Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26717 del 22/12/2016


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Cassazione civile, sez. trib., 22/12/2016, (ud. 01/12/2016, dep.22/12/2016),  n. 26717

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –

Dott. ZOSO Liana M.T. – Consigliere –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 7020-2010 proposto da:

COMUNE DI ROMA in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA DEL TEMPIO DI GIOVE 21, presso lo studio

dell’avvocato ANGELA RAIMONDO, che lo rappresenta e difende giusta

delega a margine;

– ricorrente –

contro

CONSULENZE GESTIONI PUBBLICITA’ COGEP SRL IN LIQUIDAZIONE;

– intimato –

avverso la sentenza n. 18/2009 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 20/01/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

01/12/2016 dal Consigliere Dott. DE MASI ORONZO;

udito per il ricorrente l’Avvocato RAIMONDO che si riporta agli atti;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

BASILE TOMMASO che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Comune di Roma ricorre per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 18/02/2009, pronunciata il 19/12/2008 e depositata il 20/1/2009, che ha accolto l’appello della Società Consulenze Gestioni Pubblicità CO.GE.P. s.r.l. in liquidazione, contro la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Roma n. 300/57/2002, che ha, invece, respinto il ricorso proposto dalla contribuente contro 45 avvisi di accertamento per omesso versamento dell’imposta di pubblicità (anno 2002), per genericità delle formulate contestazioni.

Il Giudice di appello, in particolare, osservava che gli avvisi di accertamento non presentano una motivazione adeguata, non risultando allegato il verbale di accertamento delle violazioni (V.A.V.), nè indicata la misura degli interessi applicati sull’importo accertato. Rilevava che l’avviso n. 9497/03 si riferisce ad un impianto pubblicitario di altro operatore, circostanza accertata con la sentenza n. 46252/07 del Giudice di Pace di Roma, che per altri impianti in contestazione la contribuente aveva esibito la relativa concessione comunale, che l’imposta di pubblicità, era stata talvolta calcolata per una superficie superiore a quella effettiva, o sulla base di tariffe valide per le strade di Categoria Speciale, pur trattandosi di impianti ubicati in strade di Categoria Normale, o per impianti luminosi, pur trattandosi di impianti non riconducibili a tale tipologia, che infine alcuni avvisi riguardavano lo stesso impianto sanzionato più volte nel corso dell’anno, tant’è che il Comune aveva annunciato l’annullamento in autotutela degli avvisi, così come accaduto per alcuni di essi che erano stati annullati, circostanza di cui dava atto in sentenza, con relativa declaratoria di estinzione della obbligazione tributaria.

Il ricorso per cassazione del Comune è sostenuto da tre motivi d’impugnazione e si conclude con la richiesta che sia cassata la sentenza impugnata, con ogni conseguente statuizione, anche in ordine alle spese processuali.

L’intimata Società non ha svolto attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il ricorrente deduce, con il primo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, difetto di motivazione della sentenza per travisamento dei fatti circa un punto decisivo della controversia, giacchè la CTR ha accolto la doglianza circa la carenza di motivazione degli atti impositivi senza indicare le ragioni della decisione avuto riguardo a ciascun provvedimento. Evidenzia, altresì, che gli avvisi di accertamento impugnati riportano normativa di riferimento, periodo espositivo, tipologia, ubicazione, categoria stradale, tariffa, dimensioni dell’impianto, ed altri elementi di completamento della motivazione.

Deduce, con il secondo motivo, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 118 disp. att. c.p.c., giacchè la motivazione della impugnata sentenza non consente di comprendere i passaggi logici della decisione favorevole alle tesi difensive della Società. Conclude il ricorrente con la formulazione del quesito di diritto con cui si chiede che la Corte dica: “se sia incorsa in vizio di motivazione, in violazione del precetto di cui all’art. 118 disp. att. c.p.c., ed alle norme da esso richiamate, la sentenza del Giudice Tributario che, in materia di impianti pubblicitari su suolo pubblico, abbia ritenuto che gli atti impositivi impugnati, contenenti la normativa di riferimento, il periodo espositivo, la tipologia, l’ubicazione, la categoria stradale, la tariffa, le dimensioni dell’impianto con i metri quadrati soggetti ad imposta, gli estremi del verbale di accertamento elevato dalla Polizia Municipale (con indicazione del numero e della data di notificazione dello stesso) siano carenti in motivazione”.

Deduce, con il terzo motivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., giacchè la CTR ha accolto l’appello della Società nonostante la stessa non avesse provato in alcun modo le circostanze riferite, trascurando le risultanze probatorie offerte a sostegno degli atti impositivi. Evidenzia che alla contribuente risultano notificati gli atti (V.A.V.) presupposti agli avvisi di accertamento, anche questi ultimi regolarmente notificati e mai contestati con querela di falso circa i fatti in essi accertati dalla Polizia Municipale. Conclude il ricorrente con la formulazione del quesito di diritto con cui si chiede che la Corte dica: “se, in virtù del disposto dell’art. 2697 c.c., correlato con le norme processuali disciplinanti altresì la produzione di documenti in giudizio, nella loro portata precettiva e cogente, così come assunta dagli orientamenti di codesta… Suprema Corte di Cassazione, sia soddisfatto da parte del contribuente l’onere di provare i fatti posti a fondamento della domanda giudiziale solo con la loro mera enunciazione nell’ipotesi in cui, a fondamento della pretesa fiscale, siano posti atti pubblici dotati di fede privilegiata”.

I suesposti motivi di impugnazione non possono essere esaminati nel merito in quanto il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per le ragioni di seguito precisate.

Secondo un ormai consolidato indirizzo di questa Corte “la produzione dell’avviso di ricevimento del piego raccomandato contenente la copia del ricorso per cassazione spedita per la notificazione a mezzo del servizio postale ai sensi dell’art. 149 c.p.c., o della raccomandata con la quale l’ufficiale giudiziario dà notizia al destinatario dell’avvenuto compimento delle formalità di cui all’art. 140 c.p.c., è richiesta dalla legge esclusivamente in funzione della prova dell’avvenuto perfezionamento del procedimento notificatorio e, dunque, dell’avvenuta instaurazione del contraddittorio. Ne consegue che l’avviso non allegato al ricorso e non depositato successivamente può essere prodotto fino all’udienza di discussione di cui all’art. 379 c.p.c., ma prima che abbia inizio la relazione prevista dal primo comma della citata disposizione, ovvero fino all’adunanza della corte in camera di consiglio di cui all’art. 380 – bis c.p.c., anche se non notificato mediante elenco alle altre parti ai sensi dell’art. 372 c.p.c., comma 2. In caso, però, di mancata produzione dell’avviso di ricevimento, ed in assenza di attività difensiva da parte dell’intimato, il ricorso per cassazione è inammissibile, non essendo consentita la concessione di un termine per il deposito e non ricorrendo i presupposti per la rinnovazione della notificazione ai sensi dell’art. 291 c.p.c.; tuttavia, il difensore del ricorrente presente in udienza o all’adunanza della corte in camera di consiglio può domandare di essere rimesso in termini, ai sensi dell’art. 184 – bis c.p.c., per il deposito dell’avviso che affermi di non aver ricevuto, offrendo la prova documentale di essersi tempestivamente attivato nel richiedere all’amministrazione postale un duplicato dell’avviso stesso, secondo quanto previsto dalla L. n. 890 del 1982, art. 6, comma 1” (Cass. S.U. n. 627/2008).

Con altre pronunce la Corte di legittimità ha inoltre precisato che “nell’ipotesi di omessa produzione, all’udienza di discussione fissata ai sensi dell’art. 379 c.p.c., dell’avviso di ricevimento idoneo a comprovare il perfezionamento della notificazione eseguita a mezzo del servizio postale ai sensi dell’art. 149 c.p.c., non può essere accolta l’istanza di mero rinvio, formulata dalla parte ricorrente al fine di provvedere a tale deposito, poichè il differimento d’udienza si porrebbe in manifesta contraddizione con il principio costituzionale della ragionevole durata del processo stabilito dall’art. 111 Cost.. Pertanto, l’omessa produzione determina in modo istantaneo ed irretrattabile l’effetto dell’inammissibilità dell’impugnazione nonchè il consolidamento del diritto della controparte a tale declaratoria” (Cass. n. 9453/2011) e, sempre in tema di ricorso per cassazione, che “la prova dell’avvenuto perfezionamento della notifica dell’atto introduttivo, ai fini della sua ammissibilità, deve essere data tramite la produzione dell’avviso di ricevimento, la cui assenza non può essere superata con la rinnovazione, atteso che, pur non traducendosi in un caso d’inesistenza, non determina neppure la mera nullità, ma solo con la costituzione della controparte, che dimostra l’avvenuto completamento del procedimento, ovvero con la richiesta di rimessione in termini della parte stessa in funzione del deposito dell’avviso che affermi non aver ricevuto, che presuppone, però, la prova della tempestiva richiesta all’amministrazione postale, a norma della L. n. 890 del 1982, art. 6, comma 1, di un duplicato dell’avviso stesso ovvero dell’impossibilità, nonostante la normale diligenza, di tale attività (Cass. n. 26108/2015).

I suesposti principi di diritto si attagliano alla fattispecie in esame nella quale l’avv. Raimondo, L. n. 53 del 1994, ex art. 1, si è avvalso del servizio postale per la notifica del ricorso e non risultano depositati gli avvisi di ricevimento a dimostrazione dell’avvenuto perfezionamento del procedimento notificatorio, nei confronti della CO.GE.P., che non è costituita in giudizio.

Nulla sulle spese del giudizio di legittimità in assenza di attività difensiva dell’intimata.

PQM

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso.

Cosi deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 1 dicembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 22 dicembre 2016

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