Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26725 del 13/12/2011

Cassazione civile sez. III, 13/12/2011, (ud. 24/11/2011, dep. 13/12/2011), n.26725

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

D.B.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA A SILVANI

113, presso lo studio dell’avvocato GRAZZINI ROSSELLA, rappresentato

e difeso dall’avvocato PEREGO ROMEO giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

A.N., A.G., A.T.,

elettivamente domiciliati in ROMA, VIA FABIO MASSIMO 33, presso lo

studio dell’avvocato FAIOLA FRANCA, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato LOSCHIAVO SALVATORE giusta delega in atti;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1368/2006 della CORTE D’APPELLO di MILANO,

depositata il 01/06/2006 R.G.N. 3295/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/11/2011 dal Consigliere Dott. GIOVANNI GIACALONE;

udito l’Avvocato ROMEO PEREGO;

udito l’Avvocato FRANCA FAIOLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

POLICASTRO Aldo che ha concluso con il rigetto del ricorso.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

1 D.B.N. impugna per cassazione, sulla base di due motivi, la sentenza della Corte d’appello di Milano, depositata il 1 giugno 2006, con la quale, riformando quella di primo grado, è stato dichiarato prescritto il diritto al risarcimento dei danni azionato dal predetto nei confronti degli odierni intimati, rigettando le domande di entrambe le parti. Gli intimati resistono con controricorso e chiedono dichiararsi inammissibile e, in subordine, rigettarsi il ricorso.

2.1. Con il primo motivo, il ricorrente deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia in ordine all’asserita erronea considerazione di pretesi atti interruttivi della prescrizione.

2.2. Con il secondo motivo, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione degli art. 2043, 2935 e 2937 c.c., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo per non avere la sentenza impugnata ritenuto il carattere permanente dell’illecito lamentato.

3.1. Come raccomandato dal Collegio, viene adottata una motivazione in forma semplificata. I motivi si rivelano entrambi inammissibili per mancanza del quesito di diritto, da formulare in relazione al secondo di essi, e dei “momenti di sintesi” previsti in relazione ai vizi motivazionali dedotti nel primo e in parte del secondo motivo.

Infatti, l’art. 366-bis cod. proc. civ., nel testo applicabile ratione temporis, prevede le modalità di formulazione dei motivi del ricorso in cassazione, disponendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso se, in presenza dei motivi previsti dall’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 1, 2, 3 e 4, ciascuna censura deve, all’esito della sua illustrazione, tradursi in un quesito di diritto, la cui enunciazione (e formalità espressiva) va funzionalizzata, come attestato dall’art. 384 cod. proc. civ., all’enunciazione del principio di diritto ovvero a dicta giurisprudenziali su questioni di diritto di particolare importanza; mentre, ove venga in rilievo il motivo di cui all’art. 360 cod. proc. civ., n. 5 (il cui oggetto riguarda il solo iter argomentativo della decisione impugnata), è richiesta una illustrazione che, pur libera da rigidità formali, si deve concretizzare in una esposizione chiara e sintetica del fatto controverso – in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria – ovvero delle ragioni per le quali la dedotta insufficienza rende inidonea la motivazione a giustificare la decisione (Cass. n. 4556/09).

3.2. Orbene, nel caso in esame, rispetto al primo ed a parte del secondo motivo, che deducono vizi motivazionali, non è stato formulato il momento di sintesi. che come da questa Corte precisato richiede un quid pluris rispetto alla mera illustrazione del motivo, imponendo un contenuto specifico autonomamente ed immediatamente individuabile (v. Cass., 18/7/2007, n. 16002). L’individuazione dei denunziati vizi di motivazione risulta perciò impropriamente rimessa alìattività esegetica del motivo da parte di questa Corte (Cass. n. 9470/08). Si deve, infatti, ribadire che è inammissibile, alla stregua della seconda parte dell’art. 366 bis cod. proc. civ., il motivo di ricorso per cassazione con cui, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 5, la parte si limiti a censurare l’apoditticità e carenza di motivazione della sentenza impugnata, in riferimento alla valutazione d’inadeguatezza delle prove da parte del giudice del merito, in quanto la norma processuale impone la precisazione delle ragioni che rendono la motivazione inidonea a giustificare la decisione mediante lo specifico riferimento ai fatti rilevanti, alla documentazione prodotta, alla sua provenienza e all’incidenza rispetto alla decisione (Cass. n. 4539/09).

3.3. Invece, rispetto alla prima parte del secondo motivo, proposto a norma dell’art. 360 c.p.c., n. 3, non è stato formulato il prescritto quesito di diritto. Deve essere, al riguardo, ribadito che il quesito di diritto deve compendiare: a) la riassuntiva esposizione degli elementi di fatto sottoposti al giudice di merito; b) la sintetica indicazione della regola di diritto applicata dal quel giudice; c) la diversa regola di diritto che si sarebbe dovuta applicare al caso di specie (Cass. n. 19769/08; 24339/08; 4044/09, nonchè S.U. 20360/07). Il quesito di diritto deve essere formulato in termini tali da costituire una sintesi logico-giuridica della questione, cosi da consentire al giudice di legittimità di enunciare una regula iuris suscettibile di ricevere applicazione anche in casi ulteriori rispetto a quello deciso dalla sentenza impugnata. Ne consegue che è inammissibile il motivo di ricorso non sorretto da quesito, ovvero quello corredato da quesito la cui formulazione, ponendosi in violazione di quanto prescritto dal citato art. 366-bis, si risolva sostanzialmente in un’omessa proposizione del quesito medesimo, per la sua inidoneità a chiarire l’errore di diritto imputato alla sentenza impugnata in riferimento alla concreta fattispecie (Cass. n. 12712/10; 7197/09; S.U. n. 26020/08).

3. Ne deriva l’inammissibilità del ricorso. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 2.200,00=, di cui Euro 2.000,00= per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 24 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2011

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