Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2672 del 30/01/2019

Cassazione civile sez. lav., 30/01/2019, (ud. 23/01/2018, dep. 30/01/2019), n.2672

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. NEGRI DELLA TORRE Paolo – Consigliere –

Dott. ARIENZO Rosa – Consigliere –

Dott. DE GREGORIO Federico – Consigliere –

Dott. LEO Giuseppina – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 9759/2013 proposto da:

T.C., C.F. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIALE GIULIO CESARE 183, presso lo studio dell’avvocato

BENIAMINO LA PISCOPIA, rappresentato e difeso dall’avvocato MARZIO

PISELLI, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

FRATELLI N. S.P.A., in persona del legale rappresentante pro

tempore elettivamente domiciliata in ROMA, VIA CRESCENZIO 58, presso

lo studio dell’avvocato BRUNO COSSU, che la rappresenta e difende

unitamente agli avvocati GIUSEPPE SAVERIO SORDA, SAVINA BOMBOI,

giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 74/2013 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 15/01/2013 R.G.N. 498/2011.

Fatto

RILEVATO

che la Corte di Appello di Firenze, con sentenza depositata in data 15.1.2013, accoglieva il gravame interposto dalla Fratelli N. S.p.A., nei confronti di T.C., avverso la sentenza del Tribunale di Livorno che aveva annullato la sanzione disciplinare della sospensione di tre giorni dal luogo di lavoro, inflitta al medesimo dalla società datrice, condannando quest’ultima alla rimozione delle conseguenze economiche e giuridiche ed al risarcimento del danno biologico, morale ed esistenziale causato al ricorrente;

che per la cassazione della sentenza ricorre il T. articolando quattro motivi, cui resiste la Fratelli N. S.p.A. con controricorso;

che il T. ha depositato una memoria pervenuta fuori termine;

che il P.G. non ha formulato richieste.

Diritto

CONSIDERATO

che con il ricorso si deduce: 1) l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, “in particolare la assoluta mancanza di insubordinazione del ricorrente”, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e si lamenta che la Corte di merito abbia omesso di considerare che la prestazione che era stato chiamato ad eseguire il Comandante T. era quella relativa all’esecuzione di un rimorchio di una nave, precisamente di un cargo e che non ha rifiutato di eseguire la predetta prestazione, ma che si è dovuto fermare per mangiare un panino, avendo avuto un calo di zuccheri; 2) l’omesso esame circa un ulteriore fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, “in particolare l’esatta esecuzione della prestazione lavorativa alla quale il Comandante T. era stato chiamato”, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e si deduce che la Corte di Appello abbia omesso di esaminare il fatto che la prestazione, nonostante tutto, era stata eseguita in modo perfetto; 3) la violazione e/o falsa applicazione delle norme del CCNL per il personale imbarcato sulle unità adibite al servizio rimorchio delle navi e del relativo accordo collettivo, in particolare dell’art. 7 del CCNL citato, relativo alle infrazioni disciplinari e sanzioni, in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e si censura il fatto che i giudici di seconda istanza avrebbero errato nel ritenere congrua la sanzione disciplinare irrogata, mentre avrebbero dovuto “semmai ritenere” che il T. avesse commesso “una infrazione di lieve entità”, che, ai sensi dell’art. 7 del CCNL citato, avrebbe dovuto comportare un rimprovero verbale o scritto; 4) la violazione o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c., in riferimento all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3 e si lamenta che i giudici di secondo grado avrebbero posto le spese a carico del T. “basandosi esclusivamente su quanto avvenuto nella fase prodromica a quella processuale”;

che il primo ed il secondo motivo – da trattare congiuntamente per evidenti ragioni di connessione – non sono meritevoli di accoglimento; al riguardo, è da premettere che, come sottolineato dalle Sezioni Unite di questa Corte (con la sentenza n. 8053 del 2014), per effetto della riforma del 2012, per un verso, è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sè, purchè il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione); per l’altro verso, è stato introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Orbene, poichè la sentenza oggetto del giudizio di legittimità è stata pubblicata, come riferito in narrativa, il 15.1.2013, nella fattispecie si applica, ratione temporis, il nuovo testo dell’art. 360, comma 1, n. 5), come sostituito dal D.L. 22 giugno 2012, n. 83, art. 54, comma 1, lett. b), convertito, con modificazioni, nella L. 7 agosto 2012, n. 134, a norma del quale la sentenza può essere impugnata con ricorso per cassazione per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. Ma, nel caso in esame, il motivo di ricorso che denuncia il vizio motivazionale relativamente alla dedotta omissione di un fatto storico (Cass. n. 21152/2014), con carattere di decisività, che è stato oggetto di discussione tra le parti e che la Corte di Appello avrebbe omesso di esaminare non attiene, alla stregua della pronunzia delle Sezioni Unite, ad un vizio della sentenza “così radicale da comportare” in linea con “quanto previsto dall’art. 132 c.p.c., n. 4, la nullità della sentenza per mancanza di motivazione”. Ed anzi, in particolare a pagina 2 della sentenza, i giudici di seconda istanza si soffermano diffusamente sul comportamento del Comandante T., quale è emerso dalle risultanze istruttorie, da cui, inequivocabilmente, risulta che il medesimo abbia unilateralmente deciso di interrompere la manovra richiestagli “per mangiare”, senza fornire ulteriori spiegazioni al riguardo;

che il terzo motivo è inammissibile, innanzitutto perchè formulato in violazione del principio, più volte ribadito da questa Corte, che definisce quale onere della parte ricorrente quello di indicare lo specifico atto precedente cui si riferisce, in modo tale da consentire alla Corte di legittimità di controllare ex actis la veridicità delle proprie asserzioni prima di esaminare il merito della questione (cfr., ex multis, Cass. n. 14541/2014, cit.). Il ricorso per cassazione deve, infatti, contenere tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito ed a consentire la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza che sia necessario fare rinvio a fonti esterne al ricorso e, quindi, ad elementi o atti concernenti il pregresso grado di giudizio di merito (cfr., tra le molte, Cass. n. 1435/2013; Cass. n. 23675/2013; Cass. n. 10551/2016). Nella fattispecie, invece, manca la specifica indicazione degli atti processuali e dei documenti su cui si fonda; in particolare, il ricorrente non ha riportato l’art. 7 del CCNL per il personale imbarcato sulle unità adibite al servizio rimorchio delle navi, nè ha prodotto il CCNL ed il relativo accordo collettivo, di cui si deduce la violazione; per la qual cosa, questa Corte non è stata messa in grado di poter apprezzare la veridicità della doglianza svolta dal ricorrente. Il motivo, inoltre, nella sua articolazione, appare teso ad una nuova valutazione delle prove, pacificamente estranea al giudizio di legittimità (cfr., ex plurimis, Cass., S.U., n. 24148/2013; Cass. n. 14541/2014), poichè si limita a contrapporre una diversa valutazione delle emergenze istruttorie, fatta dal ricorrente, rispetto a quella cui è pervenuta la Corte di merito (cfr., altresì, tra le molte, Cass. n. 7863/2012), in particolare, relativamente alla classificazione dell’infrazione di cui si tratta come grave o lieve, per le più o meno gravi conseguenze disciplinari che ne discendono;

che il quarto motivo – anche prescindendo dalla genericità della formulazione – non è fondato, poichè la Corte di merito ha correttamente posto le spese a carico del T., in base al criterio della soccombenza e non, come quest’ultimo afferma, soltanto in considerazione del fatto che, “in sede di tentativo di conciliazione, la società già aveva inutilmente offerto al T. di annullare completamente la contestata sanzione e le sue conseguenze economiche”;

che per tutto quanto in precedenza esposto, il ricorso va rigettato;

che le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza;

che, avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso, sussistono i presupposti di cui D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater.

PQM

La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate in Euro 3.000,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 23 gennaio 2018.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2019

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