di decidere senza vincolo di giudicato sul profilo rilevabile d’ufficio della inaccoglibilità della domanda ex art. 2932 c.c., per mancata esecuzione della controprestazione o mancata offerta della stessa controprestazione che non era la nomina del B. a consigliere della RE.AL. Service Pie, ma il corrispettivo della cessione, pur non espressamente indicato nel contratto 10/6/98, ma “pacificamente esistente”, ha rilevato che la domanda del B. in giudizio era stata limitata alla richiesta (subordinata) di trasferire il 15% delle quote “solo a fronte del pagamento degli importi richiesti nella causa pendente avanti il Tribunale di Milano”, cioè i compensi previsti dalla clausola 6) dell’accordo del 10/6/98, e quindi L. 10.500.000 fissi al mese oltre al rimborso spese ed alla percentuale del 5% sul fatturato annuo della società (v. citazione nella causa definita dal Tribunale di Milano), e che quindi non risultava, dalla stessa parte che pretendeva la controprestazione della cessione, che fosse stato pattuito un corrispettivo della cessione diverso ed ulteriore rispetto a quello previsto nella clausola 6) dell’accordo del 10/6/98.

Secondo la Corte milanese, la pronuncia del Tribunale di Milano, passata in giudicato, aveva respinto le domande di B., rilevando che dai negozi collegati risultava che il corrispettivo complessivo a favore di questi era “costituito dalla carica di amministratore con i compensi indicati nella scrittura privata”, e che l’attore non aveva provato il fatto costitutivo dell’adempimento, giustificativo della richiesta pronuncia di condanna, non avendo prodotto alcun atto di trasferimento quote; nè la fondatezza delle ragioni creditorie di B. poteva ricavarsi dall’ espressione della sentenza passata in giudicato (nei termini seguenti: “Possono quindi ravvisarsi negozi collegati (pur rilevandosi che il prezzo delle quote Real Service Pie da cedere non è prestabilito) a fronte di un corrispettivo complessivo (in favore di B. costituito dalla carica di amministratore con i compensi indicati nella scrittura privata)”, come ritenuto dal 1^ Giudice, atteso che, nel contesto della decisione ed alla luce delle affermazioni e richieste del B., l’espressione significava, al contrario, che non sussisteva un prezzo della cessione diverso ed ulteriore rispetto al “corrispettivo complessivo” costituito dalla carica di amministratore, con i compensi previsti nella scrittura privata del 10/6/98, alla clausola 6.

Nessun credito quindi poteva vantare il B. in forza del giudicato quale corrispettivo della cessione, e non era giustificato il rifiuto dello stesso di trasferire le quote, sussistendo pertanto tutte le condizioni per disporre l’esecuzione specifica dell’obbligazione di trasferimento.

Nè infine, si poteva tenere conto delle diverse conclusioni del B. come precisate in udienza e riportate nella sentenza impugnata, perchè amplianti inammissibilmente la materia del contendere.

Ricorre B.S. sulla base di tre motivi.

Hanno depositato controricorso M.L., M. F., C.R. e M.P., quale erede di M.B..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

1.1.- Con il primo motivo, il ricorrente denuncia vizio di violazione o falsa applicazione dell’art. 2909 c.c..

Secondo il ricorrente, dall’analisi della sentenza resa dal Tribunale di Milano e passata in giudicato, emerge con chiarezza che le domande proposte in detto giudizio dallo stesso B. non facevano in alcun modo riferimento all’obbligazione di pagamento del prezzo delle quote societarie oggetto della presente controversia; il Tribunale di Milano si è occupato solo di verificare l’esistenza della cessione come elemento costitutivo delle pretese azionate, non essendo oggetto del giudizio l’adempimento del contratto di cessione in sè, ma solo le obbligazionì di cui ai punti 5) e 6) del contratto del 10/6/98, condizionate dall’esistenza della cessione; la Corte territoriale, secondo il ricorrente, ha esaminato la sentenza n. 4425/02 senza considerare i limiti dell’accertamento richiesti al Giudice, e restando condizionata dalle domande su cui la Corte era stata chiamata a decidere, ricavando una pronuncia sull’esistenza del prezzo di cessione, pur non essendo oggetto di detto giudizio l’adempimento del contratto di cessione ed i suoi elementi costitutivi.

1.2.- Con il secondo motivo, il B. denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 2697 e 2932 c.c.; secondo la parte, la Corte territoriale ha ritenuto di non potere ritenere mancante la prova dell’adempimento da parte degli attori dell’obbligo di pagamento delle quote sociali, perchè non era stato eccepito l’inadempimento nè chiesto dal B. l’adempimento, e perchè era stata dimostrata l’infondatezza dell’eccezione di inadempimento formulata dal B., con ciò determinando un’inaccettabile inversione dell’onere della prova, spettando agli attori ex art. 2932 c.c., fornire la prova dei fatti a fondamento del diritto azionato, ovvero l’avvenuta esecuzione della prestazione o l’offerta della medesima nei modi di legge.

Tale circostanza non era stata neppure affermata dai sigg.

M. e C. se non nella prima conclusionale depositata il 16/1/2002 ed il B., pur non avendo eccepito l’inadempimento in sede di costituzione, aveva più volte ribadito lo stesso negli scritti successivi; non era rilevante la mancata richiesta in via riconvenzionale del prezzo della cessione, essendo tale domanda in disponibilità della parte, e comunque detta domanda era stata successivamente proposta in autonomo giudizio, attualmente pendente presso il Tribunale di Monza.

Secondo il ricorrente, la violazione dell’art. 2697 c.c., da parte della Corte del merito è evidente laddove, alle pagine 16 e 17, ha ritenuto di non potere tenere conto delle conclusioni del B. come precisate in udienza, mentre lo stesso si era limitato a chiedere il rigetto o l’improcedibilità delle domande avversarie, non avendo gli attori eseguito la prestazione sugli stessi gravante nè avendone fatto offerta nei modi di legge, e quindi non vi era alcuna novità della domanda, facendo già parte del giudizio l’avvenuta esecuzione o l’offerta di esecuzione della prestazione, con onere probatorio gravante sugli attori.

1.3.- Con il terzo motivo, il ricorrente denuncia vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatto controverso e decisivo per il giudizio, ovvero che l’unico corrispettivo previsto per il trasferimento delle quote di proprietà fosse quello oggetto della domanda di cui alla sentenza del Tribunale di Milano, passata in giudicato. Secondo il B., la Corte territoriale ha valutato solo la sentenza di primo grado, la pronuncia del Tribunale di Milano n. 4425/02 e gli atti depositati dalle parti,senza rileggere ed interpretare l’accordo che costituisce il titolo azionato; non si è accorta che C. e M. nella prima comparsa conclusionale del 16/1/2002, a pag. 9, rigo 18, avevano confermato l’esistenza del corrispettivo pattuito per la cessione; in particolare, dalla clausola 4) dell’accordo del 10/6/1998, “emerge l’esistenza di rapporto di corrispettività fra l’obbligazione di trasferimento delle quote delle due società RE.AL. Service, da un lato, ed il pagamento del corrispettivo dovuto al M. per la cessione delle quote al B. del 50% di AXSE s.r.l.”.

2.1.- Il primo motivo è infondato.

Infondata è infatti la deduzione del ricorrente, secondo cui la Corte d’appello avrebbe inteso erroneamente l’oggetto del giudicato formatosi con la pronuncia del Tribunale di Milano, n. 4425/02, come inerente al prezzo della cessione delle quote, che, in tesi, non avrebbe riguardato l’obbligazione di pagamento delle quote, ma l’esistenza del vincolo di corrispettività tra il contratto di cessione delle quote e le obbligazioni contenute nelle clausole sub 5) e 6) della scrittura, da cui la richiesta di condanna dei sigg.

C. e M. a versare, o in alternativa a far in modo che la società RE.AL Service Pie versasse al B. il 5% dei fatturati annui della detta società a far tempo dal giugno 1998, oltre ai compensi previsti dalla clausola 6). Ciò posto, va resa applicazione dei principi espressi dalle S.U. nella pronuncia 24664/2007, seguita dalle successive pronunce conformi 2732/08, 11501/08, 21200/09, secondo cui, come efficacemente rilevato in detta ultima pronuncia “a) il giudice di legittimità deve accertare l’esistenza e la portata del giudicato con cognizione piena, che si estende anche al diretto riesame degli atti del processo ed alla diretta loro valutazione ed interpretazione mediante indagini ed accertamenti, anche di fatto, indipendentemente dalla interpretazione data al riguardo dal giudice del merito: ciò in ragione della riconosciuta natura pubblicistica dell’interesse al rispetto del giudicato; della ritenuta indisponibilità per le parti dell’autorità di quest’ultimo; della ravvisata identità dell’operare dei due tipi di giudicato, interno ed esterno; e della inclusione delle correlative questioni nella sfera delle questioni di diritto piuttosto che in quella delle questioni di fatto; b) il giudicato non deve,infatti, essere incluso nel fatto e, pur non identificandosi nemmeno con gli elementi normativi astratti, è da assimilarsi, per la sua intrinseca natura e per gli effetti che produce, a tali elementi normativi; con la conseguenza che l’interpretazione del giudicato deve essere trattata piuttosto alla stregua dell’interpretazione delle norme che non alla stregua dell1interpretazione dei negozi e degli atti giuridici; c) costituendo, a sua volta, l’interpretazione del giudicato operata dal Giudice del merito non un apprezzamento di fatto ma, una quaestio iuris – la stessa è sindacabile, in sede di legittimità, non per il mero profilo del vizio di motivazione, ma nella più ampia ottica della violazione di legge; e gli eventuali errori di interpretazione del giudicato rilevano quali errori di diritto (Cass. sez. un. 24664/2007; 13916/2006; 226/2001)”.

Alla stregua di detti principi, va pertanto esaminata la sentenza del Tribunale di Milano dell’11/4/2002, al fine di individuare l’oggetto del giudicato.

Allo scopo, si rileva che dalla pronuncia risulta che in sede di conclusioni, il B. aveva chiesto darsi atto della propria disponibilità al trasferimento a favore dei M. e C. (oltre che di altra parte di detto giudizio) delle quote della REAL Service Pie s.r.l. ancora dovute in base alla clausola 4) dell’accordo del 10/6/98, e per l’effetto condannare dette parti a versare in solido o, in alternativa a fare in modo che versasse la REAL Service Pie il 5% dei fatturati annui della società a far tempo dal giugno 1998, data in cui era stato nominato il Consiglio di Amministrazione, e disporre che i convenuti facessero si che il B. continuasse a rimanere consigliere della REAL Service Pie, condannando gli stessi a versare direttamente o per tramite della REAL Service Pie i compensi previsti dalla clausola 6) dell’accordo, e cioè “L. 10.500.000 fissi al mese, oltre al rimborso spese ed una percentuale del 5% sul fatturato annuo della società Real Service Pie s.r.l.”.

In motivazione, in detta pronuncia si rileva che, nella stessa prospettazione attorea (cfr. memoria del 6/3/01) l’azione era rivolta “nei confronti di persone le quali, come contropartita di una cessione di quote societarie, si sono impegnate a fare avere al promittente degli importi finiti e degli importi variabili”, che l’accordo del 10/6/98 costituiva in sostanza un contratto preliminare, con il quale il B. aveva promesso di trasferire direttamente o indirettamente l’85% delle quote della due società Real Service e che “quale pagamento per l’intestazione delle quote di cui al contratto 10/6/98 i convenuti in forza degli impegni bilaterali hanno assunto a loro volta una serie di impegni economici…”, ed in particolare avevano garantito l’impegno del terzo, cioè delle due società Real Service, di cui avrebbero posseduto l’85% del capitale sociale, residuando il trasferimento del 15% delle quote, offerto dall’attore in causa.

Venendo all’esame della scrittura in oggetto, qualificata come una sorta di contratto quadro, il Tribunale ha rilevato che sulla base della stessa si prefiguravano gli assetti societari relativi alle due società REAL Service, REAL Service Pie e REAL Service, ed AXSE, in capo ai M., C., T. e B.; che, trasferito dal B. il primo 10% delle quote REAL Service Pie come da accordo, residuava il trasferimento del 10%, previsto per la seconda metà di luglio 1999, e del 5%, previsto per la seconda metà di luglio 2000, che l’attore si dichiarava pronto ad eseguire, a patto che i convenuti ottemperassero all’impegno di cui alla clausola 6) dell’accordo, prevedente il compenso degli amministratori delle due società REAL Service, e collegata alla clausola 5), prevedente l’obbligo di nominare comunque il B. nel nuovo Consiglio di Amministrazione; che si trattava di negozi collegati, pur rilevandosi che il prezzo delle quote da cedere non era prestabilito, a fronte del complessivo corrispettivo per il B., costituito dalla carica di amministratore, con i compensi indicati nella scrittura.

Ciò posto, il Tribunale, rilevato che l’attore non aveva provato l’adempimento, ovvero la cessione dei residui 10% e 5% delle quote, nè aveva chiesto pronunciarsi sentenza costitutiva, ha respinto la domanda attorea.

Orbene, alla stregua di quanto sopra analiticamente riportato, va rilevato che il B. aveva chiesto esattamente di accertare la controprestazione della cessione, che il Tribunale ha accertato nel senso di statuire che si trattava di un corrispettivo complessivo, pur non quantificato esattamente ex ante, ma costituito dalla carica di amministratore con i compensi fissi e variabili indicati nella scrittura.

L’operazione ermeneutica proposta dal ricorrente, intesa a prospettare quale oggetto del giudicato la mera esistenza della cessione quale “elemento costitutivo delle pretese azionate in giudizio dall’attore” (così pag. 14 del ricorso), in relazione di corrispettività con la richiesta di condanna dei convenuti all’adempimento delle obbligazioni di cui alle clausole 5) e 6) dell’accordo del 1998, è infondata, atteso che, a prescindere da ogni considerazione sulla prospettata scissione delle domande in relazione al medesimo titolo, nella specie, il B. nel giudizio definito con sentenza passata in giudicato aveva chiesto proprio di accertare la controprestazione delle controparti, ed il Tribunale ha accertato esattamente quanto chiesto dalla parte.

Nei limiti sopra indicati, la Corte milanese ha correttamente inteso l’ambito oggettivo del giudicato esterno formatosi sulla pronuncia del Tribunale di Milano, tale da precludere in radice la domanda del B. di pagamento del prezzo diverso ed ulteriore, rispetto alla controprestazione definitivamente accertata dal Tribunale di Milano.

2.2.- Anche il secondo motivo va respinto.

E’ sufficiente a riguardo rilevare la non congruenza tra la ratio decidendi della Corte territoriale ed il motivo, atteso che la preclusione da giudicato ha risolto in radice il profilo della controprestazione, si da assorbire ogni questione sull’adempimento dei M. – C. e sull’onere della prova in capo agli stessi. 2.3.- Il terzo motivo è infondato.

Anche per tale motivo, carente peraltro sotto il profilo dell’autosufficienza, nel riferimento al trasferimento anche delle quote di AXSE s.r.l. nell’ambito di un complesso rapporto, per il quale non sono state riportate nel complesso le clausole citate, nè indicato in quale atto e fase del processo siano stati fatti valere tali complessi elementi (ed anzi, nella stessa espositiva del ricorso, la parte ha dedotto di avere svolto le valutazioni in oggetto “anche in sede di comparsa conclusionale”, sì da conseguirne il rilievo di tardività), va rilevato che la preclusione da giudicato impedisce di considerare esistente una controprestazione diversa ed ulteriore rispetto a quella accertata dal Tribunale di Milano nella sentenza 4425/02.

3.1.- Conclusivamente, il ricorso va respinto.

Le spese del presente giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio, liquidate in Euro 5000,00, oltre Euro 200,00 per spese; oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 19 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2011

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