Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26738 del 24/11/2020

Cassazione civile sez. I, 24/11/2020, (ud. 28/09/2020, dep. 24/11/2020), n.26738

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GENOVESE Francesco Antonio – Presidente –

Dott. CAIAZZO Luigi – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. BELLE’ Roberto – rel. Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8795/2019 proposto da:

N.D., elettivamente domiciliato in Civitanova Marche, Via Fermi

3, presso lo studio dell’avv. Giuseppe Lufrano che lo rappresenta e

difende per procura in allegato al ricorso per cassazione;

– ricorrente –

contro

Ministero dell’Interno, rappresentato e difeso ex lege

dall’Avvocatura Generale dello Stato;

– resistente –

avverso la sentenza n. 2946/2018 della CORTE D’APPELLO di ANCONA,

depositata il 12/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

28/09/2020 dal Dott. BELLE Roberto.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

la Corte d’Appello di Ancona ha rigettato l’appello proposta da N.D. avverso l’ordinanza del Tribunale della stessa città che aveva disatteso la sua domanda di protezione internazionale;

N.D. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi il Ministero dell’Interno ha depositato atto di costituzione per la partecipazione all’eventuale discussione orale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

il primo motivo, dedotto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, denuncia la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 3 e 5, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, commi 2 e 3 e il D.P.R. n. 21 del 2015, art. 27, comma 1-bis, nonchè della direttiva 2013/32 UE, art. 2, comma 1, lett. g), degli art. 5, art. 14, comma 1, lett. b) D.Lgs. n. 251 del 2007 e dell’art. 15 della direttiva 2011/95/UE;

con esso il ricorrente afferma che la Corte territoriale, nell’escludere la credibilità del racconto reso dal ricedente asilo, si sarebbe sottratta all’obbligo di valutare il medesimo alla luce dell’acquisizione di elementi ulteriori, restando al livello di un ragionamento meramente ipotetico;

il motivo è inammissibile;

il ricorrente aveva agito affermando di essere fuggito, perchè, nel corso di una riunione sul posto di lavoro, egli aveva mosso critiche al Presidente del suo Paese e la Polizia, cui era stata trasmessa una registrazione di quella riunione, aveva arrestato il datore di lavoro e il direttore della scuola ed aveva poi fatto irruzione a casa dello stesso ricorrente, non trovandolo;

la Corte territoriale ha ritenuto l’inattendibilità di tale racconto, aggiungendo altresì che quanto narrato dal ricorrente non riguardava condotte di natura persecutoria, quanto piuttosto ad una vicenda correlata alla sua attività lavorativa;

il motivo, rispetto a tali rationes decidendi, è del tutto generico, in quanto esso nulla replica all’affermazione della Corte di merito rispetto all’assenza di profili persecutori e non contiene alcuna specifica critica agli argomenti sulla non plausibilità e non credibilità del racconto, pur indicati (carenza informazioni su chi avesse effettuato la registrazione; inverosimiglianza della possibilità per la Polizia di individuare i partecipanti sulla base di una semplice registrazione etc.) nella sentenza impugnata;

a fronte di un giudizio di fatto, tipicamente di pertinenza del giudice del merito, il ricorrente si limita dunque ad esporre generiche critiche in diritto, del tutto inidonee ad interferire con la ratio decidendi;

vale poi il consolidato principio per cui “in tema di riconoscimento della protezione internazionale, l’intrinseca inattendibilità delle dichiarazioni del richiedente, alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, attiene al giudizio di fatto, insindacabile in sede di legittimità, ed osta al compimento di approfondimenti istruttori officiosi, cui il giudice di merito sarebbe tenuto in forza del dovere di cooperazione istruttoria, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori” (Cass. 19 dicembre 2019, n. 33858);

con il secondo motivo il ricorrente afferma (art. 360 c.p.c., n. 3) la violazione e mancata applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), in tema di protezione sussidiaria, per essersi la Corte territoriale limitata a dichiarare che egli non avrebbe dedotto alcun pericolo per la propria incolumità, omettendo di esaminare, in violazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, la documentazione relativa alla situazione sociopolitica aggiornata del Gambia e trascurando altresì, in violazione del D.Lgs. n. 215 del 2007, art. 14, lett. c), di svolgere un’indagine attuale sulla predetta situazione;

anche tale motivo è inammissibile, non misurandosi con l’affermazione centrale della sentenza impugnata, secondo cui i timori ed i pericoli paventati sarebbero non più attuali, perchè dal gennaio 2017 il precedente presidente gambiano era andato in esilio ed era stato riconosciuto un nuovo presidente;

la mera insistenza l’imprecisati rischi e sulla generica e non meglio circostanziata possibilità di accertarne la consistenza attraverso indagini risulta priva di quella concretezza necessaria a caratterizzare il ricorso in senso realmente impugnatorio di quanto affermato dalla Corte territoriale, in contrasto con i criteri di specificità sottesi nel suo complesso all’art. 366 c.p.c., comma 1;

con il terzo motivo, dedotto sempre ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente afferma la violazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, in tema di protezione umanitaria, sostenendo che il difetto di credibilità non avrebbe escluso l’obbligo della Corte territoriale di fornire una motivazione non del tutto apparente rispetto a tale domanda, con altresì deficit istruttorio rispetto a fatti che evidenziano il grave pericolo di persecuzioni in caso di rientro nel proprio paese di origine;

anche tale motivo è inammissibile;

a fronte dell’assunto della Corte territoriale secondo cui il ricorrente non avrebbe specificamente allegato quali situazioni di vulnerabilità giustificassero il riconoscimento della protezione, il motivo, non indicando dove siano state svolte e quali fossero tali allegazioni, nulla replica in concreto e nel resto si limita ad esporre principi generali in tema di tutela umanitaria;

esso quindi difetta di pertinenza rispetto alla ratio decidendi e di specificità;

nulla sulle spese, in assenza di reale attività difensiva da parte del Ministero.

PQM

dichiara inammissibile il ricorso;

ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’Adunanza Camerale, il 28 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 novembre 2020

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