Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 26715 del 13/12/2011

Cassazione civile sez. III, 13/12/2011, (ud. 09/11/2011, dep. 13/12/2011), n.26715

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIFONE Francesco – Presidente –

Dott. PETTI Giovanni Battista – Consigliere –

Dott. FILADORO Camillo – Consigliere –

Dott. UCCELLA Fulvio – rel. Consigliere –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.L. (OMISSIS), M.M.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, CORSO VITTORIO

EMANUELE II 21, presso lo studio dell’avvocato VINCENZO LO GIUDICE,

rappresentati e difesi dall’avvocato BRUNO DOMENICO giusta delega in

atti;

– ricorrenti –

contro

D.C.E. (OMISSIS), elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CRESCENZIO 91, presso lo studio dell’avvocato DE STEFANO

LUIGI, che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 687/2008 della CORTE D’APPELLO di CATAN2ARO,

depositata il 02/10/2008 R.G.N. 765/2000;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

09/11/2011 dal Consigliere Dott. FULVIO UCCELLA;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GAMBARDELLA Vincenzo che ha concluso con il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Tribunale di Paola il 24 luglio 2000, aveva rigettate le domande proposte da D.C.E. contro C.L. e M. M., aventi causa da C.C., loro congiunto, deceduto nelle more di un lungo e complesso iter giudiziario vertente sul rilascio di un immobile locato con canoni in natura al loro de cujus.

Il Tribunale aveva ritenuto sussistente il diritto di ritenzione delle convenute in forza del mancato adempimento degli obblighi nascenti dalla sentenza del Tribunale di Paola in funzione di giudice del lavoro del 15 settembre 1987, con la quale la D.C. era stata condannata a versare al C. la somma di L. 26.195.206, quali differenze retributive dovute al dante causa delle convenute, C.C., in forza di pregresso rapporto di locazione.

Su gravame della D.C. la Corte di appello di Catanzaro con sentenza non definitiva del 31 gennaio 2003 riformava la decisione di prime cure e rimetteva con separata ordinanza per il prosieguo circa le questioni relative al quantum, alla possibile compensazione dei crediti e alla regolamentazione delle spese alla sentenza definitiva.

La decisione non definitiva veniva confermata in cassazione con il rigetto del ricorso immediato proposto da C.L. e M. M..

Nel prosieguo veniva espletata CTU e disposta integrazione della stessa.

Con sentenza definitiva del 2 ottobre 2008, oggi impugnata, la Corte di appello di Catanzaro ha condannato le appellante al risarcimento dei danni per la detenzione senza titolo dell’immobile sito in (OMISSIS) e di cui è causa, oltre alle spese di entrambi i gradi di giudizio.

Avverso siffatta decisione propongono ricorso per cassazione C. L. e M.M., affidandosi a tre motivi. Resiste con controricorso la D.C..

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Osserva il Collegio che per una migliore comprensione della vicenda sembra opportuno riportare alcune scansioni temporali e processuali della stessa, quali si rinvengono dagli scrittoi difensivi e dalla sentenza impugnata. 1. Con il gravame avverso la sentenza del GOA del Tribunale di Paola del 2000 l’appellante assumeva che il Tribunale- sezione lavoro – con sentenza non definitiva del 19 novembre 1985 aveva accertato che C.C. aveva detenuto sino al settembre 1980 l’abitazione di sua proprietà con circostante spazio pertinenziale a titolo di retribuzione in natura senza effettuare miglioramenti e veniva riformata la sentenza di primo grado dell’allora Pretore di Cetraro del 27 marzo 1985.

Con sentenza definitiva del 16 febbraio 1988 lo stesso Giudice, in parziale riforma della sentenza del Pretore già citata, condannava la D.C. al pagamento in favore della C. e M. M., succedute al C., di L. 26.195.206, oltre interessi legali al soddisfo, quali spettanze per il rapporto di lavoro con lei instaurato dal loro congiunto C.C..

La sentenza passava in giudicato a seguito del rigetto della Corte di cassazione del ricorso proposto dalla D.C. con sentenza del 5 aprile 1990 n. 2846.

A seguito del giudicato, con citazione del 10 maggio 1990 la D. C. ha convenuto in giudizio C.L. e M.M. chiedendo la restituzione dell’immobile, perchè dalle stesse detenuto senza titolo ed un indennizzo a partire dalla cessazione del rapporto di lavoro (ottobre 1980) intrattenuto con il defunto C., con compensazione tra il suo conseguente credito e quello delle predette nei termini di cui alla sentenza del Tribunale di Paola.

Il giudizio, in cui fu espletata CTU, veniva interrotto per morte del procuratore speciale e difensore delle convenute e fu riassunto con la sola costituzione di C.L..

Il Tribunale di Paola, per quel che qui ancora può interessare, limitatamente alle domande riconvenzionali dispiegate dalle appellate, le dichiarava inammissibili, in quanto coperte da giudicato ad eccezione di quella relativa al costo delle opere affrontate dal C. e poi dalle appellate per rendere abitabile la casa, per la quale il Tribunale dichiarava la propria incompetenza.

La C. e la M. proponevano appello principale e la D. C. appello incidentale per correzione della motivazione.

Il Tribunale, in sede di appello, il 15 febbraio 1994 confermava la sentenza del Pretore di Cetraro e accogliendo l’appello incidentale della D.C. dichiarava inammissibile la domanda di rimborso delle spese affrontate per rendere abitabile la casa, in quanto anch’essa coperta da giudicato.

La sentenza veniva impugnata per cassazione dalle C. e M., cui resisteva la D.C..

Con sentenza n. 2205/06 la Corte rigettava il ricorso.

Poste queste premesse, la D.C. aveva chiamato avanti al Tribunale di Paola la C. e la M. per la restituzione dell’immobile, per il risarcimento da detenzione senza titolo e per sentire dichiarare la compensazione del credito della C. con quello da lei vantato.

A seguito del rigetto della domanda proponevano appello principale la D.C. e incidentale condizionato la C. e la M., con cui eccepivano, tra l’altro, la prescrizione delle somme pretese.

La Corte di appello di Catanzaro con sentenza non definitiva del 2003 accoglieva sull’an, rinviando in prosieguo, come già detto.

Questa decisione passava in giudicato con il rigetto del ricorso immediato, proposto dalle convenute, da parte della Corte di cassazione con sent. n. 25229/06 depositata all’udienza del 3 maggio 2007.

2. – Ciò posto in rilievo, osserva il Collegio che nel suo complesso il ricorso non merita accoglimento.

2.1.- Con il primo motivo (omessa motivazione sull’eccezione di prescrizione proposta con l’appello incidentale condizionato di cui alla comparsa di costituzione e di risposta in appello datata 23 gennaio 2001 da C.L. – violazione dell’art. 2948 c.c. con riferimento all’art. 360 c.p.c., n. 5) la ricorrente denuncia un vizio di omessa pronuncia e, quindi, avrebbe dovuto censura la sentenza impugnata ex art. 360 c.p.c., n. 4.

Ma, il motivo è inammissibile perchè manca del necessario momento di sintesi e, peraltro, si sarebbe smentito da solo atteso che la questione fu già decisa dalla sentenza non definitiva della Corte territoriale, la quale è passata in giudicato una volta intervenuta su di essa la decisione di questa il 2006.

Ed è evidente che il giudice dell’appello, il quale si era riservato di decidere sul quantum non la potesse per nulla prendere in considerazione.

2.2. – Con il secondo motivo (violazione della L. n. 392 del 1978, art. 24, comma 2, dell’art. 1224 c.c. con riferimento all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5), le ricorrenti si dolgono che il giudice dell’appello avrebbe utilizzato ai fini della determinazione dell’indennizzo per l’occupazione senza titolo dell’immobile la disciplina sul c.d. equo canone, disattendendo la norma sopra indicata secondo la quale per l’aggiornamento del canone debba essere fatta richiesta con una lettera raccomandata.

Il motivo è inammissibile perchè manca del quesito di diritto se lo si esamina sotto il profilo ex art. 360 c.p.c., nn. 3 e del momento di sintesi se lo si ritiene esposto sotto il profilo ex art. 360 c.p.c., n. 5.

2.3. – Non migliore sorte merita il terzo motivo (violazione della L. n. 392 del 1978, art. 13, comma 1, lett. E) e D) legge sulle locazioni abitative e dell’art. 817 c.c. – omessa e/o illogicità della motivazione) con cui le ricorrenti lamentano che il giudice dell’appello avrebbe compreso nella determinazione dell’indennizzo anche la strada che congiunge il fabbricato alla strada pubblica.

Anche per questa censura manca il relativo quesito di diritto e non si rinviene alcun momento di sintesi, peraltro, dovendosi rilevare che il giudice dell’appello ha mostrato di condividere le conclusioni rassegnate dall’ausiliario, “ingegnere di provata esperienza” (p. 25 sentenza impugnata).

Conclusivamente, il ricorso va dichiarato inammissibile e le spese che seguono la soccombenza liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese processuali del presente giudizio di cassazione, che liquida in Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 9 novembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 13 dicembre 2011

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