Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26719 del 29/11/2013


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 26719 Anno 2013
Presidente: CAPPABIANCA AURELIO
Relatore: CIGNA MARIO

SENTENZA
sul ricorso 28821-2007 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE

in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

2013
2047

ARMETTA ITALO;
– intimato avverso la sentenza n. 84/2006 della COMM.TRIB.REG. di
TRIESTE, depositata il 21/11/2006;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica

Data pubblicazione: 29/11/2013

udienza del 12/06/2013 dal Consigliere Dott. MARIO
CIGNA;
udito per il ricorrente l’Avvocato DETTORI che ha
chiesto l’accoglimento;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore

l’accoglimento del ricorso.

Generale Dott. PASQUALE FIMIANI che ha concluso per

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con sentenza depositata il 21-11-2006 la CTR di Trieste rigettava l’appello proposto dall’Agenzia delle
Entrate di Udine nei confronti della sentenza della CTP di Udine che aveva accolto il ricorso presentato da
Armetta Italo avverso la cartella di pagamento con cui il Centro Servizi di Venezia —in sede di liquidazione
ex art. 36 bis DPR 600/73 della dichiarazione presentata per il 1992- aveva iscritto a ruolo la somma di lire
15.118.000, a titolo di maggiore IRPEF, riprendendo a tassazione importi percepiti nel 1992 dal

lavoro dipendente causata dal fallimento del datore di lavoro Tecnolam SpA.
In motivazione la CTR rilevava che nella fattispecie, anche in base al contenuto dell’art. 19 CCNL, la causa
dell’indennità supplementare dirigenziale era quella di risarcire il dirigente del danno dallo stesso subito
per la cessazione del rapporto di lavoro per situazioni non imputabili al dirigente medesimo; in particolare,
si trattava di “danno emergente” in ordine al proprio prestigio ed immagine professionale, con
conseguente calo probabilistico nella ricerca di nuova posizione lavorativa nella stessa precedente
dimensione; siffatta indennità non aveva, quindi, alcuna “valenza retributiva di perdita di redditi futuri
derivante dal fallimento del datore di lavoro”, ma costituiva “elemento risarcitorio esterno a quel
medesimo rapporto di lavoro, per ciò che oggettivamente poteva conseguire alla posizione indebolita del
dirigente sul mercato del lavoro”.
Awerso detta sentenza proponeva ricorso per Cassazione l’Agenzia, affidato a due motivi; il contribuente
non svolgeva attività difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo l’Agenzia, deducendo -ex art. 360 n. 3 cpc- violazione dei principi generali in materia di
contenzioso tributario, degli artt. 2,10,18, 19 e 36 d.lgs 546/1992, dell’art. 2909 cc, e degli artt. 324,
372,378,384 cpc e del principio del giudicato esterno, rilevava che sulla natura retributiva o risarcitoria
dell’indennità supplementare dirigenziale in questione si era già formato il giudicato, avendo invero la S.C.
con sentenza 7346/2003, già affermato che detta indennità era stata erogata in relazione al rapporto di
lavoro, dalla cui anticipata cessazione era stata originata, sicchè la sua imponibilità risultava stabilita
dall’art. 48 DPR 917/1986; al riguardo precisava che entrambi i giudizi (quello odierno e quello conclusosi
con la su menzionata sentenza della S.C.) concernevano lo stesso rapporto tributario e che la differenza
riguardava unicamente il prowedimento impugnato (nel giudizio odierno: la cartella di pagamento relativa
alla liquidazione dell’imposta secondo tassazione separata; nell’altro: il silenzio-rifiuto avverso l’istanza del
contribuente di rimborso delle trattenute effettuate dal sostituto di imposta).
Il motivo è fondato.

contribuente -a titolo di indennità supplementare dirigenziale- a seguito della cessazione del rapporto di

Con condiviso principio questa Corte ha già stabilito che “qualora due giudizi tra le stesse parti abbiano
riferimento al medesimo rapporto giuridico, ed uno di essi sia stato definito con sentenza passata in
giudicato, l’accertamento così compiuto in ordine alla situazione giuridica owero alla soluzione di questioni
di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe la cause, formando la
premessa logica indispensabile della statuizione contenuta nel dispositivo della sentenza, preclude il
riesame dello stesso punto di diritto accertato e risolto, anche se il successivo giudizio abbia finalità diverse

Nel caso di specie, la S.C. nella sentenza 7346/2003, giudicando tra le stesse parti ed in relazione alla
medesima indennità, ha statuito che quest’ultima, in quanto sostitutiva del diritto di reintegra di cui il
dirigente licenziato viene privato, è reintegrativa del danno subito dalla mancata percezione di redditi,
sicchè la stessa, ai sensi degli artt. 48, comma 1, e 6 n. 2 dpr 917/86, va considerato reddito assoggettabile
ad IRPEF.
L’accoglimento di detto motivo comporta l’assorbimento del secondo, con il quale l’Agenzia riproponeva la
questione della natura retributiva della detta indennità.
In conclusione, pertanto, va accolto il primo motivo del ricorso, con assorbimento del secondo; per
l’effetto, va cassata l’impugnata sentenza, e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto ex art.
384 cpc, va rigettato il ricorso introduttivo.
In considerazione dell’evolversi della vicenda processuale, si ritiene sussistano giusti motivi per
compensare tra le parti le spese di lite relative ai giudizi di merito.
I compensi e le spese relative al presente giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la
soccombenza.
P. Q. M.
La Corte, accoglie il primo motivo, con assorbimento del secondo; cassa l’impugnata sentenza e, decidendo
nel merito, accoglie il ricorso introduttivo; dichiara compensate tra le parti le spese di lite relative ai giudizi
di merito; condanna parte resistente al pagamento dei compensi di lite relative al presente giudizio di
legittimità, che si liquidano in complessivi euro 2.000,00, di cui euro 200,00, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma in data 12-6-2013 nella camera di Consiglio della quinta sez.

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da quelle che hanno costituito lo scopo ed il “petitum” del primo” (Cass. sez. unite 13916/2006).

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