Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2674 del 30/01/2019

Cassazione civile sez. lav., 30/01/2019, (ud. 04/10/2018, dep. 30/01/2019), n.2674

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ANTONIO Enrica – Presidente –

Dott. RIVERSO Roberto – Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12724-2016 proposto da:

F.E., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO

213, presso lo studio dell’avvocato ELISABETTA ESPOSITO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato PIER COSTANZO REINERI,

giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

CASSA NAZIONALE DI PREVIDENZA ED ASSISTENZA A FAVORE DEI RAGIONIERI E

PERITI COMMERCIALI, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA ANTONIO BERTOLONI n.

44/46, presso lo studio degli avvocati MATTIA PERSIANI, GIOVANNI

BERETTA, che la rappresentano e difendono, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 955/2015 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 18/11/2015 R.G.N. 2566/2012.

Fatto

RILEVATO

CHE:

1. con sentenza in data 18 novembre 2015 la Corte di Appello di Milano ha confermato la sentenza di primo grado che aveva rigettato la domanda di riliquidazione della pensione di anzianità, decorrente da febbraio 2011, proposta, in via principale, per il ricalcolo con il metodo retributivo sulla base di un’anzianità contributiva di almeno 18 anni al momento del passaggio al sistema contributivo e, in via subordinata, per la riliquidazione in base al principio del pro rata con la ricomprensione, nella base di calcolo della quota A, del criterio previgente della media dei migliori quindici redditi professionali dichiarati negli ultimi 20 anni di contribuzione;

2. la Corte di merito, trattandosi di trattamento pensionistico maturato successivamente al 1 gennaio 2007, escludeva la violazione del principio del pro rata in continuità con l’intervento nomofilattico di Cass., Sez., U, nn. 17742 e 18136 del 2015;

3. avverso tale sentenza F.E. ha proposto ricorso affidato a cinque motivi, al quale ha opposto difese la Cassa Nazionale di Previdenza ed Assistenza a favore dei Ragionieri e Periti commerciali con controricorso;

4. entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

5. con plurimi motivi si deduce, in sintesi, violazione dell’art. 112 c.p.c. e omesso esame di fa un fatto decisivo per avere la Corte di merito deciso solo sulla quota A e omesso la pronuncia sulla domanda principale in ordine alla riliquidazione della prestazione in godimento con sistema retributivo e reiteratamente la violazione e falsa applicazione della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, violazione e falsa applicazione della L. n. 296 del 2006, comma 763 ultimo periodo, come interpretato dalla L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 488, e dalle sentenze della Corte di cassazione n. 24221 del 2014 e SS.UU. nn. 17742 e 18136 del 2015, assumendo che, nella specie, erroneamente la Corte di merito abbia ritenuto maturato il diritto pensionistico solo dal 1 dicembre 2011, rilevando, invece, l’epoca di maturazione dei requisiti anagrafici e contributivi ricadenti, nella specie, prima (il 31 dicembre 2006) del discrimine temporale del 1 gennaio 2007;

6. il ricorso non è meritevole di accoglimento;

7. non si ravvisano, innanzitutto, i denunciati profili di nullità della sentenza gravata per essere rimasta assorbita la domanda principale, in ordine alla riliquidazione con sistema retributivo, dalla pronuncia sulla quota A, la cui soluzione, dalla disamina e decisione sulla domanda subordinata in consonanza con gli arresti delle Sezioni unite della Corte, delle quali si dirà più ampiamente di seguito;

8. inoltre va anche premesso, quanto al coefficiente di neutralizzazione, che la specifica questione non risulta trattata nella sentenza impugnata e, per evitare la delibazione di inammissibilità per novità, la parte ricorrente avrebbe dovuto devolvere un error in procedendo, dimostrando adeguatamente la tempestiva introduzione, fin dal primo grado di giudizio, della questione;

9. va poi precisato, quanto alla maturazione del diritto a pensione (che la parte assume coincidente con il mero perfezionarsi dei requisiti anagrafici e contributivi), agli effetti conseguenti all’applicabilità, nella specie, del discrimine temporale del 1 gennaio 2007, che Cass. 22 aprile 2016, n.8179, ha già chiarito che dalle fonti normative emerge chiaramente che la maturazione del diritto a pensione avviene “al verificarsi delle condizioni previste dalla presente legge”, e cioè al momento in cui non solo siano maturati (ovvero abbiano trovato attuazione) i presupposti giuridici e contributivi, ma sia stata anche presentata la domanda di pensionamento dell’avente diritto, costituente il presupposto base perchè le favorevoli condizioni giuridiche e contributive assumano la veste di diritto alla prestazione (arg. ex L. 30 dicembre 1991, n. 414, avente ad oggetto la riforma della Cassa di Previdenza ora in causa, all’art. 1, dopo aver individuato le prestazioni assicurative poste a carico dell’Ente in favore dei suoi iscritti, prevede che: “3. Tutte le pensioni sono corrisposte su domanda degli aventi diritto. 4. I trattamenti di pensione decorrono dal primo giorno del mese successivo a quello in cui è avvenuta la presentazione della domanda per le pensioni indicate al comma 1, lett. b) e c) (pensioni di anzianità, inabilità ed invalidità), e dal primo giorno del mese successivo al verificarsi dell’evento da cui nasce il diritto;

10. il diritto a pensione dell’attuale ricorrente è maturato, pertanto, contestualmente alla proposizione della domanda, in quanto solo in quel momento si verificarono nelle loro completezze le condizioni previste dalla legge;

11. tanto premesso, la giurisprudenza di questa Corte di legittimità (tra le tante Cass. n. 24202 del 2009; n. 13602 del 2012; n. 24534 del 2013; SS.UU. n. 18136 del 2015 e n. 17442 del 2015), è solida nell’affermare che:

a) la L. 23 agosto 1988, n. 400, art. 17, comma 2, indica i regolamenti di delegificazione come quelli “destinati a sostituire, in materie non coperte da riserva assoluta di legge, preesistenti disposizioni legislative statali, in conformità a nuove norme generali regolatrici della materia stabilite con legge, e con effetto di abrogazione differita delle disposizioni legislative sostituite” (Corte cost. n. 376 del 2002) e tale disposizione, pur priva di rango costituzionale, disegna un modello di carattere generale, cosicchè la deviazione da esso, ad opera della legge ordinaria, è di stretta interpretazione; pertanto, laddove il legislatore “delegante” ha inteso assegnare alla fonte subprimaria delegata anche il potere normativo di derogare a specifiche disposizioni collocate al superiore livello primario lo ha previsto espressamente;

b) il D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509, in attuazione della delega conferita dalla L. 24 dicembre 1993, n. 537, art. 1, comma 32, ha posto alle Casse “privatizzate” l’obiettivo di assicurare l’equilibrio di bilancio e la stabilità delle rispettive gestioni mediante l’adozione di provvedimenti coerenti alle indicazioni risultanti dal bilancio tecnico da redigersi con periodicità almeno triennale. Per far ciò l’art. 1, comma 4, in combinato disposto con l’art. 2, comma 2, e art. 3, comma 2, del predetto decreto legislativo, ha previsto un potere regolamentare delle Casse non incompatibile con il sistema delle fonti potendo la fonte primaria costituita dal decreto legislativo autorizzare una fonte subprimaria (il Regolamento della Cassa approvato con decreto ministeriale) ad introdurre norme generali ed astratte ed a tal proposito si è parlato di “sostanziale delegificazione affidata dalla legge alla autonomia degli enti previdenziali privatizzati, entro i limiti ad essa imposti (cfr, Cass. 16 novembre 2009, n. 24202) e si è aggiunto “anche in deroga a disposizioni di legge precedentì, ma in realtà le suddette disposizioni del D.Lgs. n. 509 cit., non hanno affatto attribuito agli emanandi regolamenti delle Casse la configurazione di regolamenti di delegificazione di cui alla citata L. n. 400 del 1988, art. 17, comma 2, sicchè ad essi – e, quindi, anche all’emanando Regolamento della Cassa di previdenza ragionieri – non è stato consentito di derogare a disposizioni collocate a livello primario, quali sono quelle dettate proprio per le Casse “privatizzate”, a cominciare dalla L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, che costituisce il riferimento normativo centrale per l’esito di questa controversia e che ha natura di norma imperativa inderogabile dall’autonomia normativa delle Casse privatizzate;

c) ciò del resto è dimostrato anche dal fatto che, quando è emersa l’opportunità di modificare tale disposizione, vi ha provveduto la legge (L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 763) e non il Regolamento della Cassa;

12. la giurisprudenza di questa Corte, nel ricostruire il succedersi degli interventi legislativi inerenti alla L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, ha, in sintesi, consolidato i seguenti principi:

– la garanzia costituita dal principio c.d. del pro rata – il cui rispetto è prescritto L. n. 335 del 1995, ex art. 3, comma 12, per le casse privatizzate ex D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509, nei provvedimenti di variazione delle aliquote contributive, di riparametrazione dei coefficienti di rendimento o di ogni altro criterio di determinazione del trattamento pensionistico, in termini peggiorativi per glì assicurati, in modo che siano salvaguardate le anzianità già maturate rispetto alla introduzione delle modifiche derivanti dai provvedimenti suddetti – ha carattere generale e trova applicazione anche in riferimento alle modifiche in peius dei criteri di calcolo della quota retributiva della pensione e non già unicamente con riguardo alla salvaguardia, ratione temporis, del criterio retributivo rispetto al criterio contributivo introdotto dalla normativa regolamentare delle Casse” (ex pluribus: Cass. sez. lav., 18 aprile 2011, n. 8846; Cass. sez. lav., 2 maggio 2011, n. 9621; Cass. sez. 6-L, 7 marzo 2012, n. 3613; Cass. sez. lav., 30 luglio 2012, n. 13607, Cass. sez. 6-L, 14 febbraio 2014, n. 3520; Cass. SS.UU. 17742 del 2015);

– l’art. 1, comma 763, ha sostituito il concetto del pro rata di cui all’originario art. 3, comma 12, con un concetto meno rigido, introducendo una disposizione innovativa, secondo cui le Casse privatizzate nell’esercizio del loro potere regolamentare sono tenute non più al “rispetto del principio del pro rata” (vecchia formulazione), ma a tenere “presente il principio dei pro rata” nonchè “i criteri di gradualità e di equità fra generazioni” (nuova formulazione), a partire dal 1 gennaio 2007, data di entrata in vigore della L. n. 296 “, con ciò il criterio del pro rata è stato reso flessibile e posto in bilanciamento con i criteri di gradualità e di equità fra generazioni consentendo alla Cassa, solo dalla data di entrata in vigore della norma, di adottare Delibere in cui il principio del pro rata venga temperato rispetto ai criteri originali di cui alla L. n. 335 del 1995, (tra le tante, v. Cass. 18.04.11, n. 8847, 7.03.12 n. 3613 e 30.07.12 n. 13607,14.02.14 nn. 3514 e 3520 richiamate da Cass. SS.UU. n. 17742 del 2015 e n. 18136 del 2015);

l’ultimo periodo del comma 763, per il quale “Sono fatti salvi gli atti e le deliberazioni in materia previdenziale adottati dagli enti di cui al presente comma ovvero degli enti di cui al D.Lgs. 30 giugno 1994, n. 509, ed approvati dai Ministeri vigilanti prima data di entrata in vigore della presente legge”, non costituisce una validazione successiva delle disposizioni regolamentari delle Casse interessate nella parte in cui non ottemperavano alla prescrizione del “rispetto del principio del pro rata”, ma riguarda le delibere future, successive al 1 gennaio 2007 e non può operare retroattivamente al fine di rendere legittime delibere anteriori che dovevano invece conformarsi alla normativa vigente al momento in cui erano state emanate ed ai fini della liquidazione della pensione. La legittimità delle delibera va valutata a seconda del periodo in cui il diritto sia maturato (prima o dopo quella data) e del concetto di pro rata accolto dalla legislazione al momento vigente;

-la norma della L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 488, non si pone in contrasto con i principi enunciati dalla Corte EDU, assumendo una ben determinata fisionomia interpretativa nella vicenda della riforma della previdenza gestita dagli enti privatizzati, in quanto lo stesso comma 488 interviene solo sul secondo parametro applicativo relativo alla applicazione attenuata dello stesso principio, ai sensi della formulazione del comma 12 introdotta dalla L. n. 296, art. 1, comma 768 e non sul primo parametro di validità della regolamentazione della Cassa (rispetto assoluto dei pro rata, in forza della originaria formulazione della L. n. 335, art. 3, comma 12) così confermando l’interpretazione sposata da Cass. n. 24221 del 2014 ed in difformità da Cass. n. 17892 del 2014 che, negandone la reale natura interpretativa e la conformità ai precetti costituzionali e della CEDU, aveva riferito l’ambito della norma interpretativa anche alle pensioni maturate prima del 1.1.2007;

13. la natura realmente interpretativa della L. n. 147 del 2013, art. 1, comma 488, è stata convincentemente correlata alla oggettiva ambiguità del testo della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 768, in punto di limiti dell’effetto sanante delle precedenti delibere, testimoniata dalla giurisprudenza non uniforme della Corte di cassazione; dunque, alla luce della interpretazione complessiva sopra ricordata, non può essere messo in dubbio che nel caso di specie – ove la liquidazione del trattamento pensionistico è avvenuta con decorrenza dal primo giugno 2007 – vada applicata la formulazione della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, modificata nel 2006;

14. specificato nei termini di cui sopra il rapporto esistente tra potere regolamentare della Cassa e legge, il discorso non può mutare sospettando di illegittimità costituzionale le disposizioni introdotte a modifica dell’originaria formulazione della L. n. 335 del 1995, art. 3, comma 12, posto che nessuno di tali vizi ricorre nelle disposizioni che hanno delimitato nel tempo il potere regolamentare delle Casse professionali, alla luce degli obblighi di stabilità di bilancio incombenti sulla gestione della Cassa e del penetrante controllo pubblico amministrativo cui la stessa è soggetta;

15. quanto, poi, ai profili di pregiudizio al principio di adeguatezza e proporzionalità del trattamento pensionistico che deriverebbero da misure di contenimento della spesa pensionistica, va ricordato che la stessa Corte Costituzionale, da ultimo, con la sentenza n. 104 del 2018, ha avuto modo di precisare, proprio in materia di legittimità di meccanismi disincentivanti i trattamenti pensionistici anticipati, che “(…) nei rapporti di durata il trattamento differenziato, riservato a una determinata categoria di soggetti in momenti diversi nel tempo, non contrasta con il principio di eguaglianza. Spetta difatti alla discrezionalità del legislatore, nel rispetto del canone di ragionevolezza, delimitare la sfera temporale di applicazione delle norme e, da questa angolazione, il fluire del tempo può rappresentare un apprezzabile criterio distintivo nella disciplina delle situazioni giuridiche (sentenze n. 273 del 2011, punto 4.2. del Considerato in diritto, e n. 94 del 2009, punto 7.2. del Considerato in diritto (…);

16. alla luce della portata generale delle modifiche al sistema pensionistico sottostanti alle nuove regole, neanche possono ritenersi superati i limiti di ragionevolezza e proporzionalità che “presiedono alla “attuazione graduale” dei principi sanciti dagli artt. 36 e 38 Cost., anche alla luce delle esigenze connesse “alla concreta e attuale disponibilità delle risorse finanziarie e dei mezzi necessari per far fronte ai relativi impegni di spesa” (sentenza n. 119 del 1991, punto 3. del Considerato in diritto, da ultimo ripresa dalla sentenza n. 259 del 2017, punto 3.1. del Considerato in diritto” (Corte Cost. n. 104 del 2018);

17. va, inoltre, disatteso il profilo secondo cui il nuovo regime del pro rata andrebbe applicato solo alle pensioni erogate su contribuzione successiva al 1.1.2007 o, comunque, non andrebbe applicata a chi aveva già maturato l’anzianità contributiva minima per ottenere la prestazione alla stessa data, e ciò in continuità con quanto già affermato da questa Corte con la sentenza n. 19544 del 2016, ove si è messo in evidenza che già la L. 30 dicembre 1991, n. 414, avente ad oggetto la riforma della Cassa di Previdenza ora in causa, all’art. 1, dopo aver individuato le prestazioni assicurative poste a carico dell’Ente in favore dei suoi iscritti (c. 1 – 2), prevede che: “3. Tutte le pensioni sono corrisposte su domanda degli aventi diritto. 4. I trattamenti di pensione decorrono dal primo giorno del mese successivo a quello in cui è avvenuta la presentazione della domanda per le pensioni indicate al comma 1, lett. b) e c) (pensioni di anzianità, inabilità ed invalidità), e dal primo giorno del mese successivo al verificarsi dell’evento da cui nasce il diritto, per le pensioni indicate al comma 1, lett. a) e d) (vecchiaia e superstiti).

5.- omissis.

6. Il diritto ai trattamenti di pensione matura al verificarsi delle condizioni previste dalla presente legge…”. Per cui, dalla lettura di queste disposizioni, ed in particolare da quelle del comma 6, emerge chiaramente che la maturazione del diritto a pensione avviene “al verificarsi delle condizioni ivi previste compresa la ineliminabile domanda”;

18 il ricorso va, quindi, rigettato e le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo;

19 l’esito del ricorso determina l’obbligo del pagamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 3500,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese forfettarie nella misura del 15% e spese accessorie di legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 4 ottobre 2018.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2019

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