Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26742 del 29/11/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 26742 Anno 2013
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: CRUCITTI ROBERTA

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE,

in persona del Direttore

generale pro tempore, elettivamente domiciliata in
Roma, via dei Portoghesi n.12 presso l’Avvocatura
Generale dello Stato che la rappresenta e difende
-ricorrentecontro
MONTI NEVIO.
-intimatoavverso la sentenza n.142/04/06 della Commissione
Tributaria Regionale dell’Emilia Romagna, depositata il
10.7.2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Data pubblicazione: 29/11/2013

udienza del 9.10.2013 dal Consigliere Roberta Crucitti;
udito per la ricorrente l’Avv.Carlo Maria Pisana che ha
concluso per l’accoglimento del ricorso;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott.Sergio Del Core, che ha concluso per

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Nevio Monti impugnò l’avviso di accertamento con
il quale il locale Ufficio delle Entrate aveva
rideterminato, ai fini IRPEF ed ILOR, il reddito di
impresa per l’anno 1997 e, ciò, a seguito di diversi
processi

verbali

di

constatazione

della

Polizia

Tributaria la quale, in presenza di contabilità non
regolarmente tenuta, aveva assunto, a base delle
rettifiche, costi indeducibili per carenza di
documentazione e movimenti bancari di un conto corrente
intestato al Monti nonchè di due libretti a risparmio,
ritenendo che tutte le operazioni registrate fossero
relative a ricavi non dichiarati.
L’adita Commissione Tributaria Provinciale, sulla
base delle risultanze di una esperita consulenza
tecnica d’ufficio, accoglieva il ricorso con decisione
che, appellata dall’Agenzia delle Entrate, veniva
confermata dalla Commissione Tributaria Regionale
dell’Emilia Romagna con la sentenza indicata in

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l’accoglimento del ricorso.

epigrafe.
I Giudici di appello, rilevato preliminarmente che
sulla statuizione relativa ai costi indeducibili si era
formato il giudicato implicito, ritenevano che le
risultanze della consulenza tecnica d’ufficio (secondo

bancari nel corso dell’anno 1996 era quasi certamente
relativo a movimenti annotati in contabilità e, quindi,
a ricavi dichiarati mentre per il restante 29,02%
esistevano indizi ed elementi tecnici tesi ad
avvalorare la tesi del ricorrente) avevano apportato in
causa elementi indiziari, di pari valore probatorio di
quelli presuntivi addotti dall’Ufficio, che
escludevano la definitiva operatività di quest’ultimi.
Avverso la sentenza ha proposto ricorso per
cassazione, affidato a cinque motivi, l’Agenzia delle
Entrate.
Nevio Monti non ha svolto attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo di ricorso -rubricato
violazione e falsa applicazione dell’art.56 d.lgs.
31.12.1992 n.546, in relazione all’art.360 n.4 c.p.c.)si deduce l’errore in cui sarebbe incorsa la
Commissione Tributaria emiliana nel ritenere che sui
costi non ammessi in detrazione ed ai redditi da

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cui almeno il 70,98% delle somme versate nei libretti

capitale si fosse formato il giudicato implicito non
essendo stata la statuizione, emessa sul punto dalla
Commissione Tributaria Provinciale, fatta oggetto di
specifica impugnativa da parte dell’Ufficio.
Secondo la prospettazione difensiva, invece, la

nel fatto e nel merito, tutti i rilievi diversi da
quelli aventi ad oggetto l’esito delle indagini
bancarie mentre in appello l’Ufficio aveva ribadito la
legittimità del proprio operato richiamandosi ad
entrambi i processi verbali di constatazione e, quindi,
anche al rilievo per i costi indeducibili e la ripresa
a tassazione del reddito da capitale.
1.1.11 motivo è fondato. Al riguardo, questa Corte ha
già avuto modo di affermare, in fattispecie analoga
alla presente (Cass.n.3330/2008; id. n.16049/2005; id
n.12700/2001), il principio, condiviso dal Collegio,
per cui nel processo tributario, in ragione della sua
natura di processo di impugnazione di atti autoritativi
dell’Amministrazione finanziaria, le ragioni poste a
base dell’atto impugnato (che contiene l’enunciazione
di dette ragioni, oltre che dei relativi presuppòsti di
fatto, stabilendo, nel contempo, i limiti dell’oggetto
del giudizio) si intendono acquisite agli atti del
processo, con la conseguenza che l’Amministrazione,

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sentenza di primo grado aveva del tutto tralasciato,

qualora in primo grado le questioni di merito poste a
fondamento

dell’atto

esaminate

in

impugnato
quanto

non

siano

ritenute

state

assorbite

dall’accoglimento di altre questioni preliminari
proposte dal contribuente, non ha l’onere di riproporle

al dibattito processuale soltanto a seguito di precisa
volontà manifestata dall’Amministrazione stessa.
Nella

specie,

peraltro,

l’Amministrazione
legittimità

del

con

finanziaria
proprio

l’atto
aveva

di

appello

ribadito

operato

e

la

chiesto

espressamente, in riforma della sentenza di primo
grado, la conferma dell’atto impugnato.
Pertanto, in applicazione del principio sopra esposto,
il processo d’appello doveva necessariamente
comprendere le questioni di merito poste a base
dell’accertamento e, a fronte della domanda articolata
in appello, certamente non poteva ritenersi, come
invece erroneamente statuito dalla Commissione
regionale, che sui rilievi aventi ad oggetto i costi
non ammessi in detrazione ed í redditi di capitale si
fosse formato il giudicato.
2.Con il secondo motivo la ricorrente deduce, sempre ai
sensi

dell’art.360

c.p.c.,

n.4

la

violazione

dell’art.32 e dell’art.58 comma 2 d.lgs.n.546/1992. In

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nell’atto di appello, potendo esse ritenersi sottratte

particolare, viene censurato il passo della sentenza
con il quale è stata ritenuta inammissibile la
produzione da parte dell’Agenzia delle Entrate per il
mancato rispetto del termine fissato dall’art.32
citato. Secondo la prospettazione difensiva il deposito

verificatosi nella specie, di rinvio dell’udienza di
discussione.
2.1.11 motivo è infondato. All’uopo è sufficiente
ribadire il principio espresso da questa Corte
(Sentenza n.2787/2006; n.23580/2009) secondo cui “In
tema di contenzioso tributario, l’art. 58 del d.lgs. 31
dicembre 1992, n.546 fa salva la facoltà delle parti di
produrre nuovi documenti anche al di fuori degli
stretti limiti consentiti dall’art.345 cod. proc.
civ.,ma tale attività processuale va esercitata -stante
il richiamo operato dall’art.61 del citato d.lgs. alle
norme relative al giudizio di primo grado – entro il
termine previsto dall’art.32, comma primo, dello stesso
decreto, ossia fino a venti giorni liberi prima
dell’udienza con l’osservanza delle formalità di cui
all’art.24, comma primo. Tale termine, anche in assenza
di espressa previsione legislativa, deve ritenersi di
natura perentoria, e quindi sanzionato con la
decadenza, per lo scopo che persegue e la funzione che

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di documenti era consentito anche nel caso,

adempie (rispetto del diritto di difesa e del principio
del contraddittorio):con la conseguenza che resta
inibito al giudice di appello fondare la propria
decisione sul documento tardivamente prodotto anche nel
caso di rinvio meramente “interlocutorio” dell’udienza

della controparte alla produzione tardiva, essendo la
sanatoria a seguito di acquiescenza consentita con
riferimento alla forma degli atti processuali e non
anche relativamente all’osservanza dei termini
perentori (art. 153 cod. proc. civ.)”.
3.Con il terzo motivo, articolato anch’esso ai

sensi

dell’art.360 n.4 c.p.c., si deduce la violazione
dell’art.7 d.lgs. n.546/92. In particolare, si censura
la Commissione emiliana per avere ritenuto il proprio
difetto di potere nell’acquisire elementi conoscitivi
utili al fine di esaminare nel merito la controversia
(richiamo del Consulente tecnico d’ufficio nominato in
primo grado ovvero rinnovo della consulenza tecnica
d’ufficio).
3.1.11 motivo è fondato alla luce del chiaro disposto
di cui al secondo comma dell’art.7 citato il quale
attribuisce alle Commissioni tributarie il potere di
disporre consulenza tecnica d’ufficio. Non appare,
infatti, revocabile in dubbio che in tale potere

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su richiesta del difensore, o di mancata opposizione

officioso, debba

necessariamente ricomprendersi -non

essendo la consulenza tecnica d’ufficio un mezzo di
prova soggetto al potere dispositivo delle parti- la
facoltà del Giudice, ove ritenuto necessario, di
richiamare il consulente a chiarimenti ovvero di

4. Con il quarto motivo la ricorrente deduce, ai sensi
dell’art.360 n.3 c.p.c., la violazione dell’art.32 del
d.p.r. n.600/73 e con il quinto motivo, ai sensi
dell’art.360 n.5 c.p.c., insufficiente motivazione.
4.1.1 motivi sono fondati. La sentenza impugnata,
infatti -con motivazione insufficiente per non avere
esplicitato le ragioni per cui le risultanze della
consulenza tecnica d’ufficio, sia pure parziali ed
incomplete,

travolgessero

integralmente

rilievi

contenuti negli avvisi di accertamento- ha, anche,
malamente applicato la norma indicata in rubrica a
mente della quale “i singoli dati ed elementi
risultanti dai conti sono posti a base delle rettifiche
e degli accertamenti previsti dagli artt.38,39, 40 e 41
se il contribuente non dimostra che ne ha tenuto conto
nelle dichiarazioni o che non si riferiscono ad
operazioni imponibili. Detta norma, come costantemente
affermato da questa Corte, attribuisce alle risultanze
delle indagini bancarie un valore probatorio da

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rinnovare la consulenza peritale.

ricondurre alle presunzioni legali fatta salva la prova
contraria che incombe sul contribuente.
E, nella specie, le risultanze della consulenza tecnica
d’ufficio la quale ha ritenuto giustificate solo alcune
delle movimentazioni bancarie non appaiono idonee -a

scritture contabili (come accertato dalla stessa
Commissione tributaria regionale)- ad inficiare la
fondatezza dell’intero accertamento essendo onere del
contribuente dare puntuale e precisa giustificazione di
ogni singolo movimento bancario e rientrando nei poteri
del giudice tributario quello di rideterminare
l’imponibile.
Tale tipo di accertamento è stato del tutto omesso dal
Giudice di appello.
Pertanto, in accoglimento del ricorso, rigettato solo
il secondo motivo, la sentenza impugnata va cassata
disponendosi il rinvio ad altra Sezione della
Commissione Tributaria Regionale della Emilia Romagna
la quale, alla luce dei principi sopra enunciati,
provvederà, oltre che a regolare le spese processuali,
all’esame delle questioni pretermesse ed ad un nuovo
accertamento in fatto.
P.Q.M.

La Corte,

in accoglimento del ricorso, cassa la

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maggior ragione a fronte della irregolare tenuta delle

›-SENTE P 7(“7″””
AINS.E1`13ì:1 ;

MATEIUA
sentenza impugnata e rinvia, anche per il regolamento
delle

spese processuali

ad altra

7 MNE

,

sezione della

Commissione tributaria regionale dell’Emilia Romagna.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del

9.10.2013.

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