Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26736 del 24/11/2020

Cassazione civile sez. I, 24/11/2020, (ud. 23/09/2020, dep. 24/11/2020), n.26736

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIA Lucia – Presidente –

Dott. VALITUTTI Antonio – Consigliere –

Dott. FERRO Massimo – Consigliere –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

Dott. PAZZI Alberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 7753/2019 proposto da:

H.M., elettivamente domiciliato in Roma, Piazza Apollodori,

26 presso lo studio dell’avvocato Antonio Filardi e rappresentato e

difeso dall’avvocato Antonella Zotti per procura speciale in calce

al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t., domiciliato per

legge presso l’Avvocatura Generale dello Stato in Roma, Via dei

Portoghesi, 12;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 440/2019 del Tribunale di Napoli, Sezione

specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale

e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, depositato

il 18/01/2019.

udita la relazione della causa svolta dal Cons. SCALIA Laura nella

camera di consiglio del 23/09/2020.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Il Tribunale di Napoli, Sezione specializzata in materia di immigrazione, protezione internazionale e libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea, con il decreto in epigrafe indicato ha rigettato l’opposizione proposta D.Lgs. n. 25 del 2008, ex art. 35-bis, da H.M., originario della Guinea, avverso il provvedimento della Commissione territoriale di Caserta del 30/08/2018, di diniego del riconoscimento dello status di rifugiato, della protezione sussidiaria e di quella umanitaria.

2. H.M. ricorre per la cassazione dell’indicato decreto con un motivo, sollevando, altresì, due questioni di illegittimità costituzionale delle norme applicabili.

Il Ministero dell’Interno resiste con controricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. H.M., originario della Guinea, nel racconto reso alla competente Commissione territoriale aveva dichiarato di aver lasciato il proprio paese, raggiungendo l’Italia – dopo aver viaggiato, soggiornandovi per alcuni mesi, dapprima in Algeria e quindi in Libia – a causa della ingiusta accusa di avere ucciso un uomo per la quale egli era stato tradotto in carcere, ove vi erano condizioni inumane e degradanti, e denuncia la corruzione del sistema e che i poliziotti o i parenti della vittima lo avrebbero ucciso al suo rientro nel Paese di origine, credendolo il vero omicida.

2. In via preliminare il ricorrente richiede a questa Corte di sollevare questione di illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, come modificato dalla L. n. 46 del 2017, art. 6, comma 1, lett. g), per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1, art. 24 Cost., commi 1 e 2, art. 111 Cost., comma 1, 2 e 7, nella parte in cui stabilisce che il termine per proporre il ricorso per cassazione è di trenta giorni a decorrere dalla comunicazione della cancelleria del decreto di primo grado.

La riduzione dei termini per impugnare a trenta giorni deroga, in modo irragionevole – non trovando giustificazione neppure nella sollecita definizione dei processi in materia di protezione internazionale, la previsione della L. n. 46 del 2018, secondo cui i tempi di conclusione dell’intero processo debbono essere ridotti a quattro mesi rispetto ai sei della previgente disciplina, definisce, infatti, un termine ordinatorio -, all’art. 325 c.p.p., comma 2, che fissa in sessanta giorni il termine per impugnare in cassazione.

3. Ancora in via preliminare, il ricorrente sollecita il rilievo della questione di illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, come modificato dalla L. n. 46 del 2017, art. 6, comma 1, lett. g), per violazione dell’art. 3 Cost., comma 1, art. 24 Cost., comma 1 e 2, art. 111 Cost., comma 1, 12 e 7, nella -parte in cui stabilisce che la procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione debba essere conferita, a pena di inammissibilità del ricorso, in data successiva alla comunicazione del decreto impugnato.

La norma doveva intendersi viziata da illegittimità costituzionale perchè irragionevole e violativa del principio di parità delle parti. Il Ministero dell’Interno non doveva rilasciare procura speciale alle liti per stare in giudizio davanti alla Corte di cassazione e l’Avvocatura dello Stato aveva disposizione trenta giorni effettivi per preparare la propria difesa là dove la difesa del richiedente asilo nella migliore delle ipotesi un giorno di meno.

La disposizione di carattere generale, ovverosia l’art. 369 c.p.p., comma 2, n. 3, sancisce l’improcedibilità del ricorso nell’ipotesi in cui la procura non sia stata depositata in atti là dove invece l’art. 35-bis, comma 13, cit. stabilisce l’inammissibilità del ricorso ove la procura non sia stata autenticata almeno il giorno successivo alla comunicazione del decreto.

4. Con unico motivo il ricorrente fa valere l’omesso esame di un fatto decisivo e quindi, secondo il racconto reso, il grave rischio del ricorrente “di essere condannato dalla polizia per un reato non commesso o ancor più essere ucciso o dai medesimi poliziotti o dai familiari della vittima” e la situazione del sistema giudiziario e di polizia della Guinea.

Le. condizioni nelle carceri del Paese erano al limite della sopravvivenza e la permanenza carceraria risultava più lunga del dovuto anche per reati di lieve entità, come confermato dal Rapporto di Amnesty International 2017-2018 e dalle decisioni di numerosi tribunali nazionali.

Era mancato quindi il dovere di collaborazione istruttoria del giudice nell’accertamento della situazione del Paese per il riconoscimento della protezione sussidiaria D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14, lett. e), e di quella umanitaria.

5. Premesso che la mera prospettazione di una questione di illegittimità costituzionale di una norma non integra un motivo di ricorso per cassazione, nella incapacità della prima di definire un vizio del provvedimento impugnato idoneo a determinarne l’annullamento da parte della Corte di cassazione (Gass. 09/07/2020 n. 14666), vanno innanzitutto dichiarate (Ndr: testo originale non comprensibile) infodate proposte questioni di illegittimità costituzionale.

5.1. E’ manifestamente infondata la questione di illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, relativa all’eccessiva limitatezza del termine di trenta giorni prescritto per proporre ricorso per cassazione avverso il decreto del tribunale, poichè la previsione di tale termine è espressione della discrezionalità del legislatore e trova fondamento nelle esigenze di speditezza del procedimento (in termini Cass. n. 32029 del 11/12/2018, in motivazione, pp. 4 e 5).

5.2. E’ ancora manifestamente infondata l’ulteriore proposta questione di illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 35-bis, comma 13, nella parte in cui stabilisce che la procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione debba essere conferita, a pena di inammissibilità, in data successiva alla comunicazione del decreto da parte della cancelleria, poichè tale previsione non determina una disparità di trattamento tra la parte privata ed il Ministero dell’interno, che non deve rilasciare procura, armonizzandosi con il disposto dell’art. 83 c.p.c., quanto alla specialità della procura, senza escludere l’applicabilità dell’art. 369 c.p.c., comma 2, n. 3, (in termini: Cass. n. 32029 del 11/12/2018, in motivazione, pp. 4 e 5).

6. Nel resto, è inammissibile il motivo di ricorso.

6.1. Quanto alle fattispecie di protezione sussidiaria definite dal D.Lgs. cit., art. 14, lett. a) e b), infatti, la proposta censura oblitera la rilevanza del giudizio d” non attendibilità del narrato che, formulato dal tribunale, integra uno dei presupposti del riconoscimento delle prime e non si confronta con siffatta ratio decidendi.

In materia di protezione internazionale, l’accertamento del giudice di merito deve innanzi tutto avere ad oggetto la credibilità soggettiva della versione del richiedente circa l’esposizione a rischio grave alla vita o alla persona. Qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, per un giudizio di fatto insindacabile in cassazione, non occorre procedere ad un approfondimento istruttorie officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine D.Lgs. cit., ex art. 14, lett. a), salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori o nell’ipotesi in cui gli agenti del danno grave per il cittadino straniero siano soggetti privati e la verifica officiosa sull’attuale situazione di quel Paese riguardi ex art. 14, lett. b) D.Lgs. cit. l’eventuale inutilità di una richiesta di protezione alle autorità locali (Cass. n. 16925 del 27/06/2018; Cass. n. 28862 del 12/11/2018; Cass. n. 8367 del 29/04/2020; vd. Cass. n. 33858 del 19/12/2019 e Cass. n. 13959 del 06/07/2020).

6.2. In ogni caso il tribunale quanto alla residua fattispecie di cui all’art. 14, lett. e), ha motivato sulla situazione “rischio paese” della Guinea, scrutinando quale fonte la C.O.I. – Commissione nazionale per il diritto di asilo del settembre 2017.

Si tratta di motivazione che resta fuori dal raggio di critica del ricorrente.

Come da questa Corte di cassazione affermato, il motivo di ricorso per cassazione che mira a contrastare l’apprezzamento del giudice di merito in ordine alle ed. fonti privilegiate, di cui al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, deve evidenziare, mediante riscontri precisi ed univoci, che le informazioni sulla cui base è stata assunta la decisione, in violazione del ed. dovere di collaborazione istruttoria, sono state oggettivamente travisate, ovvero superate da altre più aggiornate e decisive fonti qualificate (Cass. n. 4037 del 18/02/2020).

Evidenze, queste ultime, di cui la censura manca, con conseguente sua inammissibilità per genericità.

6.3. Il ricorrente manca inoltre di far valere la tempestiva deduzione davanti ai giudici di merito di una situazione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, interno o internazionale nel suo Paese.

Se lo straniero che chieda il riconoscimento della protezione sussidiaria ai sensi del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. e), non ha infatti l’onere di presentare, tra gli elementi e i documenti necessari a motivare la domanda (D.Lgs. cit., art. 3, comma 1), quelli che si riferiscono alla sua storia personale, salvo quanto sia indispensabile per verificare il Paese o la regione di provenienza, perchè, a differenza delle altre forme di protezione, in quest’ipotesi non rileva alcuna personalizzazione del rischio (Cass. n. 13940 del 06/07/2020), ciò posto, ove il cittadino straniero invochi protezione ex art. 14, lett. e) cit., egli deve fornire elementi utili circa l’esistenza di un conflitto armato nel suo Paese perchè poi insorga l’obbligo di cooperazione istruttoria del giudice del merito (vd. Cass. n. 17069 del 28/06/2018 e Cass. n. 13940 del 06/07/2020).

6.4. La “situazione Paese” è stata altresì scrutinata dal tribunale, per poi essere esclusa nel suo rilievo, in raccordo con la situazione personale del richiedente, ai fini del riconoscimento della protezione umanitaria D.Lgs. n. 286 del 1998, ex art. 5, comma 6 e comunque è irrilevante in ragione della espressa non credibilità del suo racconto (Cass. 24/04/2019 n. 11267).

Il motivo denunciando sulla questione una omessa pronuncia è come tale inammissibile perchè manifestamente ulondato) e non concludente.

7. Il ricorso è, nel suo complesso, inammissibile.

Le spese sono liquidate secondo soccombenza come in dispositivo.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, si da atto (secondo la formula da ultimo indicata in Cass. SU n. 23535 del 2019) della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis.

P.Q.M.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere al Ministero dell’interno le spese del giudizio che liquida in Euro 2.100,00 oltre spese prenotate a debito.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 – quater, inserito dalla L. n. 228 del 2012, art. 1, comma 17, si da atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Prima Sezione civile, il 23 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 24 novembre 2020

 

 

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