Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26749 del 13/12/2011

Cassazione civile sez. I, 13/12/2011, (ud. 18/10/2011, dep. 13/12/2011), n.26749

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. GIANCOLA Maria Cristina – rel. Consigliere –

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Consigliere –

Dott. BISOGNI Giacinto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 7662/2010 proposto da:

M.A. (c.f. (OMISSIS)), M.G. (c.f.

(OMISSIS)), M.M. (c.f. (OMISSIS)),

domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA CIVILE

DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato MASSA

Giunio, giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE, in persona del Ministro pro

tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso il decreto della CORTE D’APPELLO di FIRENZE, depositato il

20/08/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

18/10/2011 dal Consigliere Dott. MARIA CRISTINA GIANCOLA;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PRATIS Pierfelice, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato il 21.10.2008, M.A., G. e M. adivano la Corte di appello di Firenze chiedendo che il Ministero dell’Economia e delle Finanze fosse condannato a corrispondere loro l’equa riparazione prevista dalla L. n. 89 del 2001 per la violazione dell’art. 6, sul “Diritto ad un processo equo”, della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata e resa esecutiva con la L. 4 agosto 1955, n. 848.

Con decreto del 24.04-20.08.2009, l’adita Corte di appello, nel contraddittorio delle parti, dichiarava inammissibile il ricorso e compensava le spese processuali. Premesso che i ricorrenti avevano chiesto l’equa riparazione del danno subito per effetto dell’irragionevole durata del processo in tema di impugnazione di accertamento INVIM e rimborso di tale imposta asseritamente pagata in eccesso, instaurato dinanzi al giudice tributario, la Corte riteneva che tale processo fosse estraneo al novero di quelli contemplati dalla L. n. 89 del 2001.

Avverso questo decreto i M. hanno proposto ricorso per Cassazione, affidato a due motivi, illustrato da memoria e notificato il 15.03.2010 al Ministero dell’Economia e delle Finanze, che ha resistito con controricorso notificato il 22.04.2010, eccependo anche l’inammissibilità del ricorso per difetto di procura speciale.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Preliminarmente in rito:

– poichè i ricorrenti non hanno eletto domicilio in Roma, la notificazione del controricorso presso la cancelleria della Corte di cassazione deve essere ritenuta rituale, ai sensi delle disposizioni contenute nell’art. 366 cod. proc. civ., comma 2, e art. 370 cod. proc. civ.;

– deve essere, inoltre, respinta l’eccezione del Ministero, d’inammissibilità del ricorso, dato che il mandato apposto come nella specie, in calce al ricorso per cassazione è per sua natura mandato speciale e che l’indicazione di diversa autorità giudiziaria nel relativo testo, appare con evidenza frutto di mero errore materiale, pertanto inidonea ad escludere la positiva volontà dei conferenti di adire il giudice di legittimità.

A sostegno dell’impugnazione i ricorrenti denunziano:

1. “Violazione di legge – Violazione della L. n. 89 del 2001”.

Deducono:

che il 28.05.1981 avevano impugnato presso la Commissione tributaria di primo grado di Lucca un accertamento di valore a fini Invim, inerente alla consolidazione di un usufrutto immobiliare e che la lite era stata decisa in primo grado nel 1988, con pronuncia dichiarativa della cessazione della materia del contendere, stante il disposto dell’art. 80 della sopravvenuta L. n. 131 del 1986, e con condanna della controparte al chiesto rimborso dell’imposta percepita;

– che per effetto anche delle successive impugnazioni dell’ufficio, il processo si era protratto per complessivi 27 anni, essendo terminato nel 2008 a seguito di pronuncia della commissione tributaria centrale, che aveva confermato la decisione di primo grado.

Sostengono che a seguito dell’entrata in vigore del D.P.R. n. 131 del 1986, la domanda si proiettava nella mera obbligatorietà, disposta dalla legge, della restituzione delle somme indebitamente versate, costituenti credito, certo, liquido ed esigibile, essendo anche venuti meno tutti ì profili coinvolgenti il potere statale ad eccezione del solo l’obbligo di restituire dette somme.

2. “Violazione di legge – Violazione della L. n. 89 del 2001.

Violazione del dettato costituzionale art. 111 Cost.”, con riguardo alla espunzione delle controversie fiscali dall’ambito di applicazione della L. n. 89 del 2001.

I due motivi del ricorso, suscettibili di esame congiunto, non meritano favorevole apprezzamento.

La Corte distrettuale ha irreprensibilmente ricondotto la controversia presupposta all’ambito di quelle fiscali, individuandone oggetto e natura in base alla domanda introduttiva, involgente la base imponibile dell’imposta; nè la prospettazione secondo cui su tale controversia avevano inciso sopravvenienze normative in tema di imposta di registro sulla consolidazione dell’usufrutto (D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 80), riveste sul punto alcuna decisività contraria, posto che si trattava di normativa suscettibile di condizionare l’esito della lite in senso favorevole ai ricorrenti, anche in riferimento al consequenziale rimborso di quanto in ipotesi pagato indebitamente, ma certo inidonea ad elidere la sua originaria natura fiscale, implicando tra l’altro, stante l’impugnazione dell’ufficio, la persistente doverosità, anche in ordine al diritto al rimborso eventualmente vantato, dell’accertamento circa la debenza dell’imposta sia pure alla luce del nuovo assetto normativo.

D’altra parte, questa Corte se da un canto, con ormai costante e consolidato orientamento (tra le numerose altre, cfr. Cass. n. 21403 del 2005; n. 13657 del 2007; n. 19367 del 2008; n. 8980 del 2009; n. 8131 del 2010; n. 3270 del 2011), cui va data continuità, stante anche l’assenza di decisivi rilievi contrari da parte dei M., ha ritenuto le liti che involgono la base imponibile dell’imposta, quale quella di specie, estranee all’area di applicazione della L. n. 89 del 2001, in tema di equa riparazione, dall’altro ha anche già affermato in condivisi, precedenti arresti (Cass. n. 5275 del 2007;

Cass. n. 4119 del 2010), la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale, sollevata dai ricorrenti.

Conclusivamente il ricorso deve essere respinto, con condanna in solido dei ricorrenti, soccombenti, al pagamento, in favore del Ministero dell’Economia e delle Finanze, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna in solido M.A., G. e M. al pagamento in favore del Ministero dell’Economia e delle Finanze, delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in complessivi Euro 1.000,00 oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 18 ottobre 2011.

Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2011

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