Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26718 del 21/10/2019

Cassazione civile sez. I, 21/10/2019, (ud. 12/07/2019, dep. 21/10/2019), n.26718

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI VIRGILIO Rosa Maria – Presidente –

Dott. SCALIA Laura – rel. Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

Dott. SOLAINI Luca – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 28884/2019 proposto da:

F.A., elettivamente domiciliato in Roma, Via Otranto, 12

presso lo studio dell’avvocato Marco Grispo che lo rappresenta e

difenda giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t., elettivamente

domiciliato in Roma, Via dei Portoghesi, 5 presso l’Avvocatura

Generale dello Stato ex legge;

– intimato –

avverso il decreto 1667/2018 del Tribunale di CALTANISSETTA

pubblicato il 13/09/2019;

udita la relazione della causa svolta dal Cons. Dott. Laura Scalia

nella camera di consiglio del 12/07/2019.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. F.A., cittadino del Pakistan, originario del (OMISSIS), di religione musulmana sunnita, ricorre in cassazione con due motivi avverso il decreto in epigrafe indicato con cui il Tribunale di Caltanissetta ha rigettato le domande di riconoscimento dello status di rifugiato, di protezione sussidiaria ed umanitaria dal primo proposte nella ritenuta insussistenza dei presupposti di legge.

Il ricorrente ha dichiarato alla competente commissione che a causa di drammatiche vicende ereditarie, per le quali adottato da uno zio benestante veniva da questi beneficiato della cessione gratuita di taluni terreni, operazione che destava “rabbia” e “incredulità” presso parenti e fratelli che, non conoscendo l’istituto dell’adozione e non comprendendo le ragioni di tanta benevolenza, a seguito di una lite e di pesante minacce venivano denunciati alla polizia.

Quest’ultima non interveniva però a tutela delle ragioni del richiedente e dello zio e tanto per le conoscenze che gli altri membri della famiglia avevano presso le forze dell’ordine e l’alto grado di corruzione di queste ultime. Scaturito uno scontro a fuoco nel corso di una aggressione da parte dei parenti presso la sua abitazione, F. si allontanava dal paese da (OMISSIS) trasferendosi a Lahore per frequentarvi un college dove veniva raggiunto dai parenti ai quali si sottraeva abbandonando il Pakistan, per timore di essere perseguitato dopo avere subito violenze fisiche e psicologiche.

2. Il Ministero dell’Interno, intimato, non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo il ricorrente fa valere la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 2, 3, 4,5,7,14,16 e 17, del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 32 nonchè l’omesso esame di fatti decisivi per il giudizio.

Deducendo di voler limitare le contestazioni al diniego della protezione sussidiaria ed umanitaria, il ricorrente denuncia la palese illogicità e superficialità del giudizio di inverosimiglianza formulato dal Tribunale quanto al racconto reso, giudizio che si sarebbe tradotto, nell’impugnato decreto, in una mera ricostruzione delle vicende narrate dal richiedente “arricchite da una generica e decontestualizzata valutazione di inverosimiglianza”.

In Pakistan il diritto in materia di successioni deriva dal “Common Law” e non conosce il diritto di legittima, da qui, di contro a quanto ritenuto dal Tribunale, l’astio dei fratelli del richiedente nei confronti dello zio, che aveva adottato il richiedente, i quali, in conseguenza di ciò, avrebbero perduto ogni diritto sull’asse ereditario del congiunto.

I giudici di merito avrebbero omesso di considerare la ricchezza dei particolari del narrato e l’alto grado di corruzione della polizia che non avrebbe garantito la sicurezza della popolazione civile.

Dedotta l’esistenza di un onere probatorio attenuato del richiedente protezione ed il corrispondente onere di collaborazione insistente sul giudice di merito, si assume in ricorso la presunzione di buona fede del richiedente asilo e la contraddittorietà della motivazione che pur ammettendo l’esistenza di episodi di violenza indiscriminata, in via principale determinata da attacchi terroristici, non avrebbe attribuito rilevanza alla stessa D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14.

L’area del (OMISSIS), di provenienza del ricorrente, costituiva zona ad alto rischio per l’incolumità e la vita dei civili come indicato nella domanda introduttiva del giudizio ed in riportate pronunzie dei giudici di legittimità e di merito, il tutto secondo fonti ufficiali e per una situazione di oggettivo rilievo definita dalla giurisprudenza Euro-unitaria, dal rapporto Human Right Watch 2017, dal Rapporto EASO, da notizie ANSA e da emittenti televisivi.

1.1. Il motivo di ricorso si presta ad una valutazione che in parte di inammissibilità ed in parte di infondatezza.

Appartiene alla pacifica giurisprudenza di questa Corte di legittimità l’affermazione di principio per la quale la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto, rimesso al giudice del merito che del primo è chiamato a scrutinare coerenza e plausibilità, in applicazione delle previsioni di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, comma 5, lett. c).

Il giudizio è pertanto sindacabile in sede di legittimità per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e per mancanza della motivazione, declinata secondo le figure della mancanza assoluta, dell’apparenza e del carattere perplesso ed obiettivamente incomprensibile, esclusa la rilevanza della mera insufficienza di motivazione ed esclusa, ancora, l’ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censure attinenti al merito (Cass. 05/02/2019 n. 3340).

L’esclusione della verosimiglianza del narrato, con particolare riguardo al carattere rocambolesco della fuga osservata dal richiedente nel college presso il quale si era trasferito dopo le prime violenze e presso cui gli era stato portato un nuovo violento attacco da parte dei parenti, animosamente spinti da ragioni economico-ereditarie, viene contrastato in ricorso per una mera ed inammissibile ai sensi, dell’art. 366 c.p.c., n. 4, riproposizione degli iniziali motivi di merito, non capace di dialogare efficacemente con l’impugnata sentenza quanto all’ivi espresso giudizio di inverosimiglianza del narrato (Cass. 24/09/2018 n. 22478).

L’esclusione della credibilità soggettiva del richiedente protezione internazionale per il nucleo essenziale dei fatti narrati non espone a censura di legittimità la valutazione condotta sulle condizioni di vulnerabilità ai fini della protezione sussidiaria o umanitaria, che della prima costituiscono un posterius logico, esonerando quindi il giudice del merito dal vagliare le circostanze personali del richiedente – quali condizione sociale, sesso ed età -al fine di valutare se gli atti a cui egli è stato, o potrebbe essere esposto, si configurino come persecuzione o danno grave.

L’insussistenza dei fatti nella loro storicità, in ragione dell’apprezzata oggettiva inverosimiglianza del racconto, fa sì che restino escluse a loro volta le successive valutazioni sulla condizione soggettiva di vulnerabilità del richiedente protezione sussidiaria per le ipotesi di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. a) e b).

E’ infondato l’ulteriore profilo di ricorso con cui si denuncia la violazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c) in relazione al D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3, nella parte in cui il Tribunale ha escluso nella zona di provenienza del richiedente protezione, il (OMISSIS), l’esistenza di una situazione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato, determinante una minaccia grave alla vita o alla persona.

La critica portata in ricorso ha infatti ad oggetto, in modo inammissibile, una contestazione di merito sulle fonti che, integrate nell’impugnato decreto da un rapporto EASO aggiornato all’agosto del 2017, non vengono in modo concludente, se non per contrapposti contenuti, attinte da censura la quale giunge a spingersi fino al luglio 2017.

2. Con il secondo motivo si deduce la violazione del D.Lgs. n. 32 del 2008, art. 32 e del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6, ed omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio. Il Tribunale avrebbe omesso ogni accertamento sulla sussistenza dei presupposti della protezione umanitaria non provvedendo ad analizzare meticolosamente la storia personale del richiedente, non potendo la reiezione della domanda essere frutto di automatismo. Nel corso del procedimento il ricorrente aveva dimostrato di aver appreso la lingua italiana e di aver intrapreso un percorso serio e concreto di integrazione dimostrando di aver lavorato come operai tessile e quindi come cuoco, come da contratto ancora in essere.

Il Tribunale avrebbe mancato di comparare la condizione del ricorrente nel paese di origine con la situazione di integrazione goduta dal ricorrente in Italia.

Il motivo è generico.

La dedotta integrazione in territorio nazionale resta consegnata in ricorso, giusta gli argomenti di squisito merito ivi utilizzati, attraverso una nuova evidenza in fatto, e cioè la conclusione di un contratto da parte del richiedente – che fa infatti valere davanti a questa Corte di legittimità di essere stato assunto come cuoco -che non risulta allegato e dedotto dinanzi al giudice di merito che dà atto, invece, dell’esistenza di un diverso rapporto di lavoro di cui l’Inps, interpellato ex art. 213 c.p.c., ha attestato la cessazione.

3. Il ricorso è in via conclusiva inammissibile.

Nulla sulle spese nella mancata costituzione dell’amministrazione intimata.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, va dichiarata la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

PQM

Dichiara inammissibile il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 12 luglio 2019.

Depositato in Cancelleria il 21 ottobre 2019

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