Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26723 del 13/12/2011

Cassazione civile sez. III, 13/12/2011, (ud. 24/11/2011, dep. 13/12/2011), n.26723

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. SPIRITO Angelo – Consigliere –

Dott. GIACALONE Giovanni – rel. Consigliere –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCARANO Luigi Alessandro – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

P.N. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA BAIAMONTI 10, presso lo studio dell’avvocato CALDORO MARIA

FRANCESCA, rappresentato e difeso dall’avvocato DE MAIO CARLO giusta

delega in atti;

– ricorrente –

contro

BANCA M.P.S. S.P.A. (OMISSIS), B.I.

(OMISSIS);

– intimati –

sul ricorso 5266-2006 proposto da:

B.I. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato

e difeso dall’avvocato PENTA CARLO giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

BANCA M.P.S. S.P.A. (OMISSIS) in persona del legale

rappresentante pro tempore Dirett. Titol. Dott. Bo.Fa.,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA BRESSANONE 3, presso lo studio

dell’avvocato CASOTTI CANTATORE MARIA LUISA, rappresentata e difesa

dagli avvocati MOSCHIANO ANDREA, PORZIO MARIO giusta delega in atti;

– controricorrente –

e contro

P.N.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1275/2005 della CORTE D’APPELLO di NAPOLI,

depositata il 29/04/2005 R.G.N. 2595/1996 e 2636/1996;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

24/11/2011 dal Consigliere Dott. GIOVANNI GIACALONE;

udito l’Avvocato MARIA LUISA CASOTTI CANTATORE per delega;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

POLICASTRO Aldo che ha concluso con il rigetto del ricorso.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

1. B.I. e P.N. propongono separati ricorsi per cassazione, sulla base ciascuno di un unico articolato motivo, rispettivamente notificati il 16 ed il 20 gennaio 2006, avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli, depositata il 29 aprile 2005 e notificata il 21 novembre 2005, che ha confermato quella di primo grado, la quale, a sua volta, ha accolto la domanda di dichiarazione d’inefficacia del contratto, concluso tra le predette, di cessione dell’usufrutto d’immobile, sussistendo i presupposti dell’azione revocatoria ordinaria di cui all’art. 2901 c.c. 2. Per quanto rileva in questa sede, la Corte territoriale ha osservato che “in tema di azione revocatoria ordinaria, non è richiesta, a fondamento dell’azione, la totale compromissione della consistenza patrimoniale del debitore, ma soltanto il compimento di un atto che renda più incerta o difficile la soddisfazione del credito e nella ricorrenza in capo al debitore, e per gli atti a titolo oneroso anche in capo al terzo, della consapevolezza (intesa anche come conoscibilità) che, con l’atto di disposizione, il debitore diminuisca la consistenza delle garanzie spettanti ai creditori (cfr da ultimo ad es. Cassazione civile, sez. 3^, 23 febbraio 2004, n. 3546). L’art. 2901 c.c. fa riferimento, infatti, al “pregiudizio” delle ragioni del creditore; pertanto non è necessario che con l’atto di cui si chiede la declaratoria d’inefficacia si sia prodotto un danno concreto ed effettivo, ma è sufficiente un semplice “pericolo di danno”, come una maggiore difficoltà o incertezza o dispendiosità nell’esazione coattiva del credito, evento che certamente si produce con la diminuzione del proprio patrimonio immobiliare da parte del debitore, quand’anche costui rimanga ancora titolare di diritti reali su altri beni. La norma, dunque, è articolata in modo tale che non è richiesta la compromissione del diritto del creditore e il cosiddetto eventus danni sussiste ogniqualvolta un bene, autonomamente identifìcabile come oggetto di espropriazione, sia convertito in denaro o in altri beni non identificabili nel patrimonio del debitore (cfr ad es. Cass. 7262/2000). Anche di recente la Suprema Corte ha affermato che “in tema di condizioni per l’esercizio dell’azione revocatoria ordinaria, è necessaria e sufficiente la consapevolezza di arrecare pregiudizio agli interessi dei creditori, non essendo richiesto l’animus nocendi;

tale pregiudizio si realizza anche quando l’atto dispositivo determini una variazione solo qualitativa del patrimonio, se essa rende più difficile la soddisfazione dei creditori. (Cassazione civile sez. 1, 26 febbraio 2002, n. 2792, n. 7262/2000). Ed è innegabile che la somma versata in pagamento di una compravendita sia facilmente occultabile, per cui su essa appare difficile la procedura esecutiva per il recupero del credito. Ne consegue che, in tal caso, l’onere di provare l’insussistenza di tale rischio, in ragione di ampie residualità patrimoniali, incombe, secondo i principi generali, al convenuto nell’azione di revocazione, che eccepisca la mancanza dell’evento danni (cfr. ad es. Cassazione 24 luglio 2003, n. 11471, 15257/2004). Facendo, dunque, applicazione di tali principi, ne consegue che già la stessa vendita della nuda proprietà dell’immobile de quo da parte della B., indipendentemente dall’entità del prezzo ( … ), era idonea a creare il lamentato pregiudizio alla Banca nei cui confronti essa aveva prestato fidejussione in relazione alla posizione del T. (in proprio e nella sua qualità di amministratore di società), pregiudizio che solo la rigorosa prova da parte sua, viceversa non offerta, della sua florida consistenza patrimoniale residua avrebbe potuto escludere.

Quanto al requisito soggettivo della consapevolezza del fideiussore e del terzo acquirente di arrecare pregiudizio alle ragioni dei creditori, occorre ricordare che la prova di tale atteggiamento soggettivo ben può essere fornita tramite presunzioni, il cui apprezzamento è devoluto al giudice di merito (cfr Cass n. 7452/2000, n. 1525712004, n. 13330/2004). Ed a presunzioni ha fatto ricorso il Tribunale per ritenere il suddetto requisito, una volta da esso acclarato ad abundantiam il pregiudizio oggettivamente arrecato con la vendita della nuda proprietà contro pagamento di L. 50.000.000 di un immobile tale (…) che il valore della sola nuda proprietà era stato valutato dal CTU in L. 245.456.000.

Correttamente il giudice di primo grado ha sottolineato che la sproporzione tra il prezzo pagato ed il valore così accertato impediva di ipotizzare che la B. non si rendesse conto della riduzione delle garanzie prestata con la fideiussione, non essendovi prova di sue ulteriori disponibilità economiche. D’altro canto si è già premesso che la norma non richiede “l’intenzione” del debitore di nuocere al creditore, essendo sufficiente l’agevole conoscibilità da parte del primo del pregiudizio arrecato alle ragioni del secondo, a prescindere dalla specifica conoscenza del credito per la cui tutela viene esperita l’azione, e senza che assumano rilevanza l’intenzione del debitore di ledere la garanzia patrimoniale generica del creditore (consilium fraudis) nè la partecipazione o la conoscenza da parte del terzo in ordine alla intenzione fraudolenta del debitore. Nella fattispecie la suddetta conoscibilità è da ritenersi in re ipsa e per l’esiguità del prezzo richiesto, che in tale momento assume reale rilevanza, e per la situazione di convivenza tra la garante ed il garantito, per cui è facilmente intuibile che, per essersi indotta a prestare garanzia, la B. fosse a conoscenza degli affari del T. e, quindi, consapevole anche dell’eventualità di essere essa stessa escussa dai creditori del primo; tanto più che la Banca Monte Dei Paschi ha dedotto (e l’assunto non risulta affatto smentito) di avere ricevuto, all’atto della stipula della fidejussione, l’indicazione del valore complessivo dell’immobile in L. 1.140.000.000, nonchè la quasi contestualità delle sue richieste di pagamento all’atto di compravendita, il che induce a ritenere che vi fosse un situazione patrimoniale critica del garantito che ha indotto la garante a disfarsi dell’unico bene su cui i creditori avrebbero potuto rivalersi. Ma, a tutto voler concedere, a fronte della solidarietà passiva della B., in virtù della fidejussione da lei prestata, quale emerge dal contratto in atti, non rileva l’indagine sulla solvibilità o meno del debitore garantito, a detta della B. impossibile, dal momento che l’eventus dammi deve essere verificato in relazione alla situazione della persona convenuta in giudizio e ciò quand’anche volesse credersi che ella ignorava la situazione economica del proprio garantito al momento della vendita.

Quanto all’elemento soggettivo dell’acquirente, non appare condivisibile l’argomentazione svolta dalle appellanti circa la mancanza di prova della consapevolezza della P. del pregiudizio arrecato ai creditori con l’atto in questione. Posto che tale consapevolezza da parte del terzo acquirente non richiede la collusione col debitore, ma solo la consapevolezza che con l’atto di vendita si stia attuando la diminuzione della sostanza patrimoniale del venditore medesimo e con essa la garanzia alle ragioni dei creditori, ritiene la Corte che la prova possa essere fornita anche da presunzioni, come reiteratamente affermato dalla Suprema Corte.

Nella fattispecie il Tribunale ha ben evidenziato tali elementi presuntivi, che convergono tutti a dimostrare tale consapevolezza.

In primis il contratto così poco conveniente per la venditrice, tenuto conto della natura e dimensione dell’immobile, puntualmente descritto in sentenza, in relazione all’entità del prezzo pagato, il che avrebbe dovuto indurre l’acquirente a chiedersi ed approfondire il perchè le si prospettasse siffatto “affare”; poi i rapporti intercorsi con lo stesso usufruttuario per una possibile locazione;

e, ad avviso della Corte, anche il rapporto di amicizia – evidenziato dalla Banca odierna appellata sin dal 1^ grado e mai disconosciuto – che legava le due signore e che rende, perciò, verosimile che fosse conosciuta, oltre che conoscibile dalla P. la situazione critica in cui versavano la B., in virtù della garanzia prestata, ed il T. che di tale garanzia si era avvantaggiato. Da ultimo va sottolineato che, ai fini del decidere, rileva esclusivamente l’entità del prezzo indicato dalle parti in contratto, non potendo assumere rilevanza – in mancanza di qualsivoglia prova – l’asserito eventuale pagamento di cifre superiori a quella dichiarata, celate a detta delle appellanti per fini fiscali, nè eventuali accertamenti fiscali del valore, questi sì rilevanti ai soli fini fiscali ma non certo al fine della dimostrazione del prezzo pagato e della rispondenza di esso al valore di mercato del bene. In conclusione le argomentazioni svolte dal Tribunale per addivenire all’accoglimento della azione revocatoria non appaiono affatto contraddittorie o erronee …”.

3. Nei rispettivi ricorsi, ciascuna delle ricorrenti deduce omessa, comunque, insufficiente ed, in ogni caso, contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia, nonchè violazione e falsa applicazione di norme di diritto (che la B. indica solo nell’art. 112 c.p.c. e la P. anche negli artt. 2910, 2697 e 2729 c.c.), ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, perchè la sentenza impugnata, lungi dall’esaminare le specifiche doglianze formulate da entrambe avverso la sentenza di primo grado, si era sostanzialmente appiattita sulla stessa, con contraddittoria motivazione sostanzialmente identica a quella del Tribunale. Dopo aver passato brevemente in assegna gli atti difensivi in appello, le ricorrenti sostengono di aver specificamente contestato in secondo grado il percorso logico seguito dal Tribunale secondo cui, giacchè il c.t.u. aveva dato una valutazione quintupla dell’immobile, rispetto al prezzo indicato nell’atto di vendita, ciò comportava inevitabilmente l’evidenza di un pregiudizio arrecato ai creditori ed in conseguenza la presunzione che le parti del contratto non potessero non rendersi conto di tale considerevole riduzione della garanzia creditoria. Sostengono che era altrettanto evidente che entrambe impugnarono la sentenza di primo grado anche per quel che riguarda l’omessa considerazione, da parte del Tribunale, della valutazione, concernente l’immobile alienato, data dall’Ufficio del Registro, regolarmente depositata agli atti in entrambi i gradi di giudizio. Era, infine, specificamente gravata la sentenza del Tribunale in merito all’ingiustificata e non motivata prevalente efficacia probatoria conferita alla valutazione dell’immobile data dal c.t.u., rispetto a quella resa dall’Ufficio del Registro.

Ribadiscono che la Corte territoriale non avrebbe, pertanto, deciso sul principale, certamente decisivo, motivo di impugnazione da esse formulato: la contestazione dell’assunto in base al quale il Tribunale aveva ritenuto sussistenti i presupposti previsti dall’art. 2901 c.c. fondandosi sulla valutazione dell’immobile rogato data dal c.t.u. e sulla sperequazione tra quest’ultima ed il prezzo di vendita, ignorando la valutazione ufficiale e definitiva resa dall’Ufficio del Registro, presente agli atti in entrambi i gradi di giudizio. La Corte, omettendo di pronunciare sui detti motivi di impugnazione, ricostruisce, inoltre, in modo assolutamente contraddittorio e arbitrario le considerazioni fondanti la pronuncia di primo grado, redigendo una sentenza priva, per la parte motiva, di intrinseca congruenza. Passando in rassegna alcuni brani della motivazione della sentenza impugnata, ritengono evidente che l’accertamento del valore dell’immobile effettuato dal c.t.u. in primo grado viene, in due punti della stessa sentenza di appello, ritenuto alternativamente elemento probatorio decisivo per accertare la sussistenza sia dell’eventus damni che del consilium fraudis e semplice indizio confortante ad abundantiam la decisione del Tribunale di accogliere la domanda revocatoria. Altro aspetto contraddittorio si rileverebbe perchè, La Corte, da un lato, dichiara in sostanza che la sua decisione si basa fondamentalmente su elementi indiziari e non su prove ma, allo stesso tempo afferma, senza dare una congrua motivazione, di non ritenere necessaria l’acquisizione del fascicolo di primo grado (non pervenuto) in quanto non sussistevano prove testimoniali da rivalutare. Pertanto, violando l’art. 112 c.p.c., la Corte territoriale avrebbe, secondo le ricorrenti, omesso di valutare e, conseguentemente, di statuire sulle descritte specifiche e decisive circostanze poste in rilievo dalle parti negli atti di appello e costituenti motivi di gravame, dando luogo ad una decisione differente da quella che, altrimenti, sarebbe stata adottata e la sentenza sarebbe, altresì, viziata da una motivazione contraddittoria che, per le ragioni indicate, impedisce una chiara individuazione della ratio decidendi posta alla base del provvedimento adottato.

4. I ricorsi vanno riuniti, essendo stati proposti avverso la medesima sentenza (art. 335 c.p.c.). Il ricorso della B., previamente notificato (16 gennaio 2006) è da considerarsi ricorso principale, mentre quello della P., notificato il 20 gennaio 2006, assume la veste di ricorso incidentale, seppur depositato per primo (24 gennaio 2006), dovendosi ribadire che l’impugnazione proposta per prima assume caratteri ed effetti d’impugnazione principale e determina la costituzione del procedimento, nel quale debbono confluire, con natura ed effetti di impugnazioni incidentali, le successive impugnazioni proposte contro la medesima sentenza dalle altre parti soccombenti, con la conseguenza che il ricorso per cassazione, validamente ed autonomamente proposto dopo che altro ricorso sia stato già notificato ad iniziativa della controparte, si converte, riunito a questo, in ricorso incidentale, semprechè siano stati rispettati i relativi termini (Cass. 14 giugno 1983 n. 4088; v.

anche Cass. 12 giugno 2006 n. 13585).

5. Entrambi i ricorsi vanno respinti, rivelandosi privi di pregio tutti i profili di censura in essi articolati.

5.1.1 Diversamente da quanto sembrano opinare le ricorrenti, l’esiguità del corrispettivo convenuto, rispetto alle risultanze della consulenza d’ufficio non è stato il solo elemento che ha determinato l’accoglimento della domanda; bensì soltanto uno degli elementi presuntivi di cui si sono avvalsi il Tribunale prima e la Corte di Appello poi, per accertare la consapevolezza esistente tra le parti di arrecare un pregiudizio alle ragioni del creditore. Nella fattispecie, il pregiudizio che l’atto arrecava alle ragioni dei creditori appariva evidente. La valutazione della sussistenza del danno, puntualmente rilevata dalla Corte territoriale, è una questio facti che non può essere portata all’attenzione della Corte.

5.1.2 Il giudice di appello ha poi congruamente motivato la consapevolezza dell’effetto pregiudizievole dell’atto di compravendita da parte dell’alienante B., come da parte dell’acquirente P.. Contrariamente a quanto affermato dalle ricorrenti, la Corte di Appello non si è soffermata esclusivamente sulle risultanze della CTU, relative all’entità del corrispettivo, ma ha considerato, correttamente, anche altri elementi tutti indicati nella parte motiva dell’impugnata sentenza. Per ciò che concerne l’elemento della consapevolezza da parte della B. di ridurre notevolmente la garanzia dei crediti vantati dalle banche, ha ritenuto che le difficoltà economiche in cui versavano le società amministrate dal T. ed il T. stesso le erano ben note, essendo ella convivente con il predetto. Peraltro, il negozio ebbe luogo solo pochi giorni dopo le prime richieste, effettuate dalla banca al debitore principale, di far rientrare l’esposizione debitoria garantita dalla B.. Anche rispetto alla posizione della P., la Corte di appello ha fondato la motivazione su un chiaro quadro probatorio. Anzitutto, l’esiguità del prezzo pattuito che rende evidente la conoscenza dell’effetto pregiudizievole dell’atto anche da parte dell’acquirente, che, seppure non fosse stata specificamente a conoscenza della situazione debitoria della B., non avrebbe potuto non interrogarsi sulle motivazioni di un contratto così poco conveniente per l’alienante. Ulteriori argomenti di convincimento la Corte ha tratto dal rapporto di stretta amicizia intercorrente tra la B. e la P. e dalla tempestività delle modalità di conclusione del contratto.

5.2. Senza contare che la lamentata omissione di pronuncia – oltre che impropriamente formulata come violazione dell’art. 112 c.p.c. rilevante ai fini dell’art. 360 c.p.c., n. 3, anzichè n. 4 – è, comunque, insussistente, posto che, come correttamente affermato dalla Corte di Appello, “rileva esclusivamente l’entità del prezzo indicato dalle parti in contratto, non potendo assumere rilevanza – in mancanza di qualsivoglia prova – l’asserito eventuale pagamento di cifre superori a quella dichiarata, celate a detta delle appellanti per fini fiscali, nè eventuali accertamenti fiscali del valore, questi sì rilevanti ai soli fini fiscali ma non certo al fine della dimostrazione del prezzo pagato e della rispondenza di esso al valore di mercato del bene”.

5.3. Pertanto, non si rileva nel caso di specie alcuna violazione di legge, essendo i giudici d’appello pervenuti alla conclusione – con valutazione come si è detto insindacabile in questa sede – che ricorrevano le condizioni per la dichiarazione d’inefficacia, nei confronti del creditore bancario della scrittura in questione.

Peraltro, dallo stesso svolgimento dei motivi risulta evidente che, sotto la rubrica delle violazioni di legge, si censura inammissibilmente il convincimento espresso dai giudici di merito (Cass. n. 12372/06) circa l’insussistenza delle condizioni legittimanti l’azione revocatoria ordinaria (art. 2901 c.c.).

5.4. Con riferimento al vizio motivazionale dedotto in ciascuno dei due ricorsi, tenuto conto di quanto in precedenza osservato, va ribadito che è devoluta al giudice del merito l’individuazione delle fonti del proprio convincimento, e pertanto anche la valutazione delle prove, il controllo della loro attendibilità e concludenza, la scelta, fra le risultanze istruttorie, di quelle ritenute idonee ad acclarare i fatti oggetto della controversia, privilegiando in via logica taluni mezzi di prova e disattendendone altri, in ragione del loro diverso spessore probatorio, con l’unico limite della adeguata e congrua motivazione del criterio adottato; conseguentemente, ai fini di una corretta decisione, il giudice non è tenuto a valutare analiticamente tutte le risultanze processuali, nè a confutare singolarmente le argomentazioni prospettate dalle parti, essendo invece sufficiente che egli, dopo averle vagliate nel loro complesso, indichi gli elementi sui quali intende fondare il suo convincimento e l’iter seguito nella valutazione degli stessi e per le proprie conclusioni, implicitamente disattendendo quelli logicamente incompatibili con la decisione adottata (Cass. n. 12121/04; 1374/02;

13342/99; 9384/95).

5.6. Ne consegue che la valutazione della sentenza impugnata, circa la sussistenza delle condizioni per la declaratoria d’inefficacia della scrittura in questione, risulta immune da censure in questa sede di sindacato di legittimità. Da quanto esposto e considerato il contenuto dei motivi di ricorso, emerge chiaro che i ricorrenti non portano all’attenzione di questa Corte una carenza di effettiva logica nella motivazione della sentenza impugnata o di contraddittorietà all’interno della stessa, ma contestano direttamente le valutazioni espresse dalla Corte di merito in ordine alle predette circostanze.

5.7. La sentenza impugnata – come emerge dagli ampi brani della stessa riportati all’inizio della presente sentenza – appare comunque adeguatamente e logicamente motivata e non si rileva la pretermissione di elementi decisivi. Nè sussistono le prospettate contraddizioni, rispetto alle quali, peraltro, il carattere di decisività viene solo enunciato – e non dimostrato – nei motivi di ricorso, che si rivelano, sul punto, privi di autosufficienza.

6. Pertanto, i ricorsi vanno rigettati. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

PQM

Riunisce i ricorsi e li rigetta. Condanna le ricorrenti al pagamento delle spese del presente giudizio in favore dell’azienda di credito resistente, che liquida, a carico di ciascuna ricorrente, in 1.600,00 di cui Euro 1.400,00 per onorario, oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 24 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2011

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