Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26739 del 13/12/2011

Cassazione civile sez. II, 13/12/2011, (ud. 16/11/2011, dep. 13/12/2011), n.26739

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ODDO Massimo – Presidente –

Dott. PICCIALLI Luigi – Consigliere –

Dott. NUZZO Laurenza – rel. Consigliere –

Dott. PETITTI Stefano – Consigliere –

Dott. GIUSTI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 11900/2006 proposto da:

MIN POLITICHE AGRICOLE ISP CENTRALE REPRESSIONE FRODI, IN PERSONA DEL

MINISTRO IN CARICA, elettivamente domiciliato ope legis in ROMA, VIA

DEI PORTOGHESI 12, presso AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

P.P. IN PROPRIO E QUALE LEGALE RAPP.TE DELLA DITTA

F.LLI POLIMENI DI PASQUALE POLIMENI & C. SAS,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA COLA DI RIENZO 28, presso lo studio

dell’avvocato ZAZZA ROBERTO, rappresentato e difeso dall’avvocato

SURACE Santo;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 26/2006 del TRIBUNALE di PALMI SEDE

DISTACCATA DI CINQUEFRONDI, depositata il 18/01/2006;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

16/11/2011 dal Consigliere Dott. LAURENZA NUZZO;

udito l’Avvocato Zazza Roberto con delega depositata in udienza

dell’Avv. Surace Santo difensore del controricorrente che si riporta

agli scritti;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GOLIA Aurelio, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

P.P., in proprio e quale legale rappresentante della società F.lli Polimeni & C. s.a.s., proponeva opposizione, innanzi al Tribunale di Palmi, sez. dist. di Cinquefrondi, ex L. n. 689 del 1981, avverso l’ordinanza-ingiunzione n. 548/98, emessa il 23.12.1998 dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali- Ispettorato Centrale Repressioni Frodi, con cui gli era stato ingiunto il pagamento di L. 125.303.718 (per indebita percezione degli aiuti comunitari, avendo etichettato, come olio di oliva vergine, prodotto non corrispondente a detta definizione, ai sensi dell’art. 4, punto 1 lett. a) del Reg. CEE 3089/78. Si costituiva il Ministero chiedendo il rigetto dell’ opposizione.

Il Tribunale adito, con sentenza n. 166/2000 del 12.7.2000, rigettava l’opposizione, ritenendo puntualmente motivata l’ordinanza- ingiunzione sia in ordine ai fatti che riguardo alle norme applicate.

Ricorreva per cassazione, con due motivi, il P.; resisteva con controricorso il Ministero.

Con sentenza, in data 30.4.2003, la Corte di legittimità, in accoglimento del ricorso, cassava la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Palmi sez. dist. di Cinquefrondi, in persona di diverso magistrato. Tale sentenza censurava la decisione impugnata “laddove non consente di individuare, con particolare riferimento alla ricostruzione “in fatto” della vicenda in esame, sulla base di quali elementi il Tribunale di Cinquefrondi aveva ritenuto responsabile il ricorrente”, posto che, a fronte di ben tre contestazioni, mosse al P. dall’Agecontrol (missiva in data 23.12.93, verbale n. 3556/93-94 e verbale n. 3572/93-94), contenenti riferimenti normativi diversi, la sentenza non specificava quale infrazione aveva inteso esaminare e quale legge aveva ritenuto violata, “a parte una generica attestazione, con riferimento all’art. 5, 4 par. 2 del reg. CEE 2677/85 sulla puntuale motivazione dell’ordinanza impugnata, sia per quanto concerneva i fatti (etichettatura di olio di oliva vergine corrente come olio vergine) che riguardo alle norme applicate.

Rilevava, inoltre, la Corte di legittimità che la pluralità di contestazioni mosse al P. aveva precluso allo stesso una difesa adeguata, non risultando chiaro l’illecito ascrittogli e la norma violata.

Con sentenza depositata il 18.1.2006 il Tribunale di Palmi, sez. dist. di Cinquefrondi, decidendo in sede di rinvio, accoglieva l’opposizione ed annullava l’ordinanza di ingiunzione, compensando per metà le spese di lite e condannando il Ministero resistente al pagamento della residua metà delle spese stesse.

Osservava il giudice del rinvio che ” le molteplici contestazioni di violazioni di diverse norme di legge, in quanto fondate sul medesimo accertamento mediante analisi di campioni, hanno determinato una situazione di oggettiva confusione, impedendo all’opponente l’esatta individuazione della norma violata e, di conseguenza, della misura della sanzione dovuta”; aggiungeva che, quand’anche si fosse ritenuto che la seconda contestazione in ordine temporale avesse implicitamente revocato la prima e che la terza contestazione avesse revocato la seconda, sussisteva, comunque, l’illegittimità dell’ordinanza in esame “per mancata corrispondenza tra il titolo giuridico per cui è stata emessa (violazione art. 5 par. 2 reg. CEE 2677/85) e la norma contestata per ultima (L. 23 dicembre 1986, n. 898).

Tale sentenza è impugnata con ricorso per cassazione dal Ministero delle Politiche Agricole e forestali – ispettorato Centrale Repressione Frodi, in persona del Ministro in carica, con un unico motivo. Resiste con controricorso P.P..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’amministrazione ricorrente deduce:

violazione degli artt. 100, 112, 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè omessa, insufficiente motivazione sul punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5;

il giudice del rinvio aveva omesso di individuare quale dei tre illeciti contestati al P. fosse stato oggetto della sanzione amministrativa in esame, come prescritto dalla sentenza di annullamento della S.C.; del tutto erronea era, di conseguenza, la ricostruzione in termini di revoca degli accertamenti Agecontrol antecedenti a quello finale, dovendosi escludere dal campo d’indagine gli accertamenti che non “avevano trovato sbocco nel provvedimento sanzionatorio” in quanto privi di valenza lesiva nei confronti dell’ingiunto che, conseguentemente, doveva ritenersi carente di interesse, ex art. 100 c.p.c., a far valere la illegittimità dell’ordinanza impugnata sulla base di accertamenti non seguiti dalla ir-rogazione di sanzione amministrativa.

Nella specie, l’ordinanza-ingiunzione legittimamente richiamava e riteneva fondato un solo accertamento, ossia il rapporto n. 798/C/ENI/21/94, redatto dall’Agecontrol s.p.a., in data 7.4.94, concernente l’unico illecito sanzionato ex art. 5 par. 2 del reg. CEE 2677/85, relativo al confezionamento, alla produzione ed alla etichettatura, come olio vergine di olio, olio di oliva vergine corrente.

Il ricorso è fondato.

L’ordinanza opposta fa specifico riferimento all’accertamento dell’Agecontrol del 7.4.1994 ed, in ogni caso, l’ordinanza stessa contiene l’indicazione del fatto contestato di cui non è stata dedotta l’omessa contestazione. L’accertamento di altri illeciti amministrativi è priva, quindi, di rilevanza, posto che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, il verbale di accertamento di violazioni per le quali sia prevista l’irrogazione di sanzioni amministrative, “non è di per sè, lesivo di situazioni giuridiche soggettive della persona cui sia attribuita la violazione, trattandosi di un atto di natura procedimentale, cui fa seguito un’attività istruttoria destinata a concludersi, ove l’autorità competente ritenga la sussistenza dell’infrazione contestata, con l’emanazione del provvedimento irrogativi della sanzione, la cui impugnabilità, in sede giurisdizionale, è espressamente riconosciuta dal legislatore” (Cass. n. 17674/2004).

La sentenza impugnata fonda, peraltro, la decisione sul “medesimo accertamento mediante analisi di campioni”, circostanza che avrebbe impedito l’esatta individuazione della norma violata e, di conseguenza, della misura della sanzione dovuta”, in relazione al pagamento per un importo ridotto, L. n. 689 del 1981, ex artt. 17 e 18.

Al riguardo occorre rilevare che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, “in tema di sanzioni amministrative, la comunicazione della positività delle analisi, prevista dalla L. 24 novembre 1981, n. 689, art. 15, costituisce valida ed efficace contestazione della violazione commessa, anche se non contenga l’indicazione relativa alla facoltà del trasgressore di procedere al pagamento in misura ridotta, trattandosi di una facoltà espressamente prevista dalla legge” (Cass. n. 5250/2011).

Alla stregua di quanto osservato la sentenza impugnata va cassata con rinvio della causa al Tribunale di Palmi, in persona di diverso magistrato, che si uniformerà ai principi indicati e che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa anche per le spese al Tribunale di Palmi in persona di diverso magistrato.

Così deciso in Roma, il 16 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2011

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